Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1243 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1243 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8538/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE
-Ricorrente –
Contro
CLINICA RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CF: CODICE_FISCALE, che li rappresenta e difende
-Controricorrenti e ricorrenti incidentali –
e contro
NOME COGNOME
-Intimata – avverso la SENTENZA della CORTE di APPELLO di CAGLIARI, SEZ. DISTACCATA di SASSARI n. 571/2019 del depositata il 20/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/05/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Sassari NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di ottenere la revocatoria dell’atto di compravendita dell’immobile, di proprietà della COGNOME, sito in Valledoria, INDIRIZZO distinto in Catasto al fg. 29, mapp. 337, sub. 1, stipulato il 30/12/2015, a rogito Notaio NOME COGNOME di Sorso, Rep. 17992/13949, trascritto il 18/1/2016, venduto alla figlia NOME COGNOME.
In particolare, l’attrice sostenne che l’atto dispositivo aveva compromesso la garanzia patrimoniale che assisteva il debito contratto da NOME COGNOME – del quale la COGNOME, era divenuta unica erede a seguito della rinuncia all’eredità del fratello da parte di NOME COGNOME in forza de ll’accettazione del preventivo, del 10/4/2015, relativo al corrispettivo per prestazioni sanitarie rese, durante il suo ricovero, dalla Clinica Villalba, ove era deceduto, dalla società RAGIONE_SOCIALE e dai medici, NOME COGNOME e NOME COGNOME per un importo pari ad euro 47.524,45.
L’attrice affermò altresì che dell’esistenza del debito le eredi erano consapevoli, stanti i diversi solleciti di pagamento inoltratile dalla Clinica, con comunicazioni del 20/7/2015, per l’importo di euro 23.755,45, dell’11/6/2016 per l’ulteriore importo di euro 20.769,00, con raccomandata a/r del 10/11/2015 e per avere, la Mossa, emesso cinque assegni bancari, tratti sul conto corrente del figlio, di cui rispettivamente due in favore della Clinica e tre in favore dei medici e della IPNOS, nessuno dei quali era andato a buon fine a causa del venire meno della operatività della delega, in suo favore, dopo il decesso del figlio.
In virtù di tali titoli, inoltre, la Clinica ottenne tre decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi, emessi dal Giudice di pace di Bologna e la Ipnos un autonomo decreto ingiuntivo, nei confronti della sola Mossa.
A seguito dell’opposizione proposta dalla COGNOME emerse che la stessa aveva contestualmente dismesso tutto il suo patrimonio immobiliare, mediante diversi atti di cessione, oltre alla compravendita dell’immobile oggetto della presente controversia, con ciò pregiudicando la garanzia che assisteva il credito.
Delle intimate si costituì tardivamente, dopo alla celebrazione della prima udienza di trattazione del 15/12/2016, NOME COGNOME che chiese il rigetto della domanda revocatoria, affermando che l’atto dispositivo in questione costituiva adempimento del debito maturato nei confronti di NOME COGNOME riconosciuto dal fratello NOME, nei confronti della sorella NOME, con scrittura privata del 30/4/2015, con la quale si impegnò a trasferire la proprietà dell’immobile alla sorella, relativo all’acconto versato da NOME COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni sanitarie rese in favore del fratello.
Nel giudizio intervennero anche i due medici NOME COGNOME e NOME COGNOME e la società RAGIONE_SOCIALE, adducendo argomentazioni sovrapponibili a quelle della Clinica e chiedendo l’accoglimento della domanda revocatoria.
Con sentenza n. 10/2019 il Tribunale di Sassari, accertata la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria, accolse la domanda attorea.
Avverso la sentenza di primo grado propose appello NOME COGNOME Si costituirono la Clinica Privata Villalba, la Ipnos, NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre NOME COGNOME rimase contumace.
Con sentenza n. 571/2019, depositata in data 20/12/2019, oggetto di ricorso, la Corte di Appello di Sassari ha rigettato il gravame e,
per l’effetto, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti degli appellati.
A fondamento della decisione la Corte territoriale ha evidenziato la mancanza, nella scrittura privata, di una data certa e della causa dell’estinzione del debito, nonché la sproporzione del prezzo della cessione rispetto al valore dell’immobile, concludendo che ‘ In ogni caso, l’adempimento dell’obbligazione a restituire il tantundem mediante la cessione di un bene immobile è seguito mediante una datio in solutum, cui non si applica l’esenzione prevista dall’art. 2901 c. 3 c.c. ‘.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui la RAGIONE_SOCIALE, la società RAGIONE_SOCIALE e i medici NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono, con congiunto controricorso nel quale svolgono ricorso incidentale condizionato. E’ rimasta invece intimata la COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod. proc. civ.
Sia parte ricorrente che parte controricorrente hanno depositato memoria.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero presso la Corte.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3, cod. proc. civ. , ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1183 -1321 -1351-1387 -1388 -2697 -2704 e 2901 c.c. e 115 -215 c.p.c. con riferimento all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. ‘, per avere errato la Corte territoriale nel ritenere, da un lato, assolto l’onere probatorio in esito alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria, ex art. 2901 cod. civ . e, dall’altro lato, nel ritenere
inesistente un contratto preliminare, tra i fratelli COGNOME relativo alla promessa di trasferimento dell’immobile di proprietà, originariamente, del defunto NOME COGNOME nonostante la documentazione e la scrittura privata prodotti in atti.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, 1° co, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., ‘Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 1183-1987-1988 c.c., 115215 c.p.c., in relazione all’art ., 360 n. 3 c.p.c. e violazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 n. 4 c.p.c, per aver la Corte Territoriale, rispettivamente, in violazione agli artt. 1183-1987-1988-2932 c.c., 115-215 c.p.c., ritenuto la scrittura privata in data 30 aprile 2015 (sopra indicata – Doc. 5 citato) dichiarazione unilaterale, contenente semplice promessa di pagamento non avente valore di autonoma fonte di obbligazione, con conseguente diritto di COGNOME NOME di richiedere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c. e, in violazione dell’art 112 c.p.c., per aver qualificato la scrittura privata (Doc. 5 citato) semplice dichiarazione unilaterale in assenza di domanda alcuna delle controparti e/o appello incidentale da parte delle stesse’.
Con un unico motivo di ricorso incidentale condizionato i controricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co, n. 3, cod. proc. civ. ‘ Violazione del combinato disposto degli art. 167, 171, 2° comma, 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. ‘ , per avere la Corte territoriale preso in considerazione, motivandone il rigetto, una eccezione di merito non rilevabile d’ufficio proposta tardivamente dalla Mossa, costituitasi oltre i termini di cui all’art. 166 cod. proc. civ. nel giudizio di primo grado, allorquando erano già maturate le decadenze di cui agli artt. 167171, 2° comma, cod. proc. civ.
Sul primo motivo del ricorso principale si rileva quanto segue. Il primo motivo presenta un primo profilo di inammissibilità, che si
ravvisa nella circostanza che svolge considerazioni fondate su una serie di risultanze di documenti e di atti processuali, nonché anche su circostanze di fatto, senza rispettare l’art. 366, 1° comma, n. 6, c.p.c., atteso che si omette sia di riprodurre direttamente il contenuto oggetto dell’argomentazione basata sul documento o sull’atto, sia di riprodurlo indirettamente, in questo secondo caso precisando la parte del documento o dell’atto nella quale troverebbe corrispondenza l’indiretta riproduzione, e si fa generico rinvio a tali documenti e a tali atti. Ciò, in manifesta violazione del precetto di cui all’art. 366, 1° comma, n. 6, c.p.c. ( ex multis e da ultimo, Cass., Sez. Un., n. 8950 del 2022; Cass., Sez. Un., n. 34469 del 2019; e vedi già Cass. (ord.) n. 22303 del 2008; adde Cass., Sez. Un., n. 28547 del 2008 e 7161 del 2010, le quali, oltre all’onere di localizzazione, sottolinearono l’onere di specifica indicazione, alludendo appunto all’onere riproduttivo). Quanto alla risultanze fattuali, nemmeno si individua se e dove fossero emerse nel giudizio di merito.
4.1 In ogni caso, il motivo è inammissibile, in quanto nella sua illustrazione procede ad una serie di apprezzamenti sul significato di detti documenti ed atti senza svolgere considerazioni che spieghino perché la congerie di norme di cui si denuncia la violazione e falsa applicazione sarebbero state violate. Lo svolgimento di tale denuncia avrebbe richiesto: a) sotto il profilo della violazione, l’indicazione, nella motivazione della Corte territoriale, di quali elementi di ciascuna delle disposizioni indicate sarebbero stati mal ricostruiti oppure la spiegazione di come ciascuna di tali norme, in quanto somministrante attraverso gli elementi con cui è enunciata una fattispecie astratta, sarebbe rimasta inosservata per avere la corte territoriale mal individuato detta fattispecie; b) sotto il profilo della falsa applicazione, la spiegazione del perché la fattispecie concreta per come ricostruita
da quella corte sarebbe stata mal sussunta sotto ciascuna delle norme evocate.
Invece, come si è detto, l’illustrazione si caratterizza per la mera proposizione, ripetesi senza rispettare l’onere di cui al citato n. 6 dell’art. 366, di un diverso apprezzamento dei documenti e degli atti evocati.
4.2 Inoltre, neppure astrattamente ipotizzabile è la denunciata violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. -norma che sancisce il principio secondo cui il giudice decide ‘ iuxta alligata et probata partium ‘ -, giacché essa ‘ può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli ‘ ( ex multis , Cass., Sez. III, sent. 10/6/2016, n. 11892; Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020).
4.3 Esula, pertanto, dal vizio denunciato la censura con la quale si addebiti al giudice di merito di avere errato nella complessiva valutazione delle risultanze processuali, poiché in tal caso la norma che viene in rilievo è l’art. 116 cod. proc. civ.
4.4 In relazione all’art. 116 cod. proc. civ., secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, per dedurre la violazione del paradigma dell’ art. 116 cod. proc. civ., va considerato che ‘ poiché l’ art. 116 cod. proc. civ., prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi dell’ art. 360 cod. proc. civ., n. 4, è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e
diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); (b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi) ‘ (Cass., Sez. 6-3, ord. 4/07/2017, n. 16467; Cass., Sez. III, 10/6/2016, n. 11892; Cass., Sez. lav., 12/10/2018, n. 25543; Cass., n. 13960/2014; Cass., n. 20119/2009; Cass., n. 26965/2007; Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34474; ma soprattutto Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020, già citata, e Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34474, sebbene non massimata sul punto).
4.5 Nella specie, invece, la ricorrente, lungi dall’individuare uno o più fatti specifici si limita a denunciare che la Corte avrebbe erroneamente valutato le emergenze processuali, sicché la critica si risolve in realtà in un diverso apprezzamento della ricostruzione della quaestio facti , e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa quaestio , e ci si pone su un terreno che non è quello del n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., ma è quello che sollecita un controllo sulla motivazione del giudice relativa alla ricostruzione della quaestio facti .
4.6 Come ribadito di recente da Cass, Sez. II, 8/3/2022, n. 7523: ‘ Compito della Corte di Cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i
limiti del ragionevole e del plausibile ‘.
4.7 La violazione dell’art. 215 c.p.c. non risulta nemmeno argomentata, mentre quella dell’art. 2697 c.c. è dedotta, per le ragioni indicate a proposito del paradigma dell’art. 116 c.p.c., senza rispettare i criteri indicati, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto, da Cass., Sez. Un., n. 16598 del 2916 e ribaditi, ex multis , da Cass. n. 26769 del 2018.
4.8 Alle rilevate e decisive plurime ragioni di inammissibilità, merita aggiungere -ad abundantiam – che la motivazione della sentenza impugnata la sentenza ha comunque deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte. La sentenza gravata ha escluso l’applicabilità dell’art. 2901, 3° comma, cod. civ. (pagamento di debito scaduto), eccepita dalla Mossa, ritenendo la fattispecie qualificabile quale prestazione in luogo dell’adempimento ( datio in solutum ), come si legge a p. 3, rigo 21 ss. della motivazione: ‘ in ogni caso, l’adempimento dell’obbligazione a restituire il tantundem mediante la cessione di un bene immobile è seguito mediante una datio in solutum, cui non si applica l’esenzione prevista dall’art. 2901 c. 3 c.c .’.
4.9 Tale motivazione risulta conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità, in base alla quale « La ‘datio in solutum’ (nella specie attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto), costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbligazione ed è quindi assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore ex art. 66 l. fall., sottraendosi all’inefficacia ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c. solo l’adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto discrezionale, dunque non dovuto, come la predetta cessione, in cui l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto » (così Cass. Sez. 6-1, ord. 14/11/2017, n. 26927, e ancora più specificamente Cass., sez. 6-3,
ord. 06/10/2020, n. 21358: « È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria del trasferimento di immobile, effettuato da un genitore in favore della prole in ottemperanza ai patti assunti in sede di separazione consensuale omologata, poiché esso trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene “dovuto” solo in conseguenza dell’impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicché l’accordo separativo costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901, comma 3, c.c .». Conforme in precedenza Cass., sez. III, sent. 22/01/2015, n. 1144).
4.10 Quanto alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria, la motivazione della Corte territoriale, oltre ad essere incensurabile in sede di legittimità per come -giusta quanto in precedenza osservato -la censura la ricorrente, risulta congrua e fondata. Si legge infatti a p. 2, rigo 28 ss. della motivazione ‘ E’ pacifico che COGNOME NOME avesse usufruito della prestazione sanitaria allegata dalla clinica attrice e dai soggetti intervenuti in primo grado. È altresì pacifico che il medesimo non avesse adempiuto all’obbligazione del pagamento integrale del relativo corrispettivo, del quale non veniva contestata l’entità né l’importo dell’acconti versato. Ne consegue che il credito a tutela del quale era esperita l’azione revocatoria era venuto ad esistenza con l’accettazione del preventivo, risalente al 10/4/2015, e che l’atto dispositivo stipulato in data 30/12/2015 è successivo alla costituzione del diritto in capo ai sanitari di ricevere la controprestazione in denaro. Correttamente, dunque, il Tribunale applicava il disposto dell’art. 2901 c.c. nella parte in cui richiede, oltre l’eventus danni, la mera consapevolezza del debitore e del terzo acquirente di nuocere alle ragioni creditorie, avuto riguardo al momento del sorgere dell’obbligazione di pagamento e non alla data di emissione dei decreto ingiuntivi richiesti per ottenere l’adempimento, le cui
vicende processuali rimangono irrilevanti nella causa di revocatoria ‘.
4.11 Tale motivazione è conforme alla giurisprudenza di legittimità, la quale ritiene che la qualità di creditore vada intesa in senso ampio, estendendo l’esperibilità dell’azione revocatoria a tutela di una ragione di credito anche eventuale, non assumendo rilevanza i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità dello stesso.
4.12 In particolare, già Cass., Sez. Un. n. 9440/2004 ha affermato che, risultando allegato « quale titolo di legittimazione e fatto costitutivo della fondatezza della domanda revocatoria il ‘credito eventuale’, in veste di ‘credito litigioso’, la sussistenza (ed insieme la dimostrazione) di questo è data proprio dalla pendenza del giudizio di accertamento del credito, del quale non è quindi necessario attendere la definizione prima di pronunciare sulla domanda di revocatoria ».
4.13 Successivamente si v. Cass., Sez. III, sent. 22/03/2016, n. 5619 ‘ L’art. 2901 c.c. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicché anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore ‘ (conformi Cass. Sez. III, sent. 15/11/2016, n. 23208; Cass., Sez. III, ord. 24/01/2020, n. 1593; Cass., Sez. III, sent. 09/02/2012, n. 1893).
Sul secondo motivo del ricorso principale si rileva quanto segue. Con il riferimento all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., il motivo prospetta una nullità della sentenza di appello, per avere ritenuto la scrittura privata in data 30/4/2015 dichiarazione unilaterale,
contenente semplice promessa di pagamento e non avente valore di autonoma fonte di obbligazione. Al riguardo va osservato quanto segue.
5.1 L’obbligo di motivazione è ottemperato mediante l’indicazione delle ragioni della sua decisione, mentre non è necessario che il giudice confuti espressamente tutti gli argomenti portati dalla parte interessata (Cass. n. 12123/2013; Cass. n. 8767/2011).
5.2 Infatti, ‘ Integra motivazione insanabilmente contraddittoria, ovvero apparente per impossibilità di ricavare la logicità del ragionamento inferenziale del giudice, (solo) quella che affermi la sussistenza di un presupposto per l’applicazione di una norma, poi negandola immotivatamente ‘ (così Cass. n. 4367/2018, enfasi aggiunta, n.d.r.).
5.3 Tale anomalia si esaurisce nella «’mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (così Cass., Sez. I, 24/4/2018, n. 10112; Cass., Sez. I, 8/9/2016, n. 17761; Cass., Sez. III, 21/9/2015, n. 18449. Il principio risale a Cass., Sez. Un. n. 8053 e 9032 del 2014, ed è costantemente applicato dalla giurisprudenza successiva: cfr. Cass., Sez. Un., 14/11/2014, n. 24282; Cass., Sez. Un., 20/10/2015, n. 21216; Cass., Sez. III, 17/5/2021, n. 13170). Anomalia questa che è riconducibile alla violazione dell’ art. 132, n. 4, cod. proc. civ.
5.4 Ne segue che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito, non essendo incasellabile né nel paradigma del n. 5, né in quello del n. 4 (per il tramite della deduzione della violazione dell’ art. 132 cod. proc. civ., n. 4, nei termini ora indicati), non trova di per sé alcun diretto
referente normativo nel catalogo dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione.
5.5 Il motivo in esame, in disparte l’assoluta assertorietà e genericità, impinge nelle stesse ragioni di inammissibilità del primo.
Il ricorso principale è conclusivamente dichiarato pertanto inammissibile, stante l’inammissibilità di entrambi i motivi su cui si fonda.
Il ricorso incidentale condizionato è assorbito dalla inammissibilità di cui al punto che precede.
8 Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale condizionato. Condanna la ricorrente principale al pagamento in favore delle resistenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 5.500,00, oltre agli esborsi, liquidati in euro 200,00, oltre al rimborso spese generali 15% e accessori di legge, in favore di ciascuno dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE, IPNOS, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/05/2023 nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile.
Il Presidente
NOME COGNOME