Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8542 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8542 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16339/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e DAL PORTO FRANCA, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-ricorrenti- contro
NOME RAGIONE_SOCIALE, già HYPO ALPE-ADRIA-BANK SPA, in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 596/2021, depositata il 15/03/2021, notificata tramite pec in data 14/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Verona, con la sentenza n. 1847/2019, accoglieva la domanda con cui RAGIONE_SOCIALE chiedeva che fosse dichiarato inefficace, ex art. 2901 cod.civ., l’atto costitutivo del fondo patrimoniale, stipulato in data 9 febbraio 2012, in cui NOME COGNOME e da NOME COGNOME avevano fatto confluire gli immobili di loro proprietà ubicati nel comune di Affi.
Nel successivo giudizio d’appello NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentavano che il Tribunale non avesse considerato la disponibilità patrimoniale del debitore principale, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di cui erano soci, stimata in euro 4.477.218,54, quindi, assolutamente soddisfacente a garantire il pagamento del credito della banca di euro 1.754.999,36 che avevano garantito come fideiussori.
La Corte d’appello, con la sentenza n. 596/2021, depositata il 15/03/2021, notificata tramite pec in data 14/04/2021, ha confermato la sentenza impugnata, rigettando il gravame.
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso detta sentenza, formulando un solo motivo.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
La controricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorrenti deducono la violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 cod.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La loro tesi è che la Corte d’appello, là dove ha escluso ogni rilevanza della capienza o meno di altri condebitori solidali, quale deve considerarsi anche il debitore principale, richiamando a conforto Cass. n. 8315/17, non abbia correttamente applicato proprio la giurisprudenza evocata, e non abbia tenuto conto che la società di cui erano soci aveva un’ampia disponibilità economica e che quindi il loro patrimonio residuo era di dimensioni tali da non esporre ad apprezzabile rischio il soddisfacimento delle pretese creditorie.
Ulteriore errore attribuito alla Corte d’appello è quello di aver trovato conferma della sussistenza dell’ eventus damni nell’inadempimento della transazione intercorsa con la banca, atteso che la vendita del compendio immobiliare non si era mai perfezionata.
Il motivo è infondato.
È sufficiente rilevare che la c orte d’appello ha deciso in conformità con la giurisprudenza di questa Corte (cfr., senza pretesa di esaustività, Cass. 21/11/1990, n. 11251; Cass. 28/11/1992; n. 12710; Cass. 31/03/2017, n. 8315; Cass. 11/11/2022, n. 33391) da cui non sono emerse ragioni che inducano a discostarsene.
Va, pertanto, ribadito che l’art. 2901 cod. civ. richiede che l’atto dispositivo revocando si traduca in una menomazione del patrimonio del disponente che pregiudichino la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo, mentre non esige, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliund e la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi. Pertanto, in ipotesi di solidarietà passiva, inclusa quella discendente da fideiussione senza beneficio di escussione, il suddetto eventus damni va riscontrato con esclusivo riferimento alla situazione patrimoniale del debitore convenuto con quella azione, non rilevando l’indagine sull’eventuale solvibilità dei
coobbligati (né, pertanto, che i rispettivi patrimoni siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento).
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile