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Azione revocatoria: ricorso inammissibile in Cassazione

Una banca creditrice ha avviato un’azione revocatoria contro due fideiussori che avevano donato le loro proprietà ai figli. I tribunali di merito hanno accolto la richiesta della banca, rendendo la donazione inefficace nei suoi confronti. I fideiussori hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione, la quale ha dichiarato il ricorso inammissibile a causa di gravi vizi procedurali. In particolare, i ricorrenti non hanno riprodotto adeguatamente nel loro atto i documenti e le prove contestate, trasformando il ricorso in un’inammissibile richiesta di riesame del merito, funzione preclusa alla Suprema Corte. La sentenza ribadisce i rigorosi requisiti formali per i ricorsi in Cassazione.

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Azione Revocatoria: Inammissibile il Ricorso in Cassazione per Vizi Formali

L’azione revocatoria è uno strumento cruciale per la tutela del credito, ma il suo esercizio e la successiva impugnazione delle decisioni giudiziarie devono rispettare rigorosi canoni procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, dichiarando inammissibile un ricorso a causa di vizi formali che miravano, di fatto, a un terzo grado di merito. Analizziamo la vicenda e i principi di diritto affermati dalla Suprema Corte.

Il Caso: Una Donazione Sotto la Lente dei Creditori

La vicenda trae origine dall’azione legale intrapresa da un istituto di credito nei confronti di due coniugi, fideiussori di una società. La banca lamentava che i coniugi avessero donato i propri beni immobili ai figli, pregiudicando così la garanzia patrimoniale su cui il creditore faceva affidamento. Per questo motivo, la banca ha avviato un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per far dichiarare l’inefficacia della donazione nei propri confronti.

Il Tribunale di primo grado ha accolto la domanda, ritenendo provati sia il pregiudizio alle ragioni creditorie (eventus damni) sia la consapevolezza di tale pregiudizio da parte dei debitori (scientia damni). La Corte d’Appello ha successivamente confermato la decisione, respingendo il gravame dei coniugi. Questi ultimi sostenevano che i crediti non fossero certi, liquidi ed esigibili, e che mancassero i presupposti per l’azione revocatoria. La Corte territoriale ha ribadito che anche un credito litigioso è tutelabile con tale azione e che la consapevolezza del fideiussore di arrecare pregiudizio era evidente.

L’Inammissibilità del Ricorso per l’Azione Revocatoria

Contro la sentenza d’appello, i fideiussori hanno proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sotto molteplici profili.

Il fulcro della decisione risiede nella violazione del principio di autosufficienza del ricorso, sancito dall’art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c. I ricorrenti si erano limitati a fare generico riferimento ad atti e documenti depositati nei precedenti gradi di giudizio (memorie, prove documentali, bilanci, etc.) senza riprodurli nel ricorso o indicare con precisione dove fossero reperibili nel fascicolo processuale. Questo modo di procedere impedisce alla Corte di Cassazione di valutare la fondatezza delle censure senza dover compiere una ricerca autonoma degli atti, un’attività che non le compete.

La Funzione della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove, ma verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Prospettare, come hanno fatto i ricorrenti, una diversa interpretazione delle emergenze probatorie equivale a chiedere un nuovo giudizio sul fatto, precluso in sede di legittimità.

L’Azione Revocatoria e i Principi di Diritto Processuale

L’ordinanza ha anche colto l’occasione per ribadire alcuni punti fermi sull’azione revocatoria. In particolare, ha confermato che l’accertamento dell’ eventus damni è una valutazione di merito, discrezionale per il giudice dei gradi inferiori e non sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che, per integrare il pregiudizio, è sufficiente che l’atto di disposizione del patrimonio determini una variazione peggiorativa, anche solo qualitativa, della garanzia patrimoniale del debitore. Nel caso di fideiussori, questa valutazione va fatta esclusivamente con riferimento al loro patrimonio, senza tener conto della consistenza patrimoniale di altri coobbligati.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione di inammissibilità su una serie di carenze procedurali del ricorso. In primo luogo, è stata dichiarata l’inammissibilità di un controricorso per difetto di procura speciale, poiché rilasciata in data antecedente alla sentenza impugnata, in violazione delle norme del codice di procedura civile.

Nel merito del ricorso principale, la Corte ha rilevato che i ricorrenti non avevano rispettato il principio di autosufficienza. Essi avevano censurato la decisione della Corte d’Appello omettendo di riprodurre specificamente gli atti e i documenti su cui basavano le loro critiche. Si erano limitati a richiamare genericamente “la documentazione allegata alla memoria”, “la prova documentale versata in atti”, o “i documenti prodotti”, senza consentire alla Corte Suprema di esercitare il proprio controllo di legittimità. Questo vizio, secondo la giurisprudenza costante, rende il ricorso inammissibile, poiché trasforma la Corte in un giudice di merito, costringendola a una ricerca e valutazione delle prove che non le spetta. La Corte ha inoltre specificato che i motivi di ricorso erano formulati in modo da richiedere una rivalutazione dei fatti e delle prove, attività riservata esclusivamente ai giudici di merito.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sull’importanza del rigore formale nella redazione degli atti processuali, in particolare del ricorso per cassazione. La decisione conferma che la mancata osservanza dei requisiti di specificità e autosufficienza conduce inesorabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Dal punto di vista sostanziale, la Corte ribadisce principi consolidati in materia di azione revocatoria, quali la tutelabilità del credito litigioso e la valutazione dell’ eventus damni come accertamento di fatto rimesso al giudice di merito. Per i debitori, la lezione è chiara: gli atti di disposizione patrimoniale, come una donazione, possono essere resi inefficaci se pregiudicano le ragioni dei creditori, e le successive difese processuali devono essere condotte con la massima perizia tecnica.

È possibile esperire un’azione revocatoria anche se il credito non è ancora certo e definitivo?
Sì. La Corte d’Appello, la cui decisione è stata implicitamente confermata sul punto, ha ritenuto che anche un credito litigioso, ovvero un credito la cui esistenza è ancora oggetto di un giudizio, è tutelabile con l’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c.

Per quale motivo principale il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per violazione del principio di autosufficienza. I ricorrenti hanno fatto riferimento a documenti e prove senza riprodurli adeguatamente nel testo del ricorso né indicare con precisione la loro collocazione nel fascicolo, impedendo così alla Corte di valutare le censure e trasformando l’appello in un’inammissibile richiesta di riesame del merito.

Cosa si intende per “eventus damni” nel caso di un atto di donazione compiuto da un fideiussore?
L'”eventus damni” è il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore. Nel caso di un fideiussore, questo pregiudizio sussiste quando l’atto di disposizione (la donazione) determina un peggioramento quantitativo o qualitativo del suo patrimonio, riducendo la garanzia per il creditore. Questa valutazione, secondo la Corte, deve essere fatta esclusivamente con riferimento al patrimonio del fideiussore che ha compiuto l’atto, a nulla rilevando la consistenza patrimoniale di altri eventuali coobbligati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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