Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18688 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18688 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28488/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di TRIBUNALE LECCE n. 2573/2022 depositata il 20/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- Il ricorso riguarda la sentenza con cui il Tribunale di Lecce ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da Poste Italiane s.p.a. contro la decisione del Giudice di pace di Lecce n. 1526/2022 con la quale era stata respinta l’opposizione proposta dalla stessa Poste Italiane contro il decreto ingiuntivo ottenuto da NOME COGNOME e NOME COGNOME per il pagamento della somma di 1.000 € oltre interessi a titolo di rimborso di n. 1 buono postale fruttifero (BPF) appartenenti alla «serie AA2P» emesso il 29.5.2001
2.Il Giudice di pace ha ritenuto infondata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Poste Italiane perché i buoni non riportano indicazioni a stampa o con timbri circa la durata e, quindi, circa il termine di scadenza costituente, come noto, il dies a quo della prescrizione del diritto al rimborso
Il Tribunale – rilevato che ai sensi degli artt. 113 e 339 c.p.c. sono appellabili le sentenze che il giudice di pace ha pronunciato secondo equità a condizione che con l’appello si censuri la violazione delle norme sul procedimento, di norme costituzionali o comunitarie, ovvero di principi regolatori della materia -ha dichiarato l’inammissibilità del gravame perché la sentenza appellata era stata pronunciata dal giudice secondo equità essendo la causa inferiore al valore di 1.100 €, reputando che i le sentenze rese in controversie di valore non superiore a tale cifra sono da considerare sempre pronunciate secondo equità per testuale disposizione normativa (cita Cass. n. 4079/ 2005)
4.- Avverso la sentenza Poste Italiane ha proposto ricorso affidandolo ad un unico motivo di cassazione. NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 D.M. Tesoro 19.12.2000 e degli artt. 5, 6, 7, 8 D.M.
Tesoro 29.3.2001, art. 1342 c.c., 113, comma 2 e 339 comma 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. I n. 3 c.p.c.
La ricorrente osserva che contrariamente a quanto sostenuto dal giudice d’appello, la sentenza impugnata era stata pronunciata secondo diritto, quindi era pienamente appellabile, invero il BFP prodotto dagli opposti in sede monitoria – emesso da Cassa Depositi e Prestiti a seguito del D.M. 29 Marzo 2001 istitutivo della serie AA2 di BFP e collocato da Poste Italiane – comprovava la stipula di un contratto secondo modulo prestampato, soggetto alla disciplina di cui all’art. 1342 c.c., contratto il cui contenuto era indicato dal D.M. di emissione che all’art. 8 stabiliva che detti buoni potevano essere liquidati in linea di capitale e di interesse al termine del settimo anno successivo a quello dell’emissione: alla scadenza del detto settimo anno il titolare del buono aveva diritto, unitamente al capitale, ad un interesse lordo pari al 40% del capitale sottoscritto. Per cui sarebbe oscura la ragione per cui il giudice d’appello sia pervenuto alla predetta declaratoria di inammissibilità, laddove, oltretutto, la sentenza era stata appellata per aver violato il principio relativo all’onere della prova, il quale, in ogni caso rientrerebbe senza ombra di dubbio nella violazione dei principi regolatori della materia consentendo l’impugnazione della sentenza in oggetto con atto d’appello ai sensi dell’articolo 339 c.p.c.
2.- Il motivo è fondato nei limiti di cui alla seguente motivazione.
Il Tribunale ha ritenuto che la decisione del Giudice di Pace – non espressamente qualificata come decisione assunta secondo equità fosse stata resa secondo equità e non secondo diritto, atteso il valore della controversia, rilevando altresì che il vizio dedotto dall’appellante (che dal ricorso si desume essere la violazione delle regole dell’onere probatorio) non rientrasse tra i limitati motivi di appello consentiti dall’art.339 c.p,c.
2.1 -Fermo che le sentenze del Giudice di Pace pronunciate secondo equità, a norma dell’art.113 secondo comma c.p.c., possono – ai sensi dell’ultimo comma dell’art.339 c.p.c. come modificato per effetto del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – essere oggetto di appello solo per norme sul procedimento, violazione di norme costituzionali o comunitarie o dei principi regolatori della materia (v. Cass. 19050/2017; Cass. 10063/2020), questa Corte a Sezioni Unite (v. Cass. 564/2009), componendo un contrasto giurisprudenziale, ha affermato che « le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ., sono ricorribili in cassazione per violazione delle norme processuali, delle norme della Costituzione e di quelle comunitarie, nonché per violazione dei principi informatori della materia e per nullità attinente alla motivazione, che sia assolutamente mancante o apparente, o fondata su affermazioni in radicale ed insanabile contraddittorietà; ne consegue che la violazione dell’art. 2697 cod. civ. sull’onere della prova, che pone una regola di diritto sostanziale, dà luogo ad un “error in iudicando” non deducibile con il ricorso per cassazione avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità » (così Cass. 22279/2009). Perciò sotto detto profilo la decisione impugnata risulta corretta, con infondatezza della relativa doglianza mossa dalla ricorrente Poste.
