Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20960 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20960 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7480/2024 R.G. proposto da :
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.DIST.TARANTO n. 531/2023 depositata il 29/12/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
–NOME COGNOME e NOME COGNOME erano fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE che aveva un’apertura di credito concessa, nel 2014, dalla Banca di Credito Cooperativo di Ginosa.
Sin dal 2018 la società ha cominciato a rendersi inadempiente, accumulando uno scoperto di conto.
Nel frattempo, il 16.4.2014, NOME e NOME NOME COGNOME hanno venduto ai figli di NOME, ossia ad NOME e NOME COGNOME, la proprietà di un villino a tre piani, di cui erano comproprietari, per circa 28 mila euro.
1.2 -La banca ha dunque agito, nel 2019, per la revocatoria di tale atto davanti al Tribunale di Taranto, che ha accolto la domanda, sul presupposto che il prezzo di vendita era vile, che il rapporto di parentela lasciava intendere che gli acquirenti sapevano della situazione economica che aveva la società.
La decisione è stata confermata dalla Corte di Appello.
-Hanno proposto ricorso per cassazione NOMECOGNOME NOMECOGNOME ed NOME COGNOME con tre motivi illustrati da memoria.
Si è costituita BCC NPLS 2020, cessionaria del credito.
E’ stata inizialmente emessa proposta di definizione accelerata del giudizio, cui ha atto seguito l’opposizione ex art. 380 bis cpc da parte dei ricorrenti.
Ragioni della decisione
1. -Va preliminarmente esclusa la ragione che ha indotto a formulare la proposta di definizione ex art. 380 bis cpc
Essa era basata sul rilievo che la parte ricorrente non aveva depositato prova della ricezione della notifica del ricorso, eseguita in forma telematica; che tale prova non risultava comunque agli atti; che non era superata la prova di resistenza, ossia che il ricorso risultava comunque notificato oltre il termine breve di 60 giorni.
La proposta era dunque di improcedibilità del ricorso.
Le ragioni poste a base della opposizione ex articolo 380 bis cpc vanno accolte, quanto a tale aspetto.
Risulta agli atti, innanzitutto, la relazione di notifica fatta a NOME COGNOME eseguita a mani, e da cui emerge che il ricorso è stato consegnato alla figlia di costui. Dunque, era agli atti la relata di notifica ad uno degli intimati.
Vero è che non c’è prova della relazione di notificazione (ossia le ricevute di accettazione e consegna) del ricorso alle altre parti, notificazione eseguita a mezzo posta elettronica; ma è altresì vero che il ricorso risulta notificato a queste ultime il 15.3.2024, mentre la sentenza impugnata è stata notificata il 16.1.2024, con la conseguenza che la notifica del ricorso è stata effettuata nel termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza impugnata.
Il ricorso va dunque deciso nel merito.
Ciò premesso.
-Con il primo motivo si prospetta violazione dell’articolo 2901 c.c., dell’articolo 81 cpc e dell’articolo 58 TUB.
Con tale motivo i ricorrenti censurano la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto attivamente legittimata la BCC NPLS 2020, quale cessionaria del credito della banca, ma senza tenere conto che la cessionaria, intervenuta in corso di causa, non aveva fornito prova della cessione del credito, avendo semplicemente depositato
la copia della Gazzetta Ufficiale nella quale era stato pubblicato l’atto di cessione in blocco, e da cui non era dato evincere che anche quello per cui è causa era oggetto di tale cessione.
Il motivo è inammissibile.
Come anche eccepito dalla controricorrente, tale motivo è formulato qui per la prima volta.
Non risulta, né i ricorrenti ne danno prova, che la censura sia stata già formulata nei gradi precedenti. Dunque, essendo svolta qui per la prima volta, è tardiva.
3. -Con il secondo motivo si prospetta violazione dell’articolo 2091 c.c. oltre che motivazione apparente.
La censura riguarda due diversi profili della revocatoria: il primo è quello relativo al valore del bene, il secondo quello relativo alla cosiddetta scientia damni .
Quanto al primo, i ricorrenti sostengono che la Corte di Appello ha errato nel ritenere che l’immobile è stato venduto a prezzo vile (28 mila rispetto all’effettivo valore di 49 mila), in quanto non ha tenuto conto del fatto che i due fratelli vendevano le rispettive quote (il resto del bene era di proprietà delle mogli) ed uno dei due vendeva altresì la sola nuda proprietà.
Quanto al secondo, i ricorrenti osservano che l’atto dispositivo è successivo al sorgere del debito e dunque occorreva la prova della dolosa preordinazione del primo ad elusione del secondo. Prova invece non fornita.
Il motivo è infondato.
In realtà è inammissibile la prima delle due censure, poiché postula un diverso accertamento dei fatti rispetto a quello effettuato dal giudice di merito, quanto al valore del bene; né, comunque sia, fornisce elementi (ossia criteri di stima) in base ai quali possa dirsi che la motivazione dei giudici di merito è insufficiente (è infatti censurato anche il difetto di motivazione).
Quanto alla seconda questione, essa è infondata in quanto non tiene conto del fatto che il credito sorge al momento della fideiussione (che è del 2014 anche essa, di poco anteriore alla vendita del bene), cosi come è costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l’acquisto della qualità di debitore del fideiussore nei confronti del creditore procedente risale al momento della nascita del credito, sicché a tale momento occorre far riferimento per stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito’ (Cass. 3676/ 2011; Cass. 20376/ 2015; Cass. 762/ 2016; Cass. 10522/ 2020).
Dunque, il credito è sorto anteriormente all’atto dispositivo, con ciò che consegue quanto ai presupposti soggettivi della revocatoria.
4. -Con il terzo motivo si prospetta violazione dell’articolo 132 c.p.c.
Si censura un difetto di motivazione quanto alla prova della scientia damni da parte degli acquirenti, che erano rispettivamente figli e nipoti dei venditori, ossia dei ricorrenti.
Secondo questi ultimi, la consapevolezza degli acquirenti è ricavata dal solo rapporto di parentela, senza però il ricorso ad ulteriori elementi che avrebbero invece dovuto corroborare la motivazione.
Il motivo è inammissibile, nella parte in cui censura un difetto di motivazione, che, come è noto, presuppone che non siano arguibili le ragioni che hanno giustificato la decisione, ossia che non si riesca a comprendere in base a quali ragioni ha deciso il giudice: qui invece, come gli stessi ricorrenti ammettono, le ragioni sono chiare, ed esse consistono nel ricavare lo stato soggettivo dal rapporto di parentela.
E’ inammissibile altresì il motivo in quanto contesta solo in parte la ratio decidendi , che è diversa dunque da quella prospettata: i giudici di merito infatti hanno ricavato la scientia damni da parte degli acquirenti anche dal fatto che essi hanno acquistato la sola quota dei mariti (padre e zio) e non quella delle mogli, situazione
ritenuta dai giudici di merito singolare e tale da dover indurre in sospetto gli acquirenti.
Ma qui non censuata.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, se dovuto, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/6/2025