Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23198 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23198 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28830/2022 proposto da:
COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
NOME COGNOME;
– intimato – avverso la SENTENZA N. 1947/2022 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI VENEZIA, depositata il 14/9/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 10/7/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Venezia, con sentenza del 5/5/2016, ha esteso a NOME COGNOME, socio accomandante della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, il fallimento già dichiarato nei confronti di quest ‘ ultima con sentenza del 15/7/2014.
1.2. Il Fallimento di NOME COGNOME ha convenuto in giudizio, innanzi allo stesso tribunale, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che fosse pronunciata la revoca a norma dell ‘ art. 2901 c.c. dell ‘ atto con il quale, in data 14/11/2013, il socio poi fallito aveva costituito a titolo gratuito a favore della moglie NOME COGNOME il diritto di abitazione sull ‘ immobile di sua proprietà sito in Venezia ed aveva contestualmente venduto al figlio NOME COGNOME per il prezzo di €. 400.000,00 la nuda proprietà dello stesso immobile.
1.3. Il tribunale, con sentenza dell ‘ 11/11/2020, ha accolto la domanda proposta dal Fallimento.
1.4. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto appello avverso tale sentenza, denunciando l ‘ errore in cui era incorso il tribunale per avere ritenuto: – a) la sussistenza dell ‘ eventus damni , sebbene il patrimonio residuo del debitore, in ragione della sua capienza, era comunque idoneo ad assicurare il soddisfacimento delle ragioni dei creditori esistenti al momento della stipula dell ‘ atto, dal momento che lo stesso era proprietario non solo dell ‘ immobile alienato ma anche della quota del 50% di un altro immobile in Venezia, composto di cinque unità unitariamente adibite ad albergo, e che i debiti maturati dalla società RAGIONE_SOCIALE erano solo quelli verso gli ex dipendenti, ammontanti a complessivi € . 28.092,19; – b) la sussistenza del requisito soggettivo dell ‘ azione revocatoria tanto in capo al disponente quanto in capo ai terzi acquirenti, sebbene l ‘ atto dispositivo impugnato era stato stipulato anteriormente sia al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE
(dichiarato il 15/7/2014), sia al fallimento di NOME COGNOME (dichiarato il 5/5/2016), in conseguenza del quale quest ‘ultimo aveva perduto la qualità di socio limitatamente responsabile esistente al momento dell ‘ atto, per cui, trattandosi di atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, il contratto impugnato avrebbe potuto essere revocato solo a condizione che fosse stato dimostrato che il disponente aveva previsto l’in sorgere della futura obbligazione e che aveva compiuto l ‘ atto in questione al fine di sottrarre il bene ceduto all ‘ azione esecutiva del futuro creditore (cd. animus nocendi ).
1.5. NOME COGNOME, invece, è rimasto contumace.
1.6. La corte d ‘ appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l ‘ appello.
1.7. La corte, in particolare, ha ritenuto: – innanzitutto, che l ‘ atto impugnato, con il quale NOME COGNOME si è spogliato di un immobile il cui valore è quantificato nell ‘atto stesso in €. 742.857,14, ha incontestabilmente ‘ reso assai più difficoltosa ed incerta la riscossione coattiva dei crediti ammessi al passivo fallimentare, tra i quali quelli maturati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE dai suoi ex dipendenti ‘, ammontanti ad €. 28.092,19 e già sorti al momento della sua stipulazione; – in secondo luogo, che il ‘ debitore ‘ non aveva provato che ‘ il suo patrimonio residuo è tale da autorizzare a ritenere che l ‘ atto medesimo non abbia in concreto pregiudicato in modo rilevante le ragioni dei creditori ‘ , avendo allegato solo con l ‘ atto d ‘ appello, e quindi tardivamente, che ‘ al momento della stipula era titolare della quota indivisa del 50% di un altro immobile in Venezia, sul quale peraltro risulta iscritta ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario, da cui scaturisce un credito della banca mutuante superiore ad oltre €. 1.100. 000,00, ammesso in via privilegiata al passivo del fallimento di NOME COGNOME.
1.8. La corte, poi, dopo aver rilevato che ‘ gli atti ‘ che hanno determinato ‘ la decadenza dalla limitazione di responsabilità in cui è incorso il socio accomandante ‘ sono stati incontestatamente compiuti dallo stesso prima della ‘ stipulazione dell ‘ atto impugnato ‘; ha, in sostanza, ritenuto che, nel caso in esame, esistono una pluralità di elementi indiziari, che rivestono indubbiamente quei caratteri di gravità, precisione e concordanza richiesti dall ‘ art. 2729 c.c., i quali dimostrano, in via presuntiva, il fatto che l ‘ atto è stato volutamente posto in essere per preservare il bene immobile alienato da ogni aggressione di terzi, anche per debiti futuri: intanto, ‘ non è contestabile che NOME NOME fosse a conoscenza dei debiti che la società, di cui era socio accomandante e nella cui gestione si era intromesso, aveva verso i propri ex dipendenti, nonché della situazione di insolvenza della società stessa, che condusse a distanza di soli otto mesi dal compimento dell ‘ atto dispositivo, alla dichiarazione del suo fallimento ‘; -inoltre, ‘ la conoscenza, da parte di NOME COGNOME, della dolosa preordinazione dell ‘ alienazione ad opera del padre rispetto ai creditori attuali e/o futuri ‘ è desumibile ‘ non solo dallo stretto vincolo di parentela esistente tra i contraenti, ma anche dal fatto che NOME ha continuato a risiedere insieme al figlio ed alla moglie, anche dopo la stipulazione del contratto, presso l ‘ immobile trasferito a questi ultimi e dallo stretto lasso di tempo intercorso tra l ‘ alienazione del bene ed il fallimento della societa ‘; – infine, il fatto che ‘ il disponente abbia costituito a favore della moglie il diritto di abitazione a titolo gratuito … rende l ‘ atto in questione configurabile in parte qua come una donazione, la quale non appare avere altra finalità che quella di sottrarre il bene all ‘ azione esecutiva dei creditori, finalità di cui non poteva non essere a conoscenza anche il figlio ‘.
1.9. NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso notificato in data 12/12/2022, hanno chiesto, per sei motivi, la cassazione della sentenza, documentandone la ricevuta notificazione, unitamente al deposito del ricorso, in data 28/10/2022.
1.10. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.11. NOME Serena è rimasto intimato.
1.12. I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2901, 2967 c.c. e dell ‘ art. 66 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che l ‘ atto impugnato aveva reso assai più difficoltosa ed incerta la riscossione coattiva dei crediti già sorti al momento della sua stipulazione ed ammessi al passivo del fallimento sul rilievo che né il disponente né gli acquirenti, pur avendone l ‘ onere, non avevano dimostrato che il patrimonio residuo era tale da escludere che l ‘ atto in questione aveva pregiudicato le ragioni dei creditori, senza, per contro, considerare che, nel caso in cui l ‘ azione revocatoria ordinaria è intrapresa dal Fallimento, è il curatore e non il convenuto a dover provare che il patrimonio residuo del debitore non consente, in rapporto all ‘ entità della propria complessiva esposizione debitoria, il soddisfacimento dei creditori.
