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Azione revocatoria: un solo indizio è prova sufficiente?

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di azione revocatoria intentata da una società finanziaria contro un garante che, prima del sorgere del debito, aveva trasferito un immobile a una società da lui amministrata. La Corte ha stabilito che la prova della dolosa preordinazione, necessaria in questi casi, può basarsi anche su un singolo indizio, purché grave e preciso. Il fatto che il garante fosse anche amministratore della società debitrice è stato ritenuto un indizio sufficiente a presumere l’intento di sottrarre il bene alla garanzia del futuro creditore, rigettando così il ricorso.

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Azione Revocatoria: La Malafede del Debitore Può Essere Provata da un Singolo Indizio

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale per la tutela del credito. Ma cosa accade se un debitore, astutamente, si spoglia dei propri beni prima ancora di contrarre il debito? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, chiarendo come la prova dell’intento fraudolento possa essere raggiunta anche attraverso un singolo, ma significativo, elemento. Analizziamo la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore commerciale ottiene in leasing tre autovetture di lusso da una nota società finanziaria attraverso tre contratti stipulati tra il 2014 e il 2016. A garanzia del pagamento dei canoni, interviene un fideiussore, che è anche l’amministratore della società utilizzatrice.

Nel 2014, due anni prima che la sua società smettesse di pagare i canoni di leasing, il garante aveva trasferito un proprio immobile di valore alla società stessa, a liberazione della sua quota di partecipazione.

Quando, nel 2016, la società diventa inadempiente, la finanziaria creditrice si trova di fronte a una situazione difficile: il patrimonio del garante, su cui faceva affidamento, era stato ridotto proprio da quell’atto di conferimento. Di conseguenza, la finanziaria avvia un’azione revocatoria per far dichiarare inefficace nei suoi confronti il trasferimento immobiliare.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accolgono la domanda della finanziaria, ritenendo che l’atto di disposizione fosse stato compiuto con l’intento preordinato di sottrarre il bene alla garanzia del futuro creditore.

L’azione revocatoria e la tesi dei ricorrenti

La società e il suo amministratore ricorrono in Cassazione, lamentando una violazione delle norme sulla prova e sulle presunzioni. La loro tesi è semplice: l’atto di disposizione (il conferimento dell’immobile) è del 2014, mentre il credito (derivante dal mancato pagamento dei canoni) è sorto solo nel 2016. In questi casi, per vincere l’azione revocatoria, il creditore deve provare la cosiddetta “dolosa preordinazione”, ossia la specifica volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del futuro creditore.

Secondo i ricorrenti, i giudici di merito avrebbero errato nel desumere tale intento fraudolento da un unico elemento: il fatto che il garante fosse anche l’amministratore della società. Questo dato, a loro dire, non sarebbe sufficiente a costituire un indizio “grave, preciso e concordante”, soprattutto perché la stessa finanziaria aveva continuato a concedere leasing fino al 2016, dimostrando di ritenere la società finanziariamente solida.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte rigetta il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sul funzionamento del ragionamento presuntivo. I giudici supremi affermano che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il ragionamento presuntivo può fondarsi anche su un solo indizio, a condizione che questo sia “grave e preciso”. Non è sempre necessaria una pluralità di elementi concordanti.

Nel caso specifico, la circostanza che il fideiussore fosse al contempo amministratore della società debitrice non è un dettaglio di poco conto, ma un indizio “grave e preciso”. La gravità deriva dal fatto che tale collegamento soggettivo rende altamente probabile che chi ha compiuto l’atto di disposizione (il garante) fosse pienamente consapevole della situazione finanziaria e delle future scelte gestionali della società (inclusa la decisione di non adempiere). In sostanza, è massima di esperienza che l’amministratore sia l’artefice delle scelte della società.

La Corte smonta anche l’argomento difensivo basato sulla fiducia accordata dalla finanziaria. Il fatto che un creditore continui a erogare credito può indicare la sua percezione della solidità economica del debitore, ma non dimostra affatto l’intenzione del debitore di adempiere. Un debitore, infatti, può decidere volontariamente di non pagare anche se dispone dei mezzi per farlo. L’intenzione di adempiere e la capacità economica sono due concetti distinti.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza la tutela dei creditori di fronte ad atti dispositivi preordinati a danneggiarli. Il principio chiave è che la prova della “dolosa preordinazione” nell’azione revocatoria può essere raggiunta anche attraverso un singolo indizio, quando questo abbia un’elevata capacità dimostrativa. La sovrapposizione di ruoli tra chi dispone del bene (il garante) e chi gestisce il soggetto debitore (l’amministratore) costituisce un elemento di tale forza probatoria da poter fondare, da solo, la presunzione dell’intento fraudolento. Questa pronuncia serve da monito: le operazioni volte a svuotare i patrimoni in previsione di futuri debiti possono essere efficacemente neutralizzate, anche quando l’intento fraudolento non è palese ma si desume da circostanze oggettive e soggettive precise.

Un creditore può agire in revocatoria per un atto compiuto dal debitore prima che il credito sorgesse?
Sì, può farlo, ma deve dimostrare la “dolosa preordinazione”, ovvero che l’atto dispositivo è stato compiuto con lo specifico intento di pregiudicare le ragioni del futuro creditore.

Per provare la “dolosa preordinazione” è sempre necessaria una pluralità di indizi?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche un singolo indizio può essere sufficiente a fondare la prova per presunzioni, a condizione che sia “grave e preciso”, ovvero dotato di un’alta capacità dimostrativa.

Il fatto che un garante sia anche amministratore della società debitrice è un indizio sufficiente a provare la sua malafede in un’azione revocatoria?
Sì, la sentenza afferma che questa coincidenza di ruoli è un indizio “grave e preciso”. Tale collegamento soggettivo fa presumere che il garante, nel disporre del proprio bene, fosse consapevole della situazione finanziaria della società e avesse preordinato l’atto a sottrarre il bene dalla garanzia del creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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