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Azione revocatoria: vendita tra familiari inefficace

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due fratelli e della loro madre contro una sentenza che aveva accolto l’azione revocatoria di una società creditrice. La vendita di immobili dai figli-fideiussori alla madre era stata giudicata pregiudizievole per le ragioni del creditore, poiché i debitori si erano spogliati dei loro beni. La Corte ha confermato che, in caso di atti dispositivi tra familiari, la consapevolezza del pregiudizio si presume, rendendo l’atto inefficace nei confronti del creditore.

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Azione revocatoria: quando la vendita di immobili tra familiari non è valida per i creditori

L’azione revocatoria è uno strumento cruciale a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando un debitore vende i propri beni a un familiare stretto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti per rendere inefficace tale vendita, sottolineando come il legame di parentela possa giocare un ruolo decisivo. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i rischi legati ad atti di disposizione patrimoniale compiuti per sottrarre beni alla garanzia dei creditori.

I fatti del caso: la vendita immobiliare contestata

La vicenda trae origine da un’azione legale promossa da un istituto di credito nei confronti di due fratelli, fideiussori di una società debitrice. I due fratelli avevano venduto alla propria madre la nuda proprietà di un appartamento e la piena proprietà di due garage. L’istituto di credito, vantando un credito ingente, ha agito in giudizio con un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 del codice civile, sostenendo che tale vendita avesse pregiudicato la propria garanzia patrimoniale, dal momento che i debitori si erano di fatto spogliati di tutti i loro beni.
Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello hanno dato ragione alla banca, dichiarando l’inefficacia degli atti di vendita. I giudici di merito hanno ritenuto che sussistessero tutti i presupposti per l’accoglimento dell’azione, in particolare il pregiudizio per il creditore (eventus damni) e la consapevolezza di tale pregiudizio da parte dei debitori e della madre acquirente.

La decisione della Corte di Cassazione

I familiari hanno impugnato la decisione d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta estinzione della fideiussione per decorso dei termini e la carenza dei presupposti per l’azione revocatoria. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la validità delle decisioni dei giudici di merito e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali.

Le motivazioni: i presupposti dell’azione revocatoria tra familiari

La Corte di Cassazione ha rigettato i motivi di ricorso basandosi su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha chiarito che nel caso di fideiussione “a prima richiesta”, per impedire la decadenza prevista dall’art. 1957 c.c. è sufficiente una semplice richiesta di pagamento stragiudiziale, non essendo necessario intraprendere un’azione giudiziaria entro un termine specifico.
Il cuore della decisione, tuttavia, riguarda i presupposti dell’azione revocatoria. La Corte ha ribadito che per la revoca di un atto dispositivo sono necessari:
1. L’eventus damni: il pregiudizio effettivo per il creditore, che consiste nella diminuzione o nel pericolo di diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore.
2. La scientia damni: la consapevolezza da parte del debitore di arrecare, con il proprio atto, un danno alle ragioni del creditore.
3. La partecipatio fraudis (per gli atti a titolo oneroso): la consapevolezza anche da parte del terzo acquirente del pregiudizio arrecato.
Nel caso specifico, trattandosi di una vendita tra familiari stretti (figli e madre), i giudici hanno correttamente presunto la sussistenza della consapevolezza del danno non solo da parte dei debitori venditori, ma anche dell’acquirente. Il legame di parentela, unito al fatto che i figli si sono privati integralmente dei loro beni, ha reso evidente che tutte le parti erano a conoscenza del pregiudizio che l’operazione avrebbe causato al creditore. La Corte ha inoltre specificato che tentare di ottenere un riesame delle prove e dei fatti in sede di Cassazione è un’operazione inammissibile, poiché il suo ruolo è limitato alla verifica della corretta applicazione della legge.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: gli atti di disposizione patrimoniale, specialmente se compiuti tra familiari, sono esposti a un elevato rischio di revoca se pregiudicano i diritti dei creditori. La consapevolezza del danno viene presunta con maggiore facilità in presenza di stretti legami di parentela, rendendo difficile per i debitori e i loro congiunti difendersi da un’azione revocatoria. La decisione sottolinea inoltre l’inammissibilità dei ricorsi per Cassazione che mirano a una nuova valutazione dei fatti già accertati nei gradi di merito, ribadendo la funzione di legittimità della Suprema Corte.

Quando una vendita di immobili tra familiari può essere dichiarata inefficace da un creditore?
Una vendita tra familiari può essere dichiarata inefficace tramite un’azione revocatoria quando l’atto diminuisce la garanzia patrimoniale del debitore a danno del creditore (eventus damni) e quando vi è la consapevolezza di tale pregiudizio. In caso di rapporti familiari stretti, la consapevolezza del danno da parte del familiare acquirente (partecipatio fraudis) è presunta.

Perché la garanzia (fideiussione) prestata dai debitori non si era estinta?
Perché, trattandosi di una fideiussione “autonoma e a prima richiesta”, era sufficiente una semplice richiesta di pagamento stragiudiziale da parte della banca per impedire la decadenza del diritto, senza la necessità di avviare un’azione giudiziaria entro il termine previsto dalla clausola contrattuale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di una causa?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il che significa che il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Non può effettuare una nuova valutazione del materiale probatorio o dei fatti già accertati dai giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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