Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2730 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso n.14796/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
Oggetto
REVOCATORIA
ORDINARIA
R.G.N. 14796/2021
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/10/2023
CC
– ricorrenti –
contro
2023 3123 RAGIONE_SOCIALE D’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE-2 RAGIONE_SOCIALE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1159/2020 della CORTE D’APPELLO di T0RINO, depositata il 24/11/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5/10/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che: 14796/2021
La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1159/2020, respingeva domanda di revocazione relativa alla propria sentenza n. 2197/RAGIONE_SOCIALE, domanda proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno presentato ricorso, articolato in quattro motivi, da cui le controparti Banca d’Alba e RAGIONE_SOCIALE non si sono difese.
Il difensore dei ricorrenti, dopo che l’assegnazione della causa a questa sezione e il suo inserimento nel ruolo camerale del 5 ottobre 2023, ha presentato istanza di assegnazione alle Sezioni Unite in relazione ad un preteso contrasto
giurisprudenziale sulla possibilità da parte del cessionario di un credito di beneficiare dell’azione revocatoria proposta dal cedente.
Con provvedimento del 25 settembre 2023 la Prima Presidente di questa Suprema Corte ha rigettato l’istanza disponendo la restituzione della causa a questa sezione civile nella udienza camerale già fissata.
Considerato che:
1. Con il primo motivo si denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e 1367 c.c. in combinato disposto con l’articolo 1263 c.c. e degli articoli 111, 344 e 339 c.p.c., nonché illogicità e irragionevolezza nell’uso dei criteri legali di interpretazione del contratto.
Si osserva che nella sentenza impugnata è stata rigettata l’eccezione preliminare degli attuali ricorrenti riguardo al difetto di legittimazione ad causam di Bcc RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -2, avendo aderito la corte territoriale a Cass. 1159/2020, che consente il subentro del cessionario anche negli strumenti processuali di tutela, e quindi anche nell’azione revocatoria instaurata dal cedente. Viene contestata questa interpretazione anche in riferimento ai criteri ermeneutici dell’articolo 1362 c.c. quanto alla interpretazione del contratto, e si sostiene che l’azione di revocatoria non sia accessoria al credito, il che sarebbe desumibile da ulteriore giurisprudenza di legittimità come Cass. 31077/2019, Cass. 29637/2017 e Cass. 16652/2014.
A ciò si aggiunge che l’intervento di Bcc RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -2 nel giudizio per revocazione svolto dinanzi alla Corte d’appello di Torino e da cui è derivata la sentenza oggetto della presente impugnazione dovrebbe qualificarsi intervento ad adiuvandum , e quindi proveniente da un terzo e non da un successore ai sensi dell’articolo 111 c.p.c. Tale intervento però non sarebbe ammissibile nel giudizio per revocazione e, più in generale, nel giudizio d’appello: al giudizio di revocazione si applica la disciplina del giudizio dinanzi al giudice che ha emesso la sentenza di cui si chiede la revoca, ex articolo 400 c.p.c., ed essendo nel caso in esame applicabile l’articolo 344 c.p.c., che esclude nel giudizio d’appello – e
dunque anche nel relativo giudizio di revocazione avverso sentenza d’appello l’intervento adesivo di terzi.
Con il secondo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 1263, 1322, 2901, 2902 c.c., 111, 344 e 339 c.p.c. in relazione agli stessi passi della sentenza impugnata che sono oggetto del primo motivo.
In sintesi, si rileva che la corte territoriale ‘ afferma che il cessionario del credito subentra anche nell’azione revocatoria promossa dal cedente, quantomeno a fronte di un accordo specifico tra cedente e cessionario ‘ ; in disparte la interpretazione non corretta del contratto svolta dal giudice d’appello, si nega invece che l’azione revocatoria possa essere ceduta all’acquirente del credito.
La cessione del credito infatti consente al cessionario di intervenire come successore a titolo particolare nel processo in cui è controverso il credito stesso; però, come affermato da giurisprudenza invocata pure a proposito del precedente motivo -Cass. 31077/2019, Cass. 29637/2017, Cass. 25660/2014 e altre -, ‘ l’oggetto dell’azione revocatoria non è il credito, ma è l’atto che si assume pregiudizievole ‘ . Peraltro l’azione pauliana è relativa all’interesse di un singolo creditore specifico (‘ nei suoi confronti ‘) e renderla cedibile ne farebbe venir meno la natura di azione relativa, cioè il suo non giovare ad altri creditori. Ciò sarebbe ‘ corroborato dal fatto che l’azione revocatoria ‘, come illustrato nel primo motivo , ‘ non è accessoria al credito ‘ per cui a essa non è applicabile l’articolo 1263, primo comma, c.c. E dunque il giudice d’appello avrebbe errato in relazione agli articoli indicati nella rubrica del motivo per avere ritenuto sussistente la legittimazione ad agire della cessionaria del credito anziché dichiararne il difetto di legittimazione.
Con il terzo motivo si denuncia violazione dell’articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c., ex articolo 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., per motivazione manifestamente e irriducibilmente contraddittoria nonché violazione, ex articolo 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., degli articoli 395, primo comma, n.4 e
402 oltre, ancora, all’articolo 132, secondo comma, n.4 c.p.c. per omessa pronuncia.
Il giudice d’appello, rigettando nel merito la domanda di revocazione – e richiamando sul punto Cass. 8315/2017, Cass. 6486/2011 e 12770/2007 -, ha ritenuto gli errori presenti nella precedente sentenza irrilevanti perché nell’azione revocatoria promossa verso un garante non è considerabile il patrimonio dei coobbligati per affermare l’insussistenza dei suoi presupposti. Ad avviso dei ricorrenti, sarebbe peraltro incorso in due errori di diritto.
Il primo sarebbe l’affermazione che, dal punto di vista soggettivo della scientia damni , sia irrilevante che i disponenti del fondo patrimoniale ‘ sapessero dell’esistenza di altri immobili, che potevano garantire il credito e di proprietà di altri garanti ‘; il secondo riguarderebbe l’erronea distinzione tra la società di persone RAGIONE_SOCIALE e i soci NOME COGNOME e NOME COGNOME, avendo la corte territoriale dichiarato che la società di persone ha soggettività autonoma e distinta da quella dei soci.
Sussisterebbe anche un ulteriore motivo: dopo aver rilevato che il patrimonio deve essere valutato in riferimento al singolo codebitore e confutato le argomentazioni degli attuali ricorrenti, la corte reputa che nella sentenza oggetto di revocazione era stata affermata l’assenza di prova sull’esistenza di un compendio residuo idoneo a soddisfare le pretese creditorie, senza però considerare specificamente ‘ l’esistenza del compendio di COGNOME NOME o la prova del suo valore ‘; su questo -sostiene la corte – non sarebbe stato formulato specifico motivo di revocazione, e comunque, qualora effettivamente nella impugnata sentenza fosse stato ‘ erroneamente pretermesso di valutare il patrimonio residuo delle persone fisiche”, la relativa doglianza non avrebbe potuto costituire oggetto di revocazione ma semmai, sussistendone i presupposti di legge, di ricorso in cassazione.
In realtà -obiettano i ricorrenti – poco prima nella sentenza qui impugnata si era affermato che la sentenza n.2197/RAGIONE_SOCIALE oggetto della domanda di revocazione era errata perché ‘ non si era avveduta ‘ che la perizia estimativa dei
beni di RAGIONE_SOCIALE era stata prodotta in primo grado, mentre in secondo grado era stata prodotta quella sui beni personali di NOME COGNOME. Quindi non sarebbe corrispondente al vero che ‘ la questione del compendio di COGNOME NOME e la prova del suo valore ‘ non siano state ‘ oggetto di impugnazione per revocazione ‘; e comunque si tratterebbe di una contraddizione tale da costituire violazione di legge in quanto rientrante nella motivazione apparente, manifestamente contraddittoria o incomprensibile.
Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901, primo comma, c.c.
Nella sentenza impugnata si rileva che ‘ obietta la difesa degli attori che la giurisprudenza citata riguarda l’ eventus damni mentre il motivo di appello formulato nel giudizio e deciso con la sentenza di cui è chiesta la revocazione atteneva alla scientia damni , e che i due profili vanno tenuti distinti ‘, affermando poi che sarebbe un assunto infondato ‘ perché il convincimento del debitore di non arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore non può fondarsi su circostanze giuridicamente erronee o irrilevanti ‘, altrimenti ‘ ogni convinzione personale, quantunque priva di fondamento giuridico, varrebbe a paralizzare l’azione revocatoria ‘.
Oppongono i ricorrenti che vi è diversità ex articolo 2901 c.c. tra l’elemento oggettivo dell’ eventus damni e l’atteggiamento soggettivo del disponente. Potrebbe infatti sussistere un pregiudizio oggettivo per il creditore derivante dall’atto dispositivo senza che il debitore disponente non lo percepisca, confidando anzi ‘ in una situazione apparente di segno opposto ‘. Al contrario, la sentenza qui impugnata farebbe ‘ sostanzialmente coincidere ‘ scientia damni ed eventus danni .
Si argomenta poi sulla natura di questi due presupposti dell’accoglimento dell’azione pauliana, negandone la sussistenza nel caso in esame, per concludere quindi nel senso della violazione dell’articolo 2901 c.c. nella impugnata sentenza.
Con il quinto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli articoli 2901, primo comma, e 2313 c.c. per
avere il giudice della revocazione affermato che l’asserto degli attori ‘ che il patrimonio residuo appartenga ad una persona giuridica diversa ‘ da quella degli attuali ricorrenti – giacché RAGIONE_SOCIALE in quanto società di persone avrebbe una soggettività giuridica imperfetta – sarebbe infondato poiché la società, anche di persone, ha soggettività giuridica distinta da quella dei suoi soci e quindi il suo patrimonio è distinto dal loro. In questo modo si è escluso che i beni della società siano considerabili nella valutazione della capienza dei beni dei coniugi attualmente ricorrenti, i quali hanno costituito il fondo patrimoniale di cui si tratta in questa sede.
Si è ritenuto nella impugnata sentenza, dunque, che la società sia una persona giuridica autonoma, distinta dal socio accomandatario NOME COGNOME e dalla socia accomandante NOME COGNOME, e che pertanto sia distinto il patrimonio: e ciò sarebbe in violazione dell’articolo 2313 che, per la società in accomandita semplice, stabilisce la responsabilità illimitata del socio accomandatario, norma quindi che esprime ‘ la soggettività giuridica imperfetta delle società di persone in generale e della società in accomandita semplice in particolare ‘ , la società in accomandita non essendo infatti una ‘ persona giuridica a sé ‘ . Il giudice d’appello avrebbe pertanto errato nel ritenere non valutabile il patrimonio della società in accomandita semplice ai fini dell’accertamento del patrimonio residuo estraneo al fondo patrimoniale dei coniugi che lo hanno costituito.
6. Pur dando atto che una parte del primo motivo ha trovato già soluzione nel provvedimento della Prima Presidente riconoscendovisi la facoltà del cessionario di intervenire nel processo ex articolo 111 c.p.c. quale successore del diritto per il quale il cedente ha instaurato il giudizio, alla luce di condivisibili arresti in tema assai recenti (Cass. 20315/2022, Cass. 5649/2023 e Cass. ord. 19865/2023), deve tuttavia rilevarsi che le molteplici questioni sollevate nelle varie doglianze presenti nel ricorso – sostanzialmente dirette a chiarire non solo l’azione pauliana in sé, ma altresì lo spazio di cognizione riservato al giudicante nella fase rescissoria di un processo avviato ai sensi dell’articolo 395 n.4 c.p.c. e risultato, appunto, fondato nella fase rescindente -giustifica la pienezza del
contraddittorio e quindi il suo espletamento anche in modalità orale alla pubblica udienza, alla presenza delle parti e con la partecipazione necessaria del P.G.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa in pubblica udienza, e rinvia a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2023