2.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 345, comma 3°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il debitore non aveva provato che il suo patrimonio residuo era tale da escludere che l ‘ atto medesimo avesse in concreto pregiudicato in modo rilevante le ragioni dei creditori
sul rilievo che lo stesso aveva allegato solo con l ‘ atto di appello, e quindi tardivamente, di essere rimasto titolare, al momento della stipula, della quota indivisa pari al 50% di un altro immobile in Venezia, senza, tuttavia, considerare che: – il convenuto NOME COGNOME sin dalla memoria depositata in data 20/9/2019 ai sensi dell ‘ art. 183, comma 6°, n. 3, c.p.c. aveva dedotto che il valore residuale dei beni era ‘ nettamente superiore … ‘ ; -lo stesso Fallimento, nella comparsa di costituzione in appello, aveva apertamente riconosciuto l ‘ esistenza dell ‘ ulteriore patrimonio immobiliare del debitore; l ‘ esistenza di un residuo patrimonio immobiliare, nemmeno modesto (50% di un immobile alberghiero in Venezia, locato a terzi), risultava, del resto, documentato con la produzione già nel corso del giudizio di primo grado dello stato passivo del Fallimento Serena; – la deduzione circa l ‘ esistenza di un residuo patrimonio, lungi dall ‘essere una tardiva ‘ allegazione ‘ degli appellanti, costituiva, dunque, una mera ed ulteriore esplicazione del materiale probatorio in atti fin dall ‘ introduzione del giudizio.
2.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti, lamentando l ‘ omesso esame di un fatto decisivo e controverso tra le parti, in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, ritenendo che fosse onere del debitore e degli acquirenti la prova che il patrimonio residuo del disponente era tale escludere che l ‘ atto impugnato aveva pregiudicato le ragioni dei creditori, ha omesso di esaminare il fatto che il convenuto NOME COGNOME con la memoria depositata il 20/9/2019 ai sensi dell ‘ art. 183, comma 6°, n. 3, c.p.c., aveva dedotto che il valore dell ‘ ulteriore cespite immobiliare era tale da non mettere a rischio la realizzazione dei crediti vantati nei confronti del venditore.
2.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione o la falsa applicazione degli artt. 2901 c.c. e 66 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che l ‘ atto impugnato aveva arrecato pregiudizio alle ragioni dei creditori sul rilievo che il patrimonio residuo del debitore, essendo gravato da un ‘ ipoteca iscritta a garanzia di un credito da mutuo fondiario di importo superiorie ad € 1.100.000,00, ammesso in via privilegiata al passivo del suo fallimento, non autorizzava ad escludere che l ‘ atto in questione avesse in modo concreto e rilevante pregiudicato le ragioni dei creditori, omettendo, tuttavia, di considerare che: – gli appellanti, come eccepito con l ‘ atto d ‘ appello, avevano dedotto che il Fallimento non aveva compiuto alcun accertamento della situazione patrimoniale del debitore alla data dell ‘ atto (14/11/2013), essendosi, piuttosto, limitato a produrre in giudizio lo stato passivo del Fallimento, formato dal curatore a distanza di alcuni anni dall ‘ atto impugnato, e non aveva, dunque, provato che l ‘ atto avesse concretamente pregiudicato il soddisfacimento dei crediti in quel momento esistenti; – l ‘ assenza di elementi idonei a rappresentare il patrimonio del debitore alla data di compimento dell ‘ atto, non surrogabile con uno stato passivo formato a distanza di alcuni anni, inficia, dunque, la decisione assunta, mancando la prova, cui è onerato il Fallimento, di un pregiudizio ‘ eziologicamente ‘ connesso all’ atto impugnato; – nel caso di specie, alla data del 14/11/2013, l ‘ unico debito del disponente la cui anteriorità era stata oggetto di disamina erano le spettanze dei dipendenti della società di cui il Serena era accomandante, non emergendo, invece, l ‘ esistenza al momento dell ‘ atto delle esposizioni insinuate alcuni anni dopo al passivo del Fallimento; – la ricorrenza dell ‘ eventus damni dev ‘ essere,
invece, sempre accertata, non potendosi accedere a pregiudizi presuntivi, attraverso il confronto tra il valore del patrimonio del debitore immediatamente dopo la modificazione subita per effetto dell ‘ atto e l ‘ ammontare dei debiti ad esso preesistenti.
2.5. Con il quinto motivo, i ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c., e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che l ‘ atto impugnato aveva reso assai più difficoltosa ed incerta la riscossione coattiva dei crediti ammessi al passivo fallimentare, tra i quali quelli maturati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE dai suoi ex dipendenti, sul rilievo che il patrimonio immobiliare residuo del debitore non era tale da escludere che l ‘ atto medesimo avesse in modo concreto e rilevante pregiudicato le ragioni dei creditori, trattandosi di un cespite gravato di un mutuo fondiario ‘… superiore ad oltre € 1.100.000,00, ammesso in via privilegiata al passivo del fallimento di NOME COGNOME , omettendo, tuttavia: -di rappresentare la ricostruzione patrimoniale del debitore al momento di compimento dell ‘ atto; – di spiegare l ‘ affermazione secondo cui sarebbe incontestabile la ‘ assai più difficoltosa ed incerta riscossione coattiva dei crediti ammessi al passivo fallimentare, tra i quali quelli maturati nei confronti della societa RAGIONE_SOCIALE dai suoi ex dipendenti, ammontanti ad € 28.092,19 ‘ ; – di illustrare la ragione per cui il patrimonio residuo, pur gravato del mutuo ipotecario, non consentiva di ‘ ritenere che l ‘ atto medesimo non ‘ a vesse ‘ in concreto pregiudicato in modo rilevante le ragioni dei creditori ‘ ; – di considerare che un mutuo fondiario non investe mai la sola quota di un immobile e che l ‘ integrale insinuazione al passivo del relativo credito era semplicemente effetto della solidarietà dei
mutuatari rispetto all ‘ obbligazione di rimborso; – di rilevare che un immobile ‘… composto di cinque unità edilizie in Venezia unitariamente adibite ad albergo ‘ e posto a reddito, può non solo garantire il rimborso del mutuo ipotecario ma anche consentire un ampio soddisfacimento di ulteriori eventuali creditori di uno dei comproprietari.
2.6. Con il sesto motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 2729 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che vi erano presunzioni gravi, precise e concordanti della participatio fraudis dell ‘ acquirente NOME COGNOME omettendo, tuttavia: -di spiegare la ragione per cui quest ‘ ultimo avrebbe dovuto essere a conoscenza, al momento di compimento dell ‘ atto, dell ‘ intromissione del suo dante causa, quale socio accomandante, nella gestione della RAGIONE_SOCIALE e della conseguente assunzione da parte dello stesso della responsabilità illimitata, accertata giudizialmente a significativa distanza di alcuni anni dall ‘ atto; – di considerare che: a) la distanza temporale tra l ‘ atto del 2013 e l ‘ accertamento della responsabilità illimitata del disponente intervenuto ad oltre due anni di distanza avrebbe imposto al Fallimento di fornire specifici indici di conoscenza da parte dell ‘ accipiens a titolo oneroso dell ‘ intromissione del suo dante causa nella gestione della società di cui lo stesso era in quel momento accomandante; b) nessuno degli elementi fondanti la decisione presuntiva possiede i caratteri di gravità e precisione idonei a suffragarla, specie se si considera che: – la coabitazione emergente dalla risultanza anagrafica del debitore era stata contestata dal convenuto, il quale aveva dichiarato che il padre non risiedeva con loro ed era anzi lontano ‘ da ben 15 anni ‘ ; – lo stretto lasso temporale tra
l ‘ atto dispositivo (14/11/2013) e il fallimento della società (15/7/2014), al di là dell ‘ opinabile attribuzione di vicinanza cronologica, se può fondare una presunzione di conoscenza di decozione della società da parte del socio accomandante, non consente, in difetto di ulteriori elementi, la medesima presunzione nei confronti dell ‘ accipiens a titolo oneroso; quest’ultimo, del resto, aveva dedotto l ‘ esistenza di fattori probabilisticamente opposti alla sua affermata partecipazione all’atto distrattivo, e cioé che: 1. il padre al momento in cui egli aveva acquistato la nuda proprietà dell ‘ immobile era socio accomandante della RAGIONE_SOCIALE e quindi limitatamente responsabile per le obbligazioni sociali ed egli non poteva ipotizzare un illimitato suo coinvolgimento; 2. al momento di compimento dell ‘ atto in data 14/11/2013, gli ex lavoratori della RAGIONE_SOCIALE non avevano neppure manifestato di vantare crediti verso la società; 3. l ‘ estensione del fallimento al padre era intervenuta a distanza di oltre due anni dall ‘ atto dispositivo, dopo significative alternanze giudiziarie in ordine al suo coinvolgimento nella gestione societaria; 4. NOME aveva effettivamente corrisposto il prezzo del suo acquisto (€ 400.000,00), attraverso un documentato, oneroso e prolungato indebitamento bancario, incompatibile con un quadro semplicemente distrattivo; 5. il padre, infine, pur dopo la vendita, ha conservato un ‘ adeguata garanzia patrimoniale, restando proprietario della metà di un immobile alberghiero, di sicuro valore e posto inoltre a reddito, consentendo in tal modo ad una persona di media diligenza di escludere un potenziale pregiudizio nei confronti dei suoi creditori.
2.1. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.2. I ricorrenti, in effetti, pur lamentando la violazione di norme di legge sostanziale e processuale, hanno censurato la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi hanno, in sostanza, ritenuto che: – l ‘ atto con il quale in data 14/11/2013 NOME COGNOME si è spogliato dell ‘ immobile, con valore ivi quantificato di €. 742.857,14, aveva ‘ reso assai più difficoltosa ed incerta la riscossione coattiva dei crediti ammessi al passivo fallimentare, tra i quali quelli maturati nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE dai suoi ex dipendenti ‘, ammontanti ad €. 28.092,19 e già sorti al momento della sua stipulazione; -‘ il … patrimonio residuo ‘ del debitore non era risultato ‘tale da autorizzare a ritenere che l ‘ atto medesimo non ‘ aveva ‘in concreto pregiudicato in modo rilevante le ragioni dei creditori ‘ posto che, ‘ al momento della stipula ‘, il venditore era rimasto ‘ titolare della quota indivisa del 50% di un altro immobile in Venezia, sul quale peraltro risulta iscritta ipoteca a garanzia di un mutuo fondiario, da cui scaturisce un credito della banca mutuante superiore ad oltre €. 1.100.000,00, ammesso in via privilegiata al passivo del fallimento di NOME COGNOME -il venditore era ‘ a conoscenza dei debiti che la società, di cui era socio accomandante e nella cui gestione si era intromesso, aveva verso i propri ex dipendenti, nonché della situazione di insolvenza della società stessa, che condusse a distanza di soli otto mesi dal compimento dell ‘ atto dispositivo, alla dichiarazione del suo fallimento ‘ ; – l ‘ acquirente era a conoscenza ‘d ella dolosa preordinazione dell ‘ alienazione ad opera del padre rispetto ai creditori attuali e/o futuri ‘ , come poteva desumersi ‘ non solo dallo stretto vincolo di parentela esistente tra i contraenti, ma anche dal fatto che NOME ha continuato a risiedere insieme al figlio ed alla moglie, anche dopo la stipulazione del
contratto, presso l ‘ immobile trasferito a questi ultimi e dallo stretto lasso di tempo intercorso tra l ‘ alienazione del bene ed il fallimento della societa ‘; -il fatto che ‘ il disponente abbia costituito a favore della moglie il diritto di abitazione a titolo gratuito, … rende ‘, infine, ‘ l ‘ atto in questione configurabile in parte qua come una donazione, la quale non appare avere altra finalità che quella di sottrarre il bene all ‘ azione esecutiva dei creditori, finalità di cui non poteva non essere a conoscenza anche il figlio ‘.
2.3. Si tratta però , com’è evidente, di un apprezzamento in fatto che, come tale, è suscettibile di essere sindacato in cassazione esclusivamente per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere il giudice di merito, in sede di accertamento della fattispecie concreta: – a) omesso del tutto l’ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta; b) supposto l’esistenza di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui verità risulti per contro incontrastabilmente esclusa dal testo della stessa sentenza o dagli atti processuali, sempre che siano stati controversi tra le parti ed abbiano avuto, nei termini esposti, carattere decisivo (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14), nel senso che, ove esclusi, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente
a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta.
2.4. Di contro resta fermo che: l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (e cioè, nel caso in esame, l’effettiva sussistenza di un collegamento teleologico tra le operazioni di cessione degli immobili in favore della società istante e il contratto di locazione stipulato tra quest’ultima e la società in amministrazione straordinaria), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; – è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che (come nei casi nella ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘, nella ” motivazione apparente ‘, nel ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e nella ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘) si sia tramutata in una violazione di legge costituzionalmente rilevante, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.5. Nel caso concreto si è dinanzi a un apprezzamento che i ricorrenti non hanno utilmente censurato nell ‘ unico modo possibile (vale a dire a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c.) con la precisa esposizione in ricorso (come imposto da ll’ art. 366 n. 6 c.p.c.) dei fatti storici, principali o secondari, controversi tra le parti, la cui esistenza, (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come parimenti esposto in ricorso) dal testo della sentenza stessa o (più probabilmente) dagli atti del processo, dei quali, però, la corte d ‘ appello abbia del tutto omesso l ‘ esame nonostante il loro carattere decisivo, nel senso che, ove percepiti (o, rispettivamente, esclusi), avrebbero
senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da escludere il fondamento materiale della domanda proposta dal Fallimento.
2.6. In particolare il fatto che la corte d ‘ appello non avrebbe esaminato, e cioè che il venditore era rimasto titolare della quota, pari alla metà, di un immobile che, in quanto ‘… composto di cinque unità edilizie in Venezia unitariamente adibite ad albergo ‘ e posto a reddito, p oteva non solo garantire il rimborso del mutuo ipotecario ma anche consentire un ampio soddisfacimento di ulteriori eventuali creditori di uno dei comproprietari, non risulta illustrato dai ricorrenti con la dovuta specificità.
2.7. L ‘ art. 360 n. 5 c.p.c. ha, evidentemente, imposto al ricorrente, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c., non solo di indicare il ‘ fatto storico ‘, il cui esame sia stato omesso, ma anche il ‘ dato ‘, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘ come ‘ e il ‘ quando ‘ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, nonche, infine, la sua ‘ decisività ‘ (Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.8. I ricorrenti, invece, pur deducendo l ‘ omesso esame da parte della corte d ‘ appello del fatto storico prima indicato, vale a dire, in sostanza, la capienza del patrimonio residuo del debitore, non hanno chiarito in alcun modo l ‘ effettiva decisività di tale (presunta) emergenza, non avendo, in particolare, precisato la ragione per cui la quota pari alla metà di un immobile in Venezia, della quale il venditore poi fallito era rimasto titolare, in quanto ‘… composto di cinque unità edilizie in Venezia unitariamente adibite ad albergo ‘ e posto a reddito, poteva, come gli stessi hanno dedotto, non solo garantire il rimborso del mutuo garantito dall ‘ ipoteca iscritta sullo stesso
immobile (ed ammessa, in collocazione privilegiata, allo stato passivo del fallimento del venditore) ma anche consentire (con il residuo) il completo soddisfacimento degli ulteriori creditori di uno dei comproprietari.
2.9. D’altra parte, è noto che: – l ‘ art. 66 l.fall., lì dove compie un rinvio alla norme civilistiche in materia di azione revocatoria, attesta la natura derivata dell ‘ azione proposta dal curatore ai sensi della richiamata norma, la quale, pur nella peculiarità del suo esercizio nell ‘ ambito di una procedura concorsuale, rimane retta dai requisiti sostanziali previsti dal disposto dell ‘ art. 2901 c.c.; – l ‘ esercizio dell ‘ azione pauliana ad opera del curatore del fallimento comporta, dunque, una deviazione dallo schema comune unicamente quanto a effetti, legittimazione e competenza, in ragione del contesto concorsuale da cui trae origine, ma non modifica i presupposti a cui è correlato l ‘ accoglimento dell ‘ azione e la sua natura di mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale (Cass. n. 36033 del 2021); – il curatore che domandi, a norma dell ‘ art. 66 l.fall., la revoca di un atto (a titolo oneroso) compiuto dal debitore poi fallito deve, pertanto, dimostrare in giudizio, a norma dell ‘ art. 2901, comma 1°, c.c., il pregiudizio alle ‘ ragioni ‘ dei creditori, vale a dire alle pretese vantate da uno o più creditori nei confronti dell ‘ autore, poi fallito, dell ‘ atto dispositivo; – tale pregiudizio, in particolare, si verifica tutte le volte in cui, a seguito del compimento dell ‘ atto dispositivo da parte del debitore, il patrimonio di quest ‘ ultimo sia diventato, sul piano quantitativo o qualitativo, tale da rendere impossibile (ovvero più incerta o difficile) l ‘ integrale soddisfazione dei diritti di credito, in quel momento già esistenti, vantati nei confronti dello stesso (anche se si tratta, come precisa l ‘ art. 2901, comma 1°, c.c., di crediti non esigibili perché sottoposti a termine non
ancora scaduto ovvero a condizione non ancora verificatasi) e che, come tali, in quanto insoddisfatti, sono stati poi ammessi al passivo del fallimento del debitore che ne è stato l ‘ autore (cfr. Cass. n. 26331 del 2008; Cass. n. 19515 del 2019; Cass. n. 524 del 2023, in motiv.; Cass. n. 7201 del 2024); – se, poi, si tratta (come nel caso in esame è rimasto incontestato) di un atto di disposizione compiuto prima dell ‘ insorgere del credito, il curatore deve dimostrare anche la sussistenza della ‘ dolosa preordinazione ‘ richiesta dall’ art. 2901, comma 1°, n. 1, c.c., per la quale, tuttavia, ‘non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l ‘ atto arreca alle ragioni dei creditori (cd. dolo generico )’, essendo, per contro, ‘necessario che l’ atto sia stato da lui compiuto in funzione del sorgere dell ‘ obbligazione, al fine d ‘ impedire o rendere più difficile l ‘ azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (cd. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell ‘ intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro’ (Cass. SU n. 1898 del 2025)
2.10. A tali principi si è, con ogni evidenza, attenuta la sentenza impugnata.
2.11. La corte d ‘ appello, infatti, dopo aver accertato, in fatto, che: – l ‘atto impugnato aveva ‘ reso assai più difficoltosa ed incerta la riscossione coattiva dei crediti ammessi al passivo fallimentare’ ; -‘ il … patrimonio residuo ‘ del debitore non era, infatti, risultato ‘tale’ da escludere che l ‘ atto in questione avesse ‘in concreto pregiudicato … le ragioni dei creditori ‘; – il venditore e l ‘ acquirente erano consapevoli ‘della dolosa preordinazione dell ‘alienazione … rispetto ai creditori attuali e/o futuri ‘, nello stesso modo in cui la costituzione, a titolo di gratuito, del ‘ diritto
di abitazione ‘ in favore della moglie del disponente poi fallito ‘ non appare avere altra finalità che quella di sottrarre il bene all ‘ azione esecutiva dei creditori ‘ ; ha, sul fondamento dei fatti così accertati, correttamente ritenuto, in diritto, che l ‘ atto impugnato dal curatore era, come tale, suscettibile di revoca a norma degli artt. 66 l.fall. e 2901 c.c..
Il ricorso è, dunque, inammissibile: e come tale dev ‘ essere dichiarato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte così provvede: dichiara l ‘ inammissibilità del ricorso; condanna i ricorrenti a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio, che liquida in €. 10.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima