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Azione revocatoria: quando la vendita è inefficace?

La Corte di Cassazione conferma la revoca di una compravendita immobiliare. Attraverso l’azione revocatoria, è stato stabilito che per rendere inefficace la vendita è sufficiente la semplice conoscibilità del pregiudizio ai creditori da parte dell’acquirente, provata tramite indizi come protesti e una rapida rivendita in perdita. La richiesta di compensazione del debito è stata respinta perché presentata per la prima volta in appello.

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Azione Revocatoria: La Semplice Conoscibilità del Danno Basta a Revocare la Vendita

L’azione revocatoria rappresenta uno degli strumenti più importanti a tutela dei creditori. Ma quali sono i presupposti per il suo successo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per rendere inefficace una vendita immobiliare non è necessaria la prova di un accordo fraudolento, ma è sufficiente che l’acquirente fosse in condizione di conoscere il pregiudizio che l’atto avrebbe arrecato ai creditori del venditore. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Sotto la Lente del Fallimento

Una società operante nel settore edile vendeva due porzioni immobiliari a un’altra impresa. Pochi mesi dopo, la società acquirente rivendeva gli stessi immobili a due privati per un corrispettivo inferiore a quello d’acquisto. Successivamente, la società venditrice originaria veniva dichiarata fallita.

Il curatore fallimentare, ritenendo che la prima vendita avesse danneggiato la massa dei creditori, avviava un’azione revocatoria. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda, dichiarando inefficace l’atto di compravendita e condannando la società acquirente a versare una somma cospicua al fallimento, a titolo di risarcimento per equivalente, dato che il bene era già stato rivenduto a terzi.

La Questione della Scientia Damni: requisito chiave dell’azione revocatoria

Il cuore della controversia legale è giunto in Cassazione, dove la società acquirente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel ritenere sufficiente la mera “conoscibilità” del pregiudizio. Secondo la ricorrente, per accogliere l’azione revocatoria sarebbe stata necessaria la prova di una sua “effettiva consapevolezza” del danno arrecato ai creditori della società venditrice. In sostanza, si contestava il criterio utilizzato per valutare l’elemento soggettivo richiesto dalla legge, la cosiddetta scientia damni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato e fornendo importanti chiarimenti sull’interpretazione dell’art. 2901 del Codice Civile.

La Prova della Consapevolezza del Pregiudizio

I giudici hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui, per integrare il requisito soggettivo dell’azione revocatoria, è sufficiente la semplice conoscenza o l’agevole conoscibilità del pregiudizio da parte del terzo acquirente. Non è richiesta né l’intenzione specifica di danneggiare i creditori (consilium fraudis), né una collusione tra debitore e terzo.

La Corte ha ritenuto che la prova di tale conoscibilità potesse essere raggiunta anche tramite indizi presuntivi. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente valorizzato una serie di elementi gravi, precisi e concordanti:

1. La molteplicità di atti di vendita: la società venditrice, in un ristretto arco temporale, aveva dismesso gran parte del suo patrimonio immobiliare, denotando un disegno volto a depauperare l’attivo societario.
2. La presenza di protesti: erano stati pubblicati numerosi protesti a carico della società venditrice, segnali inequivocabili di una grave difficoltà finanziaria.
3. La rivendita in perdita: l’acquirente aveva rivenduto gli immobili a un prezzo inferiore a quello di acquisto, senza trarre alcun utile economico dall’operazione, un comportamento commercialmente anomalo.

Questi elementi, complessivamente considerati, rendevano palese che l’acquirente non poteva non essere a conoscenza della situazione di dissesto della controparte e del conseguente danno per i creditori.

Il Rigetto della Domanda di Compensazione

La Cassazione ha inoltre confermato la decisione della Corte d’Appello di rigettare la richiesta della società acquirente di compensare il proprio debito verso il fallimento con un credito preesistente. L’eccezione di compensazione, infatti, era stata sollevata per la prima volta nel giudizio di appello, in violazione del divieto di proporre nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, come previsto dal codice di procedura civile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame ribadisce un principio di grande importanza pratica: chi acquista un bene, specialmente da un’impresa, deve prestare attenzione agli indicatori che possono segnalare una sua difficoltà finanziaria. La presenza di protesti o la vendita di beni a condizioni palesemente svantaggiose per il venditore sono campanelli d’allarme che non possono essere ignorati. In caso di successivo fallimento del venditore, il creditore che agisce con l’azione revocatoria non dovrà dimostrare un accordo fraudolento, ma gli basterà provare che l’acquirente, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto e dovuto essere a conoscenza del pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale dei creditori.

Per esercitare un’azione revocatoria, è necessaria la prova che l’acquirente sapesse del danno ai creditori?
No, secondo la Corte è sufficiente la semplice conoscenza o anche solo l’agevole conoscibilità del pregiudizio che l’atto di vendita avrebbe arrecato ai creditori. Non è richiesta l’intenzione specifica di danneggiare.

Come si può provare la ‘conoscibilità’ del pregiudizio da parte dell’acquirente?
La prova può essere fornita tramite indizi presuntivi (o presunzioni), come la pubblicazione di numerosi protesti a carico del venditore, una rapida rivendita del bene a un prezzo inferiore e la presenza di continui rapporti commerciali tra le parti che suggeriscono una conoscenza approfondita della situazione finanziaria.

È possibile chiedere in appello la compensazione di un debito derivante da sentenza con un proprio credito verso la controparte fallita?
No, la Corte ha stabilito che l’eccezione di compensazione non può essere proposta per la prima volta in appello, in quanto non è un’eccezione che il giudice può rilevare di sua iniziativa (non è rilevabile d’ufficio) e deve essere presentata nel primo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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