Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10876 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10876 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21935/2022 R.G. proposto da:
COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentati e difesi dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE PORDENONESE RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1151/2022 depositata il 10/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La Banca di Credito Cooperativo Pordenonese e Monsile, già Banca di Monastier e del Sile, ha ottenuto decreti ingiuntivi nei confronti di NOME COGNOME per un importo di circa 440.000 €, derivante da un mutuo fondiario.
I decreti ingiuntivi sono stati ottenuti tutti nel corso del 2014, mentre il 20 febbraio del 2013 NOME COGNOME ha donato a NOME e NOME COGNOME la proprietà di un suo immobile.
2. -La Banca di Credito cooperativo ha dunque agito in revocatoria di tale atto di vendita, davanti al Tribunale di Treviso, dove si sono costituiti i convenuti per resistere a tale domanda.
Nel giudizio è poi intervenuta la società RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del credito.
3. -Il Tribunale di Treviso ha accolto la domanda accertando quindi che la donazione era stata fatta in violazione delle ragioni del creditore la cui possibilità di soddisfazione veniva pregiudicata.
Questa decisione è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Venezia.
-Avverso la suindicata pronunzia della corte di merio i COGNOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resistono con separati controricorsi, illustrati da memoria, la società RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE
Ragioni della decisione
-Con il primo motivo i ricorrenti denunziano violazione dell’articolo 268 cpc, oltre che degli articoli 116 e167 stesso codice.
La censura attiene all’intervento di COGNOME SPV.
Poiché la cessione era avvenuta prima che la causa iniziasse, l’azione di RAGIONE_SOCIALE è stata intesa non già come successione in senso tecnico, ma come intervento principale.
Dunque, in quanto tale, l’azione di revocatoria di Nostos RAGIONE_SOCIALE ha costituito autonoma domanda, derivante da intervento autonomo, e non poteva in tal senso essere proposta oltre il termine imposto alle parti dalle norme che introducono preclusioni.
Secondo i ricorrenti il termine posto dall’articolo 268 c.p.c., infatti, secondo cui il terzo non può compiere atti che, al momento dell’intervento, non sono più consentiti ad alcun altra parte, è riferibile a qualsiasi atto, sia istruttorio che assertivo. Ed impedisce dunque di fare domande oltre il termine previsto dalla norma.
Dunque, essendo la RAGIONE_SOCIALE intervenuta dopo lo scadere delle preclusioni (dopo il termine per la costituzione del convenuto) non poteva non solo formulare richieste istruttorie ma neanche domande.
Il motivo è infondato.
Costituisce principio consolidato che la preclusione per il terzo interveniente di compiere atti che al momento dell’intervento non sono più consentiti ad alcuna parte, ai sensi dell’art. 268, secondo comma, cod. proc. civ., opera esclusivamente sul piano istruttorio, e non anche su quello assertivo, attesa la facoltà di intervento, attribuita dal primo comma della stessa disposizione, sino a che non vengano precisate le conclusioni.
Ne consegue che è ammissibile la formulazione da parte del terzo di domande nuove ed autonome rispetto a quelle già proposte dalle parti originarie, in quanto attività coessenziale all’intervento stesso (Cass. 11681/ 2014; Cass. 25620/2016).
2. -Con il secondo motivo denunziano violazione dell’articolo 2903 c.c.
La questione è la seguente.
Secondo i ricorrenti, poiché l’atto oggetto di revoca è stata stipulato a febbraio del 2013 e l’intervento di Nostos è invece stato depositato a giugno del 2018, sono trascorsi i cinque anni di prescrizione previsti dall’articolo 2903 c.c.
I ricorrenti assumono di avere posto la questione al giudice di merito, ossia di avere eccepito che l’intervento di Nostos SPV, con cui quest’ultima ha fatto valere l’azione revocatoria, è stato notificato oltre il termine di cinque anni di prescrizione.
La Corte di Appello ha tuttavia ritenuto tardiva l’eccezione, poiché fatta solo con le memorie di cui all’articolo 183 c.p.c. e non nell’atto immediatamente successivo alla costituzione in giudizio di Nostos SPV, come avrebbe dovuto essere.
Sostengono invece i ricorrenti di avere tempestivamente eccepito la prescrizione, avendolo fatto con la memoria istruttoria, e non potendolo fare prima.
Il motivo è infondato.
Il primo atto successivo all’intervento è stata l’udienza di comparizione.
Secondo i ricorrenti, l’eccezione di prescrizione è stata fatta proprio in quella occasione, secondo quanto risulta dedotto nel relativo verbale; deduzioni che invece il giudice di merito ha ritenuto non comprensive della eccezione di prescrizione, ma limitate ad eccepire preclusioni in cui sarebbe incorsa la società intervenuta.
Ritengono i ricorrenti che il fatto di aver proposto l’eccezione era ricavabile dalle espressioni usate e dal contenuto delle difese.
Invero, la parte che propone l’eccezione ha l’onere di esplicitarla, allegando il fatto costitutivo e manifestando la volontà di avvalersene (Cass. 14576/ 2007; Cass. 15790/ 2016).
L’interpretazione data dalla corte di appello di tale volontà è insindacabile in cassazione, se motivata, e lo è: i giudici di merito riportano le espressioni usate e danno conto del perché, in quel momento utile a farlo, non è stata formulata eccezione di prescrizione.
Né può dirsi che il termine fosse diverso e successivo, in quanto gli stessi ricorrenti, alla udienza di comparazione, avevano noto il contenuto dell’intervento, che del resto hanno contestato. 3. -Con il terzo motivo denunziano violazione degli articoli 2901 e 1292 e 2740 c.c.
I ricorrenti contestano alla corte di merito di non avere tenuto conto del fatto, chiaramente ed oggettivamente emerso, che il patrimonio era capiente, che esistevano altri beni e che dunque la donazione di quello specifico bene oggetto di revocatoria non ha arrecato danno alcuno al creditore.
Inoltre, contestano alla corte di merito di non aver tenuto conto del fatto che vi erano obbligati in solido il cui patrimonio andava tenuto in conto ai fini della stima del pregiudizio recato dalla donazione.
Il motivo è inammissibile quanto alla prima censura, ed infondato quanto alla seconda.
Inammissibile in quanto i giudici di merito hanno accertato, e ne danno conto, anche a mezzo consulenza tecnica, che invece il patrimonio, pur tenendo conto degli altri beni (una nuda proprietà ed altri locali commerciali) non era comunque capiente, per cui la contestazione di questo accertamento si risolve nella prospettazione di un accertamento diverso, ed è qui inammissibile.
E’ infondato in quanto, qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore promuovere l’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. -ricorrendone i presupposti -nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento (Cass. 6484/ 2011; Cass. 8315/ 2017; Cass. 33391/ 2022; Cass. 25883/ 2023). 4. -Con il quarto motivo denunziano violazione degli articoli 2901 cc e 115 e 116 c.p.c.
Sostengono i ricorrenti che il creditore avrebbe dovuto fornire prova della dolosa preordinazione della donazione a suo discapito, e che tale prova è chiaramente mancata.
La censura dà come presupposto che l’atto di donazione, qui oggetto di revocatoria, sia anteriore al sorgere del credito, con la conseguenza che occorrerebbe dimostrare la dolosa preordinazione volta ad eluderlo.
Il motivo è infondato.
Quel presupposto è errato.
L’atto di donazione è anteriore, si, ai decreti ingiuntivi, ma posteriore al sorgere del credito.
Risponde infatti a principio consolidato che, in caso di credito litigioso, comunque idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, per stabilire se esso sia o meno sorto anteriormente all’atto di disposizione del patrimonio è necessario fare riferimento alla data del contratto, ove sia un credito di fonte contrattuale, o a quella
dell’illecito, qualora si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito (Cass. 11121/ 2020).
Orbene, nella specie si tratta di credito da restituzione di un mutuo fondiario, sorto ben prima della emissione dei decreti ingiuntivi, che ne segnano semmai un riconoscimento giudiziale.
Con la conseguenza che, essendo l’atto di disposizione successivo al credito, e non già anteriore non era necessario provare la dolosa preordinazione.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 euro per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/3/2025