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Bilancio s.a.s.: immobile socio e valore normale

Un socio impugnava il bilancio s.a.s. perché non includeva come ricavo il valore normale di un immobile societario utilizzato da un altro socio. La Corte d’Appello ha respinto il ricorso, stabilendo che, poiché l’immobile era occupato senza titolo e la società aveva avviato un’azione legale per riottenerlo, non si trattava di un’assegnazione al socio che giustificasse l’applicazione del criterio del valore normale, ma di un’occupazione illegittima.

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Bilancio S.a.s.: Quando l’Uso di un Immobile da Parte del Socio Non Genera Ricavi

La corretta redazione del bilancio s.a.s. è un adempimento cruciale che può diventare fonte di accesi conflitti tra i soci, specialmente quando sono in gioco beni aziendali utilizzati a titolo personale. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma ha fatto luce su un caso complesso, chiarendo quando l’uso di un immobile societario da parte di un socio non obbliga a iscrivere il suo ‘valore normale’ come ricavo.

I Fatti: La Controversia sull’Immobile Societario e il Bilancio S.a.s.

La vicenda trae origine dalla complessa gestione di una società in accomandita semplice (s.a.s.), proprietaria di diversi immobili. Uno di questi appartamenti era da anni utilizzato dal padre dell’appellante, socio fondatore della società, senza un formale contratto e senza il pagamento di alcun canone.

In seguito a dissidi interni, la società era stata posta in liquidazione. Il liquidatore, nel redigere il rendiconto per l’anno 2015, aveva rappresentato la situazione per quella che era: un’occupazione dell’immobile senza titolo, per la quale era stata avviata un’azione giudiziaria di rilascio.

Un socio, ex amministratore, ha impugnato tale rendiconto, sostenendo che fosse errato. A suo parere, il liquidatore avrebbe dovuto iscrivere tra i ricavi il “valore normale” dell’immobile, come se fosse stato un bene assegnato al socio per autoconsumo, in base a quanto previsto dalla normativa fiscale (art. 85 TUIR). Questa mancata iscrizione, secondo l’appellante, viziava l’intero bilancio.

La Decisione della Corte: Occupazione Illegittima vs. Assegnazione al Socio

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le doglianze del socio. I giudici hanno stabilito che il bilancio s.a.s. redatto dal liquidatore era corretto perché rappresentava fedelmente la realtà dei fatti.

La Corte ha tracciato una distinzione fondamentale: un conto è l’assegnazione di un bene al socio per finalità personali (il cosiddetto autoconsumo), che fa scattare l’obbligo di contabilizzare un ricavo pari al valore normale del bene; un altro conto è un’occupazione illegittima o senza titolo, contro la quale la società si sta attivamente difendendo in sede legale.

In questo secondo caso, non esiste alcun accordo o volontà societaria di destinare il bene a finalità estranee all’impresa. Al contrario, la società, tramite il liquidatore, stava cercando di recuperare la piena disponibilità dell’asset. Pertanto, non sussistevano i presupposti per applicare la disciplina fiscale sul valore normale.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla corretta interpretazione dei presupposti di applicazione dell’art. 85 del TUIR. Questa norma fiscale, che impone di considerare come ricavo il valore normale dei beni assegnati ai soci, si applica solo quando vi è una precisa volontà della società di destinare un bene a finalità estranee all’esercizio dell’impresa.

Nel caso di specie, la situazione era l’opposto. L’occupazione era avvenuta di fatto, senza un titolo giuridico valido (come un contratto di locazione o di comodato), e la società, una volta iniziata la fase di liquidazione, aveva agito per porre fine a tale situazione. Il liquidatore, quindi, non poteva iscrivere un ricavo fittizio derivante da un’assegnazione che non era mai avvenuta. La sua decisione di avviare un’azione di rilascio dimostrava proprio la volontà della società di non destinare quel bene all’uso personale del socio. Di conseguenza, il bilancio s.a.s. rifletteva correttamente uno stato di fatto litigioso e non una regolare assegnazione di un bene.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante principio guida per amministratori e liquidatori: il bilancio deve essere uno specchio fedele della realtà aziendale, anche quando questa include situazioni complesse e conflittuali. La contabilizzazione deve basarsi su fatti giuridici certi e non su interpretazioni fiscali applicate a contesti non pertinenti. L’occupazione di un immobile societario senza titolo non può essere equiparata a un’assegnazione per autoconsumo, soprattutto quando la società ha intrapreso azioni legali per recuperarne il possesso. Per i soci, è un monito a formalizzare sempre l’uso dei beni aziendali, al fine di evitare contenziosi che possono compromettere la trasparenza e la correttezza della gestione societaria.

Quando un bene societario in uso a un socio deve essere iscritto a bilancio al suo ‘valore normale’?
Secondo la sentenza, ciò avviene solo quando la società decide volontariamente di assegnare il bene al socio per finalità personali o comunque estranee all’attività d’impresa (autoconsumo). Se l’uso è invece un’occupazione senza titolo contro cui la società sta agendo legalmente, non si applica il criterio del valore normale.

La mancata iscrizione del ‘valore normale’ di un immobile societario rende nullo il bilancio s.a.s.?
No, non in questo caso. La Corte ha stabilito che il bilancio era corretto proprio perché non iscriveva un ricavo fittizio. Il bilancio deve rappresentare la situazione reale, che in questo caso era un’occupazione illegittima e non un’assegnazione formale del bene.

Una precedente sentenza tra le stesse parti crea un vincolo (giudicato) sulla redazione del bilancio futuro?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che una precedente sentenza, che riguardava la passata cattiva gestione dell’amministratore (per aver iscritto crediti fittizi), non stabiliva un principio vincolante su come il liquidatore dovesse redigere i bilanci futuri in una situazione di fatto diversa e mutata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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