SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6341 2025 – N. R.G. 00000509 2020 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Sezione IX civile
La Corte di Appello di Napoli, sezione IX civile, così composta:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME consigliere RAGIONE_SOCIALE.
AVV_NOTAIO. ssa NOME COGNOME consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa recante il numero di NUMERO_DOCUMENTO, avente ad oggetto appello avverso la sentenza n. 1674/2019, pubblicata in data 1.7.2019, del tribunale di Torre Annunziata, non notificata
TRA
nata a Napoli il DATA_NASCITA ed ivi residente in INDIRIZZO, cf. rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO, cf. e , cf. , con studio in Napoli alla INDIRIZZO, in virtù di procura posta su foglio separato ai fini della notifica telematica ma costituente parte integrante ed inscindibile dell’atto di appello CRAGIONE_SOCIALE
Appellante
E
con socio unico e sede in Conegliano, INDIRIZZO
Alfieri n. 1, in persona del legale rappresentante pro-tempore (C.F., P. IVA. e n. di iscrizione nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE n. e per P.
essa la con sede in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO (C.F., P. IVA e Iscrizione nel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Roma n. ), in persona del legale rappresentante pro tempore nato a Roma il DATA_NASCITA, codice fiscale in qualità di consigliere delegato munito di firma, nominato dal consiglio di amministrazione in data 28.07.2014 quale mandataria con rappresentanza in forza di procura autenticata nella firma per atto del AVV_NOTAIO di Pordenone del 18.12.2019 (Rep. 55730 -Racc. n. 41254, registrato a Pordenone il 20.12.2019 al n. NUMERO_DOCUMENTO serie 1t di on sede in INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro-tempore (C.F., P. IVA e n. di registrazione nel RAGIONE_SOCIALE , iscritta nell’Albo degli Intermediari Finanziari ex art. 106 D. Lgs. N. 385/1993 al N. 50 società appartenente al RAGIONE_SOCIALE iscritta all’albo dei Gruppi bancari al n. 3266 sottoposta a direzione e coordinamento da parte di quest’ultima, a sua volta, mandataria con rappresentanza , appunto, di RAGIONE_SOCIALE
giusta procura autenticata nella firma per atto a rogito del AVV_NOTAIO del 9 dicembre 2019 (Rep. 28365/12029, registrato a Milano DP I al n. NUMERO_DOCUMENTO s.1T – Doc 2), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO cf.. , in virtù di procura generale alle liti per scrittura privata autenticata dal notaio del 17.03.2020 rep 71029 racc. 26678 registrata all’Ufficio del RAGIONE_SOCIALE di Roma 1 il 17.03.2020 al n. NUMERO_DOCUMENTO IT, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO C.F.
NONCHE’
quale mandataria della
Appellata contumace
E
nata a Roma il DATA_NASCITA, cf. e nato a Roma il DATA_NASCITA, cf. RAGIONE_SOCIALE
Appellati contumaci
Conclusioni
All’udienza del 30 settembre 2025, trattata con le modalità previste dall’art. 127 ter c.p.c., le parti hanno concluso come da note.
Motivi della decisione
A – Giudizio di primo grado
A.a.)
Il tribunale Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, si è pronunciato sulla
domanda proposta da
quale
mandataria della nei confronti di
e volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia, ex art. 2901 c.c., dell’atto pubblico del 19.2.2010, con il quale la prima vendeva al secondo l’immobile sito in INDIRIZZO, per il prezzo di €. 300.000,00, posto in pregiudizio del credito vantato dalla società rappresentata di euro 138.995,39, in virtù di decreto ingiuntivo emesso solidalmente in danno della venditrice, quale fideiussore della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per scoperti di
conto corrente.
In giudizio interveniva rappresentante di
a sua volta rappresentante di
cessionaria del credito cedutole dall’originaria attrice
incorporata da
RAGIONE_SOCIALE, a seguito del decesso di il processo veniva riassunto nei riguardi dei suoi eredi, con costituzione di
e
i quali resistevano alla domanda.
