Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3184 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 3184 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
NOME. Consigliere
Ud. 23/01/2024 PU
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 36008/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– RAGIONE_SOCIALE –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controRAGIONE_SOCIALE –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 527/2018 depositata il 04/10/2018;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore generale in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto di tutti i motivi di ricorso;
uditi gli avvocati NOME COGNOME, in delega dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per la controRAGIONE_SOCIALE.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Pordenone, con sentenza del 9 aprile 2017, rigettava le domande svolte dalla soc. (di diritto turco) “RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della soc. “RAGIONE_SOCIALE“, per l’accertamento del suo inadempimento alle obbligazioni assunte con il contratto di vendita di alcuni macchinari destinati alla lavorazione di tessuti, e per la conseguente risoluzione del contratto, ovvero, in subordine, per la riduzione del relativo prezzo, e, in ogni caso, per il risarcimento dei danni.
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
La società RAGIONE_SOCIALE resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Trieste rigettava l’appello. Dopo aver rigettato alcune eccezioni preliminari, la Corte territoriale dichiarava infondato il primo motivo di appello relativo alla nullità
delle CTU disposte dal Tribunale in sede di ATP e nel successivo giudizio di merito, poiché espletate in violazione della disciplina prevista dalla ”Convenzione sull’assunzione all ‘estero delle prova in materia civile e commerciale conclusa all ‘ Aja il 18 marzo 1970, avendo il giudice italiano provveduto direttamente alla nomina del consulente, piuttosto che per il tramite di rogatoria rivolta al giudice del paese in cui l’accertamento andava effettuato (Turchia).
Secondo l’assunto della società appellante s i tratterebbe non già di una nullità “relativa”, come ritenuto dal Tribunale e quindi sanata per il fatto che la stessa “COGNOME” non l ‘aveva fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito delle relazioni tecniche, bensì di una nullità di carattere assoluto”, in conseguenza del fatto che gli incombenti erano stati evasi da un consulente nominato da un giudice – quello italiano- che a tal riguardo era carente di giurisdizione.
La Corte d’Appello ribadiva che i vizi di carattere procedurale che riguardano le operazioni peritali – e tale doveva considerarsi pure il mancato ricorso, da parte del giudice italiano, al sistema della “rogatoria internazionale”, ai sensi della convenzione, determinano una nullità (della ctu) di carattere soltanto “relativo”, con la conseguenza che essa era sanata in quanto non era stata fatta valere dalla parte interessata nella prima istanza o difesa successiva al deposito delle relazioni tecniche.
4.1 Anche i restanti motivi secondo, terzo, quarto e quinto erano infondati.
Con tali motivi l’appellante denunciava l’erroneità della decisione di primo grado, che, in base agli accertamenti del ctu, aveva ritenuto: a) che i macchinari venduti dalla RAGIONE_SOCIALE modello
” Torcitoi mod. Geminis S 202° ‘ , fossero conformi al contratto di vendita, e rispondessero alle esigenze produttive della stessa “RAGIONE_SOCIALE“, anche per quanto riguardava la velocità di funzionamento; b) che per quanto riguardava la polverosità dei macchinari – a detta del ctu causata dalla superficie liscia delle parti dei dispositivi forniti da “RAGIONE_SOCIALE“, la RAGIONE_SOCIALE aveva rifiutato l’offerta di sostituzione dei contenitori ai quali andava riconAVV_NOTAIOo il problema, sostituzione che secondo quanto stabilito dall’art. 17 delle condizioni generali di contratto, costituiva -insieme alla riparazione – l’unica forma di garanzia che l’acquirente poteva invocare in ordine alle parti difettose dei macchinari, avendo rinunciato, con la sottoscrizione del contratto, ai restanti rimedi della risoluzione contrattuale o della riduzione del prezzo; c:) che le rilevazioni circa il livello di “‘polverosità” registrata nei locali di lavoro ad opera di una società di consulenza incaricata dalla “RAGIONE_SOCIALE“, erano inattendibili.
4.2 Quanto alla questione della polverosità, la stessa appellante aveva affermato che la RAGIONE_SOCIALE“, a conoscenza delle esigenze di “Gunot”, e del tipo di filato che questa avrebbe lavorato con i torcitoi in questione, …. avrebbe sin d all’ inizio dovuto montare dei contenitori adatti alle specifiche esigenze del compratore, ad essa ben note.
Dunque, doveva escludersi che l’offerta di “NOME , pacificamente avvenuta in presenza del ctu, di sostituire i contenitori che producevano polvere, con altri che invece avrebbero evitato il problema, rifiutata dalla stessa “NOME“, non poteva adeguatamente soddisfare le indicate esigenze di quest’ultima, ponendo definitivo rimedio all’inconveniente, e consentendo di
pervenire al risultato di una piena conformità dei macchinari al contratto di vendita. Di conseguenza il rifiuto della “RAGIONE_SOCIALE” alla sostituzione era contrario ai doveri di “correttezza” e di “buona fede” (artt. 1175 e 1375 c.c.), con la conseguenza ultima che nessun inadempimento poteva legittimamente riscontrarsi nel comportamento della venditrice. La doglianza in ordine all’insalubrità dell’ambiente di lavoro doveva ricondursi al suddetto rifiuto e, quindi, ad una sua precisa e deliberata scelta di NOME.
4.3 Quanto, poi, alla questione del numero di pollici delle bobine, la Corte d’Appello osservava che, come emerso all’esito degli accertamenti peritali, i torcitoi consegnati alla RAGIONE_SOCIALE fossero pacificamente conformi al modello ordinato (Gtminis 5 202A), e come altrettanto pacificamente si trattasse di macchinari predisposti per funzionare sia con bobine da 7 pollici, che con bobine da 8 pollici, mediante l’impiego di un apposito “distanziatore” che all’epoca veniva installato dalla “RAGIONE_SOCIALE” in tutte le macchine di quel tipo – allo stesso modo di quanto comunemente si registrava ad opera di altre imprese di settore operanti sul mercato, e non soltanto ed occasionalmente in quelle che furono consegnate alla “RAGIONE_SOCIALE“. Non era dato comprendere, quindi, in cosa consistesse il lamentato difetto di conformità; anzi, la possibilità di una duplice utilizzazione, costituiva un sicuro vantaggio per l’acquirente che nel futuro, decidendo di procedere a lavorazioni che richiedessero bobine da 8 pollici, avrebbe potuto continuare a valersi delle stesse macchine che già possedeva.
4.4 Quanto, infine, alla questione della velocità di funzionamento dei torcitoi, la ctu aveva accertato che proprio in considerazione dei filati normalmente lavorati dalla “RAGIONE_SOCIALE” la
convenuta aveva fornito un set di pulegge che consentiva alle macchine di tenere una velocità da un minimo di 8.500 rpm ad un massimo di 11.500 rpm (giri al minuto), per cui anche sotto tale profilo non poteva riscontrarsi alcun inadempimento della “RAGIONE_SOCIALE ‘ , posto che anche il contenuto della comunicazione del 9 febbraio 2010 che quest’ultima ebbe ad inviare alla “RAGIONE_SOCIALE“, indicava in 11.000 rpm- che è un dato compreso nel suddetto range – la velocità che le macchine avrebbero potuto sviluppare nella lavorazione degli indicati filati. In realtà il vero problema sottostante alla doglianza mossa dalla “‘RAGIONE_SOCIALE” a proposito del più basso numero di giri al minuto tenuto dalle macchine e che la ctu aveva ben colto, era che la velocità di soli 8.500 rpm era stata impostata dalla “RAGIONE_SOCIALE“, non perché le macchine non consentissero quella maggiore di 11.000 rpm che avrebbe consentito di mantenere inalterata la produzione, ma solo per contenere la quantità di pulviscolo che l’indicata velocità di 11.000 rpm avrebbe inevitabilmente causato, rendendo insalubri i locali di lavoro, ma la circostanza non poteva essere addebitata alla ”RAGIONE_SOCIALE“, a causa dell’ingiustificato rifiuto della sua offerta di sostituire il tipo di contenitori che producevano l’inconveniente, con altri in grado di eliminarlo.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ve Kimy A RAGIONE_SOCIALE Sirketi ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso .
Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, n. 3, c.p.c. degli articoli 1175 e 1375 cod. civ., nonché degli artt. 1453, 1476, 1490, 1497 e 1220 cod. civ.
La Corte d’Appello avrebbe errato nell’applicare gli artt. 1175 e 1375 cod. civ., relativi ai doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, attestandosi su erronei e fuorvianti principi di diritto e determinando così anche una violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1453, 1476, 1490, 1497 e 1220 cod. civ.
Il Giudice del merito, in altri termini, ha stabilito che il rifiuto dell’acquirente alla sostituzione delle componenti difettose del macchinario oggetto del contratto rappresenti un comportamento contrario ai principi di correttezza e buona fede, intervenendo nella dinamica contrattuale a sanare l’inadempimento della parte in difetto.
Secondo parte RAGIONE_SOCIALE il generale ed incontestato principio di correttezza non può risolversi per la parte adempiente in un obbligo di sopportare conseguenze eccessivamente penalizzanti. Anche il dovere di buona fede si risolve in un generale dovere di solidarietà, che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra a prescindere tanto da specifici impegni contrattuali quanto dal dovere extracontrattuale del neminem ledere .
L’impegno solidaristico in esame trova il suo limite precipuo nell’interesse proprio del soggetto, tenuto al compimento di tutti gli
atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico . L’esponente, dunque, accettando – in virtù del dovere di correttezza in esame e sulla scorta del principio di solidarietà -un macchinario pacificamente difettoso, seppure con la sostituzione di alcune sue componenti, avrebbe messo seriamente in pericolo l’operatività del suo stabilimento e, addirittura, la stessa vita dell’impresa.
La società RAGIONE_SOCIALE, insomma, con il proprio rifiuto avrebbe esercitato il diritto a non consentire – per tenere la società venditrice indenne dalle conseguenze del proprio inadempimento un’attività grave, eccezionale e comportante notevoli rischi, tale da determinare a suo carico un sacrificio di estrema importanza.
L’offerta non formale, allorché manchi un legittimo rifiuto a riceversi la prestazione, è idonea ad escludere l’inadempimento. A tal guisa, l’offerta deve essere seria, completa e tempestiva. Nel caso di specie l’offerta formulata da NOME nei confronti dell’odierna RAGIONE_SOCIALE, sebbene integrasse i requisiti formali di una offerta ai sensi della norma sopra menzionata, non era tuttavia idonea a soddisfare le richieste di COGNOME. Quest’ultima, infatti, si è trovata costretta a rifiutare tale offerta, non essendo le macchine di RAGIONE_SOCIALE compatibili – anche alla luce dei vizi in esse riscontrati – con le esigenze espresse da COGNOME. In tal senso, pertanto, il rifiuto anzidetto appare pienamente legittimo, da un punto di vista funzionale, qualitativo e quantitativo, così come richiesto ai sensi dell’orientamento sopra citato.
1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.
La Corte d’Appello, così come il giudice di primo grado, ha escluso l’inadempimento alle obbligazioni assunte dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della Società RAGIONE_SOCIALE con il contratto in oggetto di vendita di alcuni macchinari destinati alla lavorazione di tessuti. Dalla consulenza tecnica era emerso, infatti, che i macchinari, al contrario di quanto lamentava l’acquirente, erano conformi a quanto pattuito nel contratto di vendita e pienamente rispondenti alle esigenze di produzione della COGNOME.
Quanto all’eccesso di polvere , che aveva determinato l’esigenza di utilizzare i medesimi macchinari ad un numero di giri inferiore rispetto a quello massimo, il problema era causato dalle pareti lisce dei contenitori che la RAGIONE_SOCIALE si era offerta formalmente di sostituire per contenere la quantità di pulviscolo che la velocità superiore avrebbe causato, rendendo insalubri i locali di lavoro.
La Società RAGIONE_SOCIALE, tuttavia, si era rifiutata di consentire la sostituzione de i contenitori che producevano l’inconveniente con altri in grado di eliminarlo e il rifiuto alla suddetta sostituzione era contrario ai principi di buona fede ex art. 1175 e 1375 c.c. in quanto non richiedeva alcun rischio o attività gravosa o eccezionale in capo al creditore.
1.3 Ciò premesso, deve affermarsi che la sentenza impugnata è immune dalle censure proposte con il motivo in esame, essendo conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia di obblighi di buona fede e correttezza delle parti contrattuali.
Deve premettersi che la società RAGIONE_SOCIALE, nel controricorso, ha riportato l’ art. 17 delle condizioni generali di vendita doppiamente sottoscritte per accettazione dalla controparte secondo cui ‘ la
garanzia è limitata alla sostituzione o riparazione delle parti difettose per difetti di produzione e/o materiale … ‘.
La stessa Corte d’Appello riporta la suddetta clausola nella sua motivazione. Si legge, infatti, a pag. 13 della sentenza che in base all’art. 17 delle condizioni generali di contratto l’offerta di sostituzione dei contenitori costituiva, insieme alla riparazione, l’unica forma di garanzia che l’acquirente poteva invocare, avendo rinunciato con la sottoscrizione del contratto ai restanti rimedi della risoluzione del contratto o della riduzione del prezzo. Su questo si era fondata la sentenza di primo grado.
Parte RAGIONE_SOCIALE afferma genericamente e senza fornire alcuna argomentazione sul punto di non essere tenuta ad accettare l’offerta di sostituzione dei contenitori perché la limitazione della garanzia non era operante al contrario di quanto sostenuto dal giudice di primo grado.
In disparte il profilo dalla validità di una clausola con la quale l’acquirente rinunci preventivamente ai rimedi di cui all’art. 1492 c.c., ciò che rileva in questa sede è che, anche in base alle clausole negoziali, le parti avevano concordato di ricorrere alla sostituzione o riparazione dei macchinari in caso di loro difetto o malfunzionamento e su tale clausola si era fondata la sentenza di primo grado.
Ad ogni modo, la Corte d’Appello, anche al di là dello specifico obbligo contrattuale, ha ritenuto di applicare il generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. che legittima l’insorgenza nelle parti contrattuali dell’affidamento che, anche nell’esecuzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ciascuno si comporti nell’esecuzione
secondo buona fede e, dunque, rispettando il correlato generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere generale del “neminem laedere”.
La RAGIONE_SOCIALE, dunque, in adempimento del dovere di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. aveva l’obbligo di non rifiutare l ‘offerta di NOME in modo che, secondo quanto accertato dal consulente, con una conAVV_NOTAIOa improntata ai suddetti criteri avrebbe evitato l’inconveniente che lamentava di insalubrità dell’ambiente di lavoro , ferma restando la conformità dei macchinari rispetto a quanto pattuito nel contratto di vendita. Peraltro, ciò che si richiedeva alla COGNOME era una mera conAVV_NOTAIOa passiva che consentisse la sostituzione dei contenitori che causavano l’eccesso di polvere sicché non era richiesta alcuna attività gravosa o eccessivamente rischiosa tale da giustificare il rifiuto. D’altra parte, la stessa RAGIONE_SOCIALE, con il motivo in esame fa solo un generico riferimento ad attività gravose ed eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici che escluderebbero il dovere di agire secondo l’ordinaria diligenza ma non specifica in alcun modo perché la sostituzione dei contenitori avrebbe comportato tali sacrifici o rischi.
In conclusione, deve ribadirsi che rientra nelle attribuzioni del giudice di merito la valutazione unitaria e comparativa dei comportamenti delle parti ai fini della valutazione dell’inadempimento contrattuale. Il giudice del merito, infatti, non può esimersi dal valutare se il comportamento delle parti e l’esercizio delle facoltà derivanti dal contratto sia stato effettuato
nel pieno rispetto delle regole di correttezza e di buona fede. La buona fede alla quale ci si riferisce ex artt. 1175 e 1375 c.c., deve intendersi in senso oggettivo, ovvero come dovere di ogni soggetto dell’obbligazione, sia debitore che creditore, di salvaguardare l’utilità dell’altro nei limiti di un apprezzabile sacrificio oltre che nella formazione anche nell’esecuzione del contratto. Tale sindacato deve pertanto essere esercitato in chiave di contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti in causa, in una prospettiva anche di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici.
L’apprezzamento del giudice di merito, il quale, nel quadro dell’economia negoziale, ritenga la violazione dei suddetti canoni da parte di uno dei contraenti sulla base di un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale si risolve in un giudizio di fatto che in quanto tale si sottrae al sindacato di legittimità.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione ex art. 360, n. 3, c.p.c. degli artt. 203, 204 e 157 c.p.c., nonché dell’art. 1 della Convenzione dell’Aja in data 18 marzo 1970.
Secondo la RAGIONE_SOCIALE conformemente all’ uniforme AVV_NOTAIOrina le disposizioni ex artt. 203 e 204 c.p.c. escludono di per sé la possibilità di assunzione diretta di prove all’estero, sia sulla base dello stesso dettato normativo, sia in virtù del generale principio di diritto internazionale della sovranità territoriale Nella specie, la legge processuale italiana ammette l’esecuzione extra territoriale di atti istruttori mediante ricorso all’assistenza attiva o passiva dello Stato straniero nei limiti in cui la legislazione dello Stato interessato
e le convenzioni internazionali vigenti ne consentano lo svolgimento ad opera dei giudici dello Stato richiesto o di agenti consolari. Nel caso di specie dovrebbe applicarsi la Convenzione sull’assunzione delle prove all’estero in materia civile e commerci ale, aAVV_NOTAIOata all’Aja il 18 marzo 1970 e ratificata da Italia e Turchia.
