Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21487 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21487 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30394/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore,
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, elett.te domiciliati in BOLOGNA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente
all’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), per procura in calce al controricorso,
–
contro
ricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n.2662/2020 depositata il 9.10.2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio davanti al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE NOME ed il Comune di RAGIONE_SOCIALE.
Premettevano i ricorrenti di essere proprietari di un appartamento sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO, piano secondo, con annesso vano ad uso autorimessa con accesso da INDIRIZZO ed antistante vano ad uso ripostiglio al piano terreno, e comproprietari della corte già censita nel NCT a foglio 273, particella 206, adibita a passaggio per il raggiungimento delle autorimesse dall’andito di INDIRIZZO, e titolari di servitù di sosta per automezzi nello spazio della particella 206 antistante l’autorimessa, in forza dell’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n. 74869, racc. n. n. 16988,
I ricorrenti chiedevano quindi di accertare la sussistenza di tali loro diritti e di dichiarare la nullità, illegittimità, o inefficacia nei loro confronti dell’atto di permuta del 22.2.2007, rep. n. 2165, del segretario generale del Comune di RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, col quale NOME, qualificatosi come unico proprietario della corte censita nel NCT a foglio 273, particella 206, aveva ceduto al Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE una porzione di terreno comprendente quella corte per la realizzazione di otto posti auto, così disponendo anche dei diritti dei ricorrenti sulla corte e della loro servitù di sosta, e di condannare i resistenti all’eliminazione
della segnaletica orizzontale e/o verticale lesiva dei loro diritti, per consentire loro la sosta con autoveicoli nello spazio della corte antistante la loro autorimessa.
NOME COGNOME chiedeva il rigetto delle avverse domande, sostenendo che nessun diritto spettava ai ricorrenti sull’area già censita nel NCT del Comune di RAGIONE_SOCIALE a foglio 273, particella 206, mentre il Comune di RAGIONE_SOCIALE restava contumace.
Con ordinanza n. 824/2014 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE dichiarava inefficace nei confronti dei ricorrenti l’atto di permuta concluso da COGNOME NOME col Comune di RAGIONE_SOCIALE il 22.2.2007, nella parte in cui aveva disposto dei diritti di comproprietà dei quali erano titolari i COGNOME NOME COGNOME sulla particella 206 del foglio 273 del NCT del Comune di RAGIONE_SOCIALE, poi soppressa e frazionata nelle particelle 1072, 1073 e 1074; ordinava la trascrizione dell’ordinanza nei registri immobiliari, dichiarava che i ricorrenti erano titolari di un diritto di sosta sull’area antistante la propria autorimessa con accesso da INDIRIZZO, con conseguente obbligo del Comune di RAGIONE_SOCIALE di porre in essere gli atti opportuni per consentirne l’esercizio.
Appellata tale ordinanza dal COGNOME, la Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 2662/2020 rigettava il gravame.
Per giungere a tale conclusione, la Corte di merito procedeva all’interpretazione dei titoli, quello degli attori, quello del dante causa degli attori e quello delle originarie comuni venditrici. Secondo la Corte di merito, la p.lla 206 era di proprietà comune e la proprietà acquistata dagli attori era dotata di servitù di parcheggio. La chiara previsione nel titolo originario, ad avviso della Corte territoriale, prevaleva sulla planimetria allegata al rogito del 1987 (atto di acquisto del dante causa degli attori).
Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso a questa Corte il COGNOME, affidandosi a tre motivi, contrastati con controricorso dai
coniugi COGNOMENOMECOGNOME mentre il Comune di RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Sono pervenute memorie delle parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n.3) c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 817 e 818 cod. civ. (in materia di pertinenze), nonché degli articoli 1346 (sull’oggetto del contratto) e 1362 e ss. cod. civ. (sull’interpretazione del contratto secondo la comune intenzione delle parti).
Si duole il NOME che la Corte d’Appello abbia ritenuto sussistente un rapporto di pertinenzialità, sia pure implicita, tra i vani destinati ad autorimessa venduti dalle originarie uniche proprietarie (bene principale) e la corte individuata nel cessato catasto urbano al foglio 145, particella 206 (bene accessorio), sulla base dell’atto del AVV_NOTAIO del 20.12.1971, rep. n. 4424, benché con quello stesso atto, e con gli altri atti del medesimo AVV_NOTAIO in pari data, fosse stata espressamente trasferita la comproprietà di quella corte agli acquirenti dei vani al piano terra da adibire ad autorimesse, ossia a COGNOME NOME (dante causa del dante causa degli originari ricorrenti COGNOME NOME), COGNOME NOME e COGNOME NOME (dante causa di COGNOME NOME, che avrebbe usucapito i diritti anche di COGNOME NOME), benché alla data del 20.12.1971 non esistessero ancora le autorimesse e non fosse quindi ancora configurabile un rapporto di servizio attuale tra bene principale ed accessorio, e benché NOME non avesse in realtà mai trasformato il vano al piano terra vendutole con l’atto del AVV_NOTAIO del 20.12.1971 in autorimessa.
Assume il ricorrente che la Corte felsinea abbia violato i criteri dell’interpretazione del contratto attraverso la ricostruzione della comune intenzione delle parti (art. 1362 cod. civ.) e
dell’interpretazione complessiva della clausole contrattuali (art. 1363 cod. civ.).
Col secondo motivo il ricorrente lamenta, invece, la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. cod. civ., 818 e 1346 cod. civ. e dell’art. 51 della L. 16.2.1913 n. 89.
Sostiene il ricorrente, che essendo identificata la corte oggetto di causa con un autonomo mappale, oggetto di specifico trasferimento pro quota nell’atto del AVV_NOTAIO del 20.12.1971, rep. n. 4424, non poteva poi essere trasferita come bene pertinenziale con l’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n. 74869, racc. n. n. 16988, a favore degli originari ricorrenti, dovendo essere in esso compiutamente identificata catastalmente a pena di nullità per indeterminatezza, o indeterminabilità dell’oggetto e per violazione dell’art. 51 della L. 16.2.1913 n. 89, secondo il quale ‘ quando l’atto riguarda beni immobili, questi saranno designati, per quanto sia possibile, con l’indicazione della loro natura, del Comune in cui si trovano, dei numeri catastali, delle mappe censuarie, dove esistono, e dei loro confini’, come sostenuto nel parere notarile prodotto in secondo grado , per cui in difetto di menzione espressa dei diritti sulla corte – non riportati nella planimetria allegata – tra i diritti trasferiti agli originari ricorrenti con l’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n. 74869, racc. n. 16988, si doveva ritenere che tali diritti, e la connessa servitù di sosta sullo spazio antistante il vano autorimessa, fossero rimasti in capo alla dante causa del dante causa degli originari ricorrenti, COGNOME NOME, in base all’atto del AVV_NOTAIO del 20.12.1971, rep. n. 4424. I primi due motivi, inerenti entrambi all’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE al titolo di acquisto degli originari ricorrenti (l’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n.74869, racc. n. n. 16988) ed alle asserite violazioni di legge ad essa connesse in tema di pertinenze, di oggetto del contratto e di
indicazioni richieste per il trasferimento della proprietà immobiliare, vanno esaminati congiuntamente e sono infondati.
Va premesso che il sindacato di legittimità sull’interpretazione degli atti privati, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del loro significato in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sé (occorrendo, altresì, riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo dell’atto nella parte in questione). Inoltre, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando siano possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi Cass. 29.5.2024 n.15061; Cass. n. 13621/2024; Cass. n.2607/2024; Cass. n. 30878/2023; Cass. n. 13408/2023; Cass. n.7978/2023; Cass. n. 9461/2021; Cass. n.7963/2018; Cass. n.10891/2015; Cass. n. 24539/2009).
In altri termini, il sindacato suddetto non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ed afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà privata operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi
esaminati (Cass. 29.5.2024 n. 15061; Cass. sez. un. n.2061/2021; Cass. n. 10891/2016 Cass. n. 2465/2015).
La censura, poi, neppure può essere formulata mediante l’astratto riferimento a dette regole, essendo imprescindibile, come si è già anticipato, la specificazione dei canoni in concreto violati e del punto, e del modo, in cui il giudice di merito si sia, eventualmente, discostato dagli stessi, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella decisione impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni (Cass. 29.5.2024 n. 15061; Cass. n. 13408/2023; Cass. n.7978/2023; Cass. sez. un. n. 2061/2021; Cass. n.28319/2017; Cass. n.25728/2013).
Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ricostruito la comune intenzione delle parti basandosi sulla volontà manifestata dal venditore, COGNOME NOME, e dagli acquirenti, COGNOME NOME e COGNOME NOME, nell’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n. 74869, racc. n. 16988, sulla considerazione complessiva delle clausole contrattuali, e soprattutto sul rinvio fatto in tale atto, per l’individuazione delle servitù attive e passive, pertinenze e diritti di comunione connessi, alla proprietà espressamente trasferita dell’appartamento sito in INDIRIZZO, INDIRIZZO, piano secondo (foglio 273, particella 55, sub. 63), e dell’annesso vano ad uso autorimessa con accesso da INDIRIZZO ed antistante vano ad uso ripostiglio al piano terreno (foglio 273, particella 55, sub. 24), al titolo del dante causa COGNOME NOME (atto del AVV_NOTAIO del 10.9.1987, rep. n. 66041, racc. n. 7348) ed al titolo del dante causa del medesimo, COGNOME NOME (atto del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO del 20.12.1971, rep. n. 4424), a sua volta richiamato anche nell’atto del AVV_NOTAIO del 10.9.1987.
La sentenza impugnata ha evidenziato che la determinazione dell’oggetto della vendita, sia pure per relationem attraverso il riferimento ai precedenti titoli di acquisto dello stesso compendio, rendeva irrilevante la circostanza che, nella planimetria allegata all’atto AVV_NOTAIO del 9.6.1999, non fosse riportata la corte comune con acceso da INDIRIZZO, già censita nel NCT del Comune di RAGIONE_SOCIALE a foglio 273, particella 206, (dalla quale erano poi derivate per frazionamento del 12.12.2006 le particelle 1072, 1073 e 1074 classificate come ente urbano nel catasto terreni e come aree urbane nel catasto fabbricati).
La Corte felsinea ha altresì ritenuto, quanto alla corte suddetta, che nonostante l’autonoma identificabilità catastale, la ricomprensione dei diritti relativi fra quelli trasferiti anche agli originari ricorrenti, sia derivata, oltre che dal richiamo dei precedenti titoli di acquisto di COGNOME NOME da COGNOME NOME ed NOME, di COGNOME NOME da COGNOME NOME e di COGNOME NOME e COGNOME NOME da COGNOME NOME, anche dal fatto che a tale corte comune era stata impressa una funzione di servizio a favore dei vani adibiti ad autorimessa che si affacciavano sulla corte, essendo stato previsto dalle allora uniche proprietarie, COGNOME NOME ed NOME, che la corte fosse adibita a passaggio fino all’andito di INDIRIZZO, a favore dei proprietari dei vani adibiti ad autorimesse, e che lo spazio antistante tali vani fosse gravato da servitù di sosta degli autoveicoli a favore dei medesimi proprietari, con gli atti del AVV_NOTAIO del 20.12.1971.
Il richiamo alla disciplina dell’art. 818 cod. civ., e quindi al principio che il trasferimento del bene principale espressamente previsto nell’atto di vendita (nella specie il vano autorimessa al piano terra a foglio 273, particella 55, sub. 24) implica anche quello del bene accessorio (nella specie la corte per i diritti di comproprietà spettanti), effettuato a rafforzamento dell’avvenuta individuazione dell’oggetto della vendita ai ricorrenti originari attraverso il rinvio ai
pregressi titoli di acquisto, non ha comunque violato la normativa in tema di pertinenze, in quanto alla data della stipulazione da parte delle originarie uniche proprietarie degli atti del AVV_NOTAIO (20.12.1971), COGNOME NOME ed NOME, i vani al piano terra venduti che dovevano essere adibiti ad autorimesse ed a favore dei cui proprietari sono state costituite sia la servitù di passaggio sulla corte fino all’ingresso da INDIRIZZO, sia le servitù di sosta con autoveicoli negli spazi della corte antistanti i singoli vani, erano già effettivamente esistenti, e ben poteva avvenire convenzionalmente la destinazione della corte a tale servizio.
Per la validità di una compravendita immobiliare, comunque, è necessario che il requisito della determinabilità sia assicurato dall’inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, perciò, che rimangano margini di dubbio sull’identità del suddetto immobile, essendosi altresì specificato che il relativo accertamento – così come quello relativo alla valutazione circa la sufficienza delle indicazioni riportate nella nota di trascrizione o nell’atto di vendita per l’esatta individuazione del bene – integra la risultante di un apprezzamento di fatto, come tale rimesso al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione ed immune da vizi logici ed errori di diritto (Cass. 3.1.2023 n.2818; Cass. n. 3925/2010; Cass. n. 17906/2008; Cass. 29.5.2007 n. 12506; Cass. n. 1165/2000; e vedi anche sul fatto che l’accertamento sulla determinabilità dell’oggetto negoziale é un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato Cass. 9.1.2024 n. 797; Cass. n.2951/1980).
Il ricorrente in realtà si limita a riproporre la propria diversa interpretazione del titolo di acquisto degli originari ricorrenti, ma
non chiarisce sotto quale profilo l’impugnata sentenza avrebbe violato i canoni interpretativi degli articoli 1362 e 1363 cod. civ., avendo essa fornito un’interpretazione plausibile e correttamente motivata.
3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di di discussione tra le parti, identificato nel fatto che COGNOME NOME con atto del AVV_NOTAIO COGNOME di RAGIONE_SOCIALE del 17.12.1980, anteriore all’atto di compravendita del AVV_NOTAIO COGNOME del 1987, aveva venduto a COGNOME NOME, dante causa del ricorrente, le pertinenze e le comunioni dalla stessa vantate in base all’atto del AVV_NOTAIO del 20.12.1971, rep. n. 44242, per cui non poteva successivamente disporne a favore di COGNOME NOME, dante causa di COGNOME NOME e COGNOME NOME con l’atto del AVV_NOTAIO del 9.6.1999, rep. n. 74869, racc. n.16988.
Il motivo è inammissibile ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c. (applicabile ratione temporis) in quanto vi é stata una doppia pronuncia conforme di accoglimento delle domande degli originari ricorrenti in primo ed in secondo grado, ed il ricorrente non ha allegato -come invece sarebbe stato suo preciso onere – profili di diversità delle motivazioni addotte dai giudici di primo e di secondo grado.
In conclusione, il ricorso va respinto con inevitabile addebito alla parte soccombente delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
Nessuna pronuncia va emessa nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE che non ha svolto difese in questa sede.
Sussistono i presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo a carico del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n.115.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidate in € 200,00 per spese vive ed € . 5.000,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%. Visto l’art. 13 comma 1 -quater del D.P.R. 30.5.2002 n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20.6.2024