Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16963 Anno 2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28259/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in INDIRIZZO,
pec:
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in INDIRIZZO INDIRIZZO
pec:
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16963 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
GNOCCHI PAOLA
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO ROMA n. 5168/2021 depositata il 09/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/02/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. NOME COGNOME convenne davanti al Tribunale di Roma le sigg. NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME chiedendo la declaratoria di simulazione assoluta o in subordine la revocatoria dell’atto con cui la COGNOME (madre) aveva venduto alla COGNOME (figlia) la nuda proprietà di un immobile sito in Roma, riservando a sé il diritto di abitazione. L’attore allegò d i aver acquistato dalla COGNOME e dal marito un immobile sito in Campagnano nel 2004 per il prezzo di € 380.000 e di aver ricevuto nel 2014 la comunicazione, da parte del Comune di Campagnano, dell’apertura di un procedimento avente ad oggetto il reato di lottizzazione abusiva sull’immobile dato che la concessione edilizia rilasciata agli allora proprietari del fondo (COGNOME e il marito) aveva in allegato un atto d’obbligo con cui tutto il terreno intorno all’erigendo fabbricato, e quindi numerosi lotti tra cui anche quelli venduti, erano vincolati e non edificabili; la violazione urbanistica perpetrata determinava la incommerciabilità del bene, l’impossibilità di concessione in sanatoria dell’immobile acquistato e la perdita del diritto di proprietà in capo al COGNOME;
-controricorrentenonchè contro
intrapresa un’azione di risarcimento danni e restituzione del prezzo versato, impugnato davanti al TAR il provvedimento con cui il Comune aveva ordinato la sospensione della lottizzazione abusiva e l’acquisto di diritto dell’immobile al patrimonio disponi bile del Comune, proposta un’azione per l’evizione ai sensi dell’art. 1483 c.c. e per la condanna degli allora proprietari alla restituzione del prezzo e al risarcimento dei danni per un ammontare di € 459.093 ,00 oltre rivalutazione ed interessi ed ottenuto un provvedimento di sequestro conservativo sull’unico immobile risultato di proprietà della COGNOME, il COGNOME aveva constatato che il sequestro non poteva essere eseguito perché la COGNOME, paventando il provvedimento cautelare appena un mese prima del provvedimento di sequestro, aveva venduto la nuda proprietà alla figlia; da qui la presente causa di simulazione assoluta e in subordine di revocatoria dell’atto dispositivo;
il Tribunale di Roma dichiarò inammissibile la domanda di simulazione assoluta e rigettò quella di revocatoria, condannando il COGNOME alle spese del grado; a seguito di appello del soccombente la Corte d’Appello di Roma , con sentenza n. 5168 del 9/7/2021 ha accolto l’appello con riguardo alla domanda di revocatoria, ha dichiarato inefficace nei confronti del COGNOME l’atto di compra vendita intercorso tra le convenute, ha condannato le appellate alla restituzione di quanto versato dal COGNOME in esecuzione della sentenza di primo grado e le ha condannate in solido alle spese del doppio grado del giudizio;
avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
resiste con controricorso il COGNOME; le parti hanno depositato memoria;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 e 2901 c.c. per avere la sentenza ritenuto la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’azione revocatoria in capo alla COGNOME pur avendo la stessa dichiarato di aver stipulato l’atto per ottenere la liquidità necessaria a far fronte ai costi del giudizio amministrativo proposto contro il Comune di Campagnano (il ricorso era stato proposto anche dalla COGNOME), per aver ritenuto la sussistenza dei presupposti di gravità, precisione e concordanza degli indizi per svolgere il ragionamento presuntivo in ordine alla scientia damni del terzo e per avere applicato un criterio di automatica inefficacia dell’atto in dipendenza del solo rapporto di parentela tra i contraenti (madrefiglia); in sostanza la ricorrente lamenta che il quadro degli elementi indiziari avrebbe dovuto essere escluso per la presenza di motivi oggettivi che la COGNOME aveva indicato per giustificare l’atto di compravendita (procurarsi la provvista per sostenere le spese del giudizio amministrativo) e che il rapporto di parentela non avrebbe dovuto fornire in modo automatico la prova sufficiente della partecipatio fraudis ;
il motivo è inammissibile. La corte di merito ha accertato la sussistenza del credito del COGNOME, ancorché sub iudice, (idoneità del credito litigioso a costituire presupposto dell’art. 2901 c.c.), credito di natura risarcitoria o restitutoria derivante dalla perdita della proprietà dell’unità immobiliare che la COGNOME gli aveva venduto e che era stato poi requisito dal Comune di Campagnano a causa della lottizzazione abusiva; il credito era anteriore all’atto dispositivo posto in essere nel 2015 quando l’immobile era stato requisito nel 2014 ed era iniziato il giudizio per l’evizione; la COGNOME era consapevole di ledere la garanzia patrimoniale del credito; anche la figlia era consapevole dell ‘esposizione debitoria della madre ed era edotta di tutta la
problematica amministrativa relativa all’immobile alienato al COGNOME nonostante la lottizzazione abusiva; era da presumersi che la figlia fosse altresì al corrente del giudizio proposto per il risarcimento del danno o comunque del pericolo che la madre fosse esposta a pretese economiche in relazione a quella vendita, e che era inverosimile e peraltro contraddittoria la diversa tesi spesa dalla COGNOME di aver acquistato l’immobile dalla madre per tutelarsi da un ipotetico nuovo coniuge di quest’ultima che avrebbe potuto concorrere sull’eredità; alla luce di questa motivazione è evidente che il motivo deve dirsi inammissibile in quanto, pur prospettato formalmente quale violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., è volto a sindacare il giudizio di fatto sui presupposti di precisione, gravità e concordanza degli indizi posti a base del ragionamento presuntivo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte le presunzioni non stabilite dalla legge sono rimesse alla prudenza del giudice al quale spetta discrezionalmente di valutare i requisiti di cui agli artt. 2727-2729 c.c.; la concretizzazione dei parametri di gravità, precisione e concordanza, cioè la loro traduzione in strumenti operativi per la soluzione delle concrete controversie costituisce oggetto di un giudizio di fatto affidato al giudice del merito il quale deve fornire una motivazione adeguata del proprio ragionamento decisorio (da ultimo Cass., n. 10253 del 2021, Cass., n. 29635 del 2018, Cass., n. 19485 del 2017, etc.);
con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 92 c.p.c. e 5 D.M. n. 55/2014 (art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c.) per aver condannato la COGNOME al pagamento integrale delle spese del doppio grado nonostante la soccombenza reciproca (che deriverebbe dal fatto di aver dichiarato inammissibile la domanda di simulazione) e per aver fatto riferimento ad uno scaglione errato, in assenza di un accertamento giudiziale del credito;
il motivo é infondato in quanto si basa su una pretesa soccombenza del COGNOME relativamente al rigetto implicito della domanda di simulazione assoluta dell’atto di compravendita tra la COGNOME e la COGNOME; il COGNOME ha visto accogliere integralmente la domanda di revocatoria e l’accoglime nto di tale domanda, seppur subordinata a quella di simulazione, non ha certamente comportato una sua soccombenza seppure parziale; il valore della domanda si determina in relazione al credito vantato dall’attore, che è stato correttamente individuato dal giudice del merito con la conseguente corretta individuazione dello scaglione di riferimento; né ha pregio la rilevata erronea liquidazione anche della fase istruttoria del giudizio che il giudice ha correttamente contenuto nei minimi tariffari dovendo comunque provvedere alla sua liquidazione per la trattazione delle udienze che si sono tenute;
alle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione