Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16121 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16121 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23112/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale indicato dal difensore.
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione 352/12, in persona del curatore, rappresentata e difes a dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME in ROMA INDIRIZZO
-controricorrente-
nonché contro
NOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2902/2022 depositata il 26/06/2022.
Udite le relazioni svolte nella camera di consiglio del 14/02/2025 e, a seguito di riconvocazione del Collegio, nella camera di consiglio del 17/4/2025, dalla Consigliera NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La curatela del Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione convenne, davanti al Tribunale di Napoli, NOME COGNOME (venditore) e NOME COGNOME (acquirente) per sentir pronunciare la revocatoria dell’atto di compravendita, intercorso tra i convenuti ed avente ad oggetto un immobile sito in Napoli INDIRIZZO al fine di ristorare i danni che il COGNOME aveva cagionato alla società per mala gestio nella sua qualità di amministratore, prima della dichiarazione di fallimento. Mala gestio concretizzatasi nell’uso illegittimo della carta di credito aziendale , nella cessione dell’azienda a titolo gratuito, nella vendita anomala delle rimanenze societarie, etc.
A sostegno della domanda la curatela allegò l’anteriorità del credito del Fallimento rispetto all’atto dispos itivo, la sussistenza del danno, la conoscenza o conoscibilità del pregiudizio da parte del terzo acquirente. NOME COGNOME) si costituì in giudizio assumendo di non aver avuto conoscenza delle responsabilità gestionali del proprio dante causa e che, in ogni caso, le modalità di vendita rientravano tra le
Quest’ultimo ( normali condizioni delle compravendite immobiliari.
NOME COGNOME restò contumace.
Il Tribunale di Napoli, disposta una CTU per accertare il valore di mercato del bene compravenduto, accolse la domanda ritenendo che la curatela avesse provato la responsabilità del venditore per violazione dei suoi doveri di amministratore; che fosse accertato l’ eventus damni, consistente nella dismissione totale del patrimonio del Caniglia; che fosse sussistente l’elemento soggett ivo della conoscibilità del pregiudizio, sia da parte del debitore sia del terzo acquirente, in presenza di condizioni del tutto anomale di vendita, quale il pagamento pressoché integrale del prezzo, al momento della stipula del preliminare, e la consegna posticipata del bene a distanza di quasi tre anni dalla stipula del contratto definitivo.
Il COGNOME propose appello e la Corte d’Appello di Napoli , con sentenza del 23/6/2022, ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di un unico complesso motivo.
Resiste il Fallimento con controricorso.
Il Consigliere Delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata del ricorso nel senso della sua inammissibilità, sia per violazione dell’art. 366, primo comma n. 3 c.p.c. , e cioé per mancanza di specificità dei motivi, sia perché, in ogni caso, volto ad ottenere una rivalutazione del merito, mirando ad accreditare una ricostruzione della vicenda ed un apprezzamento delle prove del tutto divergente rispetto a quello effettuato dalla corte territoriale.
Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
In vista dell’adunanza camerale fissata per la decisione del ricorso in data 14/2/2025 il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis. 1 c.p.c. Successivamente, a seguito di sopravvenute disposizioni della Prima Presidente della Corte di Cassazione secondo cui le Sezioni, presso cui pendano cause di competenza tabellare di altra Sezione,
debbono trattenerle in decisione, il Collegio si è riconvocato nella medesima composizione in data 17/4/2025.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 112, 116, 132 e 342 c.p.c. nonché degli artt. 66 LF e 2901 c.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Si duole essersi dalla corte di merito erroneamente ritenuto infondata la tesi dell’adempimento di un debito scaduto, non avendo considerato che la suddetta censura era volta ad impugnare la sentenza di primo grado non in relazione ai requisiti soggettivi e oggettivi dell’ actio pauliana ma esclusivamente in relazione all’art. 2901, terzo comma , c.c., secondo cui non è soggetto a revocatoria l’adempimento di un debito scaduto.
Lamenta che la corte di merito ha erroneamente ritenuto che le condotte ascrivibili alla mala gestio del Caniglia fossero anteriori all’atto dispositivo, e che fosse nuova la dedotta circostanza che, tra i crediti anteriori, non si potessero includere quelli ammessi al passivo fallimentare; ha altresì errato nel ritenere sussistente un credito del Fallimento verso il Caniglia per atti di mala gestio, in quanto, dai bilanci della società, sarebbero emerse solo modestissime perdite.
Si duole essersi dalla corte di merito erroneamente esclusa l’inversione dell’onere della prova in relazione agli elementi costitutivi dell’azione, l’atto dispositivo avendo riguardato un bene personale e non già della società fallita, quale terzo acquirente di un bene appartenente all’amministratore della società fallita non essendo egli tenuto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale di quest’ultima .
Le prime due censure sono inammissibili sia per difetto di specificità ai sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c., sia in quanto prospettate non in iure ma in facto, trattandosi di apprezzamento rimesso al giudice del merito lo
stabilire se un atto costituisca o meno adempimento di un debito scaduto, se il credito sia o meno anteriore all’atto dispositivo, se le condotte costituiscano o meno atti di mala gestio.
La corte di merito ha svolto un articolato e coerente ragionamento per affermare l’incontestabilità dell’esistenza di un credito risarcitorio verso la società per i numerosi atti di mala gestio dell’amministratore (che condussero alla promozione dell’ azione di responsabilità), per confermare che le condotte del COGNOME fossero tutt’altro che di lieve entità. E che detti atti fossero tutti antecedenti all’atto dispositivo.
La terza censura è invece infondata.
La corte di merito ha rigettato il motivo di appello relativo all’insussistenza dell’ eventus damni derivante dalla mancata prova della presenza di beni residui in capo al debitore facendo applicazione del principio affermato da questa Corte secondo cui tale regola non opera allorquando l’atto dispositivo é posto in essere non dal fallito (e cioè dalla società) ma dal terzo (ancorché già amministratore della società in bonis ), il quale è tenuto secondo le regole generali dell’azione ex art. 2901 c.c., di cui la revocatoria ex art. 66 L.F. costituisce una derivazione (Cass., n. 5756 del 2/3/2021, Cass., 1, n. 9565 del 18/4/2018).
Orbene, in applicazione di tale principio la corte di merito ha nell’impugnata sentenza affermato che, avendo il creditore allegato il pregiudizio rappresentato dalla maggiore difficoltà di recupero dei crediti una volta alienato l’immobile oggetto dell’atto dispositivo nell’ambito di una articolata operazione di dismissione del patrimonio del debitore, era onere di quest’ultimo provare che l’ultimo immobile rimasto nella disponibilità del Caniglia fosse sufficiente a garantire i creditori, laddove nella specie non è stato dal Caniglia (contumace) e
dal COGNOME provato e nemmeno allegato quale fosse la consistenza dell’immobile sito in Foro d’Ischia.
In difetto di tale prova la corte del merito ha correttamente ritenuto la variazione qualitativa del patrimonio del Caniglia pregiudizievole per i creditori concorsuali, aggravando il pericolo dell’incapienza del patrimonio e rendendo più difficile o incerto il soddisfacimento dei creditori.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore del Fallimento controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 8.000,00 ex art. 96, terzo comma, c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 17 aprile 2025 dal Collegio riconvocatosi, nella