Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10545 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10545 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25856/2022 R.G. proposto da:
COGNOME e NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrenti-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di ROMA n. 5433/2022, depositata il 31/08/2022 e notificata il 1°/09/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. n. 5433/2022, depositata il 31/08/2022 e notificata il 1°/09/2022, ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza n. 246/2014 del Tribunale di Velletri -sez. dist. di Anzio, e, per l’effetto, ha dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 2901 cod.civ, nei confronti dell’appellante, creditrice della somma di euro 110.000,00 (per mancato pagamento di parte del corrispettivo della vendita di un motopeschereccio) nei confronti di NOME COGNOME, l’atto, contenuto negli accordi di separazione consensuale, con cui il Maggiore aveva ceduto a NOME COGNOME la proprietà del 50% di alcuni immobili facenti parte di una palazzina sita nel Comune di Nettuno, INDIRIZZO
Segnatamente, la corte d’appello ha ritenuto che l’atto dispositivo per cui è causa non costituisse un atto dovuto, non sussistendo alcun obbligo di mantenimento da parte del Maggiore nei confronti della COGNOME né dei figli, tutti maggiorenni e autosufficienti.
Ha aggiunto che, <>, l’azione revocatoria era comunque esperibile, perché <>.
Esclusa l’applicabilità dell’art. 2901, 3° comma, cod.civ., ha ravvisato la sussistenza dell’ eventus damni , avendo l’atto dispositivo reso maggiormente difficoltoso il recupero del credito, e la scientia damni , integrata dalla consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato alle ragioni
creditorie; essendo quello revocando un atto a titolo gratuito ha escluso la rilevanza della partecipazione del terzo.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione di detta sentenza, formulando sette motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
I ricorrenti, in vista dell’odierna camera di consiglio, depositano memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denunziano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901, 3° comma, cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per non avere il giudice a quo considerato che l’attribuzione del 50% della proprietà degli immobili era giustificata da finalità solutorie che emergevano dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato dal coniuge al ménage familiare; pertanto, l’atto dispositivo avrebbe dovuto considerarsi atto dovuto, trovando causa nei pregressi rapporti anche di natura economica delle parti e nella necessità di darvi sistemazione al momento della dissoluzione del vincolo, come era dato evincere dall’interrogatorio formale della COGNOME che aveva dichiarato di avere accettato le condizioni economiche dell’atto di separazione solo perché il marito aveva assunto l’obbligo di trasferimento poi adempiuto con l’atto revocando. Aggiungono che l’atto dovuto, sottratto all’azione revocatoria, è anche quello prodromico e strumentale all’adempimento di un debito scaduto e che tra la COGNOME e la COGNOME, entrambe creditrici del Maggiore, non c’era ragione per preferire la COGNOME concedendole la revoca dell’atto dispositivo.
Il motivo è infondato.
Va ribadito che <>, poiché l’atto dispositivo trae origine dalla libera determinazione del coniuge e diviene dovuto solo in conseguenza dell’impegno assunto in costanza dell’esposizione debitoria nei confronti di un terzo creditore, sicché l’accordo separativo costituisce esso stesso parte dell’operazione revocabile e non fonte di obbligo idoneo a giustificare l’applicazione dell’art. 2901, 3° comma, cod.civ. (v. Cass. 22/01/2015, n. 1144).
In sostanza, il trasferimento di un bene, in ragione dell’accordo preso in tal senso nel procedimento di separazione, si atteggia come un atto traslativo che ha la sua causa (ossia la sua ragione giustificatrice) non in sé, ma al suo esterno, in un precedente accordo, che funge solo da causa esterna del trasferimento medesimo (Cass. 06/10/2020, n. 21358).
Tale conclusione non trova ostacolo <<né nell'avvenuta omologazione dell'accordo suddetto – cui resta estranea la funzione di tutela dei terzi creditori e che, comunque, lascia inalterata la natura negoziale della pattuizione – né nella circostanza che l'atto sia stato posto in essere in funzione solutoria dell'obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole o di contribuzione al mantenimento dei figli ovvero di sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, venendo nella specie in contestazione non già la sussistenza dell'obbligo in sé, di fonte legale, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti (Cass. 14/11/2024, n. 29453).
2) Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano la violazione dell'art. 2729 cod.civ., ai sensi dell'art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo desunto la scientia damni da elementi presuntivi non gravi, precisi e concordanti: in particolare, dall'unico fatto che il debitore svolgesse attività di
mediazione nella compravendita di imbarcazioni, senza valutare quale fosse la sua situazione economica.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione dell'art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., per avere il collegio d'appello omesso di considerare: a) la posizione debitoria del disponente, la quale non era tale da far presumere che si fosse spogliato dei suoi beni per nuocere alla creditrice; b) l'avvenuto regolare pagamento delle prime dieci rate del corrispettivo: infatti, il mancato pagamento delle rate successive era conseguente all'atto di denuncia di vizi occulti dell'imbarcazione.
Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo la violazione dell'art. 132, 2° comma, n. 4, cod.proc.civ., non avendo reso esplicito né gli argomenti di prova nè il ragionamento logicogiuridico che lo hanno indotto a ritenere provata la scientia damni in capo al Maggiore.
Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 41 e 42 Cost. nonché dell'art. 1322 cod.civ., in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La decisione di revocare l'atto dispositivo per il mero fatto che il Maggiore svolgesse l'attività di mediazione nella compravendita di imbarcazioni, se confermata, porterebbe a precludere <>.
I motivi secondo e quarto, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati nei termini di seguito illustrati.
La prova presuntiva è un mezzo di prova critica in relazione al quale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice la formulazione dell’inferenza dal fatto noto a quello ignoto; più specificamente, affinché si possa conseguire la prova del fatto
ignoto, l’art. 2729 cod.civ. richiede che gli elementi presuntivi siano gravi, precisi e concordanti, venendo meno, in caso contrario, la garanzia di ragionevole certezza circa la verità del fatto stesso; in assenza di tali requisiti deve escludersi la correttezza del ragionamento logico che dal fatto noto risale a quello ignoto. Nella giurisprudenza di questa Corte è consolidata la definizione dei suddetti requisiti: la gravità è indice di un elevato grado di attendibilità della presunzione in relazione al convincimento che essa è in grado di produrre in capo al giudice, che non deve tradursi in certezza, bastando la probabilità che l’esistenza del fatto ignoto sia maggiore di quella della sua inesistenza; la precisione evoca la non equivocità, implica, cioè, l’erroneità del ragionamento presuntivo ove da esso derivino conclusioni contraddittorie e non univocamente riferibili al fatto da provare; la concordanza esprime la convergenza di più indizi; il che non significa, però, che il ragionamento inferenziale non possa farsi se non quando esso si basi su una pluralità di indizi -con la conseguenza che un solo elemento indiziario renda illegittimo il ragionamento logico deduttivo condotto dal giudicante -ma che il ragionamento presuntivo basato su un solo indizio richiede che quest’ultimo si configuri come grave e preciso (cfr., ex aliis , Cass. 15/02/2023, n. 4784; Cass. 21/03/2022, n. 9054; Cass. 29/01/2019, n. 2482 del 2019) e che la motivazione che il giudice adduce per spiegare perché da detto unico indizio sia risalito al fatto noto sia adeguata (cfr. Cass. n. 4784/2023, cit.; Cass. 28/10/2019, n. 27457). Ora, nel caso di specie, con il motivo qui scrutinato i ricorrenti non prospettano inferenze probabilistiche semplicemente diverse da quelle applicate dal giudice di merito e che, quindi, non sollecitano un controllo sulla motivazione relativa alla ricostruzione della quaestio facti , ma denunciano fondatamente l’insussistenza dei requisiti di gravità e di precisione dell’unico elemento indiziante assunto dal giudicante a fondamento del suo ragionamento
inferenziale; da p. 8 della sentenza si ricava che la corte territoriale ha ritenuto provata la scientia damni in capo al Maggiore dalla dimostrazione <>; esclusivamente da detta circostanza, di cui non ha dato prova di aver valutato la gravità e la precisione, ha tratto la presunzione che egli avesse assunto la decisione <>.
I motivi terzo e quinto sono assorbiti dall’accoglimento del secondo e del quarto motivo.
Con il sesto motivo i ricorrenti denunziano la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo considerato l’atto dispositivo a titolo gratuito, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte che ritiene gli atti dispositivi per cui è causa suscettibili di colorarsi dei tratti dell’onerosità piuttosto che di quelli della gratuità in ragione dell’eventuale ricorrenza dei connotati di una sistemazione solutorio- compensativa più ampia e complessiva di tutta quell’ampia serie di possibili rapporti aventi significati patrimoniali maturati nel corso della convivenza matrimoniale (Cass. n. 10443/2019).
Il motivo è infondato.
La corte d’appello, dopo aver evocato l’orientamento di questa Corte, ne ha fatto concreta applicazione, ritenendo, sebbene lapidariamente, l’atto revocando un atto gratuito <> (p. 7), cioè per il fatto che nel ricorso per separazione consensuale le parti avessero dichiarato che i figli nati dal matrimonio erano tutti maggiorenni e autosufficienti e che ciascuno dei coniugi avrebbe provveduto al proprio mantenimento in via autonoma (p. 6 della sentenza).
I ricorrenti confutano detta statuizione in maniera generica e assertiva e non dimostrano gli assunti in iure che supportano la denunciata violazione di legge.
Va ricordato che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (Cass. 30/12/2015, n. 26110; Cass. 11/01/2016, n. 195; Cass. 13/10/2017, n. 24155).
9) Con il settimo motivo i ricorrenti imputano alla corte d’appello di aver violato e/o falsamente applicato gli artt. 91-92 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per averli condannati a rifondere le spese del giudizio di primo grado, nonostante le stesse fossero state compensate dal tribunale.
Il motivo rimane assorbito in conseguenza dell’ accoglimento del secondo e del quarto motivo.
10) All’accoglimento del secondo e del quarto motivo, assorbiti il terzo, il quinto e il settimo, rigettati il primo e il sesto, consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza , con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il quarto motivo; dichiara assorbiti il terzo, il quinto e il settimo motivo; rigetta il primo e il sesto motivo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per