Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10529 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6937/2023 R.G. proposto da: COGNOME e RAGIONE_SOCIALE in persona dell’Amministratore unico, COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3145/2022, depositata il 07/10/2022 e notificata tramite pec il 16/01/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Curatela del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione conveniva, dinanzi al Tribunale di Milano, NOME COGNOME, già amministratore unico della società fallita, e la RAGIONE_SOCIALE chiedendo l’accertamento della responsabilità, ex art. 2476 cod.civ. del COGNOME per mala gestio e per condotte distrattive in frode ai creditori e, per l’effetto, la condanna del medesimo al pagamento dell’importo di euro 4.006.948,27, oltre agli interessi, e la declaratoria di inefficacia, ex art. 2901 cod.civ., dell’atto con cui il COGNOME e la moglie NOME COGNOME avevano alienato alla RAGIONE_SOCIALE un box sito nel Comune di San Giorgio su Legnano e due appartamenti in località Sinsicola (Nu).
Con sentenza n. 3730/2021, il Tribunale di Milano condannava il COGNOME al risarcimento dei danni quantificati in euro 882.108,82 e disponeva la revoca dell’atto dispositivo sopra indicato.
Con la sentenza n. 3145/2022, pubblicata il 7/10/2022 e notificata il 16/01/2023, la Corte d’appello di Milano ha rigettato il gravame proposto dal COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE ed ha confermato la pronuncia del tribunale.
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con controricorso.
E’ stata formulata proposta di definizione accelerata ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ.
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE hanno chiesto ritualmente e tempestivamente la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis , 2° comma, cod.proc.civ.
La trattazione del ricorso è stata fissata, quindi, ai sensi dell’art. 380bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con unico motivo si denunzia la violazione degli artt. 2729 e 2901 cod.civ. e dell’art. 64 L.F. in relazione all’art 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
La corte d’appello, ritenendo che gli atti dispositivi avessero reso più difficile l’esazione del credito, non avrebbe considerato che il prezzo delle vendite non era stato versato in contanti, che non vi era prova che fosse stato occultato, che era congruo.
Si contesta inoltre la corte di merito di avere utilizzato elementi presuntivi insussistenti e comunque privi del necessario carattere della gravità, della precisione e della concordanza richiesto dall’art 2729 cod.civ., perché non era stata accertata alcuna sproporzione tra il prezzo di vendita ed il valore di mercato del bene ( eventus damni ) e perché il rapporto di parentela tra due soggetti non conviventi non implica alcuna presunzione di conoscenza dell’esposizione debitoria e delle eventuali difficoltà economiche del debitore, in particolare quando l’atto compiuto non presenti risvolti di anomalia tali da ricollegarlo ad una presumibile volontà elusiva dei diritti dei creditori.
Il motivo è inammissibile, perché la censura mossa alla sentenza impugnata ha una consistenza meramente fattuale e oppositiva rispetto alla valutazione operata dai giudici d’appello.
L’ eventus damni è stato evinto dalla corte d’appello dalla sostituzione, nel patrimonio del debitore, di un bene immobile con il relativo prezzo, privando la RAGIONE_SOCIALE, creditrice di una rilevante somma a titolo di risarcimento dei danni, della garanzia patrimoniale generica, essendo il COGNOME risultato, una volta trasferiti i beni immobili alla RAGIONE_SOCIALE, del tutto sprovvisto di ulteriori beni idonei a garantire l’adempimento del suo debito ed avendo lo stesso dichiarato, pur dopo aver incassato l’asserito prezzo della vendita, di essere nullatenente.
Va aggiunto che le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e, infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o dell’eccezione; spetta quindi al giudice del merito valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l’attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l’attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche e compete sempre al giudice del merito procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi indiziari precedentemente selezionati ed accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione, e non piuttosto una visione parcellizzata di essi, sia in grado di fornire una valida prova presuntiva tale da ingenerare il convincimento in ordine all’esistenza o, al contrario, all’inesistenza del fatto ignoto (Cass. 02/11/2021, n. 31071).
Chi ricorre in cassazione in questi casi non può limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia privo di per sé solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva non conduca necessariamente all’esito interpretativo raggiunto nei gradi inferiori, né che dal fatto noto possa risalirsi a un fatto ignoto diverso, in quanto l’esito del ragionamento presuntivo la prova del fatto ignoto – condotto dal giudice non deve essere l’unica conseguenza possibile di quello noto secondo un legame di necessarietà assoluta ed esclusiva, essendo, invece, <> (così Cass. 21/01/2020, n. 1163; Cass. 6/02/2019, n. 3513).
Ora, il ragionamento presuntivo, per vero, costituisce un “iter logico che non è un risalire all’indietro, ma piuttosto un procedere “in avanti”, verso un’ipotesi da verificare, ovvero verso la dimostrazione di un fatto che è prefigurato come possibile conclusione dell’inferenza in cui si articola il ragionamento presuntivo. A siffatto modus operandi si è attenuta la corte d’appello quando ha accertato che sia il COGNOME (in quanto amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE) sia la RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo amministratore unico NOME COGNOME (figlia di NOME e socia totalitaria, insieme con la sorella NOME, attraverso l’RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE), non solo erano ben consapevoli di porre in essere atti di disposizione pregiudizievoli delle ragioni dei creditori, ed in particolare della RAGIONE_SOCIALE e, quindi, dei creditori di quest’ultima (rappresentati dal Fallimento), ma avevano addirittura agito dolosamente proprio allo scopo di conservare il patrimonio del COGNOME, sottraendolo, però, alle legittime pretese creditorie: quando NOME (che era sempre rimasta amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME avevano ceduto le quote della RAGIONE_SOCIALE alle società COGNOME (per il 90%) e La Scala (per il 10%) (NOME COGNOME.) e quando solo otto mesi dopo la società COGNOME aveva ceduto nuovamente le quote della RAGIONE_SOCIALE (divenuta proprietaria degli immobili già di NOME COGNOME e della moglie COGNOME) a NOME e NOME COGNOME senza che di tale insolita operazione gli appellanti avessero fornito una qualche spiegazione, senza indicare il prezzo di cessione né produrre il relativo contratto.
All’inammissibilità dell’unico motivo consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
I ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento di somme ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i relativi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento in favore della controricorrente: a) delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 12.200,00, di cui euro 12.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori come per legge; b) dell’importo di euro 12.000,00 ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, ai sensi dell’art. 96, 4° comma, cod.proc.civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, all’ufficio del merito competente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 7 marzo 2025 dalla