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Azione revocatoria scissione: competenza e fallimento

Le Sezioni Unite chiariscono la competenza per l’azione revocatoria di una scissione societaria. Sebbene l’azione rientri nella materia del Tribunale delle Imprese, quando promossa dal curatore fallimentare prevale la competenza inderogabile del Tribunale fallimentare. La decisione analizza la natura dell’azione e il conflitto tra competenze specializzate.

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Azione Revocatoria Scissione Societaria: Chi Decide in Caso di Fallimento?

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 5089 del 2025, ha risolto un complesso conflitto di competenza in materia di azione revocatoria scissione societaria, chiarendo quale giudice sia competente a decidere quando l’azione è promossa dal curatore fallimentare. La pronuncia stabilisce una gerarchia tra le competenze specializzate, affermando la prevalenza del Tribunale fallimentare su quello delle imprese in questo specifico contesto. Un principio fondamentale per la tutela dei creditori nelle procedure concorsuali.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’operazione di scissione societaria ritenuta pregiudizievole da parte dei curatori di tre diverse società, successivamente dichiarate fallite. I curatori avevano avviato un’azione revocatoria per rendere inefficace, nei confronti della massa dei creditori, l’atto di scissione che aveva diminuito la garanzia patrimoniale delle società debitrici.

Il caso ha generato un conflitto di competenza: il Tribunale di Parma, quale giudice fallimentare, si dichiarava incompetente a favore della Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Bologna. Quest’ultimo, a sua volta, sollevava d’ufficio regolamento di competenza dinanzi alla Corte di Cassazione, ritenendo che l’azione non rientrasse nella sua giurisdizione specializzata. Le Sezioni Unite sono state quindi chiamate a dirimere la questione.

La Questione sulla Competenza per l’Azione Revocatoria Scissione

Il cuore del problema era stabilire se l’azione revocatoria di un atto di scissione dovesse essere considerata una causa ‘relativa a rapporti societari’, e quindi di competenza del Tribunale delle imprese, oppure un’azione a tutela del credito, soggetta alle regole ordinarie e, in caso di fallimento, alla competenza funzionale del Tribunale fallimentare.

L’azione revocatoria, infatti, non mira a invalidare l’atto societario in sé (la scissione rimane valida tra le società coinvolte), ma solo a renderlo inefficace verso il creditore che agisce, permettendogli di aggredire i beni trasferiti come se fossero ancora nel patrimonio del debitore.

Il Principio Generale: Competenza del Tribunale delle Imprese

La Corte chiarisce innanzitutto un principio di carattere generale. L’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c.) avente ad oggetto una scissione societaria rientra nella competenza del Tribunale delle imprese. La ragione risiede nella causa petendi della domanda: il fondamento della pretesa è un atto tipicamente societario, una complessa operazione di riorganizzazione che incide sulla struttura e sul patrimonio dell’ente. L’accertamento del pregiudizio richiesto dall’azione revocatoria implica una valutazione complessa dell’intera operazione societaria, materia per la quale il legislatore ha previsto la competenza di un giudice specializzato.

L’Eccezione Decisiva: La Prevalenza della Competenza Fallimentare

Il punto di svolta della decisione risiede però nell’ipotesi specifica in cui l’azione sia promossa dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 66 della Legge Fallimentare. In questo scenario, la Corte afferma che la competenza inderogabile del Tribunale fallimentare prevale su quella, pur specializzata, del Tribunale delle imprese.

Questa prevalenza si giustifica per la necessità di assicurare l’unità e la coerenza della procedura concorsuale. L’azione promossa dal curatore, pur essendo identica nella struttura all’azione revocatoria ordinaria, diventa un’ ‘azione di massa’, esercitata nell’interesse di tutti i creditori. Il suo esito è destinato a incidere direttamente sull’attivo fallimentare e, di conseguenza, sulla par condicio creditorum. Per queste ragioni, deve essere trattata all’interno della procedura stessa, dal giudice che la governa.

Le Motivazioni della Corte

Le Sezioni Unite motivano la loro decisione tracciando una linea di demarcazione precisa. L’attrazione della controversia nella competenza del Tribunale delle imprese si fonda sulla natura dell’atto dedotto in giudizio. Se la causa petendi si basa su un atto o un fatto proprio dell’organizzazione corporativa, come una scissione, la competenza è del giudice specializzato. Questo perché la valutazione del caso richiede conoscenze specifiche di diritto societario, ad esempio per determinare l’esistenza di un pregiudizio (eventus damni) attraverso il confronto tra valori patrimoniali attivi e passivi oggetto di trasferimento.

Tuttavia, questo criterio cede il passo quando entra in gioco una competenza funzionale e inderogabile come quella del Tribunale fallimentare. La Corte sottolinea che l’azione revocatoria esercitata dal curatore, pur non ‘derivando’ dal fallimento nel senso tecnico dell’art. 24 l. fall., è uno strumento essenziale per la ricostruzione dell’attivo e per la tutela della massa dei creditori. La sua trattazione unitaria presso il giudice fallimentare è indispensabile per garantire l’efficacia e la coerenza della procedura concorsuale. La competenza fallimentare, pertanto, prevale su qualsiasi altra competenza confliggente, inclusa quella specializzata del Tribunale delle imprese, in virtù della sua finalità pubblicistica e della sua natura inderogabile.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha enunciato due principi di diritto:
1. L’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa.
2. Quando la medesima azione è esercitata dal curatore fallimentare (ex art. 66 l. fall.), la competenza inderogabile del Tribunale fallimentare prevale su quella del Tribunale delle imprese.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato la competenza del Tribunale di Parma a decidere sulla causa. Questa sentenza offre un fondamentale chiarimento per gli operatori del diritto, stabilendo una chiara gerarchia tra competenze specializzate e garantendo che le azioni cruciali per il buon esito di una procedura fallimentare rimangano saldamente nelle mani del giudice fallimentare.

A quale giudice spetta la competenza per un’azione revocatoria ordinaria di una scissione societaria?
Di norma, la competenza è della Sezione specializzata in materia di impresa (Tribunale delle imprese), poiché il fondamento della domanda risiede in un tipico atto di organizzazione societaria.

Cosa succede se l’azione revocatoria di una scissione è promossa dal curatore di un fallimento?
In questo caso, la competenza inderogabile del Tribunale fallimentare prevale su quella del Tribunale delle imprese. L’azione, pur essendo strutturalmente identica a quella ordinaria, diventa uno strumento della procedura concorsuale e deve essere decisa dal giudice che la presiede.

L’azione revocatoria invalida l’atto di scissione societaria?
No, la sentenza chiarisce che l’azione revocatoria non incide sulla validità ed efficacia dell’atto di scissione tra le società coinvolte. Il suo accoglimento rende l’atto semplicemente inefficace (cioè inopponibile) nei confronti del solo creditore che ha agito o, in caso di fallimento, della massa dei creditori, consentendo loro di aggredire i beni trasferiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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