Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17526 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17526 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5314/2023 R.G. proposto da :
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE DI COGNOME NOME E COGNOME NOME COGNOME DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSA, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro COGNOME NOME COGNOME NOME
-intimati-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1244/2022 depositata il 20/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
la Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e dei soci illimitatamente responsabili, conveniva in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo che, anteriormente alla dichiarazione di fallimento, i germani COGNOME, al fine di arrecare pregiudizio ai loro creditori, avevano venduto a COGNOME l’unico bene immobile di loro proprietà;
ciò posto, l’amministrazione fallimentare proponeva domanda di simulazione assoluta dell’atto traslativo, ovvero relativa per dissimulazione di una donazione come tale revocabile, ovvero ancora, e gradatamente, una domanda di revoca della stessa vendita, con condanna alla restituzione dell’immobile;
in linea ancor più subordinata, qualora il cespite fosse risultato trasferito, per un prezzo marcatamente maggiore a conferma della frode ai ceditori, a terzi di buona fede, estranei al giudizio, la Curatela chiedeva, conseguenzialmente, assumendo l’azione revocatoria una natura risarcitoria, la condanna al pagamento almeno pari alla differenza tra quanto incassato dalla seconda vendita, ossia 300 mila euro, e quanto ottenuto dal primo trasferimento impugnato, ossia 170 mila euro;
il Tribunale accoglieva la domanda di revocatoria rigettando le restanti, con pronuncia confermata dalla Corte di appello, salva riforma sulla misura delle spese di lite ritenute liquidate, in prime cure, al di sotto dei parametri minimi regolamentari;
ad avviso del Collegio di seconde cure, in particolare:
-l’accoglimento della domanda di revoca non era stato impugnato, e dunque era definitivo;
-la pretesa di condanna al pagamento del tantundem era infondata, poiché l’azione revocatoria ordinaria proposta non aveva natura restitutoria né risarcitoria, esulando una tale ultima domanda dal suo paradigma conservativo e d’inopponibilità relativa;
avverso questa decisione ricorre per cassazione la Curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME e dei soci illimitatamente responsabili, articolando tre motivi;
resiste con controricorso la COGNOME; le parti hanno depositato memoria.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 329, cod. proc. civ., 2909, cd. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato in particolare obliterando che, una volta constatato il giudicato, altrimenti eluso, sull’accoglimento della domanda di revocatoria, avrebbe dovuto dichiarare ammissibile e fondata la domanda di pagamento al tantundem ;
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2740, cod. civ., 112, 113, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che l’azione revocatoria svolta era di tipo anche risarcitorio proprio perché, già al momento della domanda, il bene era risultato utilmente trasferito a terzi di buona fede, a titolo oneroso, con conseguente legittimità della domanda di risarcimento rivolta al soggetto acquirente che aveva poi rivenduto il cespite, dovendo ritenersi, se del caso implicitamente, che tale fosse l’ulteriore pretesa, peraltro in tesi esercitabile altresì nei confronti del terzo medesimo, senza spiegare previamente domanda di revoca, quando si palesasse illecita la condotta di quello;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello,
in conseguenza dei vizi di cui alle precedenti censure, avrebbe errato nel regolare le spese di lite.
Considerato che
il primo motivo è inammissibile;
la censura non si misura con la ragione decisoria, che non ha obliterato il giudicato di accoglimento della domanda di revocatoria ma, diversamente, ha osservato che la stessa non ha di per sé natura restitutoria né risarcitoria, sicché non poteva in tesi avere la pretesa conseguenza di condanna al pagamento di somme corrispondenti al prezzo della seconda alienazione o alla differenza tra questo e quello, minore, della prima, quale indice dell’affermato pregiudizio, rispetto al reale valore di mercato del bene aggredibile, arrecato ai creditori;
il secondo motivo è fondato;
questa Corte ha chiarito -seppur in materia di revocatoria fallimentare ma con principî logicamente estensibili in necessaria coerenza -che oggetto della domanda pauliana non è il bene in sé, ma la reintegrazione della generica garanzia patrimoniale dei creditori mediante l’assoggettabilità ad esecuzione e, quindi, la liquidazione di un bene che, rispetto all’interesse dei creditori, viene in considerazione soltanto per il suo valore: ne consegue, non solo che la condanna al pagamento dell’equivalente monetario può essere pronunciata dal giudice, anche d’ufficio, in ogni caso in cui risulti impossibile la restituzione del bene, ma anche che la relativa domanda può essere proposta per la prima volta nel giudizio d’appello, in quanto non nuova, ma ricompresa implicitamente nell’azione revocatoria stessa (Cass., 8/11/2017, n. 26425; Cass. n. 7408/2021 );
in coerenza era stato già affermato, in termini, che l’interesse del creditore ad agire in revocatoria sussiste anche quando il bene oggetto dell’atto di cui si chiede la revoca non sia più nella disponibilità dell’acquirente, per essere stato da questo alienato a
terzi con atto trascritto anteriormente alla trascrizione dell’atto di citazione in revocatoria: anche in tal caso, infatti, l’accoglimento dell’azione revocatoria consente all’attore di promuovere nei confronti del convenuto le azioni di risarcimento del danno o di restituzione del prezzo dell’acquisto, e ciò quand’anche le relative domande non siano state formulate congiuntamente alla domanda revocatoria, potendo queste ultime essere formulate anche successivamente (Cass., 6/8/2010, n. 18369);
quanto appena ricostruito, dunque, supera pure il rilievo della sentenza in questa sede gravata secondo cui il Tribunale aveva già statuito la carenza per indeterminatezza della domanda di condanna al pagamento della differenza tra i prezzi delle due alienazioni, rimasta priva di emende nei termini di cui all’art. 183, cod. proc. civ., proprio perché tale domanda poteva essere proposta in seconde cure e sulla stessa doveva quindi esservi la pronuncia di merito obliterata;
il terzo motivo è logicamente assorbito.
Alla fondatezza nei suindicati termini del 2° motivo, assorbito il 3° e inammissibile il 1°, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d ‘A ppello di Palermo, che in diversa composizione procederà a nuovo esame facendo applicazione del suindicato disatteso principio.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo e inammissibile il primo. Cassa in relazione la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d ‘A ppello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17/4/2025