Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10710 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10710 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10463/2021 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 231/2021 depositata il 02/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 6/7/8 aprile 2021, illustrato da successiva memoria, il sig. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi illustrati da memoria, avverso la sentenza n. 23172012 della Corte d’ Appello di Venezia, depositata 2.2.2021, di rigetto del gravame dal medesimo interposto avverso la pronunzia Trib. Treviso 16/10/2018, di reiezione della domanda originariamente introdotta nei confronti dei sigg. NOME COGNOMEquale debitore alienante) e NOME COGNOMEquale acquirente dell’immobile) di declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. della cessione immobiliare a titolo di vitalizio stipulata tra questi ultimi in data 26 marzo 2015,
La COGNOME ha proposto controricorso, mentre gli altri intimati COGNOME NOMECOGNOME NOME e COGNOME NOME -eredi di NOME COGNOME – non hanno svolto attività difensiva.
La COGNOME ha depositato atto denominato ‘Memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c.’ che non può considerarsi tale, in difetto dei relativi requisiti di legge.
Il COGNOME aveva convenuto innanzi al Tribunale di Treviso il signor NOME COGNOME e NOME COGNOME (padre e figlia) per chiedere che venisse dichiarata inefficace nei propri confronti, ex art. 2901 c.c., la cessione immobiliare a titolo di vitalizio stipulata
tra i convenuti in data 26 marzo 2015, assumendosi creditore dell’importo di € 51.930,43 oltre interessi, che il debitore NOME COGNOME aveva pagato solo in parte nella misura di € 10.000,00, ritenendo il negozio in danno delle sue ragioni di credito, posto che alla figlia del suo cliente debitore erano stati trasferiti gli unici suoi immobili siti nel Comune di Camponogara, sui quali la medesima aveva iscritto ipoteca volontaria a garanzia di un mutuo chiesto dal proprio figlio. Il tribunale di Treviso, sulla base dei documenti depositati dalle parti, respingeva le richieste di prove orali e respingeva la domanda, ritenendo provato che il credito fosse stato già pagato dal debitore NOME COGNOME e comunque insussistente il consilium fraudis in capo a NOME COGNOME.
Contro la pronuncia emessa ex articolo 702 ter c.p.c. promuoveva appello il COGNOME.
Nel giudizio di appello si costituiva NOME COGNOME mentre NOME COGNOME rimaneva contumace. Essendo quest’ultimo deceduto in corso di causa, NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dei quali il processo veniva riassunto quali chiamati all’eredità, rinunciavano all’eredità, mentre gli altri eredi rimanevano contumaci. La Corte d’appello confermava la sentenza di primo grado, assumendo che l’appellante non aveva dimostrato che il suo credito derivante dalla sua professione di avvocato era rimasto insoddisfatto, posto che la Cosmi, pur senza esserne onerata, aveva provato il contrario. Assumeva in breve che, avendo il creditore inizialmente avviato avverso il debitore una procedura esecutiva avente ad oggetto gli stessi immobili, cui aveva rinunciato con cancellazione della trascrizione del pignoramento del maggio 2014, nulla potesse muoversi nei confronti della acquirente Cosmi, posto che il rogito di cessione degli immobili era avvenuto il 26 Marzo 2015, previa verifica della effettiva cancellazione dell’atto di pignoramento e del
raggiungimento di un accordo tra creditore e debitore. Sulla base della pronuncia della Cassazione n. 26003/ 2010 assumeva che la prova della transazione intervenuta fra creditore e debitore riguardasse il fatto storico dell’esistenza del contratto ai fini della decisione della causa e non il contratto stesso e che, pertanto, erano da respingersi tutte le eccezioni opposte dal creditore in merito alla inammissibilità della prova per testi o per presunzioni dedotte dalla parte convenuta appellata.
Motivi della decisione
Con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’articolo 158 c.p.c. e degli articoli 102 e 106 Costituzione in relazione all’articolo 360 primo comma numero 4 c.p.c., ovverosia error in procedendo per avere la Corte territoriale deciso la causa con un collegio composto da due giudici togati e da un giudice ausiliario non togato, con conseguente nullità della sentenza impugnata.
4.1. Il motivo è palesemente infondato perché al suo accoglimento osta la sentenza della Corte costituzionale numero 41 del 10 – 17 Marzo 2021, mediante la quale la questione della partecipazione dei giudici ausiliari non togati alle decisione della Corte d’appello è stata risolta nel senso che le norme citate sono sì incostituzionali, ma gli effetti della incostituzionalità possono esplicarsi solo dopo che sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, termine che a norma dell’articolo 32 del decreto legislativo numero 116/ 2017 è stato successivamente fissato per il 25 ottobre 2025. Ne consegue la inammissibilità della censura per palese infondatezza.
Con il secondo e terzo motivo il ricorrente denuncia violazioni rilevanti ai sensi dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. per l’omessa considerazione sia degli specifici rapporti personali intercorsi tra le parti che avrebbero dovuto far ritenere pagato il suo credito
solo nella misura di € 10 , sia della malafede della signora COGNOME dimostrata in tutta la vicenda di cui è causa.
5.1. Entrambe le censure sono inammissibili, trattandosi di doppia sentenza conforme che trova l’impedimento di cui all’art. 348 te , co. 5, c.p.c.
5.2. Per evitare l’inammissibilità del motivo il ricorrente ha l’onere -nella specie non assolto- di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Con il quarto motivo il ricorrente si duole che la corte d’appello abbia erroneamente ritenuto non operanti i limiti e le preclusioni in materia di quietanza, forma ad probationem , prova a testimoniale e presunzioni con riferimento al rapporto tra il ricorrente e la signora NOME COGNOME denunciando la violazione degli artt. 1199,2721,2726 e 2729 c.c..
6.1. Il motivo è inammissibile per carenza di specificità ex art. 366 n. 4 e 6 c.p.c. La sentenza impugnata ha ritenuto non applicabili i limiti della prova testimoniale e per presunzioni relativamente ai pagamenti e ai negozi intercorsi tra il ricorrente e NOME COGNOME perché la deducente era un soggetto terzo estraneo ai rapporti di credito o di altra natura tra il debitore e il creditore. La censura, reiterando i motivi di appello non accolti, non offre ulteriori argomenti per contrastare il principio di diritto indicato dalla Corte d’appello, secondo quanto è imposto a pena di inammissibilità ai sensi dell’articolo 366 numero 4 . L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto
qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una puntuale critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (Cass, SU 23745 del 28/10/2020).
Le spese del giudizio di legittimità , liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 e in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 7/2/2025