Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10298 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10298 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2713/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA LATINA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
SIENA NPL 2018, elettivamente domiciliato in ROMA LUNG.INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE LTD
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 4380/2021 depositata il 16/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato a mezzo pec in data 14.1.2022, COGNOME NOME impugna per cassazione la sentenza n. 4380/2021 della Corte di Appello di Roma, pubblicata il 16.6.2021. La intimata RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso per aderire alle richieste di parte ricorrente.
RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso per resistere.
La Banca controricorrente ha agito nei confronti del ricorrente e della di lui coniuge separata con azione revocatoria ex art. 2901 c.c., assumendo di essere creditrice nei confronti della RAGIONE_SOCIALEp.ARAGIONE_SOCIALE (per gli affidamenti bancati concessi i coniugi RAGIONE_SOCIALE si erano costituiti fideiussori), della complessiva somma di euro 366.648,56, oltre interessi legali, in virtù di una serie di rapporti bancari che erano stati chiusi in data 11.12.2008. La banca attrice aveva esposto che: 1) i
coniugi COGNOME NOME e NOME, in data 30.9/1.10.2003, avevano sottoscritto un contratto di fideiussione omnibus in favore della società RAGIONE_SOCIALE.ARAGIONE_SOCIALE costituendosi solidalmente responsabili verso di essa fino alla concorrenza dell’importo massimo di euro 750.000,00; 2) con missiva del 18.6.2008, aveva informato la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ed i garanti dell’ammontare complessivo dell’esposizione; 3) con missiva del 27.10.2008, aveva comunicato alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE ed ai garanti la revoca degli affidamenti concessi ed il recesso dai rapporti intrattenuti, chiedendo il rientro dell’esposizione e 4) in data 9.2.2009, COGNOME NOME, riservandosi il diritto di abitazione, aveva alienato alla RAGIONE_SOCIALE gli immobili sopra indicati, depauperando così le garanzie patrimoniali fornite alla Banca. Con sentenza n. 12165/2017, pubblicata in data 14.6.2017, il Tribunale di Roma aveva rigettato la domanda principale di nullità del contratto per simulazione assoluta ed in accoglimento di quella subordinata ex art. 2901 c.c., aveva dichiarato l’inefficacia, nei confronti della stessa, del contratto di compravendita a rogito del Notaio NOME COGNOME in Roma, rep. n. 14.887, racc. n. 5.565, concluso in data 9.2.2009 tra COGNOME NOME e la RAGIONE_SOCIALE condannando i convenuti a rifondere all’attrice le spese di lite.
COGNOME NOME proponeva appello deducendo, quale unico motivo di gravame, l’erroneità della decisione del giudice di primo grado nel ritenere sussistenti i presupposti di cui all’art. 2901 c.c. Nell’unico motivo di gravame dedotto, l’appellante denunciava che il giudice di primo grado aveva fondato la decisione sull’erroneo presupposto della ricorrenza dell’esistenza di crediti certi dell’attrice nei confronti del COGNOME e della ravvisabilità di un danno derivante dal depauperamento – a seguito dell’avvenuto trasferimento da parte di COGNOME
Francesco della nuda proprietà dei beni di sua proprietà in favore della società RAGIONE_SOCIALE – delle garanzie patrimoniali da lui offerte alla Banca in qualità di fideiussore della società RAGIONE_SOCIALE A tal fine evidenziava che, poiché il valore del diritto di nuda proprietà degli immobili, con riserva del diritto di abitazione, era stato congruamente stimato in euro 231.875,00, sostanzialmente corrispondente a quello del mutuo residuo che la banca vantava nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e tenuto conto che la società acquirente, in sede di rogito del contratto di compravendita del 9.2.2009, aveva dichiarato di accollarsi il mutuo residuo concesso alla predetta società – subentrando così alla parte venditrice in tutti i diritti e gli obblighi derivanti dallo stesso ed obbligandosi a pagare in favore della Banca, alle scadenze convenute, le rate residue del mutuo predetto (vd art. 5 del contratto di compravendita) – le garanzie patrimoniali offerte dal COGNOME alla Banca in occasione della stipula del mutuo di euro 300.000,00, avvenuta in data 10.11.2003, compresa l’ipoteca iscritta sul bene, non erano mai diminuite o cessate, anche perché l’istituto di credito aveva continuato a conservare la garanzia ipotecaria patrimoniale sugli immobili in questione. Infine, con riferimento alla garanzia patrimoniale, il medesimo deduceva che la COGNOME, coniuge separata all’epoca della compravendita, non era la socia di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE, atteso che, in quel periodo, l’unico azionista della società risultava essere NOME e che, in considerazione dell’avvenuto accollo del mutuo residuo da parte di detta società, la garanzia patrimoniale in favore della Banca era addirittura aumentata, seppur nei limiti dell’importo dell’obbligazione principale.
La Corte d’appello, adita dal COGNOME prendeva atto della circostanza che la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., in data 20.12.2017, aveva ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE
un portafoglio di crediti, comprensivo di quello in esame e che detta cessione è stata pubblicata, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 1 e 4 della L. 130/99 e dell’art. 58 del Testo Unico Bancario, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 23.12.2017, parte seconda n. 51, per cui la cessionaria, era divenuta piena titolare del diritto di credito nei confronti del fideiussore COGNOME Nel merito, rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360, 1 comma n. 3, cod. proc. civ. il ricorrente denunzia ‘ violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n.3 c.p.c. Fatto storico: garanzia reale costituita da ipoteca immobiliare. Non specificatamente contestato. Attore in revocatoria titolare del predetto diritto reale di garanzia. Differenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza impugnata. Violazione dell’art. 2901, 1°co. c.c. Pregiudizio delle ragioni creditorie (c.d. eventus damni ). Omessa considerazione dell’ipoteca immobiliare trasmessa al nuovo intestatario. Non conformità alla giurisprudenza di legittimità’. Parte ricorrente afferma come le garanzie patrimoniali e reali offerte all’istituto di credito procedente all’erogazione del mutuo non fossero diminuite, posto che si trattava dello stesso immobile ceduto a una società che si era accollata il mutuo con la relativa ipoteca costituita a garanzia. Deduce che l’accollo “esterno” avvenuto per effetto del trasferimento dell’immobile non sarebbe stato in grado di determinare la liberazione del debitore principale e che, pertanto, in tal caso non si era verificato il pregiudizio de quo . La questione, del tutto omessa dal tribunale, sarebbe stata erroneamente risolta dalla Corte d’appello nel senso che l’atto dispositivo andava a intaccare la iniziale solidarietà passiva consistente nel garantire una più sicura e agevole realizzazione
del diritto del creditore -assicurata mediante la costituzione di una pluralità di autonome responsabilità patrimoniali a garanzia del credito, le quali devono tutte contemporaneamente sussistere fino all’adempimento (o comunque all’estinzione) del debito, ciascuna indipendentemente dalla consistenza delle altre, avendo il creditore interesse a che ciascun condebitore conservi intatta la propria responsabilità patrimoniale, citando l’indirizzo espresso nell’ ordinanza n. 12901/2020 della Suprema Corte.
