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Azione revocatoria: vendita tra parenti a prezzo vile

La Corte di Cassazione ha confermato la revoca di una vendita immobiliare tra parenti stretti. L’atto di compravendita, avvenuto a un prezzo vile, era stato posto in essere dai fideiussori di una società poco dopo la sottoscrizione della garanzia. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che ai fini dell’azione revocatoria, il debito da fideiussione sorge al momento della firma della garanzia e non del successivo inadempimento. Inoltre, il rapporto di parentela, unito ad altre circostanze come il prezzo basso, costituisce prova sufficiente della consapevolezza del danno arrecato ai creditori (scientia damni).

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Azione Revocatoria: La Cassazione sulla Vendita tra Parenti

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando un debitore vende un immobile a un parente stretto a un prezzo molto basso? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito importanti aspetti legati alla prova della consapevolezza del danno (la cosiddetta scientia damni) in contesti familiari e ha ribadito un principio cruciale sul momento in cui sorge il debito in caso di fideiussione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da una garanzia (fideiussione) prestata nel 2014 da due soggetti in favore di una società, per un’apertura di credito concessa da una banca. Poco tempo dopo la firma della garanzia, i due fideiussori vendevano ai figli di uno di loro la proprietà di un villino per un prezzo di circa 28.000 euro, considerato notevolmente inferiore al suo valore di mercato.

Nel 2018, la società garantita diventava inadempiente, accumulando un ingente scoperto di conto. Di conseguenza, nel 2019, la banca, vedendo diminuita la garanzia patrimoniale offerta dai fideiussori, avviava un’azione revocatoria per rendere inefficace la vendita dell’immobile. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda della banca, ritenendo che il prezzo vile e lo stretto rapporto di parentela tra venditori e acquirenti fossero elementi sufficienti a dimostrare che questi ultimi fossero a conoscenza della situazione debitoria e del pregiudizio arrecato al creditore.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi dell’Azione Revocatoria

I familiari hanno quindi proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

La Legittimazione della Società Cessionaria del Credito

In primo luogo, i ricorrenti contestavano la legittimazione ad agire della società che aveva acquistato il credito dalla banca originaria, sostenendo che non fosse stata fornita una prova adeguata dell’avvenuta cessione di quello specifico credito. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile in quanto l’eccezione era stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità, e quindi tardivamente.

Valore dell’Immobile e Momento del Sorgere del Debito

Il secondo motivo, centrale nella controversia, contestava la decisione della Corte d’Appello su due fronti. Da un lato, si sosteneva che la valutazione del prezzo come “vile” non tenesse conto che i venditori avevano ceduto solo le loro quote di proprietà. Dall’altro, si affermava che, essendo l’atto di vendita successivo al sorgere del debito, fosse necessaria la prova di una dolosa preordinazione, che la banca non aveva fornito.

La Prova della Consapevolezza del Pregiudizio

Infine, con il terzo motivo, i ricorrenti lamentavano un difetto di motivazione riguardo alla prova della scientia damni degli acquirenti, che a loro dire era stata dedotta unicamente dal rapporto di parentela, senza ulteriori elementi a sostegno.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi sull’applicazione dell’azione revocatoria.

Sul secondo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: nel contratto di fideiussione, l’obbligazione del garante sorge nel momento in cui la garanzia viene prestata, e non quando si verifica l’inadempimento del debitore principale. Poiché la fideiussione era del 2014, e quindi anteriore all’atto di vendita, il credito doveva considerarsi già sorto. Di conseguenza, non era necessaria la prova della più gravosa “dolosa preordinazione”, ma era sufficiente dimostrare la semplice consapevolezza (scientia damni) da parte degli acquirenti del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie. La contestazione sul valore dell’immobile è stata invece giudicata inammissibile, in quanto un riesame di accertamenti di fatto non è consentito in sede di Cassazione.

Anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha spiegato che la motivazione dei giudici di merito non era affatto carente. La scientia damni non era stata desunta solo dal rapporto di parentela, ma anche da un’altra circostanza ritenuta sospetta: gli acquirenti avevano comprato solo le quote di proprietà del padre e dello zio, e non quelle delle rispettive mogli (madre e zia). Questo elemento, non specificamente contestato dai ricorrenti, rafforzava la presunzione di consapevolezza del danno che si stava arrecando alla banca.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma alcuni capisaldi in materia di azione revocatoria. Innanzitutto, cristallizza il principio secondo cui il debito del fideiussore nasce con la firma del contratto di garanzia, un dato temporale essenziale per determinare i presupposti soggettivi della revocatoria. In secondo luogo, ribadisce che, nelle transazioni tra parenti stretti, la consapevolezza del pregiudizio al creditore può essere fortemente presunta, specialmente in presenza di ulteriori indizi come un prezzo di vendita irrisorio o modalità anomale dell’operazione. Questa decisione rappresenta un importante monito sulla difficoltà di proteggere i beni patrimoniali da azioni esecutive attraverso atti di disposizione posti in essere a favore di familiari.

Quando sorge il credito in una fideiussione ai fini dell’azione revocatoria?
Il credito sorge nel momento in cui viene sottoscritta la garanzia (fideiussione), non quando il debitore principale diventa inadempiente. Questo è determinante per stabilire se l’atto di vendita è anteriore o successivo al sorgere del credito.

Il rapporto di parentela tra venditore e acquirente è sufficiente a provare la consapevolezza di danneggiare il creditore (scientia damni)?
Da solo, può non essere decisivo, ma costituisce un gravissimo indizio. La Cassazione chiarisce che, se unito ad altre circostanze anomale (come un prezzo di vendita molto basso o modalità di acquisto sospette), il legame familiare è un elemento più che sufficiente a fondare la presunzione di consapevolezza del pregiudizio.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione del prezzo di un immobile (prezzo vile) fatta dalla Corte d’Appello?
No, la valutazione del prezzo di un bene è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). In Cassazione non è possibile ottenere un nuovo esame dei fatti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia completamente assente, contraddittoria o illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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