A.b.) Il primo giudice così statuiva:
‘A) dichiara, ex art. 2901 c.c., la inefficacia, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, dell’atto di vendita per notar del 19.2.2010, rep. 186240 e racc. 64712, compiutamente descritto nell’indicato rogito e sinteticamente richiamato nella premessa della citazione introduttiva di questo giudizio;
B) condanna i convenuti, in solido tra loro, al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, liquidate, di ufficio ed in mancanza di specifica, in complessivi €. 12.678,00 per diritti ed onorario ed €. 550,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% sui compensi liquidati, I.V.A. e C.P.A. come per legge, se dovute.’.
Il tribunale, nello specifico, dopo aver evidenziato a) che l’esistenza del credito era stata documentata, derivando da ingiunzione di pagamento, oltre a non essere stata contestata; b) esso era anteriore all’atto di vendita, sussistendo i saldi debitori al 31.12.2009, di tal che era sufficiente la prova della scientia fraudius , conseguibile mediante presunzioni, così testualmente argomentava:
‘Venendo al caso concreto si sottolinea che l’atto di vendita è stato concluso successivamente all’esposizione debitoria rilevata dalla banca. E’ chiaro, allora, che non può dubitarsi dell’esistenza, nella specie, del requisito dell’ eventus damni, dovendo quest’ultimo evidentemente ricercarsi nel fatto che, con l’alienazione di cui all’atto per Notar del 19.2.2010, si è sostanzialmente privata dell’unico immobile di cui era proprietaria, compromettendo così, gravemente e consapevolmente, in danno della banca attrice, verso la quale aveva prestato fideiussione in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Detto circa la evidente consapevolezza della venditrice di arrecare pregiudizio alla banca attrice vendendo la proprietà dell’immobile meglio descritto nel suddetto rogito, deve rilevarsi che anche nell’atteggiamento soggettivo dell’acquirente di tale cespite può agevolmente individuarsi il suddetto requisito della scientia damni , in particolare desumendolo da gravi, precisi e concordanti elementi presuntivi costituiti:
a) dal fatto che la somma di €. 282.435,37, del prezzo complessivamente pattuito in €. 300.000,00, è stata indicata nel menzionato rogito come già pagato dalla parte acquirente alla parte venditrice che ne rilascia liberatoria quietanza di saldo, (cfr. art. 5), senza però alcuna documentazione attestante l’effettivo incasso di tale importo da parte della
b) dalla permanenza della venditrice nel cespite alienato anche dopo molti mesi dalla vendita (cfr. certificato di residenza storico del 22.9.2010), nonostante nell’atto di vendita si afferma che: ‘la parte acquirente viene immessa nel possesso della porzione immobiliare a partire dalla data dell’atto …… … libera da persone e da cose…………’ (cfr. art. 6) ;
c) dalla circostanza che la debitrice non ha dimostrato di essere proprietaria di altri beni immobili;
d) dalla non congruità del prezzo stabilito nel rogito rispetto al valore di mercato dell’immobile venduto, come dichiarato dalla stessa con la sottoscrizione nel settembre 2006 della scheda patrimoniale (cfr. doc. 11 nel fascicolo di parte attrice).’.
regolando le spese come da dispositivo.
B -Giudizio d’appello
B.a.) Avverso la suddetta pronuncia proponeva appello da intendersi qui ritrascritto e alla cui integrale lettura si rimanda quale parte necessaria ed espressa della presente decisione , con cui ha contestato la decisione sulla base di motivi così intitolati:
‘A) ERRATA RICOSTRUZIONE IN FATTO ED IN DIRITTO DEI RAPPORTI OGGETTO DI CAUSA’, con cui sostiene, per quanto è dato capire, che non emergeva la prova che le parti non avrebbero potuto fare fronte
all’eventuale credito in altro modo, né che l’acquirente dell’immobile fosse a conoscenza dello stesso e del pregiudizio alle ragioni dell’attrice;
‘B) LA MANCATA VALUTAZIONE DEGLI ATTI DEL GIUDIZIO E DEI MEZZI DI PROVA.’, con cui si duole del governo RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie da parte del tribunale, evidenziando, diversamente da quanto affermato, che era stata data la dimostrazione dei pagamenti, essendo stati proAVV_NOTAIOi gli assegni; che la congruità del prezzo pagato emergeva dalla c.t.u. acquisita in relazione a giudizio intentato da altra parte creditrice e nel quale la domanda era stata rigettata, oscillando la diversità di prezzo nell’ambito di una forbice tale da non giustificare quanto ritenuto dal primo giudice; essa non era a conoscenza del decreto ingiuntivo ed il credito si riferiva ad un terzo soggetto per cui era stata prestata la garanzia; nessuna rilevanza poteva accordarsi al mancato cambio di residenza, il quale poteva essere dovuto a ritardi nell’aggiornare la nuova situazione, senza che fosse stata data prova nel senso affermato dal tribunale.
L’appellante, pertanto, così concludeva:
‘1) accogliere, preliminarmente, l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata;
nel merito, in riforma dell’impugnata sentenza e per i motivi esposti in narrativa, rigettare la domanda di revocatoria ex art. 2901 c.c., promossa dall’RAGIONE_SOCIALE;
governare secondo giustizia spese e competenze professionali di entrambi i gradi di giudizio, con attribuzione agli AVV_NOTAIO e
che se ne dichiarano antistatari.’.
B.b.) Si costituiva la società indicata in epigrafe, nella deAVV_NOTAIOa qualità e nell’interesse di a sua volta resasi cessionaria di , la quale, resistendo all’impugnazione, così concludeva:
‘A IN VIA PRELIMINARE:
-accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’appello ex artt. 342 e 348 -bis c.p.c.;
B -NEL MERITO, rigettare l’appello proposto con l’atto di citazione notificato il 03 febbraio 2020 perché infondato in fatto ed in diritto, per le ragioni esposte in narrativa, con conseguente integrale conferma della sentenza n. 1674/2019 depositata il 01.07.2019 presso il Tribunale di Torre Annunziata nel giudizio n. 500001/2011 Rg e non notificata.
C Con vittoria di spese competenze del presente giudizio.’.
mandataria della originaria creditrice cedente, non si costituivano e, con ordinanza datata 18 maggio 2021, veniva dichiarata la loro contumacia.
B.d.) Attribuita la causa, a seguito di scardinamento da altra sezione, a questa IX Sezione, la stessa, all’udienza indicata in epigrafe, trattata in forma scritta ex art. 127 ter c.p.c., è stata riservata in decisione con concessione dei termini di cui all’190 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis , di gg. 40 + 20.
C -Analisi motivi di appello
C.a.) E’ opportuno premettere alcune considerazioni in ordine all’istituto previsto dall’art..2901 c.c. e all’interpretazione che ne è stata data dalla consolidata giurisprudenza.
In primo luogo, si evidenzia che, per poter avanzare domanda in revocatoria, non è necessario che il credito a tutela del quale si agisce sia stato giudizialmente accertato, essendo sufficiente una mera ragione di credito anche eventuale, purché verosimilmente suffragata da validi elementi di fatto.
Inoltre, devono soccorrere gli ulteriori requisiti tipici dell’azione proposta, afferenti all’ eventus damni ed al consilium fraudis .
Riguardo al primo presupposto ( rectius, elemento costitutivo dell’azione) necessario per l’accoglimento della domanda revocatoria appunto, l’ eventus
damni -consolidato è l’indirizzo giurisprudenziale che richiede, per il suo avveramento, il semplice pericolo di incapienza o un consistente peggioramento per così dire, qualitativo, dei beni da sottoporre ad esecuzione forzata, tale da far presumere, con ogni ragionevolezza, che le azioni esecutive non andranno a buon fine o che il recupero del credito si possa dimostrare maggiormente difficoltoso; inoltre, sempre la consolidata giurisprudenza ha posto l’accento sul fatto che l’ eventus damni deve essere riferito al momento in cui è stato posto in essere l’atto asseritamente pregiudizievole, così da essere ravvisabile uno stretto nesso di causalità tra l’atto stesso e l’evento.
Circa il profilo afferente il consilium fraudis, è noto che, nell’ambito unitariamente inteso dell’istituto in parola, occorre distinguere a seconda che il credito a tutela del quale si agisce sia sorto antecedentemente all’atto asseritamente pregiudizievole, o successivamente a questo: soltanto in tale ultimo caso l’elemento soggettivo del consilium fraudis si colora del ‘dolo specifico’ della preordinazione dell’atto al fine di pregiudicare il soddisfacimento RAGIONE_SOCIALE ragioni del creditore, essendo sufficiente, nel primo, la mera conoscenza del pregiudizio ( scietia damni ).
Inoltre, va ricordato come la disciplina si differenzia rispettivamente nel caso in cui l’atto posto in pregiudizio RAGIONE_SOCIALE ragioni del creditore sia a titolo oneroso, ovvero a titolo gratuito. Solo in tale ultima evenienza il legislatore ha ritenuto che la posizione del terzo non fosse meritevole di particolare protezione, sicché è indifferente il suo stato soggettivo e quindi se egli sia a conoscenza o meno che l’atto possa arrecare danno ad eventuali creditori (secondo il noto principio che è da preferire la posizione del creditore qui certat de damno vitanto piuttosto che quella del terzo qui certat de lucro captando ).
Riguardo alla prova della sussistenza dei richiamati elementi costitutivi dell’azione, consolidato è l’orientamento per il quale questa non possa che ricavarsi tramite presunzioni.
In relazione alla dimostrazione del danno, va ribadito che deve essere valutato al momento dell’assunzione dell’atto che si assume pregiudizievole.
Ai fini della valutazione in discorso, deve entrare ogni elemento utile offerto alla cognizione del giudice, tra cui certamente figura il valore complessivo del credito vantato in tale momento e per il quale poi si agisce in revocatoria, posto in relazione, come è ovvio, con l’esistenza di beni sufficienti a soddisfarlo, o di ulteriori garanzie offerte da terzi, non dimenticando, come si è già segnalato, che per ritenere sussistente il pregiudizio, sarà sufficiente accertare essere maggiormente difficoltosa o incerta, ovvero dispendiosa per il creditore, la realizzazione di quanto dovutogli e che toccherà al debitore dare la prova che la propria situazione patrimoniale sia tale da garantire il soddisfacimento del credito aliunde , rendendo inutile l’aggressione al bene oggetto dell’atto di cui è chiesta la declaratoria di inefficacia.
Parimenti, per ritenere provata la scientia damni -nel caso in cui si versi in ipotesi di atto posto in essere posteriormente alla nascita del credito -sarà sufficiente ogni elemento sintomatico che riveli la consapevolezza del pregiudizio, quale la semplice considerazione che il debitore si è spogliato dei beni con l’aggravarsi della situazione di dissesto finanziario, o ha posto in essere la cessione dei cespiti in diretta consecuzione temporale con il consolidarsi dell’esposizione debitoria, così manifestando il timore di poter subire procedure esecutive; inoltre, per quel che concerne la posizione del terzo, potranno essere tratti elementi di convincimento dalla circostanza che quest’ultimo fosse in
rapporti stretti o di fiducia con il dante causa, circostanza che vale viepiù in caso di atto a titolo oneroso posto in essere in epoca successiva al sorgere del credito, da far ragionevolmente ritenere che anch’egli fosse a conoscenza della sua situazione patrimoniale, ovvero la presenza di ulteriori indici sintomatici che lascino presumere detta consapevolezza.
C.b.) Nel caso in esame, il tribunale ha dato per provata l’esistenza del credito, evidenziando che la si era resa fideiubente della società RAGIONE_SOCIALE la cui esposizione debitoria per euro 138.995,39, discendente da scoperto di conto corrente, era consacrata alla data del 31.12.2009, avendo anche ottenuto decreto ingiuntivo n. 8899/2010 agli atti, con attestazione di mancata opposizione, munito di formula esecutiva, posto a carico, in solido, della società debitrice e della garante posizione debitoria che non risultava neppure contestata.
Al riguardo, sebbene l’appellante aAVV_NOTAIOi formule lessicali che sembrano porre in dubbio la sussistenza del credito, nulla di effettivo oppone in merito a quanto argomentato dal primo giudice, ponendo la questione, in realtà, dal lato della propria consapevolezza della notifica del decreto monitorio ai fini della insussistenza della scientia damni , senza mai realmente negare di avere prestato la suddetta garanzia e il debito maturato ai danni della società debitrice principale, non apparendo superfluo ricordare che, nei contratti bancari, il fideiussore è tenuto sempre a mantenersi informato circa la situazione debitoria per la quale è stata assunta la garanzia.
Inoltre, l’appellante non replica a quanto deAVV_NOTAIOo e documentato dalla originaria società attrice circa la notifica del decreto ingiuntivo, comunque perfezionatasi per compiuta giacenza, anche a non voler considerare che, analogamente, omette di prendere posizione sul dato che la era anche
amministratrice della società per la quale era stata prestata la garanzia fideiussoria.
Sotto altro profilo il tribunale ha anche ricordato come sia irrilevante che il decreto di ingiunzione possa essere stato concesso successivamente, potendo aggiungersi come occorra guardare al sorgere dell’esposizione debitoria, in connessione, addirittura col momento in cui viene prestata la garanzia.
C.c.) A ben vedere, infatti, l’appellante solo formalmente pone a sostegno del gravame il proprio, per così dire, stato soggettivo, incentrando, invece, l’attenzione sulla posizione del terzo acquirente.
Infatti, appare difficilmente contestabile la scientia damni di essa sol che si consideri che, per come esposto dal giudice di primo grado, la situazione passiva della società debitrice principale veniva cristallizzata al 31.12.2009 e l’atto dispositivo con cui la convenuta si spogliava del bene, vendendolo al veniva consacrato appena un mese e mezzo dopo, in data 19.2.2010, in perfetta connessione temporale, risultando del tutto inverosimile, anche in ragione di quanto rimarcato, la tesi che essa non fosse a conoscenza dell’esposizione debitoria maturata a carico di RAGIONE_SOCIALE (peraltro, è noto che rileva anche la ‘semplice’ conoscibilità).
D’altro canto, in commistione tra i due aspetti, non è chiaro il passaggio argomentativo con cui sostiene che ‘ l’art. 2901 c.c. non prevede affatto che le parti del negozio revocato non siano in grado di garantire, con il proprio patrimonio, in altro modo la soddisfazione dell’eventuale credito. ‘.
Come si è già ricordato è onere del debitore contro il quale è stata proposta la domanda revocatoria dimostrare di essere in grado di far fronte all’eventuale soddisfacimento del credito con altri beni, prova che nel caso in esame non è stata
neppure tentata.
Da altro angolo prospettico, la banca ha agito a tutela di un debito di quasi 140.000,00 euro, sicché non appare neppure verosimilmente prospettabile che la vendita dell’unico bene di proprietà della sottraendolo alla garanzia generica, non si presti ad essere valutato in termini di rilevanza dell’ eventus damni .
C.d.) Di tal che l’unico reale motivo di appello di una certa consistenza è quello legato alla posizione soggettiva del terzo acquirente, in relazione alla quale, trattandosi di atto a titolo oneroso, seppur posteriore al sorgere del credito, l’appellante contesta che sia stata data la prova della conoscenza, da parte del di ledere le ragioni creditorie della società attrice in prima istanza, che il tribunale in particolare ha tratto dalla sproporzione tra il valore del bene e il prezzo della vendita, dalla circostanza che la è rimasta ancora per diversi mesi all’interno dell’immobile venduto, nonché dall’ulteriore dato che non risulta la prova dell’incasso da parte della debitrice/venditrice della rilevante somma di oltre 280.000,00 euro.
Circa tale ultima questione, l’appellante ‘stigmatizza’ l’affermazione del tribunale secondo cui non sarebbe stata data la dimostrazione del pagamento, da parte del assumendo che ‘ in giudizio sono stati depositati tutti gli assegni con i relativi incassi già in allegato alla comparsa di costituzione e risposta nel 2011 ‘.
Innanzi tutto, si osserva che il primo giudice, infatti, non ha affermato che non vi era prova del ‘pagamento’, ma che non vi era prova che gli assegni fossero stati ‘incassati’, circostanza che la banca attrice aveva immediatamente contestato sin dalla loro produzione in giudizio da parte del evidenziando
che il loro deposito fosse in copia ed incompleto, non recando entrambi i lati dei titoli.
L’appellante, nella contumacia degli eredi del in questa sede, i quali hanno, pertanto, omesso di ridepositare gli assegni de quibus , pur rivestendo una posizione processuale conforme agli interessi di questi ultimi, non ha formulato nessuna argomentata contestazione, esponendo le ragioni di dissenso, al rilievo del giudice secondo il quale dalla suddetta produzione non fosse evincibile la prova dell’incasso, cosa che già di per sé finisce per rendere la contestazione priva, ex art. 342 c.p.c., della necessaria specificità .
Anzi, a fronte della contestazione reiterata dalla appellata, che evidenzia come nessuna prova dell’incasso ad opera di essa sia rinvenibile dalla documentazione proAVV_NOTAIOa, l’appellante si riporta a quanto espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo la quale, come viene riportato nell’atto di gravame, ‘ In caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà RAGIONE_SOCIALE parti, ‘pro solvendo’ (Cass., Sez. II, 5 giugno 2018, n. 14372; Cass., Sez. I, 30 luglio 2009, n. 17749); tuttavia, poiché l’assegno, in quando titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento ‘.
L’appellante ‘completa’ il ragionamento sostenendo che l’adempimento è valido anche se l’assegno non è stato incassato e che detta prova grava sul creditore, sicché ‘L’indicazione del venditore, contenuta nell’atto notarile di compravendita, del pagamento del prezzo non è coperto da fede privilegiata ex art. 2700 c.c., ma ha natura confessoria, con la conseguenza che il quietanzante non è ammesso alla prova contraria per testi o per presunzioni, salvo che dimostri, in applicazione analogica dell’art. 2732 c.c., che il rilascio della quietanza è avvenuta per errore di fatto o per violenza o salvo che se ne deduca la simulazione; quest’ultima nel rapporto tra le parti deve essere provata mediante contro dichiarazione scritta (Cass., Sez. II, 29 settembre 2020, n. 20520), nella specie esclusa dall’assenza di controdichiarazioni’.
La tesi così esposta, in realtà, invece di giovare alle ragioni dell’appellante offre, all’opposto, il principale argomento di validazione RAGIONE_SOCIALE valutazioni operate dal primo giudice.
Tali considerazioni, innanzi tutto, anche se formulate in relazione ad assegni di conto corrente, confermano, comunque, all’evidenza, quanto detto dal tribunale riguardo alla mancata prova che i titoli siano stati incassati dalla nella sostanza, con tali difese, ammettendolo essa stessa.
Inoltre, l’appellante confonde i piani del ragionamento, trasponendo considerazioni che riguardano il rapporto tra acquirente/debitore del pagamento del prezzo della compravendita e venditore/creditore al quale il corrispettivo della vendita deve essere pagato, alla posizione del ‘diverso’ terzo/creditore del debitore/venditore dell’atto asseritamente posto in pregiudizio RAGIONE_SOCIALE ragioni creditorie di chi agisce ex art. 2901 c.c.
Rispetto a quest’ultimo quanto indicato nell’atto non può assumere alcuna
efficacia probatoria vincolante, anzi, a ben vedere, come anticipato, l’assenza della prova dell’incasso da parte della da essa inequivocamente ammessa per effetto di siffatte difese, rende, con ogni ragionevolezza, gravemente sospetta la posizione del neppure effettivamente potendo stabilirsi se l’immobile sia stato pagato al prezzo indicato, che di per sé, come affermato dal tribunale, è già inferiore di ottantamila euro rispetto al valore di mercato stimato nella c.t.u. svolta in altro giudizio, lasciando, addirittura, aperta l’ipotesi che la vendita sia simulata, dato che, comunque, sotto il profilo che qui interessa, avendo la banca agito ex art. 2901 c.c., manifesta presuntivamente l’intento di favorire la sottrazione del bene alla possibile garanzia del creditore.
Le difese assunte dall’appellante rendono, pertanto, superfluo porsi il problema della assenza dei titoli agli atti di questo grado del giudizio, a causa della contumacia degli eredi del sebbene andrebbe considerato che, anche tenendo a mente quanto espresso dal giudice di legittimità (Cass. sez. un. n. 4835/2023), nel caso in esame la posizione processuale RAGIONE_SOCIALE parti dell’atto dispositivo posto in pregiudizio RAGIONE_SOCIALE ragioni della banca creditrice erano (ed evidentemente restano) convergenti in quanto mosse dal comune interesse di difendere l’opponibilità della vendita all’attrice, sicché neppure potrebbe addebitarsi alla banca di avere sottratto strumentalmente i titoli al contraddittorio, onerandola di provvedere al relativo deposito, non essendo stati tali documenti da essa proAVV_NOTAIOi (né, si potrebbe aggiungere, l’appellante ha mai deAVV_NOTAIOo di non averne estratto copia ex art. 76 disp att. c.p.c.).
Peraltro, dovendo presumersi la venditrice, essere la beneficiaria degli assegni (ma la banca contestava anche tale circostanza), non le era evidentemente impedito dare la dimostrazione diretta di averli incassati (come al di avere
saldato le residue rate di mutuo accollate per circa 17.000,00 euro).
Nè sono chiare le argomentazioni che l’appellante sviluppa relativamente alla circostanza di essere rimasta per alcuni mesi all’interno dell’immobile compravenduto.
Invero, ciò offre un ulteriore elemento presuntivo a sostegno della tesi che anche il fosse a conoscenza del debito della
L’appellante sostiene che di ciò non era stata data prova concreta da parte dell’attrice, ben potendo il cambio di residenza essere tardivamente recepito dal comune o essere frutto di una dimenticanza da parte del soggetto trasferitosi, ma in presenza di un siffatto dato presuntivo comunque ricavabile dagli atti, non foss’altro per ragioni di cd vicinanza della prova, sarebbe toccato ad essa dimostrare di avere lasciato immediatamente l’immobile all’atto della stipulazione della vendita o di avere altrettanto nell’immediatezza richiesto il cambio di residenza, recepito, però, con ritardo dall’ente comunale.
Per completezza si evidenzia che il precedente reso in altro giudizio non può assumere rilevanza in quanto riguardante altro creditore attore in revocatoria, per credito diverso, di tal che la pronuncia non è opponibile a chi ha agito in questo giudizio.
Pertanto, per come sono stati formulati i motivi di impugnazione e in assenza di ulteriori difese poste a supporto della contestazione circa la consapevolezza del pregiudizio in capo al non opposte dai suoi eredi, che hanno, invece, preferito rimanere contumaci nel giudizio di appello, partendo dalla considerazione generale che, come statuito dal giudice di legittimità, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza RAGIONE_SOCIALE singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, ritiene la corte che le
ragioni della decisione di primo grado non sono state efficacemente contrastante, con conseguente rigetto dell’appello.
E -Le spese
Le spese del grado vanno regolate secondo soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, in base al valore del credito a tutela del quale era stata avanzata la domanda, con riferimento ai parametri aggiornati di cui al D.M. n. 147 del 13 agosto 2022, nei valori minimi, considerata la riAVV_NOTAIOa complessità RAGIONE_SOCIALE questioni trattate e il tenore RAGIONE_SOCIALE difese svolte, sussistendo, altresì, i presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater dpr 115/02 per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 comma 1 bis dpr cit.
P.Q.M
La corte di appello di Napoli, sezione IX civile, definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti in di cui in epigrafe, così provvede:
a) rigetta l’appello;
condanna l’appellante a rifondere le spese di lite in favore dell’appellata, che liquida in euro 7.160,00 per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15%, iva e c.p.a.;
c) dà atto che, per effetto dell’odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all’art.13 comma 1 quater dpr 115/02 per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 comma 1 bis dpr cit.
Napoli, così deciso nella camera di consiglio del 5 dicembre 2025
Il cons. RAGIONE_SOCIALE est. AVV_NOTAIO. NOME COGNOME Il Presidente AVV_NOTAIO. NOME COGNOME