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Azione revocatoria: quando si valuta la malafede?

La Corte d’Appello di Genova ha respinto un’azione revocatoria promossa da un istituto di credito contro la vendita di un immobile. La sentenza stabilisce che la consapevolezza del terzo acquirente del pregiudizio al creditore (scientia damni) deve essere valutata al momento della stipula del contratto preliminare. Poiché a quella data il debitore non era ancora inadempiente, l’azione è stata rigettata, confermando che le successive modifiche al contratto definitivo erano giustificate e non indice di frode.

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Azione Revocatoria: Il Contratto Preliminare è il Momento Decisivo per Valutare la Malafede

L’azione revocatoria è uno degli strumenti più importanti a tutela dei creditori. Ma cosa succede quando la vendita di un immobile avviene in due fasi, con un contratto preliminare e un rogito definitivo stipulato anni dopo? Una recente sentenza della Corte di Appello di Genova chiarisce un punto fondamentale: il momento determinante per valutare la consapevolezza del danno (la cosiddetta scientia damni) del terzo acquirente è quello della firma del preliminare. Analizziamo insieme questo caso.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce da un mutuo concesso da un istituto di credito a una debitrice, garantito anche dai suoi figli. Anni dopo, la debitrice smette di pagare le rate, diventando inadempiente. Nel frattempo, circa sei mesi prima dell’inadempimento, la debitrice e i figli (come nudi proprietari) avevano firmato un contratto preliminare per vendere un immobile a un terzo acquirente.

Il contratto definitivo (rogito) viene stipulato quasi quattro anni dopo, a un prezzo inferiore rispetto a quello pattuito nel preliminare e con altre modifiche. L’istituto di credito, vedendo diminuire la garanzia patrimoniale della sua debitrice, avvia un’azione revocatoria per rendere inefficace la vendita, sostenendo che fosse stata orchestrata per frodare le sue ragioni.

Il Tribunale di primo grado rigetta la domanda e il creditore presenta appello.

La Decisione della Corte d’Appello sull’Azione Revocatoria

La Corte di Appello di Genova ha confermato integralmente la decisione di primo grado, rigettando l’appello del creditore. Secondo i giudici, l’azione revocatoria era infondata perché mancava la prova dell’elemento soggettivo fondamentale: la consapevolezza del terzo acquirente di arrecare un danno al creditore.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su principi giuridici consolidati, analizzando attentamente la sequenza temporale degli eventi.

Il Momento Cruciale: Il Contratto Preliminare

Il punto centrale della sentenza è il cosiddetto principio dell'”assorbimento” del preliminare nel definitivo. La libera scelta delle parti si consuma al momento della firma del contratto preliminare, che è un atto già vincolante. Di conseguenza, è a quella data che bisogna verificare la sussistenza della scientia damni in capo all’acquirente. Nel caso di specie, al momento della stipula del preliminare, la debitrice non era ancora inadempiente e non vi erano segni evidenti del suo dissesto finanziario. Pertanto, l’acquirente non poteva essere a conoscenza del potenziale pregiudizio per il creditore.

L’Assenza della “Scientia Damni” del Terzo Acquirente

La Corte ha sottolineato che il creditore non ha fornito alcuna prova che l’acquirente fosse a conoscenza della situazione debitoria dei venditori. Non sono emersi rapporti di parentela, frequentazione o altre circostanze che potessero far sorgere un sospetto. Inoltre, lo stesso istituto di credito si era attivato per il recupero del credito solo molti anni dopo l’inadempimento, rendendo ancora più credibile l’ignoranza della situazione da parte del terzo.

Le Modifiche al Contratto: Giustificate e non Fraudolente

L’appellante aveva insistito sulle differenze tra il contratto preliminare e quello definitivo, in particolare sulla riduzione del prezzo, interpretandole come indici di un accordo fraudolento. La Corte ha respinto questa tesi, ritenendo le modifiche pienamente giustificate. Dalla documentazione prodotta è emerso che, dopo il preliminare, l’acquirente aveva scoperto vizi e irregolarità urbanistiche nell’immobile. Ne era nato un contenzioso, conclusosi con un accordo transattivo che prevedeva, appunto, una riduzione del prezzo a titolo di risarcimento. Questa circostanza, documentata e legittima, ha smontato la tesi della frode.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di azione revocatoria applicata a compravendite immobiliari scaglionate nel tempo. La valutazione della buona o mala fede del terzo acquirente va retrodatata al momento in cui l’impegno a comprare è diventato giuridicamente vincolante, ovvero alla firma del contratto preliminare. Le vicende successive, come l’inadempimento del venditore verso i suoi creditori, non possono incidere retroattivamente sulla posizione del promissario acquirente, a meno che non si provi un suo coinvolgimento fraudolento. Per i creditori, ciò significa che l’onere della prova è particolarmente rigoroso e devono dimostrare che la consapevolezza del danno esisteva già al momento del compromesso, un compito spesso arduo.

In un’azione revocatoria di una vendita preceduta da un preliminare, in quale momento si valuta la consapevolezza del danno (scientia damni) del terzo acquirente?
La consapevolezza del danno da parte del terzo acquirente deve essere valutata con riferimento alla data di stipula del contratto preliminare, poiché è in quel momento che si consolida la scelta delle parti e sorge l’obbligo di concludere il contratto definitivo.

Le modifiche tra contratto preliminare e definitivo, come una riduzione del prezzo, rendono automaticamente la vendita revocabile?
No. Secondo la sentenza, se le modifiche trovano una piena e documentata giustificazione in eventi successivi (come la scoperta di vizi dell’immobile che hanno dato luogo a un contenzioso e a un accordo transattivo), non costituiscono indici di un accordo fraudolento finalizzato a danneggiare i creditori.

Su chi ricade l’onere di provare la malafede del terzo acquirente in un’azione revocatoria?
L’onere della prova ricade interamente sul creditore che agisce in revocatoria. È il creditore a dover dimostrare non solo il pregiudizio alle proprie ragioni (eventus damni), ma anche la consapevolezza di tale pregiudizio da parte del terzo acquirente (scientia damni).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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