Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 222 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 222 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
oggetto: responsabilità patrimoniale – revocatoria ordinaria –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15328/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce alla memoria di costituzione di nuovo difensore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del leale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME E NOME COGNOME NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE;
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2482/2021 depositata il 23/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023 dalla Consigliera NOME COGNOME
Fatti di causa
La Corte d’appello di Firenze, in accoglimento dell’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, ha riformato la sentenza del Tribunale di Arezzo, che aveva rigettato la domanda di revocatoria proposta da COGNOME, e ha dichiarato l’inefficacia nei confronti di quest’ultima dell’atto di vendita stipulato in data 27.08.2015, tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di un immobile (nella specie, fabbricato ad uso artigianale in corso di costruzione in Civitella Val di Chiana) trascritto il 1.09.2015, con condanna di PRIME DONNE a tenere indenne COGNOME della conseguenze patrimoniali derivanti dalla declaratoria di inefficacia, con condanna della prima alle spese del doppio grado in favore della seconda, e con condanna di entrambe le appellate, in solido, in favore dell’appella nte.
Il Tribunale di Arezzo in prime cure con la decisione n. 223 del 2019 aveva ritenuto non sussistenti i presupposti posti a fondamento dell’azione revocatoria.
Per quel che ancora qui rileva, a sostegno della domanda proposta con atto di citazione dell’ottobre 2015, RAGIONE_SOCIALE aveva premesso di essere creditrice di una somma derivante dal saldo dei lavori in appalto eseguiti nell’immobile della debitrice per l’importo di Euro 90.000,00, somma per la quale aveva ottenuto il decreto ingiuntivo 1556/2012 dal Tribunale di
nonché contro
Arezzo notificato a RAGIONE_SOCIALE e opposto da quest’ultima dinanzi allo stesso tribunale, nel giudizio di opposizione aveva rappresentato che l’unico cespite di proprietà della debitrice, sul quale era iscritta ipoteca nel 2012, era stato venduto nell’agosto del 2015 a Galvamet per il prezzo di Euro 610.000,00 ; che il Tribunale, decidendo sull’opposizione a decreto ingiuntivo, lo aveva revocato, statuendo la condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di Euro 42.099,25 in favore della NOMECOGNOME
Avverso la decisione della Corte di appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE fondato su quattro motivi. Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE sebbene intimata, RAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.
Entrambe le parti hanno depositato distinte memorie.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, la società ricorrente lamenta la errata interpretazione e applicazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.. -Motivazione insufficiente in relazione all’applicazione dell’art. 156, 3 comma, c.p.c.. Sanatoria dell’atto per raggiungimento dello scopo , ed in particolare, osserva che la motivazione della Corte d’appello resa per sanare la nullità dell’atto di impugnazione non conforme al dettato dell’art. 342 c.p.c . sarebbe contraddittoria e insufficiente e consistita in un generico accenno al fatto che gli appellanti, difendendosi in giudizio, avrebbero consentito di individuare i motivi di doglianza, sebbene la Corte avesse stigmatizzato in apertura della motivazione l’inutile e confusionaria pr o lissità dell’atto di impugnazione contrastante col principio di chiarezza e sinteticità.
Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
2.1. E’ inammissibile nella parte in cui la ricorrente si duole della insufficienza della motivazione in relazione all’art. 156, 3° comma, c.p.c.
tenuto conto che la riformulazione dell’art.360, primo comma n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ della motivazione (Cass. civ ., Sez. Un., Sentenze nn. 8053 e 8054 del 7 aprile 2014)
2.2. Il motivo è per il resto infondato.
Invero, la Corte d’appello con la decisione impugnata non ha né mal applicato né erroneamente interpretato il principio di cui all’art. 342 c.p.c. e correttamente ha ritenuto che, sebbene l’appellante avesse formulato deduzioni prolisse e confuse nell’atto di impugnazione, che esse fossero sufficienti a permettere l’esercizio del contrapposto diritto di difesa (pag. 6 della sentenza impugnata).
3. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la errata interpretazione e applicazione dell’art. 2901 comma 1 n. 2 c.c. in relazione a ll’ art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. Inesistenza del credito azionato per revocatoria da COGNOME nei confronti di PRIME DONNE. Indispensabile antecedente logico giuridico della sua esistenza per la pronunzia della richiesta revocatoria; in particolare, lamenta l a motivazione insufficiente e incongrua con cui la Corte d’appello , non ritenendo inesistente il credito vantato da NOMECOGNOME ha tuttavia
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 15328/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME statuito che il medesimo recato dal decreto ingiuntivo non fosse opponibile nei confronti del terzo acquirente che aveva operato nella massima trasparenza.
Con il terzo motivo denuncia l’errata interpretazione ed applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione a ll’art. 360, co. 1, n. 3 e 5 c.p.c. Errata valutazione in punto di eventus damni causato ad COGNOME con la vendita dell’unico bene a RAGIONE_SOCIALE. Errore su un punto essenziale della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti; nello specifico, l’o dierna ricorrente sottolinea la violazione del disposto dell’art. 2901 c.c. in considerazione di evidenti errori di motivazione compiuti dal giudice del merito in ordine al profilo dell’ eventus damni .
Con il quarto motivo denuncia l’e rrata interpretazione ed applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 comma nn. 3 e 5 c.p.c. Errata e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. nella valutazione del re quisito soggettivo dell’azione. Assenza di consilium fraudis da parte di COGNOME. Errore sul fatto e su un punto essenziale della controversia che è stato oggetto di discussione tra le parti ; sostiene nello specifico, che il consilium fraudis ovvero la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori, sebbene possa essere provata tramite presunzioni, gli elementi presuntivi utilizzati dalla Corte d’appello sarebbero vacui e non conducenti a quanto il giudice d’appello ha ritenuto provato.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto connessi, sono inammissibili.
Ad onta della relativa formale intestazione la ricorrente con essi denuncia la violazione di norme di diritto, e riproponendo profili di fatto invoca la rivalutazione delle risultanze istruttorie al fine di ottenere dalla Corte di legittimità un inammissibile nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal giudice di appello.
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 15328/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
Ebbene, la Corte territoriale nell’esercizio dei propri legittimi poteri di valutazione, ha accertato la sussistenza dei presupposti fondanti l’actio pauliana: l’esistenza di un credito in capo alla società attrice in revoca, – la sussistenza del requisito oggettivo ovvero del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, affermando che l’ eventus damni si evinceva senza dubbio dal fatto che «la vendita dell’unico immob ile posseduto da RAGIONE_SOCIALE, sul quale COGNOME avrebbe potuto facilmente esperire l’ azione esecutiva, aveva reso più difficile la soddisfazione del credito da parte di quest’ultima e tanto basta ad integrare il requisito in esame», considerando sul punto pure l’ulteriore circostanza della iscrizione ipotecaria sul bene e ritenendo che il valore del bene «aveva una capienza residua rispetto all’importo necessario per estinguere la garanzia ipotecaria, più che sufficiente per soddisfare RAGIONE_SOCIALE», – la sussistenza del requisito soggettivo ovvero della mera consapevolezza di arrecare un pregiudizio agli interessi del creditore, in capo sia all’alienante che all’acquirente, accertato sulla base di «un robusto quadro probatorio, formato da riscontri diretti, oltre che da elementi indiziari gravi, precisi e concordanti tali nel complesso ad integrare a norma dell’art. 2729 c.c. la prova presuntiva del consilium fraudis », desunto in particolare dalle seguenti circostanze: – menzione del contenzioso in atto (per il pagamento della ditta che aveva costruito l’immobile) nello stesso atto di compravendita; – la condizione di proprietaria confinante della Galvamet; – le modalità di pagamento del prezzo destinato a estinguere direttamente l’ipoteca con una serie di assegni intestati a ll’istituto bancario e con altri 37 di piccolo taglio (5000 euro) «tale da consentire all’acquirente una spendita frazionata meno controllabile dal creditore», al riguardo dissentendo da quanto rilevato in proposito dal giudice di primo grado (pagg. 8, 9 e 10 della sentenza impugnata).
In particolare, va disattesa la doglianza di violazione dell’art. 2729 c.c. per avere la Corte d’appello correttamente accertato l’elemento soggettivo
non soltanto mediante ricorso alle presunzioni ma anche al «robusto» quadro probatorio documentale e testimoniale, e valga qui rimarcare che il ragionamento presuntivo in tema di domanda revocatoria è ammissibile e sufficiente per consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità (Cass. Sez. 3, 05/03/2009 n. 5359; Cass. Sez. 3, 18/01/2019 n. 1286).
Pertanto, la Corte d’appello – non violando alcuna delle norme evocate da parte ricorrente – si è posta in linea con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il pregiudizio può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (ad esempio, conseguente alla dismissione dei beni), ma anche in una variazione qualitativa (ad esempio, conseguente alla conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili o in una prestazione di facere infungibile), quando detta variazione sia tale da rendere più difficile la soddisfazione dei creditori stessi (tra tante: Cass. Sez. 1, 26/02/2002 n. 2792; in tema di revocatoria ordinaria nei confronti di fondo patrimoniale Cass. Sez. 3, 17/01/2007 n. 966; di recente in tema di cessione di crediti: Cass. Sez. 3, 19/02/2020 n. 4244).
Infine, va pure osservato che le doglianze proposte omettono di considerare che la valutazione delle prove è attività riservata al giudice del merito, cui compete anche la scelta, tra le prove stesse, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. Cass. Sez. U.,7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 e Cass. n. 21753 28/08/2019).
Le suddette valutazioni, alla stregua di quanto sopra esposto, non risultano idoneamente censurate dalla ricorrente, e non possono essere, nella specie, rimesse in discussione in questa sede di legittimità, con conseguente inammissibilità dei motivi esaminati anche sotto questo profilo.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
C.C. 5. 10.2023
n. r.g. 15328/2022
Pres. L.A. COGNOME
Est. I. COGNOME
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della parte controricorrente, seguono la soccombenza.
Nulla si dispone in relazione alla società rimasta intimata, non avendo la medesima svolto difese nel presente giudizio.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e ad accessori di legge, in favore delle parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile,