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Azione revocatoria: quando il creditore è consapevole

Una società creditrice ha ricevuto pagamenti da un’altra società, poi fallita. Il curatore ha esercitato l’azione revocatoria fallimentare, sostenendo che la creditrice fosse a conoscenza dell’insolvenza. La Cassazione ha confermato la revoca, chiarendo che la valutazione delle prove sulla conoscenza dello stato di decozione spetta al giudice di merito. Ha però corretto la data di decorrenza degli interessi sulla somma da restituire.

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Azione Revocatoria Fallimentare: La Prova della Conoscenza dell’Insolvenza

L’azione revocatoria fallimentare è uno strumento cruciale a disposizione del curatore per tutelare la parità di trattamento tra i creditori. Essa consente di rendere inefficaci pagamenti e atti compiuti dall’imprenditore prima del fallimento, quando questi ledono gli interessi della massa creditoria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti su un aspetto fondamentale: come si prova che il creditore fosse a conoscenza dello stato di insolvenza del suo debitore? La sentenza analizza i limiti del sindacato del giudice di legittimità sulla valutazione delle prove e precisa un dettaglio tecnico ma rilevante sulla decorrenza degli interessi.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un’azione revocatoria fallimentare promossa dal curatore di una S.r.l. fallita nei confronti di una S.a.s. che aveva ricevuto due pagamenti circa otto mesi prima che la società debitrice fosse ammessa alla procedura di concordato preventivo, a cui è poi seguito il fallimento. Il curatore sosteneva che la società creditrice fosse pienamente consapevole dello stato di decozione della debitrice al momento in cui aveva incassato le somme.

Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello poi, hanno dato ragione al fallimento, dichiarando l’inefficacia dei pagamenti e condannando la S.a.s. alla restituzione della somma. La decisione dei giudici di merito si basava su prove indiziarie, come la pubblicazione di numerosi protesti a carico della società poi fallita e la vicinanza territoriale e operativa tra le due imprese, elementi ritenuti sufficienti a dimostrare la cosiddetta scientia decoctionis.

La società creditrice ha quindi proposto ricorso in Cassazione, contestando principalmente la valutazione delle prove e sostenendo che gli indizi non fossero sufficientemente gravi, precisi e concordanti. Inoltre, ha sollevato una questione sulla data di decorrenza degli interessi legali sulla somma da restituire.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Azione Revocatoria

La Suprema Corte ha rigettato quasi tutti i motivi di ricorso, confermando la revoca dei pagamenti, ma ha accolto l’ultima doglianza relativa agli interessi.

La Valutazione della “Scientia Decoctionis”

Il punto centrale della pronuncia riguarda la prova della conoscenza dello stato di insolvenza. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione delle prove, incluse quelle presuntive, è un compito riservato al giudice di merito. Il suo apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non per vizi specifici, come l’omesso esame di un fatto decisivo o una motivazione palesemente illogica o contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione sulla “pubblicazione dei numerosissimi protesti levati dal febbraio al luglio 2004” e sulla “operatività delle due società, aventi sede nella stessa provincia, in territori limitrofi”. Secondo i giudici di legittimità, questa motivazione è logica e sufficiente. La valutazione circa la gravità, la precisione e la concordanza di tali indizi per provare la conoscenza effettiva (e non meramente potenziale) dell’insolvenza rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Il ricorso, in questa parte, mirava a una nuova e inammissibile valutazione dei fatti.

La Questione sulla Decorrenza degli Interessi

L’unico motivo di ricorso accolto riguarda il calcolo degli interessi sulla somma da restituire. Il Tribunale aveva stabilito che gli interessi decorressero dalla data della costituzione in mora, precedente all’inizio della causa. La Corte d’Appello non si era pronunciata su questo specifico motivo di gravame.

La Cassazione, al contrario, ha affermato che, dato il carattere costitutivo della sentenza che accoglie l’azione revocatoria fallimentare, gli effetti della revoca si producono dal momento della domanda giudiziale. Di conseguenza, gli interessi sulla somma da restituire non possono decorrere da un momento anteriore, ma devono essere calcolati a partire dalla data di notifica dell’atto di citazione. La Corte ha quindi cassato la sentenza su questo punto e, decidendo nel merito, ha rideterminato la corretta data di decorrenza degli interessi.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra il giudizio di fatto e il giudizio di diritto. La ricostruzione della vicenda storica, inclusa la determinazione dello stato psicologico del creditore (scientia decoctionis), spetta ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la coerenza logico-giuridica della motivazione, non di riesaminare le prove. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione plausibile e non manifestamente illogica per ritenere provata la conoscenza dell’insolvenza, la Cassazione non poteva intervenire.

Per quanto riguarda gli interessi, la motivazione risiede nella natura giuridica dell’azione revocatoria. L’obbligo di restituire la somma sorge non al momento del pagamento originario (che era legittimo), ma solo quando la sentenza costitutiva del giudice lo dichiara inefficace nei confronti della massa. L’atto che fa sorgere questo nuovo obbligo è la domanda giudiziale, che segna il momento a partire dal quale il convenuto è tenuto a restituire e, di conseguenza, a corrispondere gli interessi moratori.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, ribadisce che per i creditori è fondamentale prestare attenzione ai segnali di crisi finanziaria dei propri partner commerciali. Indici come protesti, procedure esecutive o ritardi sistematici possono essere interpretati in un futuro giudizio come prova della conoscenza dello stato di insolvenza, con la conseguenza che i pagamenti ricevuti nel “periodo sospetto” potrebbero essere revocati. In secondo luogo, la pronuncia chiarisce un aspetto tecnico ma economicamente rilevante: in caso di soccombenza in un’azione revocatoria, gli interessi sulla somma da restituire al fallimento decorrono dalla data di notifica dell’atto di citazione, e non da date precedenti.

Come si prova che un creditore conosceva lo stato di insolvenza del debitore ai fini dell’azione revocatoria fallimentare?
La prova può essere fornita anche attraverso presunzioni e indizi, purché gravi, precisi e concordanti. Nel caso esaminato, la pubblicazione di numerosi protesti a carico del debitore e la vicinanza operativa tra le due società sono stati ritenuti elementi sufficienti a dimostrare tale conoscenza.

La valutazione delle prove sulla conoscenza dello stato di insolvenza può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione?
No, di regola la valutazione delle prove è un’attività riservata al giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza è del tutto assente, palesemente illogica o contraddittoria, o se è stato omesso l’esame di un fatto storico decisivo, ma non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito.

In caso di accoglimento dell’azione revocatoria, da quando decorrono gli interessi sulla somma che il creditore deve restituire?
Gli interessi legali sulla somma da restituire decorrono dalla data della domanda giudiziale (cioè dalla notifica dell’atto di citazione) e non da un momento precedente, come una diffida. Questo perché la sentenza di revoca ha natura costitutiva, ovvero è la sentenza stessa a creare l’obbligo di restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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