6.1. Il motivo è infondato.
6.2. La sentenza della Suprema Corte citata ha statuito che ai fini dell’esclusione dell’ ” eventus damni ” non rileva la presenza, all’interno dell’atto di disposizione del debitore, di una clausola di salvaguardia, con cui il terzo beneficiario assume la responsabilità dei debiti del suo dante causa che siano già sorti al momento dell’atto, perché il pregiudizio alle ragioni creditorie sussiste quando l’atto di disposizione determina anche solo una variazione peggiorativa, in termini quantitativi o qualitativi, del patrimonio del debitore, da valutarsi, nel caso di solidarietà passiva, esclusivamente con riferimento alla sfera patrimoniale di quest’ultimo, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri obbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 12901 del 26/06/2020; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16221 del 18/06/2019). Orbene, tale orientamento muove dalla considerazione che in via generale, l’incapienza del patrimonio del debitore deve essere valutata in relazione alla posizione del revocante, potendosi escludere il requisito del pregiudizio qualora il creditore goda, ad esempio, di garanzie reali o privilegi che assicurino il soddisfacimento del suo diritto. Tuttavia, nel caso di solidarietà passiva, si ritiene che tale valutazione
debba essere svolta esclusivamente con riguardo alla sfera patrimoniale del debitore disponente, ” a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati in solido siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento ” (Cass. Sez. 3, ord. n. 16221 del 2019, cit., nello stesso senso, tra le altre, Cass. Sez. 3, sent. 31 marzo 2017, n. 8315, Rv. 643834-01), avendo il creditore interesse a che ciascun condebitore conservi intatta la propria responsabilità patrimoniale.
6.3. Invero, la funzione della solidarietà passiva -consistente nel garantire una più sicura e agevole realizzazione del diritto del creditore – viene assicurata mediante la costituzione di una pluralità di autonome responsabilità patrimoniali a garanzia del credito, le quali devono tutte contemporaneamente sussistere fino all’adempimento (o comunque all’estinzione) del debito, ciascuna indipendentemente dalla consistenza delle altre. Deve pertanto darsi continuità al suddetto principio anche con riferimento al caso in esame, ove il debitore si è spogliato del proprio bene, mutando sotto il profilo qualitativo le iniziali garanzie rilasciate e previamente valutate dal creditore, non rilevando il mantenimento della garanzia ipotecaria sul bene, ma il fatto che l’atto dispositivo abbia intaccato la primigenia garanzia patrimoniale generica rilasciata dal debitore, rendendo con tale atto più difficoltoso il soddisfacimento del credito.
6.4. Peraltro, come questa Corte ha già precisato in plurime occasioni in tema di revocatoria ordinaria, l’esistenza di una ipoteca sul bene oggetto dell’atto dispositivo, ancorché di entità tale da assorbirne, se fatta valere, l’intero valore, non esclude la connotazione dell’atto dispositivo come eventus damni , atteso che la valutazione tanto della sua idoneità a costituire un pregiudizio, quanto della possibile incidenza, sul
valore del bene, della causa di prelazione connessa alla ipoteca, va compiuta con riferimento non al momento del compimento dell’atto, ma con giudizio prognostico proiettato verso il futuro, per apprezzare l’eventualità del possibile venir meno, o di un ridimensionamento, della garanzia ipotecaria (Cass., sez. 6-3, 08/08/2018, n. 20671; Cass., sez. 6-3, 12/03/2018, n. 5860; Cass., sez. 3, 25/05/2017, n. 13172, Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892). Si è chiarito, del resto, che condizione essenziale della tutela revocatoria in favore del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, peraltro, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità» (Cass., sez. 2, 29/03/1999, n. 2971); con la ulteriore precisazione che una situazione di pericolo è tale in relazione alla sua potenzialità cagionatrice di un evento dannoso futuro, donde non è possibile apprezzarla compiendo una valutazione che si correli al momento dell’atto dispositivo e dunque alla possibile incidenza in quel momento della garanzia ipotecaria esistente, ma non ancora fatta valere e della quale dunque non è dato conoscere se e come in futuro inciderà (Cass., n.11892/16, cit.).
