Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10932 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10932 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29584/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Arezzo INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE E RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 832/2022 depositata il 05/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 5 dicembre 2022, COGNOME NOME ha impugnato innanzi a questa Corte la sentenza n. 832/2022, emessa il 15/3/2022, depositata il 5/5/2022, dalla Corte di Appello di Firenze.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la società RAGIONE_SOCIALE, e per essa RAGIONE_SOCIALE
L’allora titolare del credito RAGIONE_SOCIALE ha convenuto COGNOME NOME (debitore ingiunto) e COGNOME NOME (coniuge) avanti il Tribunale di Arezzo per sentire dichiarare la simulazione assoluta e, in subordine, la dichiarazione di inopponibilità ex art. 2901 c.c. del contratto stipulato dal AVV_NOTAIO il 9/3/2007, con cui il convenuto -debitore COGNOME NOME ha trasferito alla moglie comproprietaria COGNOME NOME 1/2 della proprietà, riservandosi il diritto di abitazione vita natural durante, relativamente a una unità immobiliare sita nel comune di Monte San Savino (AR), costituente la loro casa coniugale acquistata il 12/10/1988. Assumeva la banca che con detto atto traslativo COGNOME NOME si era spogliato dell’unico bene immobile di sua titolarità. Si costituiva in giudizio solo la moglie -acquirente
COGNOME NOME, assumendo che il contratto di compravendita impugnato fosse un ‘atto dovuto’, che l’aver mantenuto per il venditore il diritto di abitazione sulla quota di immobile trasferita costituisse un vantaggio per i creditori e che lei medesima non fosse consapevole del pregiudizio che l’atto arrecava agli stessi, essendo in corso fin dall’anno 2002 una grave crisi coniugale con il marito -venditore.
Con sentenza n. 1252/2016 il Tribunale di Arezzo, dichiarava la inefficacia ex art. 2901 c.c. nei confronti della attrice anche in favore di RAGIONE_SOCIALE (che aveva promosso analoga azione riunita a quella precedente) dell’atto di compravendita.
COGNOME NOME proponeva impugnazione avanti la Corte di Appello di Firenze e, riproponendo le difese formulate nel primo grado, deduceva come insussistente il ‘requisito della consapevolezza’ accertato, invece, in capo al terzo acquirente. Con l’impugnata sentenza la Corte di merito respingeva l’appello, condannando l’appellante alla refusione delle spese e competenze dell’ulteriore grado di giudizio.
Il ricorso è affidato a cinque motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla richiesta di ammissione di mezzo di prova ai sensi dell’art. 360 nn. 4e 5 e dell’art 112 c.p.c.
Si duole che la corte d’appello abbia fondato la decisione sulla sussistenza del rapporto di coniugio e sulla convivenza delle parti del contratto che, invece, era stata negata dalla convenuta, alla quale è stato impedito di darne prova, essendo state disattese tutte le di lei richieste istruttorie.
Lamenta che, a seguito della contestazione della convivenza da essa formulata, l’onere della prova si è invero ‘invertito’ ricadendo su parte attrice.
Il motivo è inammissibile.
Esso risulta formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che la ricorrente nemmeno debitamente riporta nel ricorso i capitoli di prova non ammessi.
Va per altro verso considerato che non risulta idoneamente censurata la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, atteso che ai fini della scientia damni la corte di merito non ha considerato solo il rapporto di coniugio ma anche altri elementi ( v. infra ).
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per illogicità manifesta della motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in riferimento all’art. 116 c.p.c. perché la di lei partecipazione a società ‘ in cui alla larga era connesso il sig. COGNOME ‘ afferirebbe esclusivamente alla sua sfera giuridica e perché sarebbe occorsa la prova del consilium fraudis , essendo la partecipazione successiva all’atto traslativo. Il motivo è inammissibile perché non viene messa in evidenza una intrinseca illogicità della sentenza e dimostra invece l’intento di sindacare valutazioni in fatto congruamente motivate. L’aver acquisito, a distanza di poco più di un mese dall’atto impugnato, incarichi di vertice (Presidente C.d.A.) nelle due società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con acquisto del 50% delle quote di quest’ultima, per la Corte di merito ha rappresentato un ulteriore elemento per ritenere gravi, precisi e concordanti le circostanze da cui desumere il fatto ignoto, ovvero la presunzione di conoscenza del danno. Il consilium fraudis della coniuge del debitore quale terzo acquirente sarebbe stato in ipotesi rilevante solo se il credito fosse sorto dopo la stipula del contratto di cui è stata chiesta l’inopponibilità ex art. 2901 c.c., contrariamente a quanto assunto dalla ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per omessa motivazione, avendo errato a proposito
della asserita non congruità del prezzo come risulterebbe in una CTU espletata in altra causa. Il motivo è inammissibile in quanto risulta aspecifico rispetto alla ratio decidendi, e non offre argomenti utili a dimostrare il dedotto vizio di illogicità manifesta o carenza di motivazione, nonché la rilevanza di tale dato rispetto all’azione intrapresa, ove ciò che rileva è l’atto di dismissione di beni che renda più difficoltosa l’azione di recupero del credito per il creditore, e non la vendita a un prezzo ridotto. Va altresì osservato che sul punto la Corte d’appello ha motivato in maniera congruente evidenziando che il diritto di abitazione riservato al venditore COGNOME è costituito soltanto sulla metà della casa di abitazione venduta alla moglie, rilevando l’erroneità del calcoli effettuati dall’appellante per indicare la congruità del valore della quota compravenduta.
Con il quarto motivo denunzia la falsa applicazione degli artt. 2729 e seguenti e dell’art. 2901 c.c., affermando che non ricorrerebbero indizi gravi, precisi e concordanti per sostenere la presunzione di conoscenza del danno da parte del terzo acquirente in base alla quale è stata decisa la causa. Il motivo è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi . Oltre a quelli indicati dalla ricorrente, la motivazione tiene conto di altri elementi che concorrono a formare la presunzione circa la ricorrenza del requisito della scientia danni da parte del terzo acquirente. In particolare: a) le formalità successive al contratto impugnato, ovvero la registrazione e trascrizione eseguite con inusuale rapidità, che denota la volontà di prevenire la efficacia di eventuali iscrizioni/trascrizioni pregiudizievoli a carico dell’alienante; b) la costituzione del diritto di abitazione a favore del venditore e la contestuale costituzione del fondo patrimoniale sull’intero della unità immobiliare, con atti notarili aventi numero di Repertorio consecutivo; c) la mancata prova dell’avvenuto pagamento del prezzo della compravendita che fa
presumere che si tratti di un atto a titolo gratuito con tutte le note conseguenze in punto di prova; d) l’analogo disegno distrattivo messo in atto dall’altro fideiussore di RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, il quale pochi giorni prima dell’atto impugnato, ha costituito un fondo patrimoniale con la moglie tutti i beni immobili di sua proprietà.
15.1. Il motivo è inammissibile, non deducendo la ricorrente alcun argomento idoneo a contrastare sedimentati principi sui presupposti dell’azione revocatoria, correttamente applicati dalla corte di merito nell’impugnata sentenza.
15.2. In ordine alla prova della scientia danni è appena il caso di ricordare che si ritiene sufficiente la consapevolezza da parte del debitore e del terzo del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, cioè della menomazione della garanzia patrimoniale allo stesso accordata dall’art. 2740 c.c., mentre non esige anche una collusione tra il debitore ed il terzo, né lo stato di insolvenza dell’uno, né la conoscenza di tale stato da parte dell’altro la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore, e può essere comprovata tramite presunzioni (Cass. Ord. n. 14081 del 1/6/2018).
15.3. Inoltre, l’esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi, precisi e concordanti, nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre, il requisito della precisione impone che i fatti noti e l ‘iter logico del ragionamento probabilistico siano ben determinati nella loro realtà storica ed il requisito unificante della concordanza che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti noti, gravi e precisi, univocamente convergenti nella
dimostrazione della sua sussistenza (Cass. 24 febbraio 2004, n. 646).
15.4. In tema di presunzione è infatti sufficiente che l ‘esistenza del fatto ignoto sia desunta con ragionevole certezza, anche probabilistica (Cass. 22 marzo 2001, n. 4168).
Con il quinto motivo la ricorrente denunzia la falsa applicazione dell’art. 91 cpc perché le spese di lite sono state poste interamente a suo carico.
Attesa la totale soccombenza dell’odierna ricorrente nei due gradi il motivo, a fronte del principio di causalità applicato dalla corte di merito al riguardo la ricorrente non offre alcuna argomentazione se non quella riferita all’ipotetico esito favorevole del ricorso.
Trattasi pertanto di un ‘non motivo’ del tutto inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
La ricorrente va altresì condannata al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 6.000,00, ex art 96, 3° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28/3/2025