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Buona fede del terzo acquirente: prova e presunzioni

La Corte di Cassazione conferma la decisione di merito che ha dichiarato l’inefficacia di un acquisto immobiliare da parte di un terzo, ritenendolo in mala fede. La sentenza stabilisce che la presunzione legale di buona fede del terzo acquirente può essere superata attraverso prove presuntive, qualora queste siano gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, elementi come gli stretti legami familiari tra le parti, la mancata prova del pagamento del prezzo e la consapevolezza della litigiosità dell’immobile sono stati considerati sufficienti a dimostrare la partecipazione del terzo all’accordo simulatorio volto a danneggiare i creditori.

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Buona Fede del Terzo Acquirente: Quando le Presunzioni Semplici Diventano Prova

L’acquisto di un immobile da chi, a sua volta, lo ha ottenuto tramite un contratto simulato, pone complesse questioni legali. La legge tutela la buona fede del terzo acquirente, ma questa protezione non è assoluta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come un insieme di indizi, anche se non prove dirette, possa essere sufficiente a dimostrare la consapevolezza del terzo e, di conseguenza, a rendere inefficace il suo acquisto. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa: Una Doppia Vendita Sospetta

La vicenda ha origine da una prima vendita immobiliare, successivamente accertata come simulata. I venditori originali, per sottrarre il bene alla garanzia dei propri creditori, lo avevano fittiziamente ceduto a un primo acquirente. Poco dopo, quest’ultimo ha rivenduto lo stesso immobile a un terzo soggetto.

I creditori dei venditori originali hanno agito in giudizio, sostenendo che anche la seconda vendita fosse parte di un disegno fraudolento. Il secondo acquirente, infatti, era legato da vincoli di parentela con i venditori originali, un dettaglio che ha immediatamente destato sospetti.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione ai creditori, dichiarando l’inefficacia anche del secondo acquisto. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevata dal terzo acquirente che rivendicava la propria buona fede.

La Decisione della Corte e la Buona fede del Terzo Acquirente

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze precedenti. Il punto cruciale della decisione è il modo in cui è stata superata la presunzione di buona fede del terzo acquirente sancita dall’articolo 1147 del codice civile. I giudici hanno stabilito che, per vincere tale presunzione, non è necessaria una prova diretta della malafede, ma è sufficiente un quadro di presunzioni semplici che, nel loro complesso, risultino gravi, precise e concordanti.

Le Motivazioni: Il Valore delle Presunzioni nel Processo Civile

La Corte ha basato il suo ragionamento sull’articolo 2729 del codice civile, che disciplina la prova per presunzioni. Secondo i giudici, il convincimento del magistrato può fondarsi anche esclusivamente su elementi presuntivi, senza che esista una gerarchia tra le prove.

Nel caso specifico, sono stati individuati diversi elementi indiziari che, letti insieme, hanno demolito la tesi della buona fede:

1. I Legami Familiari: L’acquirente era lo zio del fidanzato della figlia dei venditori originali. Un legame che, sebbene non strettissimo, rendeva inverosimile l’ignoranza delle vicende familiari e debitorie dei venditori.
2. La Contestualità delle Vendite: Entrambe le vendite (quella simulata e quella successiva al terzo) sono avvenute nella stessa data e davanti allo stesso notaio, suggerendo un’operazione coordinata.
3. La Mancata Prova del Pagamento: Nonostante nel rogito si dichiarasse che il prezzo era stato pagato, l’acquirente non è stato in grado di fornire alcuna prova concreta di tale pagamento. Questa è stata considerata una circostanza fondamentale per escludere la buona fede.
4. La Conoscenza della Controversia: Nell’atto di acquisto era esplicitamente menzionata la trascrizione della domanda giudiziale dei creditori, il che rendeva impossibile per l’acquirente non essere a conoscenza della litigiosità dell’immobile.

La difesa del ricorrente, che tentava di giustificare ogni singolo indizio separatamente, è stata respinta perché non offriva una spiegazione logica e complessiva del quadro probatorio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Acquirenti Immobiliari

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la tutela dell’affidamento del terzo non può spingersi fino a proteggere chi partecipa, consapevolmente o per grave negligenza, a operazioni fraudolente. Per chi acquista un immobile, la decisione sottolinea l’importanza di una due diligence approfondita. Non basta affidarsi alle dichiarazioni formali contenute nell’atto, ma è necessario indagare sulla provenienza del bene e sulla situazione delle parti coinvolte, specialmente in presenza di circostanze anomale come prezzi troppo bassi, vendite a catena in brevi periodi o legami tra i soggetti. La presunzione di buona fede è un pilastro del nostro ordinamento, ma non uno scudo invalicabile per chi decide di ignorare evidenti segnali di allarme.

La presunzione di buona fede del terzo acquirente è assoluta?
No, la presunzione legale di buona fede può essere superata. La Corte ha chiarito che a tal fine possono essere utilizzate anche presunzioni semplici, a condizione che siano gravi, precise e concordanti, come previsto dall’art. 2729 del codice civile.

Quali elementi possono indicare la mala fede di un terzo acquirente in una vendita simulata?
Diversi elementi indiziari possono concorrere a dimostrare la mala fede, tra cui: stretti legami di parentela tra le parti coinvolte, la contestualità di più vendite sospette, la mancata prova effettiva del pagamento del prezzo e la conoscenza, documentata nell’atto, di una controversia giudiziale sull’immobile.

La sola dichiarazione nel rogito che il prezzo è stato pagato è sufficiente a dimostrare la buona fede?
No. La Corte ha ritenuto che la mancata prova del pagamento effettivo del prezzo, di fronte a una mera dichiarazione formale nel rogito di compravendita, costituisce un elemento fondamentale per escludere la buona fede del terzo acquirente, soprattutto quando si inserisce in un quadro indiziario più ampio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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