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Azione revocatoria scissione societaria: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10478/2025, ha confermato che l’azione revocatoria per una scissione societaria è sempre ammissibile per tutelare i creditori. Un creditore, rappresentato dalla curatela fallimentare, aveva contestato una scissione che trasferiva un immobile di valore a una nuova società, riducendo la garanzia patrimoniale. La Corte ha stabilito che la revocatoria, che rende l’atto inefficace solo verso il creditore, può coesistere con l’opposizione preventiva. Ha inoltre ribadito che il giudice può fondare la sua decisione su una perizia di parte e su fatti notori, purché la motivazione sia adeguata.

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Azione revocatoria scissione societaria: la Cassazione conferma la tutela dei creditori

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale per la tutela dei creditori: l’ammissibilità dell’azione revocatoria scissione societaria. La decisione chiarisce che questo strumento legale resta pienamente valido per rendere inefficace una scissione che pregiudichi le ragioni creditorie, anche a seguito delle riforme del diritto societario. Analizziamo insieme i fatti, le motivazioni e le importanti conclusioni di questa pronuncia.

I fatti di causa: la scissione societaria contestata

Una società immobiliare beneficiava di un’operazione di scissione parziale, tramite la quale le era stato assegnato un patrimonio immobiliare di considerevole valore da un’altra società. Successivamente, la società scissa falliva. La curatela del fallimento agiva in giudizio contro la società beneficiaria, chiedendo che l’atto di scissione fosse dichiarato inefficace nei confronti della massa dei creditori, ai sensi dell’art. 2901 c.c. (azione revocatoria ordinaria).

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello accoglievano la domanda della curatela, ritenendo che la scissione avesse sottratto al patrimonio della società fallita beni essenziali per la garanzia dei creditori, causando un evidente eventus damni (pregiudizio).

L’azione revocatoria scissione societaria: i motivi del ricorso

La società beneficiaria della scissione proponeva ricorso in Cassazione, basandosi su due motivi principali.

Il primo motivo: la natura della scissione e i rimedi dei creditori

La ricorrente sosteneva che l’azione revocatoria non fosse applicabile alle scissioni societarie. A suo avviso, la scissione non ha natura ‘traslativa’ (come una vendita), ma ‘assegnativa’, e l’unico rimedio a disposizione dei creditori sarebbe l’opposizione preventiva prevista dall’art. 2503 c.c., da esercitare prima che l’atto diventi efficace. Una volta conclusa l’operazione, secondo questa tesi, i creditori non avrebbero più strumenti per contestarla.

Il secondo motivo: la prova del danno (eventus damni)

In secondo luogo, la società contestava la valutazione della Corte d’Appello sulla sussistenza del danno. La decisione si basava, a suo dire, su una semplice perizia di parte prodotta dal fallimento, priva di valore probatorio, e sul richiamo a un ‘fatto notorio’, ovvero il pregio storico e l’ubicazione centrale dell’immobile trasferito. Secondo la ricorrente, questi elementi non costituivano una prova sufficiente del pregiudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, confermando le decisioni dei giudici di merito con argomentazioni chiare e in linea con il proprio consolidato orientamento, anche alla luce della giurisprudenza europea.

Sull’ammissibilità dell’azione revocatoria per la scissione societaria

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’azione revocatoria scissione societaria è sempre ammissibile. I giudici hanno spiegato che l’opposizione preventiva (art. 2503 c.c.) e l’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) operano su piani diversi e sono strumenti complementari, non alternativi.
L’opposizione mira a impedire l’operazione stessa, contestandone la validità erga omnes.
La revocatoria, invece, non invalida l’atto di scissione, ma lo rende semplicemente ‘inefficace’ nei confronti del solo creditore che ha agito in giudizio. L’operazione resta valida tra le parti e per i terzi, ma il creditore vittorioso potrà aggredire i beni trasferiti come se fossero ancora nel patrimonio del debitore.
La Corte ha sottolineato che la natura dell’operazione è, nei fatti, traslativa di patrimonio, come confermato anche dalla Corte di Giustizia UE e dalla stessa terminologia del codice civile (es. art. 2506-bis che definisce la scissa come ‘società trasferente’).

Sulla prova del pregiudizio e il valore della perizia di parte

Riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha chiarito che, in base al principio del libero convincimento del giudice, quest’ultimo può fondare la propria decisione anche su una perizia stragiudiziale di parte, purché ne motivi adeguatamente l’attendibilità. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente valutato la consulenza del fallimento, ritenendola attendibile per la competenza del professionista e per il metodo di stima utilizzato. Inoltre, la decisione non si basava solo sul fatto notorio del pregio dell’immobile, ma su un complesso di elementi, tra cui l’incapienza del patrimonio residuo della società scissa a fronte dei debiti. La ricorrente, d’altro canto, si era limitata a una contestazione generica, senza offrire elementi alternativi di valutazione.

Le conclusioni: i principi di diritto affermati

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi a tutela dei creditori:
1. Compatibilità dei rimedi: L’azione revocatoria ordinaria è uno strumento pienamente compatibile con l’operazione di scissione societaria e concorre con l’opposizione preventiva, offrendo una tutela successiva ed individuale al creditore che si ritenga danneggiato.
2. Libero convincimento del giudice: Il giudice di merito ha il potere di valutare liberamente le prove, potendo basare la propria decisione anche su una perizia di parte, se adeguatamente motivata, e su fatti notori, specialmente quando questi si inseriscono in un quadro probatorio più ampio e coerente.

È possibile utilizzare l’azione revocatoria ordinaria per contestare una scissione societaria?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.) è sempre ammissibile per far dichiarare l’inefficacia di un atto di scissione societaria che rechi pregiudizio alle ragioni di un creditore.

Qual è la differenza tra l’opposizione dei creditori (art. 2503 c.c.) e l’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) in caso di scissione?
L’opposizione dei creditori è un rimedio preventivo che mira a bloccare l’intera operazione di scissione prima che diventi efficace, facendone valere l’invalidità. L’azione revocatoria è un rimedio successivo e individuale che non invalida la scissione, ma la rende inefficace solo nei confronti del creditore che agisce, consentendogli di aggredire i beni trasferiti.

Un giudice può basare la sua decisione sulla perizia di un consulente di parte e su un fatto notorio?
Sì. La Corte ha stabilito che il giudice, in base al principio del libero convincimento, può porre a fondamento della propria decisione una perizia stragiudiziale, anche se contestata, purché fornisca un’adeguata motivazione. Allo stesso modo, può utilizzare nozioni di comune esperienza (fatti notori) per supportare la sua valutazione, specialmente se corroborati da altri elementi di prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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