Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11148 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11148 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11163-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
– intimato – avverso la SENTENZA n. 1654/2022 della CORTE D ‘ APPELLO DI BARI, depositata l’ 11/11/2022;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del l’ 11/3/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Bari, con sentenza non definitiva del 20/10/2018 e con sentenza definitiva del 4/9/2020, ha accolto la domanda proposta (con atto di citazione del 13/3/2015) dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (dichiarato con sentenza del 16/3/2010) a norma dell ‘ art. 67, comma 2°, l.fall., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 5/2006, ed ha, per l ‘ effetto, dichiarato l ‘ inefficacia dei pagamenti che la Miter
RAGIONE_SOCIALE in bonis aveva eseguito in favore della convenuta RAGIONE_SOCIALE il 30/6/2004 ed il 31/7/2004, dell ‘importo, rispettivamente, di €. 3.307,20 e di €. 4.000,00 , condannando la stessa alla restituzione, in favore del Fallimento, della somma complessiva di €. 7.307,20, oltre agli interessi legali dalla costituzione in mora del 14/11/2014 al soddisfo.
1.2. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso le indicate sentenze che la corte distrettuale, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato.
1.3. La corte, in particolare, ha, innanzitutto, affrontato la questione della determinazione del periodo sospetto.
1.4. La corte, dopo aver affermato che: -‘ l’azione revocatoria oggetto del presente giudizio ‘ è ‘ assoggettata, in virtù del principio della consecuzione tra la procedura di concordato ed il successivo fallimento, alla normativa vigente all’epoca di ammissione della RAGIONE_SOCIALE alla prima delle due procedure ‘ ; -il periodo sospetto dev ‘ essere, pertanto, determinato avendo riguardo alla normativa vigente al momento in cui la società poi fallita è stata ammessa al concordato preventivo, e cioè in data 7/2/2005; ha, quindi, ritenuto che: il periodo sospetto, in forza dell’art. 67, comma 2°, l.fall., nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 35 del 14/3/2005, conv. con l. n. 80/2005, era pari ad un anno e non a sei mesi; il termine di un anno decorreva dall’ammissione alla procedura di concordato preventivo; -‘ i pagamenti ‘ impugnati, essendo stati eseguiti nel mese di ‘ luglio 2004 ‘, erano, pertanto, ‘ revocabili ‘ ai sensi dell’art. 67, comma 2°, l.fall., nel testo vigente prima della novella del 2005, in quanto eseguiti nell’anno antecedente all’ammissione della Miter in liquidazione alla procedura di concordato.
1.5. La corte, inoltre, ha esaminato la questione relativa all ‘ applicazione del termine di decadenza previsto dall ‘ art. 69 bis , comma 1°, l.fall., secondo cui le azioni revocatorie disciplinate nella medesima sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell ‘ atto.
1.6. La corte, sul punto, ha ritenuto che: – si tratta di norma introdotta dall ‘ art. 55, comma 1, d.lgs. n. 5/2006 e trova, dunque, applicazione con decorrenza dal 16/7/2006; – le procedure pendenti a tale data sono, invece, definite secondo la legge anteriore; – nel caso in esame, la domanda di concordato preventivo è anteriore a quella data; l’art. 69 bis cit. non è, di conseguenza, applicabile ratione temporis alla procedura in esame e non si è, quindi, verificata la decadenza e neppure la prescrizione del diritto vantato dal Fallimento.
1.7. La corte, infine, ‘ fermo che è incontroverso che società appellante abbia ricevuto dalla Miter i pagamenti di € 3.307,20 e di € 4.000,00, rispettivamente in data 30.6.2004 e 31.7.2004, a mezzo assegni bancari, a soddisfo delle fatture n. 68 e 69 e n. 61 ‘, ha ritenuto che, alla luce delle prove indiziarie fornite dal Fallimento, la società appellante era senz ‘ altro consapevole, nel momento in cui ha ricevuto gli indicati pagamenti, dello stato di insolvenza in cui versava la società poi fallita.
1.8. La corte, in particolare, ha ritenuto che la società appellante poteva facilmente percepire lo stato di decozione della società poi fallita ‘ alla luce degli indici rivelatori (e informazioni in suo possesso) di uno stato di sofferente salute aziendale ‘, come la ‘ pubblicazione dei numerosissimi protesti levati dal febbraio al luglio 2004, per importi più che significativi,
nonché l ‘ operatività delle due società, aventi sede nella stessa provincia, in territori limitrofi, rispettivamente Bari e Bitritto ‘.
1.9. La corte d ‘ appello ha, quindi, rigettato l ‘ appello.
1.10. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 10/5/2023 ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza.
1.11. Il Fallimento è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 69 bis , comma 1°, l.fall. nonché degli artt. 150 del d.lgs. n. 5/2006 e 12, comma 2°, delle preleggi, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso che il Fallimento fosse decaduto dall ‘ azione revocatoria sul rilievo che ‘ l ‘ azione revocatoria oggetto del … giudizio ‘ è ‘ assoggettata, in virtù del principio della consecuzione tra la procedura di concordato ed il successivo fallimento, alla normativa vigente all ‘ epoca di ammissione della RAGIONE_SOCIALE alla prima delle due procedure ‘ , avvenuta in data 7/2/2005 , e che la norma prevista dall’art. 69 bis , comma 1°, l.fall. non era, pertanto, applicabile alla fattispecie sottoposta al suo esame.
2.2. La corte d ‘ appello, tuttavia, ha osservato la ricorrente, così facendo, non ha considerato che l ‘ art. 150 del d.lgs. n. 5/2006, lì dove ha dettato la disciplina transitoria tra le vecchie e le nuove norme, tra cui l ‘ art. 69 bis , comma 1°, l.fall., ha stabilito che le procedure di fallimento aperte successivamente all’entrata in vigore delle nuove disposizioni, e cioè al 16/7/2006, come quella nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dichiarata il 15/3/2010, dovevano essere disciplinate dalle nuove disposizioni, non rilevando, per contro,
che la debitrice, prima della dichiarazione di fallimento, era stata ammessa al concordato preventivo.
2.3. Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ritiene che: – la data di presentazione della domanda di concordato preventivo, anteriore (come quella proposta dalla società poi fallita) all’entrata in vigore (il 12/8/2012) del d.l. n. 83/2012, conv. con modifiche dalla l. n. 134/2012, a cui segua, con sentenza pubblicata successivamente a tale data, la dichiarazione di fallimento del debitore, costituisce il dies a quo per il calcolo a ritroso del periodo sospetto rilevante ai fini delle azioni recuperatorie ex art. 64 e s. l.fall.; – in caso di accertata consecuzione tra una domanda di concordato preventivo, depositata anteriormente all’entrata in vigore del d.l. n. 83 cit. , e la dichiarazione di fallimento successiva a quella data, infatti, non trova applicazione l’art. 69 -bis , comma 2°, l.fall., nel testo introdotto dall’art. 33, comma 1, del d.l. n. 83 cit., che , ai fini in esame, fa esclusivo riferimento alla data di pubblicazione della domanda nel registro delle imprese, trattandosi di una formalità introdotta solo dal d.l. cit. e, dunque, estranea, nelle fattispecie che (come quella in esame) sono anteriori alla sua entrata in vigore, alla considerazione unitaria della vicenda che, con decorrenza dalla presentazione della domanda di concordato, le procedure hanno assunto.
2.4. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 67, comma 2°, l.fall. nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., i n relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’a ccipiens era consapevole dello stato di insolvenza in cui versava la società debitrice nel momento in cui ha eseguito i pagamenti impugnati, senza, tuttavia, considerare che: l’unico indizio allegato (tra
l’altro genericamente) e documentato dal Fallimento, vale a dire la ‘ copia dei protesti levati da CCIAA di Bari ‘, è, in realtà, privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza; – le ulteriori prove raccolte in giudizio non dimostrano che la Santacroce era a conoscenza dello stato di decozione della Miter.
2.5. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c., n relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’a ccipiens era consapevole dello stato di insolvenza in cui versava la società debitrice nel momento in cui ha eseguito i pagamenti impugnati fondando la propria decisione sull’asserita non specifica contestazione da parte della Santacroce della circostanza relativa agli assegni postdatati, senza, tuttavia, considerare che, nel caso di specie, la convenuta non aveva alcuno specifico onere di contestazione con riferimento agli assegni postdatati, non avendo il Fallimento assolto a monte l’onere, a suo carico, dell’alle gazione specifica di tale circostanza.
2.6. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto ch e l’a ccipiens era consapevole dello stato di insolvenza in cui versava la società debitrice nel momento in cui ha eseguito i pagamenti impugnati, dando, tuttavia, rilievo ad informazioni fornite dal Fallimento in modo generico e non documentato e fondando, dunque, la sua decisione su informazioni probatorie inesistenti in quanto riferibili a documenti che, in quanto allegati genericamente e non specificamente, non sono stai mai prodotti e, pertanto, non sono mai entrati nel processo.
2.7. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.8. La ricorrente, in effetti, pur deducendo vizi di violazione di norme di legge sostanziale e processuale, ha lamentato, in sostanza, l’erronea ricognizione dei fatti che, alla luce delle prove raccolte, hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, a dispetto delle asserite emergenze delle stesse, hanno ritenuto che la convenuta creditrice era a conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versava la società debitrice al momento del pagamento impugnato.
2.9. La valutazione delle prove raccolte, però, compresa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. (Cass. n. 1234 del 2019; Cass. n. 1216 del 2006) e l’ idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare (Cass. n. 12002 del 2017), costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall’art. 360 n. 5 c.p.c., nell’avere il giudice di merito, in sede di accertamento della fattispecie concreta: – a) omesso del tutto l’ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta; b) supposto l’esistenza di uno o più fatti
storici, principali o secondari, la cui verità risulti per contro incontrastabilmente esclusa dal testo della stessa sentenza o dagli atti processuali, sempre che siano stati controversi tra le parti ed abbiano avuto, nei termini esposti, carattere decisivo (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14), nel senso che, ove esclusi, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell’eccezione dalla stessa proposta.
2.10. Resta, pertanto, fermo che: l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (e cioè, nel caso in esame, l’effettiva sussistenza di un collegamento teleologico tra le operazioni di cessione degli immobili in favore della società istante e il contratto di locazione stipulato tra quest’ultima e la società in amministrazione straordinaria), sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; – è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che (come nei casi nella ‘ mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico ‘, nella ” motivazione apparente ‘, nel ‘ contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ‘ e nella ‘ motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile ‘) si sia tramutata in una violazione di legge costituzionalmente rilevante, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘ sufficienza ‘ della motivazione (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.11. Il giudice di legittimità ha, per contro, soltanto la facoltà del controllare, sotto il profilo della coerenza logicoformale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della fattispecie concreta dal giudice di merito, così come esposte
nella pronuncia impugnata, cui spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. n. 40872 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21098 del 2016; Cass. n. 27197 del 2011).
2.12. Il compito di questa Corte, in effetti, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.13. La corte d’appello, invero, dopo aver valutato le prove indiziarie raccolte in giudizio ( come la ‘ pubblicazione dei numerosissimi protesti levati dal febbraio al luglio 2004, per importi più che significativi, nonché l’operatività delle due società, aventi sede nella stessa provincia, in territori limitrofi, rispettivamente Bari e Bitritto ‘) ed, altrettanto esplicitamente, escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dalla convenuta, ha ritenuto, prendendo così in esame i fatti rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta dalla procedura (e cioè la domanda di revoca dei pagamenti eseguiti dalla società poi fallita in periodo sospetto in favore dell’ accipiens consapevole del suo stato d’insolvenza ) e indicando le ragioni del convincimento espresso in ordine agli stessi (e, precisamente, la sussistenza della scientia decoctionis in capo a ll’ accipiens al momento de ll’esecuzione de i pagamenti in questione) in modo nient’affatto apparente, perplesso o contraddittorio, che la convenuta, nel momento in cui ha ricevuto tali pagamenti, era senz’altro a conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versava la società debitrice poi assoggettata a fallimento.
2.14. Tale apprezzamento non è stato efficacemente censurato dalla ricorrente (nell’unico modo a tal fine possibile, e cioè), a norma dell’art. 360 n. 5 c.p.c., per aver e la corte d’appello supposto, in sede di ricognizione della relativa vicenda, l’inesistenza (o, per converso, l’esistenza) di uno o più fatti storici controversi tra le parti, la cui esistenza, (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente dagli atti allo stesso allegati, nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo della stessa pronuncia impugnata o (più probabilmente) dagli atti del relativo processo ed aventi
carattere decisivo ai fini della soluzione della controversia (nel senso che, ove percepiti o, rispettivamente, esclusi, avrebbero senz’altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento materiale della domanda proposta o dell’eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente).
2.15. Ed una volta che il giudice di merito ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che la convenuta era consapevole, come emerso dagli indizi raccolti in giudizio, dello stato d’insolvenza in cui versava la debitrice poi assoggettata a fallimento al momento degli impugnati pagamenti, non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la stessa corte ha conseguentemente assunto, e cioè, a fronte dei pagamenti ricevuti in periodo sospetto, l’accogliment o della domanda proposta dal Fallimento, in quanto volta, appunto, alla revoca, a norma dell’art. 67, comma 2°, l.fall., dei pagamenti eseguiti dalla società debitrice in periodo sospetto in favore della convenuta e dalla stessa ricevuti pur essendo consapevole, in ragione della ‘ pubblicazione dei numerosissimi protesti levati’ a carico della solvens ‘dal febbraio al luglio 2004, per importi più che significativi, nonché l’operatività delle due società, aventi sede nella stessa provincia, in territori limitrofi’ , dello stato di insolvenza in cui quest’ultima versava al momento della loro esecuzione.
2.16. Questa Corte, in effetti, in tema di revocatoria fallimentare, ha ripetutamente affermato che: – la conoscenza da parte del creditore dello stato di insolvenza del debitore, al fine della revocatoria fallimentare, secondo la previsione dell’art. 67, comma 2°, l.fall., dev’essere effettiva e non meramente potenziale (Cass. n. 25635 del 2017; Cass. n. 13169 del 2020); – agli effetti della revoca, pertanto, assume rilievo non la
semplice conoscibilità oggettiva dello stato di insolvenza dell’imprenditore ma soltanto la concreta situazione psicologica dell’acquirente al momento del compimento dell’atto impugnato (Cass. n. 27070 del 2022, in motiv.; Cass. n. 25635 del 2017), la quale, tuttavia, può essere desunta anche da semplici indizi (Cass. n. 3081 del 2018), sempre che questi (come i protesti, le procedure esecutive, l’iscrizione di un’ipoteca giudiziale, etc.), in ragione della loro gravità, precisione e concordanza, siano tali da far presumere l’effettiva scientia decoctionis da parte dell’acquirente o del creditore che riceve il pagamento (Cass. n. 14978 del 2007; Cass. n. 5265 del 2010; Cass. n. 3299 del 2017; Cass. n. 29257 del 2019; Cass. n. 3854 del 2019; Cass. n. 13169 del 2020), nel senso che quest’ultimo, f acendo uso della normale prudenza ed avvedutezza, rapportata alle sue qualit à personali e professionali, nonch é alle condizioni in cui si è trovato concretamente ad operare, non possa non aver percepito i sintomi rivelatori dello stato di decozione del debitore (cfr. Cass. n. 27070 del 2022; Cass. n. 3081 del 2018; Cass. n. 18196 del 2012); – la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono, peraltro, un apprezzamento di fatto che, se (come nel caso in esame) adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 3854 del 2019).
2.17. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non si è pronunciata sul motivo d’appello con il quale l’appellante aveva espressamente lamentato che nella revocatoria fallimentare gli interessi sulla somma da restituirsi da parte del soccombente
decorrono dalla domanda giudiziale e non, come statuito dal tribunale, dalla costituzione in mora del 14/11/2014.
2.18. Il motivo è fondato. La corte distrettuale, in effetti, non si è pronunciata sul motivo d’appello , proposto ( com’è rimasto incontestato) a p. 26, lett. c, dell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado (cfr. le conclusioni esposte nella sentenza impugnata, p. 4), con il quale la società appellante aveva denunciato l ‘erroneità della statuizione del tribunale che, dopo aver accolto la domanda di revoca, ha condannato l’a ccipiens a restituire, oltre alla somma ricevuta, gli interessi legali maturati sulla stessa a far data dalla costituzione in mora del 14/11/2014 fino al soddisfo.
2.19. Questa Corte, del resto, ha ripetutamente affermato che il vittorioso esperimento dell’azione revocatoria fallimentare avente ad oggetto un atto solutorio comporta che, sulle somme dovute, devono esser corrisposti gli interessi a far data dal giorno della domanda giudiziale, attesa la natura costitutiva dell’azione stessa (Cass. n. 8703 del 1998; conf., Cass. n. 5843 del 2001; Cass. n. 27084 del 2011).
2.20. La sentenza impugnata dev’essere, dunque, in parte qua cassata.
2.21. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte decide nel merito e, dunque, in accoglimento dell’appello proposto, cassa in riforma la sentenza del tribunale e, per l’effetto, condanna la società appellante a restituire al fallimento la somma di complessiva di €. 7.307,20, oltre agli interessi legali dal 13/3/2015 fino al soddisfo.
Il ricorso dev’essere, pertanto, nei limiti esposti, accolto e, per il resto, rigettato.
Le spese del giudizio d’appello seguono la maggior soccombenza dell’appellante e sono liquidate in dispositivo.
5. Nulla per le spese del presente giudizio in difetto di costituzione del Fallimento e tenuto conto del complessivo tenore di tutte le censure introdotte, nonché della soccombenza della ricorrente sulla parte essenziale di esse.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri e, per l’effetto, cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata; decidendo nel merito, accoglie l’appello proposto e, in riforma della sentenza appellata, condanna la società appellante a restituire al Fallimento la somma complessiva di €. 7.307,20, oltre agli interessi legali dal 13/3/2015 al soddisfo; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio d’appello, che ridetermina e così li quida in €. 5.000,00, di cui €. 273,81 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima