Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16143 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16143 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo , in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, r appresentata e difesa dall’ Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in INDIRIZZO è elettivamente domiciliata
-controricorrente –
Avverso la sentenza dalla Corte di Appello di Torino n. 751/2021 pubblicata il 30.6.2021, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22.5.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Oggetto: buoni postali fruttiferi
FATTI DI CAUSA
1. ─ Con atto di citazione in data 13.07.2016, la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 532/2016 emesso dal Tribunale di Vercelli in data 10.6.2016, con il quale le veniva ingiunto di pagare a favore di COGNOME COGNOME la somma di € 30.996,30 pari alla differenza fra quanto da lui ottenuto da RAGIONE_SOCIALE all’atto della riscossione dei buoni postali fruttiferi di cui era titolare e quanto ritenuto effettivamente dovuto sulla base delle condizioni indicate a tergo di tali buoni.
Parte opponente riteneva corretto e satisfattivo l’importo già corrisposto, in b ase a quanto disposto dall’art. 173 d.P.R. n. 156/1973 (come successivamente modificato dal d.l. n.460/1974) nonché del D.M. del Tesoro 13.6.1986.
─ Il Tribunale adito con sentenza n. 1018/2019 pronunciata ex art. 281 se xies c.p.c. all’udienza del 10. 4.2019 revocava il decreto ingiuntivo per cui è causa, compensando integralmente tra le parti le spese processuali.
3.NOME COGNOME proponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Torino che con la sentenza qui impugnata respingeva l’appello
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
la prescrizione di cui all’art. 173 , comma 3, ha la finalità di consentire il controllo sulla correttezza della liquidazione e quindi va rispettata al più al momento della riscossione, è irrilevante ogni doglianza (peraltro nuova perché mai dedotta in primo grado) circa la impossibilità di scegliere in modo consapevole tra la prosecuzione dell’investimento e la riscossione anticipata, in corrispondenza dell’entrata in vigore del decreto ministeriale di variazione dei tassi;
b) tenuto conto della corretta lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite in ordine alla funzione e finalità della messa a disposizione delle tabelle e del fondamento delle domande risarcitorie proposte da COGNOME in primo grado (attinenti ad aspetti completamente diversi, coinvolgenti i principi di correttezza e buona fede in fase precontrattuale e contrattuale, prevalentemente in rapporto agli obblighi informativi individuati a carico della controparte con richiamo, in particolare, alla normativa del TUB e/o del TUF e/o concernente la tutela del consumatore), sono infondati; c) la normativa intesa a incidere autoritativamente sul contratto che si giustifica con la soggettività statuale del soggetto emittente e la qualificazione dei BPF come documenti di legittimazione hanno giustificato la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali, volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto, e ha portato a ritenere che la modificazione trovasse ingresso all’interno del contratto mediante una integrazione del suo contenuto ab externo secondo la previsione dell’art. 1339 c.c.;
d) l’incidente di legittimità costituzionale dell’art. 173 D.P.R. 156/73 nella parte in cui non esclude l’applicabilità di tassi peggiorativi sopravvenuti ai buoni delle serie precedenti e dell’art. 7 , comma 3, d.lgs. n. 284/99 nella parte in cui esclude l’effetto abrogativo dell’art. 173 con riguardo ai rapporti ancora pendenti al momento dell’entrata in vigore del decreto stesso per contrasto con gli artt. 3, 41, 43, 47, 73 e 97 Costituzione è manifestamente infondato:
d1 ) secondo le indicazioni delle SS.UU. la pretesa violazione dell’art. 3, riferita alla diversità della normativa applicabile ai servizi bancari, è giustificata da una chiara disomogeneità fra i due settori da cui derivava la disomogeneità degli strumenti negoziali offerti al pubblico;
d2 ) Con sentenza n. 26/2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 173 sollevata dal Tribunale di Rossano in riferimento agli artt. 43 e 97 Costituzione e dichiarava non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento agli artt. 3 e 47 Cost.;
d3 ) lamentata violazione dell’art. 47 Cost . (per l’assoluto scoraggiamento del risparmio postale per effetto della introdotta possibilità di estendere retroattivamente le variazioni dei tassi di interesse, con il rischio di una modifica in senso peggiorativo delle condizioni esistenti, senza le garanzie di trasparenza apprestate per il risparmio presso istituti di credito), la Corte Costituzionale rileva che lo stesso si fonda sull’erroneo presupposto di retroattività della normativa censurata, aggiungendo peraltro come la possibilità di variazione, anche in senso sfavorevole, dei tassi di interesse sui buoni fruttiferi postali, consentita dalla disposizione in esame, riflettesse un ragionevole bilanciamento tra la tutela del risparmio e un’esigenza di contenimento della spesa pubblica;
d4 ) la questione di legittimità costituzionale dell’art. 173 per violazione dell’art. 3 Cost. viene sollevata sotto ulteriori e plurimi profili: proporzionalità dell’intervento , prevedibilità dell’intervento e consolidamento dell’affidamento , eguaglianza formale e sostanziale, violazione della riserva di legge prevista, (consentendo ad un atto meramente amministrativo di incidere sulla libertà di iniziativa economica privata ), violazione dell’art.43 Cost. perché la norma ha consentito a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spa di effettuare raccolta del risparmio a condizioni di diversa e minor trasparenza di quella richiesta alle banche); dell’art. 47 Cost (perché il meccanismo della pubblicità su GU ha esposto il risparmiatore al rischio di non poter esercitare tempestivamente il recesso rispetto all’entrata in vigore dei nuovi tassi), degli artt. 76, 47 e 97 (perché la norma omette di indicare principi, criteri direttivi e limiti temporali di esercizio del potere
delegato, con violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione e di tutela del risparmio). L’istanza appare manifestamente infondata perché -pur in declinazioni diverse e decisamente sovrabbondanti- in realtà fa leva su argomenti ritenuti fallaci sia dalle Sezioni Unite della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, sia dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 26/2020.
4. ─ NOME ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. -Con il primo motivo: Violazione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, degli artt. 1173, 1175, 1366, 1371, 1374 e 1375 c.c., in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c. per avere la Corte di merito affermato che la verifica della regolarità della riscossione fosse la sola funzione ascrivibile alle tabelle integrative previste dal comma 3 dell’ex art. 173 d.P.R. n. 156/1973e che, pertanto, l’obbligo di renderle disponibili presso gli uffici postali dovesse essere rispettato, al più, soltanto al momento dell’incasso, per l’effetto giudicando irrilevante (oltre che nuova) ogni doglianza circa l’impossibilità di sce gliere in modo consapevole tra la p rosecuzione dell’investimento e la tempestiva riscossione anticipata in corrispondenza dell’entrata in vigore del d.m. 1986, così discostandosi dal diritto vivente (sent. n. 3693/2019) cui dichiara di aderire.
5.1 -La censura è infondata. La citata sentenza di questa Corte ha statuito in base alla all’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, è consentito alla Pubblica Amministrazione di variare il tasso di interesse relativo ai buoni già emessi e che ciò può avvenire con decreto ministeriale da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale. Questa Corte ha ribadito che
«proprio tenuto conto della natura dell’emittente all’epoca dei fatti, le Sezioni Unite di questa Corte n. 3963 del 2019 hanno ritenuto legittimamente variato il tasso per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di variazione, tenuto conto che l’emittente, quale ente pubblico, incarnava anche interessi pubblici legati al contemperamento dei vincoli di bilancio rispetto alle aspettative di tutela del risparmio privato; e che tanto consentiva di ritenere che la delegazione normativa contenuta nella norma primaria (art. 173 codice postale) a un decreto ministeriale rendesse quest’ultimo valido veicolo integrativo dl precetto primario». «La conoscenza di tale circostanza è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La prescrizione della messa a disposizione della tabella integrativa ha la diversa finalità di consentire al risparmiatore di verificare presso l’ufficio postale l’ammontare del proprio credito per interessi all’esito dell’intervenuta variazione, anche ai fini del controllo della regolarità della riscossione e della sua conformità alla normativa vigente al momento della riscossione». E, pertanto, «erroneo ritenere, come fa invece il ricorrente, che tale prescrizione costituisca un obbligo informativo dalla cui osservanza dipenda la vincolatività della variazione per il risparmiatore» (Cass., SS.UU., n. 3963/2019). Tale effetto è stato considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 26/2020 (successivamente ex multis, Cass., n.24527/2021; Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022; Cass., n. 4751/2022; Cass., n. 4763/2022).
6. ─ Con il secondo motivo: Violazione degli artt. 1223 e 2967 c.c. in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c. per avere la Corte di merito identificato come risarcibile il solo danno emergente e non anche il lucro cessante derivato dall’impedita tempestiva richiesta di rimborso per violazione degli obblighi di condotta e buona fede citati, nonché per avere addebitato al ricorrente la mancata allegazione di
un danno estraneo alla domanda svolta; violazione degli art. 115 e 132, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, nn. 3, e 4, c.p.c. per avere la Corte territoriale mancato di valorizzare ai fini decisori la pacifica, in quanto non contestata, dedotta esistenza di danno patrimoniale in termini di lucro cessante come provato e quantificato in atti e per l’effetto, irragionevolmente ed immotivatamente disatteso il risultato probatorio raggiunto sul punto.
6.1 -La censura è inammissibile, perchè non trova riscontro nella motivazione della sentenza che testualmente ha precisato: «Quindi, anche ammettendo che al momento della riscossione dei buoni non fossero a sua disposizione le tabelle in oggetto, a tale circostanza non conseguirebbe alcun danno patrimoniale in capo all’appellante, che peraltro in primo grado ricollegava il pregiudizio economico (pari alla differenza tra quanto gli sarebbe dovuto in base ai tassi riportati a tergo dei buoni e quelli liquidatigli in base al decreto ministeriale del 1986) alla non opponibilità delle variazioni degli interessi introdotte con il predetto decreto perché non resegli note mediante la messa a disposizione delle tabelle».
7. – Con il terzo motivo: Violazione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973 e degli artt. 1325, 1326 e 1333 c.c. in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c. per avere la Corte, quando ha ritenuto sufficiente la pubblicazione sulla G.U., attribuito implicitamente al silenzio mantenuto dal ricorrente a seguito delle variazioni operate dal DM 1986 il valore di consenso alla prosecuzione del contratto alle nuove condizioni, anziché ritenere necessario a tal fine un silenzio circostanziato alla disponibilità delle tabelle integrative.
7.1 -La censura è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi sulla questione. La Corte, dopo aver statuito che la pubblicazione
sulla G.U. era sufficiente ha fatto proprio il percorso logico di altri Tribunali di merito che hanno evidenziato che la eventuale mancata messa a disposizione della tabella integrativa presso gli uffici postali avrebbe potuto al più avere un rilievo sotto il profilo risarcitorio ove il risparmiatore riesca a dimostrare un nesso di causalità tra l’omissione e l’esistenza di un danno. Aspetto questo mai trattato nel giudizio ove non v’è alcun «cenno utile all’individuazione di ipotetici danni9 conseguenti alla prospettata carenza di informazione e alla loro quantificazione». In tale contesto esula qualsiasi valutazione sul significato in assoluto del silenzio quale elemento espressivo della volontà di continuare nel rapporto alle condizioni variate, perché tale effetto poteva essere impedito soltanto dall’espresso ed inequivo co esercizio del diritto di recesso che in alcun modo può essere esercitato ‘silenziosamente’.
8. -Con il quarto motivo: V iolazione e falsa applicazione dell’art. 1339 c.c. in relazione al combinato disposto degli artt. 173 d.P.R. n.156/1976 e 6 d.m. 13/6/1983 in relazione all’art. 360 , n. 3, c.p.c. per avere la Corte territoriale applicato il meccanismo di sostituzione automatica in presenza di norme dispositive, quali i DM in tema di rendimento buoni postali; violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 18 d.P.R. n.1092/85 e del regolamento di attuazione d.P.R. n.217/1986 per avere la Corte ritenuto operativa la presunzione di conoscenza legale alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di atti amministrativi provvedimentali e del DM 1986 in particolare; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi c.c. nell’interpretazione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/73 in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere la Corte territoriale attribuito alla norma un significato diverso da quello fatto palese del significato proprio delle parole secondo la connessione tra esse.
Contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Indicazione di motivi volti a sollecitare una nuova riflessione della Suprema Corte e a mutare l’orientamento espresso dalla sentenza 3963/2019.
8.1 -Le censure sono infondate. La prima censura omette di considerare che questa Corte ha ripetutamente statuito che la disciplina contenuta nell’abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall’art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, convertito in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla base di decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l’interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. le statuizioni negoziali delle parti (ex multis, Cass., n.567/2023). Questo Collegio condivide tale orientamento e non ritiene possibile discostarsi da tali statuizioni.
Le altre censure omettono di considerare che la sentenza n.4748/2023 di questa Corte ha esplicitamente affrontato il prospettato contrasto tra i precedenti del 2007 e del 2019ed ha precisato che: « Il raffronto tra le due pronunce delle sezioni unite del 2007 e del 2019 richiede un cenno all’operatività del congegno previsto dall’art. 1339 c.c., nel cui solco, secondo l’ultima pronuncia, si colloca il precetto dell’art. 173, laddove afferma che: “Le variazioni del saggio d’interesse… hanno effetto per i buoni di nuova serie… e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie”. L’art. 1339 c.c. prevede in effetti un duplice congegno di inserzione automatica di clausole, tanto per via di integrazione del contratto, quanto per via di sostituzione delle clausole difformi. Si tratta di fenomeni alquanto diversi:
a) nel primo caso le parti si astengono dal disciplinare il profilo oggetto della norma legale, sicché si determina un’integrazione legale a mezzo dell’inserzione automatica di clausole, secondo un
congegno assimilabile a quello operante tramite l’inserimento nel rapporto contrattuale, in via suppletiva, delle regole dispositive non derogate dalle parti, seppure astrattamente derogabili;
b) nel secondo caso, in cui le parti decidono per via contrattuale di regolare il rapporto in difformità da una norma imperativa conformativa, il contratto è parzialmente nullo ai sensi dell’art. 1419 c.c., comma 2, e la lacuna generatasi per effetto della nullità viene colmata dalla norma cogente.
Ne discende che il fenomeno della integrazione corre in sostegno dell’autonomia negoziale dei contraenti, il fenomeno della sostituzione la sacrifica al massimo grado, poiché lascia sopravvivere una pattuizione difforme da quella voluta.
Ebbene, il congegno cui rinvia all’art. 173 del codice postale è quello della sostituzione, non certo dell’integrazione, giacché integrare un contratto significa completarne il regolamento attraverso l’introduzione di previsioni ulteriori rispetto a quelle espressamente volute dalle parti. E, nel caso dei buoni postali, l’intervento del decreto, ab externo, porta invece a sostituire la misura degli interessi pattuita dalle parti.
Ora, non ha bisogno di essere sottolineato che il fenomeno della sostituzione presuppone una norma cogente. Ed è del tutto chiaro, nell’ottica della decisione delle Sezioni Unite del 2019, che l’art. 173 è appunto considerato quale norma cogente, operante secondo il congegno dell’art. 1339 c.c., espressamente richiamato, giacché, altrimenti, esso non potrebbe incidere sull’accordo negoziale cristallizzato nel buono postale, accordo che, è superfluo rammentare, ha altrimenti forza di legge tra le parti ai sensi dell’art. 1372 c.c.».
Tale orientamento è stato riaffermato anche nelle citate ordinanze successive e viene nuovamente condivisa da questo Collegio.
9. – Ed inoltre : Incidente di legittimità costituzionale dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, nella parte in cui non esclude l’applicabilità di tassi peggiorativi sopravvenuti ai buoni appartenenti a serie precedenti, e dell’art. 7 , comma 3, d. lgs. n.284/1999 nella parte in cui esclude l’effetto abrogativo dell’art. 173 predetto con riguardo ai rapporti ancora pendenti, per violazione degli artt. 3, 41, 43, 47, 73 e 97 Cost. sollecitando una riflessione sui profili qui esaminati che risultano non essere mai stati prospettati né indagati neppure dalla stessa Corte Costituzionale.
9.1 -L’istanza è stata dettagliatamente esa minata dalla Corte di merito (v. pp.13-16 sentenza) che ha correttamente respinto l’istanza evidenziando che l’indicazione di diversi articoli della Costituzione per evidenziare un diverso contrasto rispetto alle questioni esaminate dalla Corte Costituzionale n. 26/2020 si sostanzia in un’ indicazione che «in declinazioni diverse e decisamente sovrabbondanti- in realtà fa leva su argomenti ritenuti fallaci sia dalle Sezioni Unite della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione, sia dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 26/2020 che delle prime ha condiviso ampiamente le motivazioni: inapplicabilità dell’art. 1339 c.c., analogia con il sistema bancario, inidoneità della pubblicazione sulla GU a tutelare il risparmiatore, violazione della riserva di legge per la limitazione dell’esercizio della libertà d’iniziativa economica privata». La motivazione della Corte Costituzionale definisce la funzione della norma dell’art.173 come di componimento tra interesse pubblico e privato che come tale non può essere in contrasto con la normativa costituzionale evocata in questa sede dal ricorrente e chiarisce che a tal fine qualsiasi equiparazione tra il risparmio postale e quello bancario non è configurabile.
-Per quanto esposto, il ricorso rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione