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Azione revocatoria: vendita tra coniugi e pregiudizio

Una donna, poi dichiarata fallita, vende l’unica sua proprietà immobiliare al marito a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato. Il Fallimento agisce con un’azione revocatoria per rendere inefficace la vendita. La Corte di Cassazione conferma la decisione, stabilendo che l’azione revocatoria è ammissibile anche se l’immobile è gravato da ipoteca. Il pregiudizio per i creditori (eventus damni) si valuta in prospettiva, poiché la vendita rende più incerta la soddisfazione dei crediti.

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Azione Revocatoria: La Vendita tra Coniugi non Sfugge ai Creditori

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori, ma cosa succede quando l’atto da revocare è una vendita tra coniugi e l’immobile è già ipotecato? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre chiarimenti cruciali, confermando che la presenza di ipoteche non basta a escludere il pregiudizio per i creditori. Il caso analizzato riguarda la vendita della quota di un immobile da parte di una imprenditrice, poi fallita, al proprio marito a un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, un atto che ha messo a rischio la garanzia patrimoniale dei creditori.

I Fatti di Causa

Una socia accomandataria di una società di persone, gravata da ingenti debiti, vendeva al proprio coniuge la sua metà di un immobile per un corrispettivo di 50.000 euro. Pochi anni dopo, la donna veniva dichiarata fallita. Il curatore fallimentare agiva in giudizio contro il marito acquirente, chiedendo in via principale che la vendita fosse dichiarata simulata e, in subordine, che fosse dichiarata inefficace tramite azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. e dell’art. 66 della legge fallimentare.

Mentre il Tribunale di primo grado rigettava entrambe le domande, la Corte d’Appello accoglieva la domanda di revocatoria. Secondo i giudici di secondo grado, sussistevano entrambi i presupposti: l’eventus damni (il pregiudizio per i creditori), dato che la venditrice si era spogliata del suo unico bene di valore, e il consilium fraudis (la consapevolezza del pregiudizio), poiché il marito acquirente era a conoscenza della difficile situazione debitoria della moglie, anche in virtù del loro rapporto coniugale e della pregressa partecipazione alla stessa compagine sociale.

L’Azione Revocatoria e il Ruolo delle Ipoteca

Il marito ricorreva in Cassazione, sostenendo, tra le altre cose, che non vi fosse un reale pregiudizio per i creditori, dato che l’immobile era già gravato da ipoteche di secondo e terzo grado a favore dell’agente di riscossione e da una di primo grado a favore di una banca. A suo dire, il valore dell’immobile non sarebbe stato comunque sufficiente a soddisfare tutti i creditori dopo aver pagato quelli ipotecari.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile e allineandosi alla sua giurisprudenza consolidata. Il punto centrale della decisione è che l’esistenza di un’ipoteca su un bene non esclude automaticamente la sussistenza dell’eventus damni necessario per l’azione revocatoria.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione del pregiudizio non deve essere statica e limitata al momento dell’atto, ma deve essere condotta con un giudizio prognostico, proiettato verso il futuro. Un atto dispositivo, come la vendita in esame, costituisce un pregiudizio quando rende più incerta o difficile la soddisfazione del credito. La vendita dell’unico cespite immobiliare del debitore, specialmente a un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato, rientra pienamente in questa casistica.

I giudici hanno spiegato che non si può escludere a priori che la garanzia ipotecaria possa venir meno o essere ridimensionata in futuro (ad esempio, per adempimento del debito garantito). Di conseguenza, l’atto di vendita sottrae ai creditori chirografari (non garantiti da ipoteca) la possibilità di soddisfarsi su quel bene in un momento successivo. La vendita trasforma un bene immobile, facilmente aggredibile, in denaro, che è un bene fungibile e facilmente occultabile, rendendo così più difficoltoso il recupero del credito.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rafforza la tutela dei creditori attraverso l’istituto dell’azione revocatoria. La decisione invia un messaggio chiaro: la vendita di un bene, soprattutto se è l’unico di un certo valore nel patrimonio del debitore, è un atto ad alto rischio se compiuto in presenza di debiti significativi. La circostanza che il bene sia ipotecato non costituisce uno scudo contro la revocatoria, né lo è il fatto che l’acquirente sia il coniuge, anzi, tale rapporto può essere un elemento a sostegno della prova della sua consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori. Gli operatori e i debitori devono quindi valutare con estrema attenzione le conseguenze di ogni atto dispositivo che possa ridurre la garanzia patrimoniale offerta ai propri creditori.

La vendita di un immobile ipotecato può essere soggetta ad azione revocatoria?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’esistenza di un’ipoteca, anche se di valore pari o superiore a quello del bene, non esclude di per sé il presupposto del pregiudizio per i creditori (eventus damni). La valutazione va fatta con un giudizio prognostico, considerando che la garanzia ipotecaria potrebbe venir meno o ridursi in futuro.

Come si valuta il pregiudizio per i creditori (eventus damni) in un’azione revocatoria?
Il pregiudizio si verifica ogni volta che l’atto di disposizione del debitore rende più incerta o difficile la soddisfazione dei diritti dei creditori. Non è necessario che il patrimonio del debitore diventi insufficiente, ma basta che la sua consistenza sia modificata in senso peggiorativo, ad esempio sostituendo un bene immobile con denaro, che è più facilmente occultabile.

Cosa deve dimostrare il creditore per vincere un’azione revocatoria contro un atto a titolo oneroso?
Il creditore (in questo caso, il curatore fallimentare) deve dimostrare due elementi: 1) l’eventus damni, ovvero il pregiudizio effettivo che l’atto arreca alle sue ragioni; 2) il consilium fraudis, ovvero la consapevolezza del debitore di arrecare tale pregiudizio e, se l’atto è posteriore al sorgere del credito, anche la consapevolezza del terzo acquirente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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