Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10702 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9976/2021 R.G. proposto da : COGNOME COGNOME NOME e COGNOME elettivamente domiciliati in SIRACUSA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 186/2021 depositata il 26/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 4 aprile 2021 COGNOME NOME, unitamente alle altre ricorrenti di cui in epigrafe, impugna per cassazione la sentenza n. 186/2021 della Corte d’appello di Catania pubblicata il 26 gennaio 2021. L’intimata RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE notificato controricorso.
In data 11.2.2005, nell’ interesse della RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE rilasciava a favore dell’Assessorato Regionale dell “Industria Regione Siciliana’ una polizza fideiussoria a garanzia di un finanziamento (contributo in conto impianti ) per la prima realizzazione di un programma di investimenti destinati alla suddetta unità produttiva. Contestualmente COGNOME NOME, socio ed amministratore unico della srl beneficiata, si obbligava col proprio patrimonio personale, mediante rilascio di apposito atto di impegno, a rivalere la società garante in caso di pagamento della polizza e segnatamente a semplice richiesta, le somme che fosse chiamata a sborsare in dipendenza della summenzionata polizza. Escussa la società assicuratrice, quest’ultima agiva infruttuosamente nei confronti dello Spuria che, nel frattempo, aveva venduto i suoi beni alla madre e alla propria compagna, madre dei suoi figli.
Alla madre COGNOME NOME nel marzo 2007 aveva venduto un terreno edificabile in Siracusa, c. INDIRIZZO COGNOME, della superficie di 1961 mq (al prezzo di € 32.000,00), dichiarato come ricevuto nel corso degli anni 2002 -2003 -2004 mediante varie rimesse in contanti inferiori ad € 12.500, 00; alla sua compagna e madre dei suoi figli, NOME, aveva
ceduto con atto 22.1 .2008 la villa nei pressi di Siracusa, composta da un corpo principale costituito da piano seminterrato, piano terra e piano primo compos a da diciotto vani catastali ed un corpo secondario a piano terra, composto da sette virgola cinque vani catastali , il tutto in un lotto di terreno di pertinenza della superficie complessiva di me mq. 3. 500 circa al prezzo di € 280. 000, 00 .
La RAGIONE_SOCIALE esperiva pertanto dinanzi al Tribunale di Siracusa, contro COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, azione di simulazione e, subordinatamente, per revocatoria ex art. 2901 c.c. dei due atti di vendita.Il Tribunale di Siracusa, ritenuta la fondatezza della domanda di revocatoria in quanto il credito doveva già ritenersi sorto l’ 11.2.2005 col rilascio della polizza, mentre la diminuzione della garanzia patrimoniale risultava di diretta derivazione dei due atti di vendita, dichiarava inefficaci i suindicati atti di trasferimento e condannava i convenuti al pagamento delle spese di lite. COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME appellavano la sentenza svolgendo cinque motivi di gravame che venivano tutti respinti dalla corte d’appello di Catania, confermando la sentenza di primo grado.
Il ricorso è affidato a sei motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo ex articolo 360 1 comma , n. 3 cod. proc. civ. il ricorrente deduce l’ erronea individuazione del momento in cui è sorto il credito di HDI ed erronea individuazione del presupposto soggettivo dell’azione revocatoria sulla anteriorità del credito, deducendo la violazione degli artt. 1950,1951,1954 e 2901 c.c.
8.1. Il motivo è infondato. La Corte d’appello ha ritenuto che l’ accertamento del consilium fraudis del disponente debba essere fatto risalire al momento in cui viene prestata
la garanzia e non anche alla scadenza della obbligazione del debitore principale, sicché è a tale momento che occorre fare riferimento al fine di stabilire se l’ atto in tesi pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito, onde valutare conseguentemente l’elemento soggettivo (citando Cass. Civ. 591/99; Cass. Civ. 7484/ 2001). La revoca del finanziamento accordato, pertanto, non poteva costituire il momento della nascita dell’obbligazione di pagamento, proprio perché la obbligazione garantita dal fideiussore riguardava il credito che deriva dalla concessione del finanziamento pubblico accordato al debitore principale con polizza fideiussoria della società assicuratrice. L’orientamento giurisprudenziale richiamato nella sentenza impugnata è conforme al principio per cui l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la semplice esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, concessa fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla detta apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, c.c., in base al mero requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (” scientia damni “) ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento, giacché l’insorgenza del credito deve essere apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione ( Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 1414 del 18/01/2023; Cass. Sez. 6 –
3, Ordinanza n. 10522 del 03/06/2020; Sez. 3, Sentenza n. 762 del 19/01/2016; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20376 del 09/10/2015; Sez. 3, Sentenza n. 3676 del 15/02/2011)
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 360 comma n.4 e 5 c.p.c. , nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cpc e omesso esame di atti, fatti e questioni decisivi oggetto di discussione fra le parti. Parte ricorrente deduce che la Corte d’ Appello abbia erroneamente ritenuto che la consapevolezza in capo a Spuria Antonio del pregiudizio che gli atti impugnati avrebbero provocato alla RAGIONE_SOCIALE risultava provata per il fatto che essendo A.U. della società debitrice in via principale di certo poteva prevedere che, non potendo rispettarsi i tempi di rendicontazione, l’ Assessorato avrebbe revocato il contributo. Assume che, invece, essendo stato il procedimento di revoca avviato il 18.2.2008, all’ epoca dei due atti impugnati (7.3.2007 e 22.1.2008) non poteva certamente sapere che la Ristomed sarebbe stata chiamata a restituire le somme ricevute dall’ assessorato e pertanto che se la Corte avesse rilevato questa sequenza avrebbe escluso la presenza di un disegno dismissivo.
9.1. Il motivo è inammissibile perché la censura di violazione delle norme processuali in tema di valutazione del compendio probatorio non risulta supportata da un compiuto percorso argomentativo in linea con l’orientamento giurisprudenziale in tema di valutazione delle prove (così, Sez. U -, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass., Sez. 6 -3, ordinanza n. 26769 del 23/20/2018; Sez. 3, sentenza n. 20382 dell’11/10/2016; Cass. Sez. 3, sentenza n. 11892 del 10/6/2016) , a fronte di una sentenza motivata e rispettosa del cd minimo costituzionale di cui a Cass. SU 8053/2014 che, considerando che l’elemento soggettivo non poteva di certo essere rilevato altrimenti, ha ritenuto quale inoppugnabile elemento fondante la scientia danni il fatto
che il ricorrente amministrasse la RAGIONE_SOCIALE Indi, attraverso il sistema deduttivo, la Corte di merito è potuta correttamente passare da una ipotesi sullo stato conoscitivo ad una vera e propria affermazione positiva sulla base di regole di comune esperienza ex art. 115 comma 1 c.p. c.
9.2. Essendo anche prospettata una lacunosa valutazione di fatti con riferimento a una pronuncia che ha confermato le valutazioni del primo giudice, la deduzione di cui all’art. 366 n. 5 si rivela inammissibile ex art. 348 ter, comma 5, c.p.c. (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 06/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Con il terzo motivo deduce ex Art. 360 comma I n. 3 cpc. violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 , 2697 e 2729 c.c. La parte ricorrente sostiene che gli elementi indiziari non potessero ritenersi gravi, precisi e concordanti tanto con riguardo alla vendita del 7.3.2007 alla Cocuzza doveva intendersi in esecuzione di un precedente contratto preliminare del 29.3. 2007, quanto con riguardo alla vendita alla sig.ra COGNOME del 22 .1. 2008 perché a quell’ epoca la probabilità di revoca del contributo era inesistente e men che meno probabile.
10.1. Il motivo è inammissibile ex art. 366 n. 4 e 6 c.p.c. perché si risolve in una valutazione di merito sull’ apprezzamento delle prove e degli indizi posti all’attenzione del giudice, senza riferirsi compiutamente alla motivazione resa sul punto. La sollevata censura di violazione degli artt. 2697 c.c., quindi, è rimasta relegata a mero enunciato perché è sufficiente considerare la breve sequenza temporale degli atti di dismissione sottolineata dalla sentenza impugnata, pressoché concomitante con l’ avvio della attività recuperatoria del contributo da parte di Irfis Medio Credito Regionale (estrinsecatasi poi con successivi atti formali il 29 .1.2008): per cui a fronte di tali
eventi documentati , in cui l’ Ente finanziatore appare avere concesso alla RAGIONE_SOCIALE ben due proroghe, era formalmente seguita prima comunicazione dell r avvio del procedimento di revoca nel febbraio 2008.
Con il quarto motivo parte ricorrente denuncia ex Art. 360 1 0 comma nn. 3 4 5 cpc. violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2697 e 2729 c.c. nonché degli artt. 112, 115, e 116 c.p.c. quanto alla ritenuta consapevolezza dei cessionari di partecipare a un atto dismissivo. La Corte d’ Appello avrebbe errato nell’ attribuire rilievo probatorio indiziario alla circostanza che il debitore abbia venduto due immobili di rilevante valore perché, trattandosi: di atti stipulati a distanza di tempo, non potevano essere unitariamente considerati, senza considerare che la compravendita alla madre ( COGNOME NOME ) risultava funzionalmente collegata a un precedente contratto di cessione di cubatura del 2002; mentre, per quanto concerne la vendita della villa alla compagna di vita sig . ra COGNOME ciò era avvenuto in virtù e in esecuzione di un precedente contratto preliminare.
11.1. Il motivo, oltre ad essere inammissibile perché tende a censurare una valutazione di merito della documentazione prodotta rispetto a una decisione doppiamente conforme, è inammissibile ex art. 366 n. 4 e 6 c.p.c. perché omette di considerare la motivazione resa dalla Corte di merito sulla incidenza della stretta parentela sussistente tra le parti, circostanza di per sé ritenuta idonea a non escludere la concorrente consapevolezza in capo alla COGNOME ( madre del venditore ) e alla COGNOME (madre dei suoi figli) dell’ effetto pregiudizievole degli atti dispositivi, avvenuti allorché il credito era già sussistente.
Con il quinto motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2901, 2697 e 2729 c.c. e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. ex artt. 360 n. 3 e 4 c.p.c. nella parte in
cui la sentenza ha ritenuto provata la consapevolezza del pregiudizio alle ragioni del creditore da parte dei terzi acquirenti, dando rilevanza agli stretti rapporti familiari. Il motivo, reiterativo del quarto, censura valutazioni di merito insindacabili in questa sede ed è pertanto inammissibile per quanto sopra già indicato.
Con il sesto motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c. parte ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 2901 c.c. per sottolineare la irrevocabilità dell’ atto di vendita alla sia.ra COGNOME avvenuta in esecuzione di un contratto preliminare. Il motivo è inammissibile in quanto testualmente fa riferimento ai motivi di doglianza esposti nei succitati motivi, ponendosi in contrasto con la disposizione dell’ art. 366 c.p.c. n. 4, c.p.c., la quale presuppone che la redazione del motivo ‘a cri tica vincolata’ sia fatta non solo non solo con la indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, con specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a dimostrare in qual modo determinate le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie asseritamente violate, o con l’ interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. SU n. 7074 del 2017), risolvendosi nella proposizione di un “non motivo ‘ .
Conclusivamente va rigettato il primo motivo di ricorso; dichiarati inammissibili gli altri motivi.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità , liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 e in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in via solidale, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 7/2/2025