Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3512 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3512 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
R.G.N. 26202/2020
C.C. 29/01/2025
VENDITA -AZIONE REVOCATORIA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 26202/2020) proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura apposta in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO;
–
ricorrente –
contro
LIBERANOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e con indicazione del domicilio digitale all’indirizzo pec: EMAIL;
– controricorrente –
e
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 116/2020, pubblicata l’8 aprile 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal controricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, NOME NOME -essendo creditore nei confronti di COGNOME NOME della somma di euro 10.806,93, oltre rivalutazione ed interessi, in forza del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 568/13 emesso il 22 novembre 2013 dal Tribunale di Campobasso e non opposto -conveniva in giudizio dinanzi allo stesso Tribunale il medesimo COGNOME NOME nonché COGNOME NOME per la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di compravendita del 17 maggio 2010 per notar COGNOME NOME (rep. n. 74786, racc. n. 21666), con il quale il COGNOME aveva trasferito al Cucciniello la piena proprietà di cespiti immobiliari siti in Spinete (CB) alla INDIRIZZO e meglio individuati nell’atto in questione.
A sostegno di tale domanda, l’attore deduceva come dovesse ritenersi evidente che, dietro il suddetto atto traslativo, si celasse un intento fraudolento delle parti di sottrarre i beni immobili oggetto della compravendita alle sue ragioni creditorie.
Si costituivano in giudizio COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali chiedevano al Tribunale dichiararsi l’improcedibilità e l’inammissibilità ovvero il rigetto della domanda attorea, assumendo l’insussistenza dei presupposti e delle condizioni dell’esperita simulazione e revocatoria, ovvero il difetto del ‘consilium fraudis’ e l’assenza di prova sulla diminuita capacità patrimoniale del debitore COGNOME NOME.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 569/2015, accoglieva la domanda e, per l’effetto, dichiarava l’inefficacia, nei confronti dell’attore, dell’atto di compravendita sopra citato, con condanna in via solidale di entrambi i convenuti al pagamento delle spese del giudizio.
COGNOME NOME e COGNOME NOME proponevano -con distinti atti separati – appello avverso la citata sentenza di primo grado, lamentando entrambi la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,
116 c.p.c. e 2727 e ss. c.c., il vizio di motivazione apodittica ed insufficiente, il travisamento dei fatti e degli atti del giudizio.
In particolare, gli appellanti sostenevano che il Tribunale di Campobasso avesse erroneamente accolto la domanda revocatoria, valorizzando, con specifico riferimento al ‘consilium fraudis’ in capo al COGNOME, un unico indizio relativo alla perdurante occupazione dell’immobile da parte di COGNOME NOME e non considerando la prova contraria consistente nella produzione in giudizio (ad opera dei convenuti) di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto di compravendita.
Si costituiva in entrambi i giudizi di gravame COGNOME NOMECOGNOME il quale instava per il rigetto di entrambi gli appelli e per la conferma della sentenza impugnata.
Disposta la riunione dei due giudizi di appello siccome concernenti l’impugnazione della stessa pronuncia, con la sentenza n. 116/2020, la Corte di appello di Campobasso rigettava entrambi i gravami, confermando la sentenza impugnata e condannando gli appellanti, in via solidale tra loro, a rimborsare al costituito appellato NOME NOME le spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la citata Corte territoriale riteneva di dover condividere la ricostruzione effettuata dal giudice di prime cure, essendo la sentenza appellata -oltre che sorretta da congrua ed esaustiva motivazione -perfettamente aderente nel suo percorso logico-interpretativo al costante e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in virtù del quale, ai fini della configurazione dell”eventus damni’ di cui all’art. 2901 c.c., è sufficiente che l’atto dispositivo del debitore abbia reso incerto o anche solo più difficile il soddisfacimento coattivo del credito, così come debba considerarsi bastevole la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi della parte creditrice (non essendo, invece, necessario l”animus nocendi’).
Contro la menzionata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME Eugenio.
Ha resistito con controricorso, illustrato da memoria, NOMECOGNOME
E’ rimasto intimato COGNOME NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2697 c.c. in relazione alla ritenuta sussistenza, in capo allo stesso, del requisito relativo alla ‘scientia damni’, nonché la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per omessa motivazione in ordine alla sussistenza della sua consapevolezza di ragioni creditorie ai danni del disponente.
In particolare, il citato ricorrente deduce che la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dell’art. 2901 c.c. in tema di azione revocatoria ordinaria in relazione all’elemento soggettivo della ‘scientia damni’ del terzo acquirente, in quanto comprensivo anche della consapevolezza della sussistenza di ragioni creditorie ai danni del disponente.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta -con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. -la violazione degli artt. 2729 c.c. e 115 c.p.c., nonché -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
In dettaglio, secondo il ricorrente, la Corte di appello ha erroneamente sussunto gli elementi di fatto emersi agli atti nell’ambito applicativo dell’art. 2729 c.c. e ha travisato la relativa prova contraria inerente il contratto di comodato quale titolo giustificativo della perdurante occupazione dell’immobile da parte dell’alienante, fatto quest’ultimo da considerarsi, invece, decisivo per il giudizio.
Il primo motivo è del tutto infondato.
Infatti, la Corte di appello -diversamente da quanto prospettato con la censura -ha adottato una motivazione assolutamente adeguata e rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.
nell’individuazione della sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive per ravvisare -in consonanza, del resto, con la decisione di primo grado la fondatezza dell’azione revocatoria formulata dal COGNOME NOMECOGNOME e tanto in base ad un complesso argomentativo basato su idonei accertamenti di merito, la cui valutazione è insindacabile nella presente sede di legittimità.
A tal proposito, la Corte molisana ha individuato una serie di elementi fattuali che, inserendosi in un complessivo quadro indiziario poggiante su presunzioni caratterizzate da gravità, precisione e concordanza, ha determinato un sicuro convincimento in ordine al raggiungimento della prova circa la sussistenza delle condizioni propriamente previste dall’art. 2901 c.c.
In particolare, il giudice di appello ha -in conformità al percorso logico-giuridico-argomentativo del giudice di prime cure -evidenziato come, sul presupposto pacifico della preventiva formazione di una ragione di credito del COGNOME NOME (riconducibile ad un decreto ingiuntivo non opposto), l’atto di vendita impugnato oltretutto (circostanza molto rilevante) riferito agli unici beni immobiliari del suo patrimonio – fosse stato concluso in un arco temporale successivo in cui il Calabrese non poteva non avere la consapevolezza della sua condizione debitoria nei confronti del citato creditore, aggravata dal fatto che lo stesso non aveva posto in essere alcuna attività idonea a soddisfare tale debito, rimanendo, peraltro, nel godimento dell’immobile in forza di un comodato concluso con l’acquirente, peraltro di dubbia data e senza che fosse rimasto riscontrato alcun suo collegamento funzionale con la stipulata compravendita.
Al contempo la Corte territoriale ha ravvisato l’irrilevanza degli argomenti contrari addotti dal COGNOME in ordine alle modalità di pagamento del prezzo da parte del compratore COGNOME.
Alla stregua della convergenza di tutti gli elementi indicati, il giudice di appello -conformandosi all’univoca giurisprudenza di questa Corte –
ha ritenuto sussistenti sia la condizione oggettiva (‘eventus damni’) che di quella soggettiva (‘consilium fraudis’), anche avuto riguardo alla condotta partecipativa del terzo acquirente, non essendo ammissibile, nella presente sede, una rivalutazione di merito in proposito, una volta che siano rimasti accertati i presupposti per la configurazione di un quadro presuntivo rispondente ai requisiti stabiliti dall’art. 2729 c.c. (cfr., ad es., Cass. n. 16986/2007; Cass. n. 16221/2019).
Il secondo motivo è inammissibile.
Lo è con riferimento al dedotto vizio ricondotto al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. per la preclusione da doppia conformità delle motivazioni dei due giudici di merito (e senza che il ricorrente abbia evidenziato utili elementi per poterne evincere la non completa convergenza); ciò ai sensi dell’art. 348 -ter, ultimo comma, c.p.c., ‘ratione temporis’ applicabile.
Lo è in relazione alla supposta violazione degli artt. 2729 c.c. e alla prospettata violazione dell’art. 115 c.p.c., deducendosi, al riguardo, un vizio incasellato nell’art. 360, n. 4, c.p.c., perché, con tali doglianze, il ricorrente tende -ancora una volta -a risollecitare, nella presente sede di legittimità, una rivalutazione degli accertamenti di merito spettante all’apprezzamento della Corte di appello, la quale come già evidenziato nella disamina del primo motivo -è giunto al convincimento della sussistenza delle condizioni per ravvisare la fondatezza della proposta domanda ex art. 2901 c.p.c., sulla scorta di una legittima ricostruzione delle idonee e convergenti presunzioni (Cass. n. 3676/2011 e Cass. n. 18315/2015) desumibili dalle accertate circostanze oggettive e soggettive come in precedenza poste in risalto (che non sono solo quelle indicate dal ricorrente a pag. 12 del ricorso, nel periodo inziale), senza, quindi, che possa ritenersi configuratasi la prospettata violazione dell’art. 115 c.p.c.
E’ appena il caso di evidenziare che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione appena indicata, occorre denunciare che il
giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (cfr. Cass. SU n. 20867/2020 e Cass. n. 16016/2021).
5. In definitiva, il ricorso deve essere respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento – in favore del controricorrente -delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, con distrazione a vantaggio dell’avv. NOME COGNOME per dichiarato anticipo.
Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, in un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.400,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge, con distrazione a vantaggio dell’avv. NOME COGNOME
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della