Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17496 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17496 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4190/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME in proprio e quale procuratore generale di NOME COGNOME e COGNOME rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE e, per essa, RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte d’ appello di Roma n. 7661/2023, pubblicata in data 28 novembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo che venisse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., nei suoi confronti, dell’atto di compravendita del 29 ottobre 2008 con il quale il primo convenuto aveva trasferito in capo ai genitori la nuda proprietà di un immobile.
Deduceva, a fondamento della domanda, che: -in data 20 febbraio 2008 RAGIONE_SOCIALE, di proprietà per il 20 per cento di NOME COGNOME e per l’80 per cento di NOME COGNOME rispettivamente procuratore ed amministratore unico della società, aveva sottoscritto con l’istituto di credito contratto di conto corrente; -in data 26 febbraio 2008 il procuratore e l’amministratore avevano rilasciato fideiussione per tutte le obbligazioni che la RAGIONE_SOCIALE aveva assunto nei confronti di RAGIONE_SOCIALE; -in data 16 aprile 2010, a causa dell’ingente esposizione debitoria , aveva invano invitato la debitrice principale ed i fideiussori al pagamento integrale degli importi risultanti dal saldo negativo sui conti intestati alla società.
Il Tribunale adito, nel contraddittorio con i convenuti, i quali eccepivano l’assenza di conoscenza della esposizione debitoria della
RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda.
L a Corte d’appello di Roma , pronunciando sul gravame proposto dai soccombenti, ha confermato la sentenza di primo grado, ritenendo integrati tutti i presupposti richiesti dall’art. 2901 cod. civ.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per la cassazione della suddetta sentenza, con tre motivi, cui resiste RAGIONE_SOCIALE
Formulata proposta di definizione accelerata ex art. 380bis cod. proc. civ., i ricorrenti hanno depositato istanza di decisione.
Il ricorso è stato, quindi, avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano ‹‹ error in iudicando ed in procedendo per violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 115 c.p.c., 116 c.p.c., 2727 e 2729 c.c. e 2901 c.c., con riferimento all’art. 360 n. 3 e n. 5 c.p.c. Illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio -omesso esame di fatti decisivi ›› , per avere la Corte d’appello ritenuto sussistente il requisito soggettivo in capo al debitore ed ai terzi sulla base di mere presunzioni, senza che le stesse fossero fondate su fatti ed elementi che potessero considerarsi gravi, precisi e concordanti.
Lamentano, in particolare, che i giudici d’appello avrebbero presunto che NOME COGNOME, in quanto socio ed amministratore della società debitrice principale fino al 23 ottobre 2008, sapesse o dovesse sapere degli affari della RAGIONE_SOCIALE, senza tenere conto che il fideiussore aveva svolto solo formalmente il ruolo di mero legale rappresentante, essendo la gestione della società affidata in via esclusiva all’altro socio, NOME COGNOME che era stato, peraltro, unico interlocutore dell’istituto bancario e che era l’unico a conoscere
l’entità della esposizione debitoria della società gestita; aggiungono che il fideiussore neppure aveva mai ricevuto, sino al momento della stipula dell’atto dispositivo, una comunicazione dalla Banca sulla crescente esposizione debitoria di RAGIONE_SOCIALEr.lRAGIONE_SOCIALE, dato che la prima comunicazione risaliva al 16 aprile 2010, e che l’amministrazione e la tenuta dei conti veniva seguita in via esclusiva dal socio NOME COGNOME tramite personale di sua stretta fiducia, anche curando personalmente i rapporti con i vari istituti di credito.
Con il secondo motivo si denuncia ‹‹ error in iudicando ed in procedendo per violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 115 c.p.c., 116 c.p.c., 2727 e 2729 c.c. e 2901 c.c. con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.›› .
I ricorrenti impugnano la sentenza nella parte in cui la Corte d’appello ha ritenuto che fosse da ritenersi comprovat a, sulla base di presunzioni semplici, la sussistenza del requisito della consapevolezza, da parte dei terzi, dell’asserito pregiudizio causato all’istituto di credito con l’atto di compravendita impugnato; deducono, al riguardo, che non può valere ai fini presuntivi il mero rapporto di parentela senza che lo stesso sia accompagnato da altri elementi che denotino la fittizietà del negozio giuridico, posto che il prezzo della compravendita corrispondeva al reale valore della nuda proprietà dell’immobile ed era stato regolarmente corrisposto dagli acquirenti.
Il primo ed il secondo motivo, che possono essere congiuntamente scrutinati perché strettamente connessi, sono inammissibili.
3.1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, come nella specie, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del
pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore. La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato (Cass., sez. 6 -3, 18/06/2019, n. 16221; Cass., sez. 3, 22/03/2016, n. 5618; Cass., sez. 3, 30/12/2014, n. 27546; Cass., sez. 3, 15/01/2024, n. 1558). Si è, altresì, precisato che la prova della partecipatio fraudis del terzo può essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Cass., sez. 3, 05/03/2009, n. 5359; Cass., sez. 3, 18/01/2019, n. 1286; Cass., sez. 6 – 3, 09/06/2020, n. 10928). Inoltre, o ve l’attribuzione patrimoniale si caratterizzi per i connotati dell’onerosità, ai fini dell’art. 2901 cod. civ., per l’ integrazione del fattore della scientia fraudis non si rende invero necessaria in capo al terzo acquirente la conoscenza specifica del debito facente carico all’alienante e delle sue caratteristiche (Cass., sez. 1, 23/03/2004, n. 5741; Cass., sez. 1, 25/10/2007, n. 22365; Cass., sez. 2, 03/05/2010, n. 10623).
3.2. Attenendosi strettamente a tali principi, la Corte territoriale ha, correttamente, posto in rilievo, con riguardo all’elemento soggettivo in capo al debitore, che NOME COGNOME non poteva non essere a conoscenza della esposizione debitoria contratta dalla debitrice principale RAGIONE_SOCIALE considerato che rivestiva la qualità di socio, era stato amministratore della stessa sino al 23 ottobre 2008 e procuratore almeno sino al 1° aprile 2011, elementi tutti dai quali ha desunto che al momento della stipula dell’atto dispositivo il ricorrente, che aveva peraltro prestato fideiussione a garanzia del conto corrente
acceso dalla società, fosse consapevole della situazione economica in cui versava la società e, in particolare, del debito verso la BNL s.p.a. e, di conseguenza, del pregiudizio che avrebbe arrecato alla creditrice, avendo disposto con l’atto di compravendita dell’unico bene immobile di sua proprietà, così azzerando la propria capacità patrimoniale.
Riferendosi, poi, all’elemento soggettivo in capo ai terzi acquirenti, i giudici d’appello hanno valorizzato il rapporto di parentela intercorrente tra il venditore e gli acquirenti, trattandosi di un legame così stretto (figlio e genitori) idoneo di per sé a far presumere che i genitori fossero consapevoli della attività imprenditoriale svolta dal figlio e della situazione debitoria in cui versava la società di cui era socio. A tanto deve aggiungersi che il versamento del corrispettivo della compravendita è avvenuto a tre mesi di distanza dalla stipulazione dell’atto, circostanza che mal si concilia con la asserita necessità di pronta liquidità.
3.3. Le critiche che i ricorrenti rivolgono alla sentenza con i motivi in esa me, sotto l’apparente deduzione di vizi di violazione di legge, sono, nella sostanza, volte a sollecitare un diverso apprezzamento in fatto, anche laddove si lamenta che il ragionamento svolto dai giudici di merito non sia sorretto da presunzioni connotate dai requisiti della gravità, precisione e concordanza. Sul punto, non può non sottolinearsi che i ricorrenti non formulano, con riferimento alle norme sulle presunzioni, censure in iure nei termini chiariti nella motivazione della sentenza delle Sezioni Unite n. 1785 del 2018.
In ogni caso, in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare, costituisce attività
riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., sez. 1, 25/09/2023, n. 27266).
3.4. Le censure non colgono nel segno neppure con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., perché le doglianze non risultano formulate nei termini precisati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 20867 del 2020.
3.5. Del pari de ve escludersi il vizio di ‘illogicità o contraddittorietà del ragionamento decisorio’, pure fatto valere, che ricorre solo quando le ragioni poste a fondamento della decisione risultino tra loro incompatibili e sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione adottata (Cass., sez. 3, 09/02/2004, n. 2427; Cass., sez. L, 17/08/2020, n. 17196); seppure con motivazione sintetica, nella specie, la impugnata sentenza illustra chiaramente il percorso logico e giuridico che l’ha condotta al rigetto dell’appello, senza incorrere in contrasti o in vizi logici.
3.6. Allo stesso modo va escluso anche il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., pure dedotto con il primo ed il secondo motivo, perché la censura non è stata prospettata nei termini in cui tale vizio è deducibile (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., sez. 3, 10/06/2016, n. 11892; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la ‹‹ nullità della sentenza impugnata per omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione delle prove testimoniali, con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c. -violazione degli artt. 24 e 111 Cost., artt. 112, 115 e 116 c.p.c. ›› ; sostengono che le richieste istruttorie formulate, ritrascritte in ricorso, hanno valore decisivo, perché sono finalizzate a provare la effettiva ignoranza da parte di NOME COGNOME circa l’andamento
aziendale della RAGIONE_SOCIALE
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. Come rilevato nella proposta di definizione accelerata, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui essa abbia determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa ovvero non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass., sez. 6 -1, 07/03/2017, n. 5654; Cass., sez. 1, 01/08/2023, n. 23473).
Tali condizioni non ricorrono nel caso in esame, dal momento che i ricorrenti omettono di indicare le ragioni per cui l’eventuale assunzione delle prove richieste avrebbe potuto certamente invalidare le altre risultanze istruttorie che sorreggono il decisum .
5 . All’inammissibilità dei motivi segue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somme, liquidate come in dispositivo in favore rispettivamente della controricorrente e della Cassa delle ammende, ex art. 96, 3° e 4° co., cod. proc. civ., ricorrendone i rispettivi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 11.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge; della somma di euro
11.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° co., c.p.c.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione