Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2018 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 2018  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31483/2020 R.G. proposto da:
NOME  COGNOME  rappresentato  e  difeso  dall’avvocato  NOME COGNOME  (CODICE_FISCALE)  e  domiciliato  ex  lege  in  ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, pec:
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE,  rappresentato  e  difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
pec:
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)  ed  elettivamente  domiciliata  in  INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
Pec:
-controricorrentenonchè contro RAGIONE_SOCIALE,  RAGIONE_SOCIALE,  COGNOME  NOME -intimatiavverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2535/2020 depositata il 29/09/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/10/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE allegando un credito nei confronti di NOME COGNOME, fideiussore della fallita RAGIONE_SOCIALE, convenne in giudizio lo stesso COGNOME e NOME COGNOME per sentir dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 c.c. di atti di compravendita con i quali il primo aveva ceduto alla seconda la nuda proprietà di immobili siti in Reggio Emilia prospettando, tra gli altri elementi, che il corrispettivo della vendita era costituito dall’accollo da parte della COGNOME di rate di mutuo gravanti sugli immobili. Nel giudizio svolse atto di intervento volontario altro creditore, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SpA
che chiese di dichiarare inefficaci gli atti dispositivi anche nei propri confronti;
il Tribunale di Reggio Emilia ritenne esistente il credito dell’attore e quello di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME, e ritenne che la cessione della nuda  proprietà, con  conservazione  del diritto di abitazione, determinasse pregiudizio alle ragioni creditorie;
il  Tribunale  adito  accolse  pertanto  le  domande  e  dichiarò l’inefficacia degli atti sia nei confronti dell’attore sia nei confronti della banca intervenuta;
a seguito di appello del COGNOME, che fece valere l’estinzione del proprio debito nei confronti di altri istituti bancari sicchè la corte del gravame avrebbe dovuto ritenere che i due creditori avessero tratto vantaggio e non pregiudizio dagli atti di cessione, e a seguito della costituzione degli appellati e di RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria del credito di RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza del 29/9/2020, ha rigettato l’appello ritenendo, per quanto ancora qui di inter esse, che l’azione pauliana proposta da creditori chirografari in presenza di ipoteche pregresse sul bene fosse da accogliere in quanto, in ragione dell’effetto di mera inefficacia dell’azione, la presenza di ipoteche sull’immobile trasferito con atto oggetto di revoca non esclude di per sé un pregiudizio per il creditore chirografario, posto che le iscrizioni ipotecarie possono subìre vicende modificative o estintive ad opera del debitore o di terzi. Peraltro la giurisprudenza ipotizza una prognosi futura sul rischio di riduzione della garanzia patrimoniale del creditore chirografario per ammettere l’ actio pauliana la cui incertezza, nel caso di specie, deponeva per l’accoglimento dell’azione;
avverso  la  sentenza  che,  rigettato  l’appello,  ha  disposto  la condanna dell’appellante alle spese in favore di tutte le parti appellate,
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
hanno resistito con distinti controricorsi lo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria in blocco dei crediti già in titolarità di RAGIONE_SOCIALE.
il  ricorso  è  stato  assegnato  per  la  trattazione  in  adunanza camerale sussistendo i presupposti di cui all’art. 380 bis c.p.c.
RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
Considerato che
con il primo motivo di ricorso -art. 360 n. 3 -violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c. il ricorrente assume che la sentenza ha omesso di considerare la presenza in giudizio di prove tali da escludere la volontà distrattiva dei debitori e da assicurare, piuttosto, attraverso l’estinzione della procedura esecutiva, la volontà di liberare i beni dai pesi su di essi gravanti come desumibile dalla documentazione pur tardivamente prodotta; la sentenza ha omesso di rilevare che la procedura esecutiva sui beni era estinta come dimostrato dalla rinuncia alla prosecuzione della esecuzione da parte della cessionaria del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE BCC RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la quale ritualmente costituendosi in giudizio, ha dichiarato di rinunciare agli atti del procedimento esecutivo; ad avviso del ricorrente sarebbe così venuto meno il presupposto dell’ eventus damni, in quanto ai sensi dell’art. 2901, 3° co. c.c. si esclude la revoca dell’adempimento di un debito scadut o ;
il motivo è infondato; la società RAGIONE_SOCIALE, quale creditore  ipotecario  ha  semplicemente  ceduto  il  credito  vantato  nei confronti  del  COGNOME  e  garantito  da  ipoteca,  alla  società  RAGIONE_SOCIALE la quale ha depositato un atto di rinuncia all’esecuzione;
l’aver rinunciato all’esecuzione è fatto però ben diverso d a un atto di quietanza, in quanto l’aver rinunciato all’esecuzione non equivale ad aver ricevuto il saldo del credito vantato; il debito nei confronti della cessionaria RAGIONE_SOCIALE è pertanto tutt’ora in essere come è in essere la garanzia ipotecaria che detto credito assisteva. Il COGNOME ha  soltanto  cambiato  creditore  ma  non  ha  estinto  nulla,  sicché sussistono i presupposti dell’ actio pauliana;
neppure sussiste alcuna violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. in quanto il ricorrente non osserva le condizioni poste dalla giurisprudenza di questa Corte per prospettare le relative censure;
infatti, secondo Cass., S.U. n. 20867 del 2020 ‘In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.’;
con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione degli artt. 92, 2° co. e 112 c.p.c. -il ricorrente lamenta che, avendo la sentenza impugnata errato circa la ricorrenza dei presupposti di cui all’art.  2901  c.c.,  anche  il  capo  relativo  all a  condanna  alle  spese  è destinato ad essere riformato;
il  motivo  è  inammissibile  perché  non  contiene  una  compiuta censura alla impugnata sentenza ma è qualificabile quale ‘non motivo’: il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione RAGIONE_SOCIALE ragioni per
le quali la decisione é erronea e si traduce in una apodittica critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione RAGIONE_SOCIALE quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo, che, nel giudizio di cassazione, risolvendosi in un “non motivo”, è sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (Cass., 3 n. 17330 del 31/8/2015; Cass., 1, n. 22478 del 24/9/2018);
alla infondatezza ed inammissibilità dei motivi consegue il rigetto del ricorso;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE  spese  del  giudizio  di  cassazione,  che  liquida  nella  complessiva somma di € 6 .200,00, di  cui  € 6.000,00  per  onorari,  oltra  a  spese generali  ed  accessori  come  per  legge,  in  favore  della  società  RAGIONE_SOCIALE;  nella complessiva somma di € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per onorari, oltra a spese generali ed accessori come per legge, in favore in favore dello RAGIONE_SOCIALE.
A i sensi dell’art. 13, co. 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così  deciso  in  Roma,  nella  Camera  di  Consiglio  della  Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, in data 5 ottobre 2023
Il Presidente NOME COGNOME