SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4861 2025 – N. R.G. 00006518 2021 DEPOSITO MINUTA 25 08 2025 PUBBLICAZIONE 25 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Terza Sezione Civile
Composta dai signori magistrati: Dr. NOME COGNOME Presidente REL. Dr.ssa NOME COGNOME Consigliere Dr. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile di II° grado iscritta al N. 6518/21 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi, riservata in decisione in data 8 aprile 2025 all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni, svoltasi in modalità cartolare ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. , con ad oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 1508221
e vertente tra
c.f.
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– appellante –
E
la
(p.i.
rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– appellata
–
E
(c.f.
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– appellante incidentale adesivo –
C.F.
P.
C.F.
IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato
che:
-il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1508221 del 18 settembre 2021 accolse la domanda di dichiarando inefficace nei suoi confronti l’atto pubblico di cessione di diritti immobiliari intervenuto tra e e condannando queste ultime al pagamento delle spese di lite; le vicende di causa possono così riassumersi: la incaricata di recuperare opere d’arte in possesso di un depositario, chiedeva ed otteneva dalla un prestito, a mezzo assegno, pari ad € 100.000,00, a garanzia della cui restituzione rilasciava una vaglia cambiario del medesimo valore e con scadenza al 28 febbraio 2011; a causa del perdurante inadempimento dell’obblig o di restituzione della somma mutuata, notificava atto di precetto e, eseguite le opportune visure catastali, veniva a conoscenza dell’avvenuta cessione, a titolo di datio in solutum , della proprietà di tutte le unità immobiliari intestate alla in favore della figlia -divenuta medio tempore sua creditrice in forza di donazione del credito da parte del padre, . Ritenuto l’atto lesivo della garanzia patrimoniale del debito assunto, la proponeva azione revocatoria ordinaria per ottenerne la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti , deducendo l’anteriorità del proprio credito, l’evidente pregiudizio derivante dall’incapienza patrimoniale e la dolosa consapevolezza delle parti di arrecare danno al creditore . Da qui l’accoglimento della domanda da parte del Tribunale , che ha ritenuto integrate le condizioni soggettive ed oggettive dell’azione, attribuendo altresì all’atto di cessione efficacia revocatoria del vincolo di destinazione impresso sui beni;
-Hanno proposto impugnazione e, con appello incidentale adesivo, , formulando cinque motivi, in gran parte tra loro sovrapponibili:
Contestano, innanzitutto, l’errata valutazione dei fatti e delle risultanze processuali in ordine alle condizioni dell’azione revocatoria con specifico riferimento all’ eventus damni ed alla scientia fraudis ;
D educono, poi, la violazione dell’art. 2901 c.c. e l’omessa motivazione per non aver il primo Giudice considerato l’efficacia solutoria dell’atto di cessione;
Con il terzo motivo, si dolgono dell’omessa pronuncia sulla, pur dedotta, carenza di interesse all’azione originata dal vincolo di indisponibilità del patrimonio destinato;
Medesimo motivo riprodotto, parimenti, nel merito circa la mancata integrazione del requisito dell’ eventus damni ;
D a ultimo, eccepiscono, nuovamente, l’insussistenza della scientia damni e/o consilium fraudis, nonché l’ omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del creditore originario;
Chiedono, conseguentemente, la riforma del capo relativo alla condanna alle spese di lite;
-Si è costituita la ed ha chiesto il rigetto dell’ avverso gravame; -la Corte, rigettata con ordinanza del 29/03/22 l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività, ha riservato il giudizio in decisione all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni, svoltasi in modalità cartolare ai sensi dell’art.
127 ter c.p.c., in data 8 aprile 2025 , concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c. ; Ritenuto, a scioglimento della riserva, che l’appello è infondato e va rigettato; e infatti:
-come statuito in primo grado, e non scalfito dal presente gravame, l’operazione negoziale posta in essere da e è pregiudizievole degli interessi della parte creditrice, poiché l’appellante ha trasferito l’intero compendio immobiliare a saldo di un debito di valore di gran lunga inferiore , a nulla rilevando l’integrazione della datio con il valore dell’ipoteca accesa dalla a garanzia del mutuo saldato integralmente da , atteso che l’intento solutorio dichiarato nell’atto pubblico del 7 settembre 2012 -unico opponibile alla – appare manifestamente confinato al saldo de ll’importo di € 562.931,10 . Merita, pertanto, di essere confermata la decisione del primo Giudice sebbene con diversa motivazione;
questo Collegio ritiene opportuno esaminare, in via prioritaria, il terzo motivo d’appello, atteso il carattere dirimente della carenza di una condizione dell’azione. Deduce la che la non avrebbe alcun interesse ad ottenere una dichiarazione di inefficacia dell’atto di cessione poiché in ogni caso non potrebbe soddisfarsi sui beni che ne formano l’oggetto, visto il vincolo di destinazione ex art. 2645 ter c.c., impresso sugli stessi in data antecedente al sorgere del credito e mai revocato. A ben vedere, però, la segregazione patrimoniale operata con l’ atto pubblico a notaio repertorio n. 168269 del 11 luglio 2008 non è integrale né definitiva.
In primis , l’atto dispone la durata del vincolo in 40 anni e ne prevede la revocabilità ad opera del conferente , di talché l’ indisponibilità dei beni ai creditori estranei alla destinazione non è perpetua; pertanto, non è idonea a far venire meno tout court l’interesse ad ottenere una pronuncia di inefficacia e/o inopponibilità, rilevando non l’effettivo danno quanto il mero pericolo attraverso un giudizio prognostico proiettato verso il futuro (si vedano: Cass., sez. VI civile, Ordinanza n. 15226/2022; Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 5815 del 27/02/2023; in materia di revocatoria di atto dispositivo gravato da ipoteca di entità tale da assorbirne potenzialmente l’intero valore), ancor più in ragione del ridotto termine quinquennale di prescrizione ; e ciò a prescindere dall’accertamento o meno sulla configurabilità della datio in solutum del 2012 in funzione di revoca del vincolo -che non è questione che occupa il presente giudizio. In secundis , la destinazione patrimoniale appare strettamente connessa all’operatività della trascrizione del vincolo costituito perché nei con fronti dei terzi il negozio istitutivo e la separazione sono opponibili solo se si è provveduto a tale adempimento, data la necessità di garantire il legittimo affidamento dei creditori, rendendoli edotti della destinazione dei beni in favore dei beneficiari. Pertanto, sebbene l’atto di destinazione sia certamente antecedente (11/07/2008) all’insorgenza del credito vantato da (15/11/2010), è la data di trascrizione presso le competenti Conservatorie a determinare la risoluzione dei conflitti tra aventi causa di diritti incompatibili sulla medesima res; dalle trascrizioni prodotte da parte appellata (doc. 37), l’atto di costituzione della segregazione patrimoniale risulta trascritto presso la Conservatoria di Terni per gli immobili siti in Guardea -in data 7/04/2011, vale a dire successiva rispetto al credito; sicché, rispetto a tali beni, non è opponibile a attesa l’ efficacia dichiarativa della pubblicità nelle ipotesi sub art. 2645 ter c.c. Da ultimo, l’interesse ad agire in revocatoria della parte creditrice non può prescindere dal controllo di meritevolezza degli interessi perseguiti con la separazione patrimoniale, benché non limitati alla tutela di interessi pubblici o socialmente utili; controllo che, ancorché estraneo al giudizio de quo , qualora non superi il vaglio del giudice, renderebbe il vincolo inopponibile ai creditori, con la conseguente riespansione della garanzia patrimoniale;
-risolta in senso positivo tale questione pregiudiziale, i restanti motivi possono essere trattati congiuntamente, attenendo tutti alle condizioni soggettive ed oggettive dell’azione revocatoria ordinaria ;
-circa l’ eventus damni, parte appellante, innanzitutto, contesta la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto provato il credito vantato dalla poiché si tratterebbe piuttosto di un’operazione finanziaria atipica di anticipazione di credito e diritto di opzione; è tuttavia agevole rilevare che il credito , di € 100.000,00, vantato da parte appellata è stato oggetto di accertamento definitivo con la sentenza n. 6229/2025 – non impugnata – con la quale il Tribunale di Roma ha res pinto l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla La stessa deduce, altresì, che la datio in solutum non integra alcun pregiudizio alle ragioni creditorie vantate dalla attesa l’efficacia solutoria di un debito precedente; l a prestazione in luogo dell’adempimento, pertanto, non sarebbe revocabile, in virtù del comma 3, art. 2901 c.c., in quanto satisfattoria di un debito poziore. È tuttavia agevole rilevare che, nel caso di specie, la funzione solutoria degli obblighi sorti in sede di separazione personale non esclude di per sé la revocabilità della datio in solutum , modalità anomala di adempimento, venendo qui in contestazione non già la sussistenza dell’obbligo in sé, ma le concrete modalità di assolvimento del medesimo, convenzionalmente stabilite dalle parti (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 10545 del 22/04/2025).
Si aggiunga, poi, che , se certamente il debito della nei confronti dell’ex marito -poi da quest’ultimo ceduto alla figlia -è più risalente, trovando la propria fonte nel verbale di separazione personale omologato dal Tribunale di Roma nel 2005, di cui la scrittura privata del 20 maggio 2010 ne costituisce una mera ricognizione, è pur vero che il compendio immobiliare ceduto a saldo ha un valore ben superiore ad € 562.931,10 ; circostanza sufficiente a travolgere gli effet ti dell’intero ed unico atto. Dalle quotazioni immobiliari pubblicate dall’Agenzia delle Entrate ( docc. appellato da 15 a 18), si evince che solo i due immobili siti in Roma, INDIRIZZO e le tre abitazioni site in Guardea raggiungono un valore complessivo superiore al milione di euro, assolutamente sproporzionato rispetto al debito; di talché la parte eccedente configura piuttosto un atto di liberalità, a seguito del quale il patrimonio della ha subìto un consistente depauperamento idoneo a compromettere la fruttuosità dell’ eventuale e futura esecuzione coattiva. Integrato così l’elemento oggettivo di cui all’art. 2901 c.c ., la cessione con un unico atto di più beni deve essere assoggettata ad azione revocatoria integrale, poiché non è consentito al giudice di merito, nello scrutinio della revocabilità richiesta con riguardo al complessivo atto, di scegliere quale disposizione
revocare, se non incidendo arbitrariamente sul negozio concluso dai privati nell’esercizio della loro autonomia (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 29851 del 20/11/2024). Né quanto supra è scalfito dalla presunta integrazione del debito pari al valore dei ratei di mutuo acceso sugli immobili siti in Guardea -per ulteriori 334.000,00 € -di cui si è fatto integralmente carico
; la stessa parte appellante ha, infatti, prodotto la scrittura privata del 31 marzo 2015, con cui
si è obbligato, pur in assenza di formale accollo, a corrispondere tutti i ratei del predetto mutuo, manlevando espressamente la da ogni obbligazione in merito. Dall’altro canto, l’atto pubblico del 7 settembre 2012 da conto di un credito riconosciuto e, contestualmente estinto, espressamente quantificato in € 562.931,10.
Infine, per ciò che attiene al vincolo di destinazione, valga quanto sopra anche in funzione della configurabilità dell’ eventus damni;
-da ultimo, parte appellante impugna la sentenza nel capo in cui il Giudice di prime cure ha ritenuto sussistente il requisito della scientia damni in capo alla ed alla , in ragione degli indici sintomatici del valore sproporzionato degli immobili ceduti e del vincolo di parentela. Deduce, in particolare, che l’efficacia solutoria dell’atto esclude in radice l’accordo fraudolento, il quale comunque doveva essere accertato tra le parti effettive dell’atto e e dall’altro
-così eccependo da un lato il difetto di legittimazione passiva in capo a la mancata integrazione del contraddittorio.
In primis, come condivisibilmente statuito in sentenza, ai fini dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente la consapevolezza, del debitore alienante e del terzo acquirente, della diminuzione della garanzia generica per la riduzione della consistenza patrimoniale del primo, non essendo necessaria la collusione tra gli stessi, né occorrendo la conoscenza, da parte del terzo, dello specifico credito per cui è proposta l’azione (Cass. Civ., sez. 3, ordinanza n. 28423 del 15/10/2021). Si aggiunga, altresì, che, data la parziale efficacia solutoria dell’operazione negoziale ivi impugnata, le condizioni dell’azione vanno riguardati per la parte che, eccedendo il credito, integra un atto di liberalità, sia pure indir etta; sicché non occorre l’accertamento della consapevolezza del possibile pregiudizio in capo al terzo acquirente, ma è sufficiente la semplice conoscenza del debitore. Nel caso di specie, certamente la era consapevole di sottrarre beni utili alla garanzia del debito assunto con la poiché ella ha ceduto l’intero compendio immobiliare di sua proprietà -del cui valore cospicuo peraltro non poteva non essere edotta -alla figlia, sì da non disperdere il proprio patrimonio pur in assenza di corrispettivo aggredibile. Indice sintomatico quantomeno della conoscenza del pregiudizio arrecato -se non addirittura della mala fede – è l’e -mail del 22 settembre 2012 (doc. 6 appellato) con cui ella, nonostante la recentissima dismissione di tutte le proprietà immobiliari -rassicurava i soci proprietari della in ordine alla volontà di procedere alla vendita di alcuni immobili al fine di risanare il debito con loro contratto.
È, poi, del tutto infondata e priva di pregio l’ulteriore argomentazione illogica e contraddittoria circa le reali parti dell’ accordo negoziale revocando. Innanzitutto, l’atto pubblico prodotto dalla stessa appellante dispone: all’art. 1, che dona e trasferisce alla figlia il credito, di € 562.931,10, vantato nei confronti della espressamente dichiarando che la donazione è la pri ma intervenuta tra le parti; e, all’art 2, che la ad estinzione del debito, cede e trasferisce alla nuova creditrice le porzioni immobiliare ivi descritte. Con il contratto di cessione del credito -sia essa a titolo oneroso o gratuito -si produce immediatamente l’effetto traslativo dal patrimonio del cedente a quello del cessionario ; contratto che diverrà efficace nei confronti del debitore dal momento della notifica e/o dall’accettazione -nel caso di specie intervenuta contestualmente alla donazione. Sicché la dazione in pagamento, di cui all’art. 2, non poteva che avvenire tra il debitore ceduto ed il nuovo creditore -unico titolare del diritto -affinché fosse liberatoria del vincolo obbligatorio.
D’altronde, logicamente ancor prima che giuridicamente, la donazione non potrebbe essere successiva al pagamento, a patto di non voler ritenere che abbia donato alla figlia un credito inesistente, in quanto già estinto con la precedente datio in solutum e che quindi i beni immobiliari siano solo fittiziamente intestati a . Ne deriva che l’azione è stata correttamente incardinata nei confronti dei contraddittori legittimati e necessari;
-al rigetto dell’appello segue la condanna dell e parti appellanti alla refusione delle spese lite, liquidate come in dispositivo; sussistono, altresì, i presupposti per il raddoppio del c ontributo unificato, ai sensi dell’art. 13 quater D.p.r. 115/2002.
P.Q.M
Rigetta l’appello e condanna le appellanti alle spese, che liquida in euro 13.000,00, oltre spese generali, Iva e cpa come per legge; sussistono i presupposti per il raddoppio del c.u. , ai sensi dell’art. 13 quater D.p.r. 115/2002.
Roma, data del deposito
Il presidente est. (dr. NOME COGNOME)