Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20991 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20991 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 19255/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che li rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA RAGIONE_SOCIALEa CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 859/2019 depositata il 15/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
1.-La società RAGIONE_SOCIALE è stata dapprima sottoposta a sequestro, e poi definitivamente confiscata, in base alla legge numero 575 del 1965.
Con provvedimento del tribunale penale di Catania del 15.12.2003, è stata infatti applicata la misura di prevenzione personale ad alcuni soggetti indiziati di appartenenza a consorteria mafiosa, cui la società in questione è risultata riconducibile. Con lo stesso provvedimento è stato nominato un amministratore, sotto il controllo del giudice delegato.
Va precisato che il tribunale di Catania si è posto il problema se la società in quanto tale, ossia quale soggetto distinto dai soci e dunque dai proposti per la misura personale, possa costituire oggetto di sequestro e confisca, ed hanno concluso nel senso che, poiché l’indiziato era il socio unico di fatto RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, la società andava considerata, per l’appunto, come un bene riconducibile all’attività illecita di costui.
1.1.- Dopo il sequestro, e prima che intervenisse la confisca, l’amministratore giudiziario, nell’espletamento RAGIONE_SOCIALE‘attività di gestione aziendale per conto RAGIONE_SOCIALEa società sequestrata, e previa autorizzazione del giudice delegato, ha disposto l’acquisto di una fornitura di cemento dalla società RAGIONE_SOCIALE.
1.2Quest’ultima, quando ormai era intervenuta la confisca, ha ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti del RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento di quella fornitura, pari a 328.123,01 €.
Le due amministrazioni hanno proposto opposizione, che è stata accolta dal tribunale di Catania, il quale ha ritenuto che le amministrazioni fossero tenute al rimborso RAGIONE_SOCIALEe sole spese di amministrazione e custodia, e che tra queste non rientrassero quelle relative alla fornitura in questione, attinente all’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività d’impresa, RAGIONE_SOCIALEa quale avrebbe dovuto rispondere soltanto la società con il suo patrimonio.
1.3.- Questa decisione è stata riformata dalla corte d’appello di Catania, che ha invece ritenuto, da un lato, la spesa in questione afferente all’attività di amministrazione RAGIONE_SOCIALE‘azienda e pertanto riconducibile agli obblighi gravanti sulla P.A.; per altro verso, ha osservato come la società sia stata ormai confiscata, e dunque definitivamente acquisita al patrimonio disponibile RAGIONE_SOCIALEo Stato.
1.4.- Avverso tale pronuncia ricorre il RAGIONE_SOCIALE con due motivi di censura, di cui chiede il rigetto la società creditrice con controricorso illustrato da memoria.
Il PG ha chiesto inizialmente il rigetto del ricorso, ma poi, con successiva memoria, il suo accoglimento. In particolare.
2.- Con il primo motivo si prospetta la violazione RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2462 del codice civile nonché degli articoli 2 octies e ss. RAGIONE_SOCIALEa legge 575 del 1965.
La tesi del RAGIONE_SOCIALE è la seguente.
Il sequestro e la successiva confisca non fanno venir meno la società come soggetto autonomo di diritto, con una propria responsabilità patrimoniale perfetta, con la conseguenza che, per le obbligazioni contratte dalla società, sia pure a mezzo RAGIONE_SOCIALE‘amministratore giudiziario, risponde la sola società con il proprio patrimonio.
Il ministero ritiene conseguentemente inapplicabile l’articolo 2 RAGIONE_SOCIALEa legge 575 del 1965, che obbliga lo Stato ad anticipare le spese per la conservazione e l’amministrazione dei beni, in quanto, tra tale spese, rientrano soltanto il compenso RAGIONE_SOCIALE‘amministratore e le somme necessarie alla custodia del bene strettamente intesa, con esclusione RAGIONE_SOCIALEe obbligazioni assunte per proseguire l’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa.
2.1.- Osserva preliminarmente il collegio che, su un caso analogo, è intervenuta una recente decisione di questa Corte (Cass. n. 3971 del 2024), che ha riguardato proprio un credito RAGIONE_SOCIALEa società qui resistente, la RAGIONE_SOCIALE, verso altra società a sua volta assoggettata a confisca antimafia.
Anche in quel caso, la RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto decreto ingiuntivo verso il RAGIONE_SOCIALE, ma il giudice di appello diversamente che nel caso che oggi occupa la Corte – ha negato fondatezza alla domanda, sostenendo che l’articolo 2 l. 575 del 1965, nel prevedere l’obbligo di anticipazione RAGIONE_SOCIALEe spese da parte del RAGIONE_SOCIALE, limita la sua portata applicativa alle sole spese per la custodia e amministrazione dei beni confiscati, escluse, da queste ultime, quelle inerenti alla gestione RAGIONE_SOCIALEa società, ossia contratte nel suo interesse per lo svolgimento RAGIONE_SOCIALEe attività di impresa.
Con il precedente poc’anzi ricordato, questa Corte ha rigettato il ricorso RAGIONE_SOCIALEa società creditrice, riassumendo la questione nei seguenti termini: quando la società è soggetta a confisca, ciò vuol dire soltanto che il suo controllo passa allo Stato, ma rimane un soggetto distinto con riguardo al suo patrimonio ed alla sua responsabilità patrimoniale -né può dirsi che, acquisendo il controllo RAGIONE_SOCIALEa società, lo Stato intervenga nell’attività di impresa quale socio, come avviene nei caso di partecipazione statale ad una compagine societaria.
In particolare, nel citato precedente si legge che, a seguito RAGIONE_SOCIALEa confisca, non il patrimonio sociale, bensì la società in quanto tale
passa ‘per legge in proprietà RAGIONE_SOCIALEo Stato e viene, del pari in forza di norme imperative, gestita mediante l’RAGIONE_SOCIALE‘ (p. 5).
In sostanza, il principio di diritto applicato sarebbe quello secondo cui la società diventa di proprietà RAGIONE_SOCIALEo Stato, ma mantiene la sua soggettività e va gestita secondo criteri pubblicistici e nell’interesse pubblico, ma senza che lo Stato sia chiamato a rispondere dei debiti contratti nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘impresa: l’articolo 2 octies l. 575 del 1965 andrebbe, pertanto, interpretato nel senso di una limitazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità RAGIONE_SOCIALEo Stato, con esclusione dei debiti contratti nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa.
A tale riguardo va osservato quanto segue.
2.2. E’ pacifico che né il sequestro né la successiva confisca fanno venir meno la soggettività giuridica RAGIONE_SOCIALEa società, che rimane dunque soggetto autonomo con patrimonio autonomo, e con autonoma legittimazione attiva e passiva quanto alle azioni che la riguardano.
La confisca determina soltanto un mutamento nella titolarità e nella gestione RAGIONE_SOCIALEa società (in questo senso Cass. 16607/ 2022).
Tuttavia, pur rimanendo la società un soggetto autonomo, nonostante sequestro e confisca, la legge rende responsabile l’amministrazione giudiziaria RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute e di alcuni debiti contratti dalla società stessa durante la misura di controllo e di prevenzione cui è sottoposta.
In altri termini, dal fatto che la società mantenga la sua soggettività non si può per ciò stesso ricavare che debba rispondere di ogni debito contratto nel suo interesse con tutto il suo patrimonio, e ciò in quanto una legge speciale fa obbligo allo Stato di intervenire, anche economicamente, nella gestione RAGIONE_SOCIALEa società attraverso la nomina, fin dal giorno del sequestro, di un amministratore giudiziario (e non di un semplice custode), che esercita la sua attività sotto il controllo e previa autorizzazione -quanto ai singoli atti compiuti nella gestione RAGIONE_SOCIALE‘azienda – del giudice delegato, anticipando spese che, in quella gestione, si presentano come di ordinaria amministrazione.
Ci si trova, pertanto, stante la assoluta eccezionalità RAGIONE_SOCIALEa materia (RAGIONE_SOCIALEa quale, non a caso, si è ripetutamente occupata la stessa Corte costituzionale) al cospetto di una deroga alla regola RAGIONE_SOCIALE‘autonomia patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa società di capitali.
La legge 575 del 1965, applicabile ratione temporis , all’articolo 2 octies , primo comma, dispone che <>.
Questa norma va interpretata nel senso che, durante l’amministrazione giudiziaria, pur mantenendo la società una sua autonomia e soggettività, la sua gestione è affidata per l’appunto all’organo pubblico, il quale è chiamato a decidere RAGIONE_SOCIALE‘intera gestione RAGIONE_SOCIALE‘attività sociale, anche allo scopo di incrementare, ove possibile, la redditività dei beni, come espressamente previsto dall’articolo 2 sexies commi 1 e 2 RAGIONE_SOCIALEa citata legge.
Si pone, pertanto, il quesito se la norma sopra citata debba essere intesa nel senso di prevedere l’anticipazione RAGIONE_SOCIALEe sole spese di conservazione e custodia dei beni, o se invece lo Stato debba anticipare anche le somme necessarie alla gestione RAGIONE_SOCIALE‘attività d’impresa, in esse ricomprese quelle necessarie a saldare i debiti contratti nell’ambito di quella stessa gestione.
Soccorre, ad avviso del collegio, una lettura sistematica degli articoli 2 sexies e 2 octies RAGIONE_SOCIALEa legge 575: il primo dei due prevede la nomina di un amministratore al quale è fatto obbligo di continuare l’attività di impresa , sotto il controllo e previa autorizzazione del giudice delegato, ossia non solo custodire i beni confiscati, ma altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione <> (comma 12 RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2 sexies ). La medesima norma (articolo 2 sexies comma 13) prevede che <>.
Ne consegue che l’attività RAGIONE_SOCIALE‘amministratore risulterà (diacronicamente) funzionale all’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa per tutto l’anno del sequestro, e a più forte ragione all’indomani RAGIONE_SOCIALEa confisca (che comporta l’acquisto a titolo originario del bene sequestrato al patrimonio RAGIONE_SOCIALEo Stato), e non soltanto alla custodia dei beni sequestrati: a tale attività di gestione si applicano le regole previste dall’articolo 2 octies , il quale prevede l’anticipazione RAGIONE_SOCIALEe spese a carico RAGIONE_SOCIALEa parte pubblica.
La norma sulla anticipazione RAGIONE_SOCIALEe spese si osserva, pertanto, anche <>, giusta il richiamo RAGIONE_SOCIALE‘articolo 2 sexies , e non solo per la custodia dei beni confiscati. A conferma di tale interpretazione milita ancora la circostanza per cui la norma de qua si riferisce alle spese di custodia e conservazione dei beni anche nell’ipotesi che ‘il bene’ sequestrato risulti, oltre alle quote societarie, la società stessa e cioè l’attività aziendale ad essa riconducibile, come avvenuto tanto nel caso che occupa il collegio, che in quello del citato precedente, con la conseguenza che, se le spese vanno anticipate per la amministrazione e custodia del bene, e se il bene è la stessa società intesa come un bene produttivo, allora le spese di amministrazione non possono che essere (anche) quelle necessarie allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE‘attività di impresa.
2.3.- Ala tesi secondo cui lo Stato deve anticipare anche le spese necessarie per l’attività di impresa, e non solo quelle per la
custodia dei beni sequestrati e per il compenso RAGIONE_SOCIALE‘amministratore giudiziario, deve accedersi, a giudizio del collegio remittente, anche alla luce di ulteriori considerazioni relative alla finalità RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione del bene confiscato.
Lo Stato amministra il bene confiscato non solo per custodirlo, né tantomeno soltanto per prevenire la commissione di ulteriori reati che la disponibilità di quel bene può favorire, se la sua gestione fosse lasciata ancora in capo al proposto per questo scopo c’è il sequestro penale preventivo.
Lo Stato amministra il bene per impedirne la dissoluzione (cui sovente aspira l’indiziato di appartenenza a consorteria mafioso all’indomani del sequestro, per sopravvenuta ‘inutilizzabilità’ RAGIONE_SOCIALEa struttura economica a fini illeciti, solitamente di riciclaggio), e se si tratta di una impresa, per fa sì che essa non cessi improvvisamente la sua originaria attività (il più RAGIONE_SOCIALEe volte, all’esito di una dichiarazione di fallimento orchestrata dal proposto) con danno per i creditori e per i lavoratori.
Non a caso, nel provvedimento di prevenzione patrimoniale emesso nei confronti RAGIONE_SOCIALEa società confiscata, si dà rilievo alle dichiarazioni di un teste circa l’abitudine dei soci, soggetti poi a misura di prevenzione personale, di far fallire continuamente le società di cui si servivano (p. 35 RAGIONE_SOCIALEa sentenza d’appello oggi impugnata).
Che lo scopo RAGIONE_SOCIALEo Stato, nel farsi amministratore RAGIONE_SOCIALEa società, sia quello di impedire che l’attività di impresa si estingua rapidamente, con conseguente danno per creditori e lavoratori, oltre che essere nella natura stessa RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione di prevenzione (che altrimenti sarebbe previsto, ex lege, la sola custodia dei beni) deriva ancora, da un canto, dalla circostanza che il sequestro di prevenzione può essere disposto pur in presenza di un sequestro penale avente finalità preventive (e ciò accade non dirado), in quanto il sequestro penale non assicura la gestione RAGIONE_SOCIALEa impresa; dall’altro , poiché questa funzione è stata oggetto di puntuale disciplina, quanto ai criteri aziendali e amministrativi di gestione, dalle modifiche apportate dalla legge 161 del 2017 al cosiddetto codice antimafia, ed in particolare dalla dettagliata procedura indicata negli articoli da 41 a 41 quater, al fine di far si che la gestione RAGIONE_SOCIALE‘amministratore giudiziario sia oculata e volta alla conservazione RAGIONE_SOCIALEa impresa.
In particolare, l’articolo 41 bis prevede una serie di interventi e di agevolazioni finanziarie per favorire la conservazione dei livelli occupazionali.
Si tratta di norme che, sebbene successive a quella di cui qui si discute, e dunque non direttamente applicabili, non sono tuttavia in discontinuità con quest’ultima quanto alla ratio RAGIONE_SOCIALE‘intervento RAGIONE_SOCIALEo Stato, ma anzi, ne costituiscono miglioramento e specificazione.
Va infatti tenuto conto del fatto che una società soggetta a misura di prevenzione perde tutte o quasi le linee di credito che aveva fino a quel momento, oltre che, ovviamente, i finanziamenti illegali che
la gestione criminale poteva apportare: dunque è una società che ha indubbia difficoltà nel finanziare la propria attività di impresa. Una interpretazione che limitasse l’anticipazione finanziaria RAGIONE_SOCIALEo Stato alle sole spese di custodia dei beni comporterebbe inevitabilmente e automaticamente la crisi RAGIONE_SOCIALEa impresa, la perdita di liquidità, la cessazione RAGIONE_SOCIALE‘erogazione di finanziamenti, e dunque sarebbe contraria allo scopo stesso per il quale lo Stato si assume l’amministrazione RAGIONE_SOCIALEa società.
Né è senza rilievo il fatto che il citato articolo 41 bis del codice antimafia, come introdotto dalla legge 161 del 2017, preveda l’eventualità di accesso a fondi di finanziamento pubblico previa stima RAGIONE_SOCIALEe capacità di ripresa RAGIONE_SOCIALEa società.
Va prevenuta l’obiezione secondo cui queste norme sono state introdotte dopo la misura di prevenzione di cui si discute e non possono essere utilizzate neanche quali parametri interpretativi RAGIONE_SOCIALEa legge precedente, pena la violazione del divieto di retroattività: obiezione perlomeno eccessiva in ragione del fatto che qui le norme successive alla legge 575 del 1965 (applicata nel caso di specie) vengono utilizzate solo quali argomenti per la ricostruzione di un istituto, e non se ne fa applicazione diretta alla fattispecie; ma è anche obiezione errata in diritto, dal momento che il divieto di retroattività non opera per le misure di prevenzione patrimoniale (Cass. pen. 30938 del 2015).
In altri termini, la tesi secondo cui l’impegno finanziario RAGIONE_SOCIALEo Stato è limitato alla mera custodia e amministrazione dei beni, senza alcuna attenzione verso l’attività di impresa, contrasta con le finalità del sequestro di prevenzione, che invece mira anche a salvaguardare l’attività economica nell’interesse di creditori ed occupati.
Del resto, dire che, siccome la società mantiene la sua soggettività, risponde con il suo patrimonio dei debiti contratti nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE‘impresa, e che è indifferente che sia amministrata dallo Stato anziché dai soci soggetti a prevenzione, è affermazione concettualistica che non tiene conto di due fattori: il primo, già ricordato, è che, una volta che la società è sequestrata per prevenzione antimafia, il suo patrimonio è inevitabilmente compromesso, in quanto quella società perde le linee di credito bancarie che aveva fino a quel momento e nemmeno può ‘beneficiare’ degli apporti di capitale illecito che i soci erano in grado di fornire; il secondo fattore è che , nel caso di sequestro di prevenzione, non può ipotizzarsi una mera sostituzione di amministratori, neutrale ed indifferente rispetto alla società, come se questa cambiasse semplicemente la sua amministrazione, dai privati allo Stato, come se quest’ultimo fosse nella stessa posizione di quelli, avesse i medesimi scopi, e dunque il suo intervento fosse solo quello di sostituirsi semplicemente a chi prima amministrava con metodo mafioso. Il che significa non tenere conto del fatto che lo Stato, nel sostituirsi alla precedente amministrazione, non
continua l’attività di quest’ultima, non persegue gli stessi scopi di quest’ultima, non gestisce la società per interesse privato dei soci, non è dunque un amministratore soltanto ‘soggettivamente’ diverso, tale da non incidere sulla regola RAGIONE_SOCIALEa autonomia patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa società. Si tratta piuttosto di una amministrazione condotta nell’interesse pubblico, che incide sulla condizione patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa società, non assimilabile ipso facto a quella prevista dal codice civile, ma una gestione RAGIONE_SOCIALEa società affatto diversa, attribuita allo Stato per scopi pubblici, con la conseguenza che la vicenda non comporta la semplice sostituzione di un amministratore al precedente, restando per il resto inalterate le regole sulla responsabilità patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa società, ma postula una gestione pubblicistica RAGIONE_SOCIALEa società che non vede lo Stato quale semplice nuovo e diverso amministratore, ma quale soggetto coinvolto nella responsabilità patrimoniale RAGIONE_SOCIALEa società stessa.
3.- Ritiene dunque il collegio che sussistenza ragioni perché, data la questione di particolare importanza, sul ricorso debbano pronunciarsi le Sezioni Unite
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al AVV_NOTAIO affinché valuti l’opportunità che sul ricorso si pronuncino le Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 01/07/2024.