6.5. È anche vero che altre pronunce hanno affermato che, ove oggetto dell’azione revocatoria sia un atto di compravendita di un bene già ipotecato, se ad agire è un creditore chirografario, il pregiudizio deve essere specificamente valutato – nella sua certezza ed effettività con riguardo al potenziale conflitto tra il creditore
chirografario e il creditore garantito da ipoteca, e quindi in relazione alla concreta possibilità di soddisfazione del primo con riguardo all’entità della garanzia reale del secondo» (Cass., sez. 3, 15/07/2009, n. 16464; Cass., sez. 3, 22/05/2015, n. 25733; Cass., sez. 3, 29/08/2019, n. 21783). Occorre tuttavia chiarire che l’avvio dell’esecuzione sul bene garantito da ipoteca -peraltro indicato dal controricorrente come già avviato con atto di pignoramento la cui prova contraria grava sul debitore, non assicura il pagamento dell’intero credito, nel frattempo aumentato in conseguenza della mora, e che la diminuzione da osservarsi, per quanto sopra detto, è data dal mutamento quantitativo o qualitativo della garanzia patrimoniale rilasciata dal debitore al tempo della concessione del credito; pertanto il pericolo di danno ‹‹è tale in relazione alla sua potenzialità cagionatrice di un evento dannoso futuro››, considerato che non solo il danno effettivo, ma anche il pericolo di danno integra i presupposti per agire ex art. 2901 cod. civ. (cfr. Cass. Sez. 3, n. 20312 del 23/7/2024 in motivazione).
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ‘violazione di legge ex art. 360, n.3, c.p.c. Violazione degli art. 115 c.p.c. (travisamento di prova). Fatto storico: azionista di maggioranza del terzo acquirente al 9.2.2009. Violazione dell’art. 2901, 1°co. p.2), c.c. Consapevolezza del pregiudizio in capo al terzo (c.d. scientia damni). Nell’ambito dell’accertamento della sussistenza del presupposto soggettivo della consapevolezza del pregiudizio (c.d. scientia damni ), previsto dall’art. 2901, 1°co. e p.2), c.c., nello specifico in capo al terzo acquirente’. Il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c., sotto il profilo del travisamento della prova, e chiede alla Suprema Corte di esaminare gli atti specificamente indicati affinché accerti che l’informazione probatoria riportata ed utilizzata nella sentenza impugnata per
fondare la decisione sul punto decisivo della scientia damni in capo al terzo sia diversa ed inconciliabile da quella contenuta nell’atto (doc. 10), non esista negli atti (doc. 9 e 17), sia inoltre contraddetta dall’atto processuale prodotto dal terzo (doc. 4, Fascicolo G. RAGIONE_SOCIALE). La sentenza impugnata ravviserebbe il ruolo di azionista di maggioranza del terzo, RAGIONE_SOCIALE in capo a NOME, coniuge separata del ricorrente, sulla scorta dei documenti 9, 10 e 17 del fascicolo di I° grado parte attrice, mentre all’epoca risultava quale azionista di minoranza.
7.1. La sentenza sul punto ha così deciso : La parte acquirente è una società londinese in cui il cui ‘principal shareholder’ (socio di maggioranza) è NOME COGNOME, coniuge del COGNOME (docc. 10 e 11 di parte attrice), ancorchè separata, e anch’essa fideiussore della RAGIONE_SOCIALE, dunque una persona perfettamente al corrente, al pari del venditore dell’esposizione debitoria della società e di quella personale dello stesso COGNOME. Si può, quindi, agevolmente presumere, dati i rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE e il COGNOME e la stessa RAGIONE_SOCIALE e il contesto in cui è avvenuta la vendita, a pochi mesi di distanza dalla revoca degli affidamenti, che la presa di contatto tra venditore e acquirente sia avvenuta appunto tramite la RAGIONE_SOCIALE e che le informazioni sulla situazione debitoria del debitore in possesso della RAGIONE_SOCIALE siano state trasmesse alla società acquirente’.
7.2. Le censure, anziché porgere argomenti idonei a mettere in luce le denunciate violazioni di norme, tendono a indurre questa Corte a rivalutare i fatti di causa attraverso gli elementi di prova presi già in esame dalla Corte di merito, senza mettere in discussione i parametri normativi utilizzati per valutarle. Il che è inammissibile giacché non è il punto
d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle (così, Sez. U – , Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass., Sez. 6-3, ordinanza n. 26769 del 23/20/2018; Sez. 3, sentenza n. 20382 dell’11/10/2016; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11892 del 10/6/2016).
7.3. Sotto il profilo dell’art. 348 ter , co. 5 c.p.c., inoltre, trattandosi di una sentenza ‘doppiamente conforme’, deve rilevarsi che la censura è inammissibile, non essendo prospettato se e in quale misura la motivazione si differenzi dalla quella della sentenza di primo grado(Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947), posto che anche il dedotto travisamento della prova in violazione dell’art. 115 c.p.c., secondo l’indirizzo da ultimo segnato da Cass. Sez. U – , Sentenza n. 5792 del 05/03/2024 , rileva esclusivamente ai fini della revocazione o quale vizio incidente sulla motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c, e pertanto incontra l’ulteriore sbarramento di cui all’art. 348 ter c.p.c.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ‘violazione di legge ex art. 360, n.3, c.p.c.- Dal fatto noto al fatto ignorato. Fatto storico: azionista di maggioranza del terzo al 9.2.2009. Violazione dell’art. 2901, 1°co. p.2), c.c. Consapevolezza del pregiudizio in capo al terzo (c.d. scientia damni ). Presunzione semplice priva dei requisiti previsti dall’art. 2729, 1°co., c.c. Violazione dell’art. 116 c.p.c. Violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. Seconda presunzione in violazione del principio presumptio de presumpto , ex art. 2727 c.c. Non conformità alla giurisprudenza di legittimità’. Nell’eventualità che la Corte di
Appello di Roma abbia presunto (e non provato) che NOME fosse l’azionista di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE il 9.2.2009 cioè all’epoca dei fatti consistiti nell’atto di compravendita de quo dal documento n. 10 prodotto in sede di il giudizio d’appello, deduce che la Corte di merito abbia omesso di fornire alcuna motivazione o percorso logico sulla ragione per cui ha ritenuto che, dal fatto noto di Manias azionista di maggioranza della RAGIONE_SOCIALE nel 2013, possa presumersi in termini di gravità, precisione e concordanza -che pur debbono connotare necessariamente le presunzioni semplici, ex art. 2729 c.c. come la stessa fosse azionista di maggioranza della medesima società il 9.2.2009, data dell’atto di compravendita de qua , dovendosi escludersi che possa attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici, non potendosi all’uopo prendere in riferimento alla data de l 9.2.2009 -epoca dell’atto di compravendita de quo il documento n. 10 prodotto in sede di costituzione dell’attrice e risalente, come invece attestato nella stessa sentenza, al 2013.
8.1. Il motivo è inammissibile ex 348 ter , co. 5 , c.p.c. per quanto sopra detto in riferimento al vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.. Inoltre va rilevato che la ratio decidendi è differente e non compiutamente attinta dalla censura, poiché dalla motivazione si deduce che sia stato ritenuto rilevante che la RAGIONE_SOCIALE, per quanto coniuge separata dell’alienante, fosse cofideiussore della banca attrice per la società debitrice principale, come il ricorrente, e presente nella compagine sociale della società di diritto inglese acquirente (costituita a due mesi di distanza messa in liquidazione della società debitrice e due mesi prima della compravendita di cui si discute) e che, pertanto, dovesse presumersi che la società terza fosse verosimilmente a conoscenza della situazione
debitoria. Altre circostanze considerate, quale il fatto che la RAGIONE_SOCIALE fosse azionista di maggioranza, anche se in ipotesi travisate, non potrebbero incidere su tali ulteriori fattori ritenuti determinanti ai fini della prova presuntiva.
8.2. Conclusivamente il ricorso va rigettato, con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE e a carico della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 6.200,00, di cui € 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente e della parte intervenuta RAGIONE_SOCIALE, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 21/2/2025