2.2 – In relazione, invece, alla restante parte del ricorso – come già questa Corte ha rilevato (Cass. n.33033/2021) – l’art.113 c.p.c., comma secondo, stabilisce che il giudice di pace decide secondo equità nelle controversie di valore inferiore a 1.100,00 euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art.1342 c.c.. Invero, come ha statuito Cass. n. 10394/2007, « a seguito della sostituzione del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ., da parte dell’art. 1 del d.l. n. 18 del 2003, convertito, con modificazioni, nella legge n. 63
del 2003 e, quindi, della conseguente introduzione (per i giudizi iniziati dal 10 febbraio 2003; art. 1-bis di detto di.) della regola di decisione da parte del giudice di pace secondo diritto, per le controversie non eccedenti euro millecento, derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 cod.cov., cioè mediante moduli o formulari, deve ritenersi – una volta considerato che l’esigenza della decisione secondo diritto obbedisce, nelle intenzioni del legislatore, alla necessità che le dette controversie vengano decise in modo uniforme in ragione della uniformità di disciplina dei rapporti che ne sono oggetto -che un’analoga regola trovi applicazione alle controversie comprese entro quel valore, le quali originino da rapporti contrattuali che siano sottoposti ad uniformità di disciplina, perché intervenuti tra un utente ed un monopolista legale di un pubblico servizio, atteso che l’esigenza di uniformità di decisione, garantita dalla regola – di natura processuale – della decisione secondo diritto non può che ricorrere a maggior ragione allorquando l’uniformità di disciplina del rapporto discenda dalla legge, che, nell’assicurare il monopolio del servizio, impone al monopolista di garantire all’utente parità di trattamento » (conf. Cass. 10559/2009). Sempre questa Corte (v. Cass. 25060/2017) ha, poi, precisato che « la regola di esclusione dal giudizio secondo equità, prevista dall’art. 113, comma 2 c.p.c. per le controversie di valore non eccedente millecento euro derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c., si estende anche a quelle che traggono origine da rapporti contrattuali intervenuti tra un utente e una società in posizione dominante che esercita un pubblico servizio, per la necessità di garantire l’uniformità della decisione per tutti i fruitori del servizio ».
2.3- In continuità con quanto statuito da questa Corte sul punto (v Cass. 10394/2007 cit.), « i buoni postali, rientranti nei servizi bancoposta offerti da Poste, non sono titoli di credito e non
posseggono perciò il carattere della letterarietà propria dei titoli medesimi, ma vengono qualificati alla stregua dei titoli di legittimazione, ai sensi dell’art.2002 c.c., che servono, pertanto, ad indicare l’avente diritto della prestazione (Cass. 27809/2005). Inoltre, questa Corte a Sezioni Unite (Cass. 13979/2007, in motivazione) ha chiarito che si tratta di servizi postali, un tempo offerti da un’azienda dello Stato (la quale, con la L. n.71 del 1994, fu poi trasformata nell’Ente Poste, avente natura di ente pubblico economico, e quindi in società per azioni), rientranti nell’ambito di rapporti contrattuali, fondamentalmente soggetti al regime del diritto privato, seppure destinati a subire anche gli effetti di una normativa speciale, che risente della natura soggettiva pubblica dell’amministrazione postale, ormai priva di connotazione autoritativa; cosicché le successive determinazioni ministeriali in tema di interessi e di relative variazioni comportano un’integrazione extratestuale del rapporto ai sensi dell’art. 1339 c.c.» In sostanza «il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli» è «destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti». Di recente le stesse Sezioni Unite (Cass. n. 3963/2019 ) hanno precisato che «nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il D.P.R. 29 marzo 1973 n. 156, il vincolo contrattuale tra emittente e investitore si articola sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti. Resta ferma la possibilità che i buoni vengano integrati e/o modificati ai sensi dell’art. 1339 c. c., sotto il profilo della determinazione dei rendimenti, da provvedimenti della Pubblica Autorità, purché successivi alla sottoscrizione dei titoli».
La possibilità di applicazione del disposto dell’art.1342 c.c. è stata riconosciuta nella materia da questo giudice di legittimità (v.Cass. 4761/2018, in motivazione).
2.4 -In definitiva, deve ritenersi che la giurisprudenza sopra richiamata circa l’appellabilità delle pronunce del GdP inferiori alla soglia di euro 1.100,00 euro laddove derivati da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art.1342 c.c., debba trovare applicazione anche nel caso in esame, poiché la sottoscrizione di buono postale fruttifero, nonostante l’intervenuta privatizzazione della s.p.a. Poste Italiane, viene a creare un rapporto che si caratterizza per l’evidente necessità che le relative controversie siano trattate con regole uguali per tutti i fruitori del servizio, secondo modulistica prestampata predisposta da Poste, che richiama il regolamento negoziale e le condizioni generali di contratto definite per regolamentare la serie indefinita di rapporti con tutti i risparmiatori-utenti del servizio interessati.
Perciò «Le relative controversie, ove rientranti nella competenza del giudice di pace, restano pertanto sottratte al potere di quest’ultimo di decidere secondo equità, anche se aventi valore non eccedente millecento euro, ai sensi dell’art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., nel testo sostituito dal decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, e sono appellabili al di fuori dei limiti segnati dall’ultimo comma della disposizione di cui all’art.339 c.p.c. per l’impugnazione delle pronunce secondo equità» (così Cass. n.33033/2021).
– Per quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Lecce in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Lecce in diversa
composizione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª