Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 261 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 261 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12418 R.G. anno 2023 proposto da:
COGNOME, COGNOME , elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE);
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA UFFICIO LEGALE DI RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE;
contro
ricorrente avverso la SENTENZA n. 5084/2022 emessa da CORTE D’APPELLO DI NAPOLI il 30/11/2022
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 dicembre 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
─ I coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno domandato giudizialmente la condanna di Poste Italiane s.p.a. al pagamento di euro 10.000,00, oltre interessi, basando la pretesa sul diritto al rimborso di due buoni postali fruttiferi, serie 1D8, emessi il 7 febbraio 2008: buoni di cui la convenuta Poste Italiane aveva negato il rimborso in ragione della maturata prescrizione. Gli attori hanno eccepito che la prescrizione non avrebbe operato nei loro confronti, posto che i titoli mancavano dell’indicazione del fatto che fossero «a termine» e non riportavano, inoltre, la data di scadenza e i tassi applicati; hanno pure dedotto l’omessa consegna del foglio informativo analitico contenente la descrizione dell’investimento.
Nella resistenza di Poste Italiane, il Tribunale di Benevento ha accolto la domanda.
2 . ─ In sede di gravame, la Corte di appello di Napoli, in totale riforma della sentenza impugnata, ha respinto la domanda dei coniugi COGNOME
─ Questi ultimi hanno proposto un ricorso per cass azione basato si quattro motivi, cui resiste Poste Italiane s.p.a..
E’ stata formulata , da parte del Consigliere delegato allo spoglio, una proposta di definizione del giudizio a norma dell’art. 380bis c.p.c.. A fronte di essa, il difensore della parte ricorrente ha domandato la decisione della causa. Parte ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
─ La proposta ha il tenore che segue:
«l primo motivo è manifestamente infondato, in quanto nessuna violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. ha compiuto la sentenza impugnata, la quale ha preso in esame l’eccezione di aspecificità
dell’appello, ma l’ha implicitamente disattesa, una volta riportati gli stessi motivi dell’appellante, poi esaminati nel loro contenuto evidentemente ben determinato;
«il secondo e il terzo motivo sono inammissibili, sotto plurimi profili: in quanto, da un lato, si intende ripetere il giudizio sul fatto circa il contenuto dei buoni postali per cui è causa; dall’altro, si pongono, senza validi argomenti, in contrasto, ai s ensi dell’art. 360 -bis, comma 1, n. 1, c.p.c. con i principi di diritto enunciati da questa Corte, secondo cui, in tema di buoni postali fruttiferi fruttiferi, l’applicazione del termine decennale di prescrizione di cui all’art. 8, comma 1, d.m. 19 dicembre 2000, anche alle serie già emesse, per le quali, alla data di entrata in vigore di detto d.m., non si fossero compiuti i termini di prescrizione contemplati dalla normativa previgente, comporta che anche il dies a quo venga individuato alla stregua della nuova disciplina, coincidendo, pertanto, con la data di scadenza del titolo (Sez. 1, n. 23006 del 28/07/2023);
«il quarto motivo, che censura violazione degli artt. 2697 c.c., 112, 115, 167 c.p.c., è inammissibile, in quanto tutto incentrato sul giudizio di fatto, inammissibile in sede di legittimità»;
─ Il Collegio reputa condivisibili tali argomentazioni che reputa suscettibili di integrazione nei sensi di cui appresso.
─ Il primo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.) attiene all’ eccepita inammissibilità dell ‘appello, negata dalla Corte di merito.
Il mezzo è inammissibile anche perché il mancato esame, da parte del giudice del merito, di una questione puramente processuale non può dar luogo ad omissione di pronuncia, né, con riferimento a una tale questione. è consentito alla parte interessata di formulare, in sede di legittimità, la censura di omessa motivazione (per tutte: Cass. 10 novembre 2015, n. 22952).
Col secondo motivo (violazione o falsa applicazione dell’art. 3
d.m. 19 dicembre 2000) si deduce che i ricorrenti non avevano potuto ricavare con l’ordinaria diligenza dalla sola indicazione della serie dei buoni, impressa sul retro dei titoli, la tipologia e scadenza degli stessi; si richiama la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni. I ricorrenti osservano, inoltre, che l’indicazione, contenuta nel regolamento del prestito trascritto nel foglio informativo, circa la prescrizione dei diritti degli intestatari del titolo, non aveva loro consentito di prendere atto della perdita del capitale investito e degli interessi, quali conseguenze del mancato rimborso dei buoni entro il termine di prescrizione.
Col terzo mezzo (violazione o falsa applicazione dell’art. 3 d.m. 19 dicembre 2000 con riferimento agli artt. 2697 e 2719 c.c., oltre che degli artt. 221 ss. c.p.c.) viene opposto che, come sostenuto dai ricorrenti nel corso del procedimento di primo grado, Poste Italiane non aveva mai consegnato il foglio informativo e che non assumeva comunque rilievo, nella descritta evenienza, la sottoscrizione, da parte di uno dei ricorrenti, della dichiarazione di avvenuta ricezione dello stesso: dichiarazione che non poteva riferirsi all’altro coniuge . E’ aggiunto che i ricorrenti avevano proceduto al disconoscimento del documento con riferimento all’attestazione dell’avvenuta consegna del predetto foglio informativo e che la Corte di appello avrebbe dovuto ammettere, sul punto, la querela di falso proposta.
Col quarto mezzo (violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nel combinato disposto con gli artt. 115 e 167 c.p.c., anche con riferimento all’art. 2697 c.c.) si prospetta non essere mai stata contestata l’omessa consegna del foglio informa tivo e che la Corte di appello aveva indebitamente valorizzato, ai fini della decisione, il contenuto del detto documento.
─ In sintesi, e per quanto qui rileva, la Corte di appello ha osservato: che gli odierni ricorrenti erano nelle condizioni di conoscere
la scadenza dei buoni, il rendimento degli stessi e il termine di prescrizione del diritto al rimborso; che i buoni recavano infatti sul retro il numero seriale di appartenenza 1D8; che ai titoli era inoltre applicabile il d.m. 19 dicembre 2000, il quale prevedeva che i buoni postali cartacei non dovessero più contenere l’indicazione dei rendimenti, delle scadenze e del termine di prescrizione, contemplando, in proposito, la consegna di foglio informativo recante la descrizione delle caratteristiche dell’investimento; che la consegna del predetto foglio informativo risultava da dichiarazione sottoscritta dagli investitori; che la mancata menzione, nella copia del modulo di richiesta dei buoni in possesso dei coniugi, del numeri di serie dei titoli era irrilevante, posto che «non v’era nessun dubbio che il detto modulo fosse relativo ai buoni in esame anche perché stati gli stessi appellati ad averlo prodotto in relazione ai buoni per cui hanno agito in giudizio» e detta copia aveva la stessa data di emissione dei titoli in questione; che la deduzione degli appellati circa l’ abusivo riempimento della «copia ufficio» del modulo con l’in serimento del numero di serie dei buoni collideva con la circostanza per cui tale numero risultava stampato sul retro dei buoni; che in base a quanto indicato nel foglio informativo i coniugi COGNOME erano stati quindi in grado di sapere che i buoni acquistati avevano scadenza a diciotto mesi dalla data di emissione; che tale scadenza andava individuata nel 7 agosto 2009, onde il diritto di ottenerne il rimorso era venuto meno, per effetto della prescrizione, l’8 agosto 2019, prima della richiesta avanzata dai coniugi il 28 novembre 2019.
5. ─ Ciò posto, le censure dedotte col secondo motivo vanno disattese.
La Corte di appello, come si è visto, ha valorizzato la correlazione esistente tra i buoni e le indicazioni contenute nel foglio informativo consegnato ai risparmiatori: e ciò ha fatto correttamente, posto che l’art. 3 d.m. 19 dicembre 2000 prevede che per i buoni fruttiferi postali
rappresentati da documento cartaceo la descrizione delle caratteristiche dell’investimento sia contenuta proprio nel foglio informativo.
Non conferente risulta essere, in tal senso, l’evocazione del principio enunciato da Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, riferito a tutt’altra fattispecie. Nella sentenza delle Sezioni Unite si delineava un termine di scadenza del possibile rimborso anticipato dei buoni fruttiferi che era differente da quello indicato nei titoli. In particolare, in base a un decreto ministeriale entrat o in vigore da prima dell’emissione dei buoni, il termine di scadenza di questi era di nove anni, e non di otto (come in precedenza previsto), ma i buoni erano mancanti di quanto contemplato dal decreto, il quale, in caso di utilizzazione di moduli già stampati per le emissioni precedenti (recanti la sigla «AA»), ammetteva l’applicazione della nuova disciplina in presenza d i una stampigliatura di una sigla diversa sui titoli («AB-AA»), i quali dovevano inoltre recare espressa menzione del differente termine di scadenza: di qui la lite vertente sul rendimento dei titoli, che era stato ragguagliato dalle parti ai diversi termini di scadenza. Nella circostanza è stato osservato che « a discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall’ufficio ai richiedenti può rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all’amministrazione, ma non può far ritenere che l’accordo negoziale, in cui pur sempre l’operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni ». Le Sezioni Unite hanno difatti valorizzato la prescrizione, contenuta nell’art. 173, comma 3, d.P.R. n. 156 del 1973, che impone di « procedere al rimborso degli interessi sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni sottoscritti dal risparmiatore ».
Nell’ipotesi all’esame del Collegio ci si trova, di contro, al cospetto della diversa questione afferente la rappresentazione, al risparmiatore, delle condizioni di investimento: condizioni che, come si è detto, per espressa previsione del d.m. 19 dicembre 2000 dovevano essere
veicolate dal foglio informativo. La deduzione per cui il regolamento del prestito non avrebbe consentito ai ricorrenti di prendere atto della perdita del capitale una volta che si fosse consumata la prescrizione non è evidentemente concludente: quel che rileva è che agli acquirenti dei titoli sia consegnato il foglio informativo recente la menzionata descrizione delle condizioni di investimento.
Nel corpo del motivo è posta una questione con preciso riferimento a una delibera dell’AGCM , assunta il 18 ottobre 2022, successiva alla pronuncia della sentenza impugnata. La deduzione è priva di specificità, in quanto il provvedimento non è trascritto nel ricorso e tanto preclude finanche di accertare se la questione che si intendeva prospettare richiedesse accertamenti fatto, i quali sono preclusi in questa sede ove pure la questione stessa fosse rilevabile d’ufficio (Cass. 8 febbraio 2016, n. 2443; Cass. 5 maggio 2006, n. 10319).
6. ─ Il tema, sviluppato nel terzo motivo, della consegna del foglio informativo investe un apprezzamento di fatto che sfugge al sindacato di legittimità, anche con riferimento alla dedotta mancata sottoscrizione della dichiarazione da parte di NOME COGNOME avendo la Corte di appello accertato che «entrambi i coniugi hanno attestato di aver ricevuto il FIA ( n.d.r .: foglio illustrativo analitico)».
Quanto alla querela di falso, la censura è carente di specificità, in quanto non si dà conto del preciso contenuto del l’impugnativa documentale che i ricorrenti assumono di aver riproposto in appello (avendo specifico riguardo alla falsificazione della nominata attestazione). Come è noto, il principio di autosufficienza non impone l’ integrale trascrizione degli atti e dei documenti posti a fondamento del ricorso, laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U. 18 marzo 2022, n. 8950), ma è pur sempre necessario che l’indicazione dei
documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali (Cass. 19 aprile 2022, n. 12481).
7. ─ Il quarto motivo propone due censure che sono entrambe da disattendere. Per un verso, nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ab onere probandi , spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte (Cass. 7 febbraio 2019, n. 3680): i n particolare, l’accertamento della sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è funzione del giudice di merito, sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione (Cass. 28 ottobre 2019, n. 27490). Per altro verso, il dovere imposto al giudice di non pronunciare oltre i limiti della domanda e di non pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti, non comporta l’obbligo di attenersi all’interpretazione prospettata dalle parti in ordine ai fatti, agli atti ed ai negozi giuridici posti a base delle loro domande ed eccezioni, essendo la valutazione degli elementi documentali e processuali, necessaria per la decisione, pur sempre devoluta al giudice (Cass. 11 giugno 2021, n. 16608, Cass. 10 settembre 2012, n. 15086, in motivazione; Cass 4 marzo 1968, n. 702; Cass. 4 dicembre 1967, n. 2874; Cass. 22 giugno 1966, n. 1608).
8. ─ Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
Tr ovano applicazione le statuizioni di cui all’art. 96, comma 3 e comma 4, c.p.c. , giusta l’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c.. I relativi importi possono fissarsi, rispettivamente, nella stessa somma liquidata a titolo di spese giudiziali e in euro 2.500,00.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; condanna parte ricorrente al pagamento della somma di euro 2.300,00 in favore della parte controricorrente, e di una ulteriore somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione