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Azione revocatoria: quando la donazione è a rischio

Un debitore dona un immobile dopo aver contratto un mutuo ma prima di ricevere i decreti ingiuntivi. La banca creditrice agisce con un’azione revocatoria per rendere inefficace la donazione. La Corte di Cassazione conferma la decisione, stabilendo che il credito sorge al momento della stipula del mutuo, non del decreto ingiuntivo. Pertanto, la donazione è successiva al credito e non è necessaria la prova della dolosa preordinazione, ma solo la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore. La Corte respinge anche le eccezioni procedurali relative all’intervento tardivo di un cessionario del credito e alla prescrizione dell’azione.

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Azione Revocatoria: La Cassazione Spiega Quando una Donazione Può Essere Annullata

L’azione revocatoria è uno strumento fondamentale a tutela dei creditori. Permette di ‘revocare’ atti di disposizione del patrimonio, come una donazione, che un debitore compie a danno delle ragioni creditorie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti di questa azione, in particolare sulla data di insorgenza del credito e sugli oneri probatori. Analizziamo insieme la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso: Una Donazione Sotto la Lente dei Creditori

Un istituto di credito aveva concesso un mutuo fondiario a un soggetto. Successivamente, quest’ultimo donava un proprio immobile a due suoi parenti. Anni dopo, la banca otteneva dei decreti ingiuntivi per un importo considerevole contro il debitore. A questo punto, la banca (e in seguito una società cessionaria del credito) avviava un’azione revocatoria per far dichiarare l’inefficacia della donazione, sostenendo che tale atto pregiudicava la possibilità di recuperare il proprio credito.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la domanda, ma i donatari (coloro che avevano ricevuto l’immobile) proponevano ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

La Decisione della Cassazione sull’Azione Revocatoria

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. I motivi di ricorso sono stati esaminati e respinti punto per punto, fornendo chiarimenti cruciali.

L’intervento del Cessionario del Credito

I ricorrenti sostenevano che la società cessionaria del credito fosse intervenuta nel processo troppo tardi, quando i termini per proporre nuove domande erano già scaduti. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: le preclusioni per il terzo interveniente previste dall’art. 268 c.p.c. riguardano solo le attività istruttorie (richiesta di prove), non quelle assertive. Di conseguenza, il terzo può proporre domande nuove e autonome fino al momento della precisazione delle conclusioni.

L’eccezione di Prescrizione

Un’altra doglianza riguardava la prescrizione quinquennale dell’azione revocatoria. I ricorrenti affermavano di averla eccepita tempestivamente, mentre la Corte d’Appello l’aveva ritenuta tardiva. La Cassazione ha chiarito che l’interpretazione della volontà processuale di una parte è un accertamento di fatto che, se adeguatamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità. I giudici di merito avevano correttamente ritenuto che le espressioni usate dai ricorrenti non costituissero una formale e chiara eccezione di prescrizione.

Il Pregiudizio per il Creditore e la Solvibilità dei Coobbligati

I ricorrenti contestavano la sussistenza del pregiudizio, sostenendo che il patrimonio residuo del debitore fosse capiente e che si dovesse tener conto anche del patrimonio di eventuali altri coobbligati. La Corte ha ritenuto inammissibile la prima censura, in quanto si trattava di una rivalutazione del merito già accertata nei gradi precedenti. Riguardo alla seconda, ha affermato che il creditore ha la facoltà di agire in revocatoria nei confronti di uno qualsiasi dei coobbligati solidali che abbia compiuto atti di disposizione, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri siano sufficienti a garantire l’adempimento.

L’Anteriorità del Credito e la Prova dell’Intento Fraudolento

Questo è il punto centrale della decisione. I ricorrenti sostenevano che, essendo la donazione anteriore ai decreti ingiuntivi, il creditore avrebbe dovuto provare la dolosa preordinazione dell’atto. La Cassazione ha smontato questa tesi, chiarendo che il momento determinante per stabilire l’anteriorità del credito non è la data del provvedimento giudiziale che lo accerta (il decreto ingiuntivo), ma la data in cui il credito è sorto. Nel caso di un mutuo, il credito sorge con la stipula del contratto. Poiché il mutuo era anteriore alla donazione, l’atto di disposizione era successivo al sorgere del credito. Di conseguenza, non era necessario provare la dolosa preordinazione, ma era sufficiente la semplice consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (la cosiddetta scientia damni).

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ha distinto nettamente il piano assertivo da quello istruttorio per l’intervento del terzo, garantendo un’ampia facoltà di difesa. In secondo luogo, ha riaffermato che il creditore di un’obbligazione solidale ha il diritto di tutelare la propria garanzia patrimoniale nei confronti di ciascun debitore, indipendentemente dalla situazione degli altri. Infine, e soprattutto, ha ribadito il principio fondamentale secondo cui, per l’azione revocatoria, la data di origine del credito va ricondotta alla sua fonte (il contratto, in questo caso), e non al successivo accertamento giudiziale. Questo sposta l’onere della prova e semplifica notevolmente la posizione del creditore quando l’atto di disposizione è, come in questo caso, successivo alla nascita del rapporto obbligatorio.

Conclusioni

Questa ordinanza è di grande importanza pratica. Ricorda ai debitori che atti di disposizione patrimoniale, come donazioni a familiari, possono essere facilmente attaccati dai creditori se compiuti dopo aver contratto un debito. La data di stipula di un contratto di mutuo o di finanziamento è il momento cruciale da considerare. Per i creditori, la sentenza conferma la solidità dello strumento dell’azione revocatoria e chiarisce che l’onere probatorio è meno gravoso di quanto si possa pensare, non essendo sempre richiesta la prova di un intento fraudolento preordinato. La tutela del credito trova così una robusta affermazione, garantendo che il patrimonio del debitore rimanga la garanzia effettiva delle sue obbligazioni.

Quando sorge un credito ai fini di un’azione revocatoria?
Il credito non sorge con il provvedimento del giudice che lo accerta (es. decreto ingiuntivo), ma nel momento in cui nasce l’obbligazione. Per un credito derivante da un contratto di mutuo, il momento rilevante è la data di stipula del contratto stesso.

Un creditore può agire in revocatoria contro un solo coobbligato se gli altri sono solvibili?
Sì. Il creditore ha la facoltà di promuovere l’azione revocatoria nei confronti di uno solo dei coobbligati solidali che compia atti di disposizione del proprio patrimonio, senza dover dimostrare l’incapienza degli altri debitori.

Un terzo che interviene in una causa già iniziata può proporre nuove domande?
Sì. Secondo la Cassazione, le preclusioni per il terzo interveniente si applicano solo al piano istruttorio (richiesta di prove), ma non a quello assertivo. Pertanto, il terzo può formulare domande nuove e autonome rispetto a quelle delle parti originarie fino alla precisazione delle conclusioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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