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Blocco conto corrente illegittimo: la banca condannata

Un’ordinanza del Tribunale di Pescara ha accolto il ricorso d’urgenza di una società contro il blocco del conto corrente operato dal proprio istituto di credito. La banca aveva giustificato il blocco citando una generica ‘operazione anomala’ ai sensi della normativa antiriciclaggio, senza però fornire alcuna prova o dettaglio specifico. Il Giudice ha ritenuto il blocco conto corrente illegittimo, ordinando lo sblocco immediato e la condanna della banca al pagamento delle spese legali, avendo riscontrato sia la fondatezza del diritto della società (fumus boni iuris) sia il rischio di un danno grave e irreparabile (periculum in mora).

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Blocco Conto Corrente: Quando la Banca Deve Sbloccarlo Immediatamente

Il blocco conto corrente da parte di un istituto di credito rappresenta uno degli incubi peggiori per qualsiasi azienda o privato. Trovarsi improvvisamente senza accesso ai propri fondi può paralizzare l’attività economica e generare danni ingenti. Un’importante ordinanza del Tribunale di Pescara ha chiarito i limiti del potere della banca in questi casi, stabilendo che un blocco basato su generici sospetti, senza prove concrete, è illegittimo e deve essere rimosso con urgenza.

I Fatti del Caso: Un Blocco Improvviso e Senza Spiegazioni

Una società si è trovata con il proprio conto corrente, essenziale per la gestione dei flussi di cassa aziendali, improvvisamente bloccato. L’istituto di credito non aveva fornito alcuna comunicazione preventiva né successiva per giustificare tale drastica misura. Solo dopo una formale diffida da parte della società, la banca ha risposto menzionando una non meglio specificata “operazione anomala” che richiedeva verifiche ai sensi della normativa antiriciclaggio (D.Lgs. 231/07).

L’azienda, impossibilitata a pagare fornitori e dipendenti e subendo un grave danno economico e reputazionale, ha presentato un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per chiedere l’immediato sblocco del conto.

La Decisione del Tribunale: Sblocco Immediato

Il Tribunale ha accolto integralmente il ricorso della società. Ha ordinato all’istituto di credito di provvedere immediatamente allo sblocco del conto corrente e lo ha condannato al pagamento delle spese legali. La decisione sottolinea come, in una cognizione sommaria tipica della fase cautelare, le ragioni dell’azienda fossero palesemente fondate.

Le Motivazioni della Decisione: Analisi del Blocco Conto Corrente

Il Giudice ha basato la sua decisione sulla sussistenza di entrambi i presupposti necessari per la concessione di un provvedimento d’urgenza: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

La Mancanza di Giustificazione per il Blocco Conto Corrente

Il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus boni iuris, ovvero la parvenza di fondatezza del diritto della società. La banca si è difesa invocando gli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio, che le impongono di segnalare operazioni sospette all’UIF. Tuttavia, si è limitata a fare un generico riferimento a “operazioni anomale” senza fornire alcun elemento, neanche indiziario, per specificare in cosa consistesse tale anomalia e perché giustificasse una misura così grave come il blocco conto corrente.

Secondo il giudice, sospendere l’operatività di un rapporto contrattuale senza una valida e provata ragione costituisce una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede che devono sempre governare i rapporti tra banca e cliente.

Il Rischio di Danno Grave e Irreparabile

È stato inoltre riconosciuto il periculum in mora, cioè il pericolo di un danno imminente e irreparabile. Il blocco conto corrente aziendale paralizza l’operatività commerciale, rendendo impossibile onorare le obbligazioni contrattuali, pagare i fornitori e i dipendenti. Questa situazione, ha osservato il Tribunale, genera conseguenze a lungo termine non facilmente quantificabili e, pertanto, non risarcibili per equivalente economico. Il danno non è solo patrimoniale, ma anche reputazionale, con il rischio di compromettere relazioni commerciali consolidate e, nei casi più gravi, di portare alla cessazione dell’attività economica.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza

Questa pronuncia del Tribunale di Pescara offre un’importante tutela per i correntisti. Stabilisce un principio chiaro: una banca non può imporre un blocco conto corrente sulla base di sospetti vaghi e non documentati, anche se invoca la normativa antiriciclaggio. L’onere di fornire una giustificazione concreta, seppur minima, ricade sull’istituto di credito. La decisione conferma che il ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento efficace per reagire prontamente a un blocco ingiustificato, ripristinando la piena operatività finanziaria e proteggendo l’azienda da danni altrimenti irreparabili.

Una banca può bloccare un conto corrente citando genericamente un’operazione anomala ai sensi della normativa antiriciclaggio?
No. Secondo questa ordinanza, la banca deve fornire elementi specifici che giustifichino il sospetto. Un riferimento generico a ‘un’operazione anomala’ senza ulteriori dettagli non è sufficiente a legittimare il blocco del conto, che rappresenta una violazione degli obblighi di correttezza e buona fede.

Cosa deve dimostrare un’azienda per ottenere lo sblocco d’urgenza del conto?
L’azienda deve dimostrare la sussistenza di due presupposti: il ‘fumus boni iuris’, ovvero che il blocco appare illegittimo perché non adeguatamente motivato dalla banca; e il ‘periculum in mora’, cioè il rischio che il blocco stia causando un danno grave e irreparabile all’attività (es. impossibilità di pagare stipendi, fornitori) che non potrebbe essere risarcito in un secondo momento.

Il blocco di un conto è sempre una misura legittima per la banca in caso di sospetto?
No. Sebbene la banca sia tenuta a effettuare controlli e segnalazioni per la normativa antiriciclaggio, il blocco del conto è una misura estrema. Deve essere fondato su motivi concreti. Se applicato senza una valida ragione, come nel caso esaminato, costituisce un inadempimento contrattuale da parte della banca.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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