La ratio sottesa all’istituzione di tale impianto normativo sarebbe riconducibile all’esigenza di prevedere procedure dirette a rendere compatibile l’esecuzione dell’atto processuale – in questo caso l’assunzione del mezzo di prova – all’estero con la sovranità dello Stato sul cui territorio esso deve essere compiuto. Infatti, le forme del procedimento di assunzione sono regolate dalla lex loci : l’art. 204 c.p.c. presuppone, infatti, la riconoscibilità all’attività istruttoria svolta dall’autorità giudiziaria estera secondo la legge processuale del proprio Stato di effetti identici a quelli che essa avrebbe se eseguita secondo le norme interne.
La consulenza tecnica d’ufficio svolta nel giudizio di merito in assenza di alcuna rogatoria internazionale rivolta allo Stato in cui le operazioni peritali avrebbero dovuto avere luogo (Turchia) sarebbe del tutto viziata, e dunque nulla, stante la carenza di uno dei requisiti procedurali essenziali per la sua esecuzione.
Di conseguenza, la valutazione espressa dalla Corte di Appello, sarebbe palesemente erronea, in quanto non terrebbe conto della rilevanza, in termini di validità dell’atto istruttorio, del difetto di uno dei presupposti processuali per la sua esecuzione e ammissione nel procedimento. La pronuncia della Corte di Appello sarebbe erronea laddove interpreta il vizio procedurale di cui alla fattispecie quale mera ipotesi di nullità relativa, come tale rilevabile solo su istanza
di parte, ai sensi dell’art. 157 c.p.c. mentre si tratterebbe di una chiara ipotesi di nullità assoluta, stante la totale carenza di giurisdizione del Giudice italiano nel disporre e acquisire la prova assunta a seguito di esecuzione di consulenza tecnica nel territorio di uno Stato estero, sul quale solo ed esclusivamente quest’ultimo esercita la propria sovranità giurisdizionale.
La RAGIONE_SOCIALE conclude la censura evidenziando che il difetto di giurisdizione è una delle principali ipotesi di nullità assoluta, come tale rilevabile d’ufficio dal giudice in qualsiasi fase e grado del procedimento, essendo del tutto carente nel caso di specie un presupposto processuale essenziale ai fini della validità dell’attività istruttoria e della conseguente acquisizione del mezzo di prova, stante l’assenza di rogatoria internazionale ai sensi degli artt. 203, 204 c.p.c. e della Convenzione dell’Aj a del 1970.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Anche in questo caso la sentenza è immune dalle censure prospettate dalla RAGIONE_SOCIALE essendo conforme alla giurisprudenza di questa Corte. In particolare, il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: L’eccezione di nullità della consulenza tecnica d’ufficio, deAVV_NOTAIOa per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito avendo natura giuridica di nullità relativa. Tale qualificazione giuridica permane tuttavia anche per l’ipotesi in cui la consulenza sia svolta tramite rogatoria alla competente autorità estera, ai sensi dell’art. 7 della Convenzione dell’Aja del 18 marzo 1970 (Sez. 1, Sentenza n. 24996 del 10/12/2010, Rv. 615785 – 01).
Ne consegue l’infondatezza della censura di nullità per difetto assoluto di giurisdizione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE, trattandosi della violazione di norme poste a tutela dell’interesse delle parti e non di ordine pubblico.
Il Collegio intende dare continuità ai precedenti di questa Corte secondo cui anche le nullità concernenti le rogatorie consolari ed internazionali hanno carattere relativo (versandosi in materia affidata alla disponibilità delle parti) e devono, essere opposte nella prima udienza e difesa successiva all’atto di assunzione del mezzo istruttorio, od alla notizia di esso, rimanendo, in caso contrario, sanate per acquiescenza (Cass. civ. Sez. III, 27/01/1986, n. 539). Le suddette nullità, derivanti dall’inosservanza delle formalità relative all’assunzione della prova, sono stabilite non per ragioni di ordine pubblico, bensì per la tutela degli interessi delle parti e dunque non sono rilevabili d’ufficio dal giudice ma debbono essere immediatamente deAVV_NOTAIOe dalla parte interessata, dovendosi considerare sanate per acquiescenza ove la stessa parte abbia mostrato esplicitamente od implicitamente di non volersene avvalere (C. 9427/1987; C. 2241/1981).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della RAGIONE_SOCIALE di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 8000 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della RAGIONE_SOCIALE di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione