Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7920 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7168/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, domiciliazione telematica , rappresentate e difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
NOME, NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 3810/2020 depositata il 28/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
NOME e NOME COGNOME ricorrono, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 3810 del 2020 della Corte di appello di Roma, esponendo, per quanto qui ancora di utilità, che:
–NOME e NOME COGNOME le avevano convenute, insieme al padre NOME COGNOME poi deceduto, per ottenere l’accoglimento di una domanda di simulazione e in subordine di revocatoria di due cessioni immobiliari del genitore in loro favore, perfezionate dopo l’accertamento giudiziale di un credito degli attori rimasto inadempiuto;
–NOME COGNOME, nel resistere, aveva chiamato in causa la moglie del padre degli attori, controdeducendo la sussistenza di un credito confermato da una scrittura privata esibita in giudizio;
-la chiamata si era costituita disconoscendo, in particolare, la sottoscrizione in calce alla scrittura;
-il Tribunale aveva rigettato la domanda di simulazione; accolto quella di revocatoria, osservando in specie che il credito degli attori era provato e incontestato; gli atti dispositivi avevano pregiudicato la garanzia patrimoniale del debitore che si era così spogliato delle sue proprietà immobiliari, conservando per sé il diritto di abitazione, a prezzo inferiore a quello di mercato; la parentela e anche la risultata condotta delle figlie di COGNOME, che si erano dette
adoperarsi per sostenere il padre indebitato, erano indicative della comune consapevolezza di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori del genitore; quanto al controcredito preteso da COGNOME, la firma apposta alla prodotta scrittura dalla chiamata in lite era risultata autentica all’esito della perizia grafologica, e non era fondata l’eccezione di prescrizione posto che il credito stesso era stato concordato esigibile a richiesta del creditore e quella vi era stata solo con la chiamata in causa, ma la correlata domanda avrebbe dovuto svolgersi per connessione nel precedente giudizio che aveva visto accertare il credito di COGNOME;
-la Corte di appello aveva rigettato il gravame osservando in specie che: le figlie di COGNOME avevano dedotto di avere un credito nei confronti del padre ma questo era successivo a quello degli attori, e comunque non vi era prova dello stesso, ovvero del fatto che le somme prese a prestito dalle stesse fossero state poi devolute al padre come prospettato; il rapporto di parentela e l’esiguità del prezzo delle cessioni immobiliari confermavano indiziariamente la sussistenza dell’elemento soggettivo richiesto per l’accoglimento della revocatoria, tenuto al contempo conto del fatto che le vendite erano state poste in essere subito dopo la sentenza di primo grado con cui COGNOME era stato condannato al pagamento delle somme ritenute dovute in favore degli attori, e del fatto che quest’ultimo si era così liberato dei beni più agevolmente e utilmente aggredibili dai creditori;
resistono con controricorso, illustrato da memoria, NOME e NOME COGNOME;
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che in primo grado, con effetto di giudicato, era stato accertato che le cessioni immobiliari avevano finalità solutoria, sicché non avrebbe potuto negarsi la sussistenza del credito delle figlie nei confronti del padre così adempiuto;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che dal rigetto della domanda di simulazione avrebbe dovuto evincersi un inviolabile giudicato sulla natura onerosa delle cessioni, che in uno alla loro funzione solutoria avrebbe dovuto imporre l’esclusione della loro revocabilità;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2901, terzo comma, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che le cessioni, integrando l’adempimento di un debito scaduto, non erano revocabili, dovendosi comprendere nella fattispecie l’alienazione dei beni purché, come nell’ipotesi, unico mezzo per rientrare dall’ulteriore esposizione per debiti scaduti;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, cod. proc. civ., 2727, cod. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errano nell’utilizzo delle presunzioni, posto che il rapporto di parentela non poteva escludere prove contrarie, mentre il prezzo delle cessioni, non simulate, aveva evidentemente scontato sia il rapporto affettivo con il genitore, sia l’accertata finalità di rientro dal debito verso le figlie;
Considerato che
i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;
va subito rimarcato che le ricorrenti non dimostrano nell’atto di gravame, nel rispetto del principio di specificità imposto dall’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469, e Cass., Sez. U., 21/02/2022, n. 5633), che la sentenza di prime cure avesse accertato la sussistenza del debito del padre nei confronti delle figlie, escluso dalla Corte territoriale osservando che i prestiti ottenuti da quelle non potevano di per sé significare il versamento delle somme al genitore;
in effetti nella stessa narrazione dei fatti processuali, il ricorso (pag. 6) correla quei fatti all’affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo in capo a quelle, supportato anche dagli ulteriori elementi della conoscenza dell’indebitamento del padre rapportata pure al rapporto di parentela;
ciò però non comporta un accertamento del credito con effetti di giudicato;
in controricorso poi (pag. 6), si rende palese -a ulteriore conferma della speculare carenza di specificità del gravame -che il Tribunale ha preso quei fatti quali dedotti e non come certezze, proprio perché la finalità era quella di statuire sull’elemento soggettivo;
la Corte di appello, dunque, posta l’assenza di prova dei crediti filiali, ha accertato che, seppure a titolo oneroso, COGNOME, riservandosi l’utile diritto di abitazione, si era spogliato, in favore delle figlie e a prezzi accertati come oggettivamente inferiori a quelli di mercato, dei suoi beni meglio liquidabili, subito dopo la decisione del Tribunale che aveva sancito il credito di COGNOME, e che le stesse figlie, come tali e per ciò che affermavano quanto all’essersi adoperate con l’intenzione di sostenere il padre in difficoltà economica, non potevano che considerarsi a conoscenza del tutto;
la complessiva ragione decisoria regge alle restanti censure volte manifestamente a una rilettura istruttoria estranea alla presente sede di legittimità;
va evidenziato, per completezza, che l’esenzione dalla revocatoria dell’adempimento di un debito scaduto, traendo giustificazione dalla natura di atto dovuto della prestazione del debitore una volta che si siano verificati gli effetti della mora, ricomprende anche l’alienazione di un bene eseguita per reperire la liquidità occorrente all’adempimento, purché, però, essa rappresenti il solo mezzo per tale scopo, ponendosi in tale ipotesi la vendita in rapporto di strumentalità necessaria con un atto dovuto, così da poterne escludere il carattere di atto pregiudizievole per i creditori richiesto per la revoca pauliana (Cass., 19/04/2016, n. 7747, citata dalle stesse ricorrenti, conf. Cass., 15/05/2020, n. 8992);
in questo contesto, per converso, il ricorso sconta anche un’intrinseca contraddizione quando afferma che il controcredito che assume accertato i capo a COGNOME nei confronti dell’allora moglie del suo creditore, peraltro oggetto di una statuizione di rigetto sia pure per le ragioni in rito descritte in narrativa, confermerebbe la persistenza della garanzia patrimoniale, con ciò però escludendo la vista necessità dell’alienazione immobiliare di cui infatti non emerge l’accertamento;
spese secondo soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 7.500,00 per onorari, oltre a 200,00 euro per esborsi, altre a spese forfettarie al 15% e accessori legali, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti in solido, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024.