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Azione revocatoria: ricorso inammissibile in Cassazione

Una società creditrice ha ottenuto la declaratoria di inefficacia di una compravendita immobiliare tra padre e figlia tramite un’azione revocatoria. I debitori hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, ma è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha rilevato che i motivi del ricorso erano formalmente scorretti, non autosufficienti e miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione riafferma che l’azione revocatoria può essere promossa anche per crediti ancora oggetto di contestazione.

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Azione Revocatoria: Inammissibile il Ricorso Basato su Motivi Formalmente Errati

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito l’importanza del rigore formale nella presentazione dei ricorsi, dichiarando inammissibile un’impugnazione contro una sentenza di accoglimento di un’azione revocatoria. Questo caso offre spunti cruciali sulla tutela del credito e sulle conseguenze di atti dispositivi del patrimonio compiuti in pregiudizio dei creditori, anche quando il debito non è ancora stato definitivamente accertato.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla decisione di una Corte d’Appello che aveva confermato l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., di una compravendita immobiliare tra un padre e sua figlia. L’azione era stata intentata da una società di gestione crediti per tutelare le proprie ragioni creditorie, minacciate dalla diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore. La Corte di merito aveva ritenuto sussistenti i presupposti dell’azione revocatoria: il cosiddetto eventus damni (il pregiudizio al creditore) e la scientia damni (la consapevolezza del debitore di ledere le ragioni del creditore), quest’ultima presunta in virtù dello stretto rapporto di parentela tra le parti dell’atto dispositivo.

I debitori, non soddisfatti della decisione, hanno proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Corte

I ricorrenti hanno basato la loro impugnazione su quattro motivi principali, tutti respinti dalla Suprema Corte per ragioni di inammissibilità.

Errata Formulazione e Mancanza di Autosufficienza

Il primo motivo lamentava l’omessa pronuncia sulla violazione di una norma in materia di fideiussione (art. 1956 c.c.). La Corte ha rilevato un errore tecnico di fondo: i ricorrenti avevano invocato un vizio di ‘omesso esame di un fatto decisivo’ (art. 360, n. 5 c.p.c.), mentre l’omessa pronuncia su un motivo d’appello configura una violazione dell’art. 112 c.p.c. Oltre a questo errore formale, il motivo è stato giudicato non ‘autosufficiente’, poiché non riportava integralmente le parti dell’atto di appello necessarie a comprendere la doglianza.

L’Azione Revocatoria e il Credito ‘Sub Iudice’

Con il secondo motivo, i ricorrenti sostenevano che il giudizio sull’azione revocatoria dovesse essere sospeso in attesa della definizione della causa relativa all’accertamento del debito. La Cassazione ha dichiarato anche questo motivo inammissibile, in quanto non si confrontava con la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte ha infatti ribadito un principio consolidato: per fondare un’azione revocatoria è sufficiente un credito anche se ancora oggetto di contestazione giudiziale (sub iudice).

Insindacabilità del Giudizio di Fatto

Il terzo motivo, che contestava la prova del consilium fraudis, è stato liquidato come un tentativo di riproporre un giudizio sul fatto, insindacabile in sede di legittimità. Il compito della Cassazione non è quello di rivalutare le prove, ma di verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

Nullità della Fideiussione e Onere della Prova

Infine, il quarto motivo, relativo alla presunta nullità delle fideiussioni per conformità a uno schema ABI ritenuto anticoncorrenziale, è stato ritenuto inammissibile perché la questione non era stata adeguatamente introdotta e provata nei gradi di merito. La Corte ha colto l’occasione per richiamare la sentenza delle Sezioni Unite (n. 41994/2021), la quale ha chiarito che tale nullità è solo parziale e non travolge l’intero contratto, risultando quindi irrilevante ai fini di escludere la sussistenza del credito.

Le Motivazioni

La decisione della Suprema Corte si fonda su principi procedurali cardine. L’inammissibilità del ricorso deriva da una serie di vizi che ne hanno impedito l’esame nel merito. La Corte ha sottolineato che il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma una sede in cui si controlla la corretta interpretazione e applicazione della legge. Gli errori nella qualificazione giuridica dei vizi denunciati, la mancata autosufficienza nell’esposizione delle censure e il tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove sono ostacoli insormontabili che portano a una declaratoria di inammissibilità. La Corte ha inoltre sanzionato i ricorrenti per responsabilità processuale aggravata, ritenendo il ricorso un abuso del processo, data la sua manifesta infondatezza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza della precisione tecnica e del rigore argomentativo nell’ambito del contenzioso civile, specialmente nel giudizio di cassazione. Sul piano sostanziale, essa conferma la robustezza dello strumento dell’azione revocatoria a tutela dei creditori, ribadendo che la sua efficacia non è subordinata all’accertamento definitivo del credito. Infine, la decisione condanna l’abuso dello strumento processuale, sanzionando la parte che, nonostante una proposta di definizione anticipata, insiste in un ricorso palesemente infondato, con conseguenze economiche significative.

È possibile agire con un’azione revocatoria se il credito non è ancora stato accertato definitivamente?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato il principio consolidato secondo cui per fondare un’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di un credito anche se ancora oggetto di contestazione in un altro giudizio (credito sub iudice).

Cosa succede se un motivo di ricorso per cassazione viene formulato in modo tecnicamente errato?
Se un motivo di ricorso viene formulato in modo tecnicamente errato, ad esempio invocando una norma non pertinente al vizio lamentato (come nel caso di specie, dove è stato invocato l’omesso esame di un fatto anziché l’omessa pronuncia), il motivo viene dichiarato inammissibile e la Corte non può esaminarlo nel merito.

La nullità di una fideiussione basata sullo schema ABI invalida sempre l’intero contratto e il debito sottostante?
No. La Corte, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha specificato che la nullità derivante dall’utilizzo di clausole anticoncorrenziali conformi allo schema ABI è solo parziale. Essa colpisce le singole clausole viziate, ma non travolge l’intero contratto di fideiussione, lasciando quindi intatta l’obbligazione di garanzia e, di conseguenza, la sussistenza del credito vantato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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