LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Azione revocatoria: onere della prova e legge straniera

Una compagnia aerea in amministrazione straordinaria ha perso il suo ricorso per un’azione revocatoria contro una società di leasing. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene il beneficiario di un pagamento abbia l’onere di provare la sua non impugnabilità secondo la legge straniera applicabile (Reg. CE 1346/2000), ciò non esclude il dovere del giudice di accertare d’ufficio il contenuto di tale legge (L. 218/1995). Le due norme sono complementari, non in conflitto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Azione Revocatoria Transfrontaliera: Onere della Prova e Legge Straniera

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27768 del 2025, si è pronunciata su un’importante questione relativa all’azione revocatoria in un contesto di insolvenza transfrontaliera. Il caso vedeva contrapposte una nota compagnia aerea in amministrazione straordinaria e una società di leasing aeronautico. La decisione chiarisce il delicato equilibrio tra le norme europee sull’onere della prova e i principi nazionali sull’accertamento della legge straniera, offrendo spunti fondamentali per gli operatori del diritto fallimentare e commerciale.

I Fatti di Causa: Dal Tribunale alla Cassazione

Una compagnia aerea italiana, posta in amministrazione straordinaria, aveva intentato un’azione revocatoria fallimentare per far dichiarare l’inefficacia di tre pagamenti effettuati a favore di una società di leasing estera per la locazione di aeromobili. Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello avevano rigettato la domanda della compagnia aerea.

Il cuore del contenzioso in appello e poi in Cassazione si è concentrato sull’interpretazione e applicazione dell’art. 13 del Regolamento CE 1346/2000 (sulle procedure di insolvenza) e dell’art. 14 della legge italiana n. 218/1995 (sul diritto internazionale privato).

La compagnia aerea sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non applicare il principio di specialità della norma europea, la quale addossa al beneficiario del pagamento l’onere di provare che l’atto non sia impugnabile secondo la legge straniera applicabile. Invece, i giudici di merito avevano fatto leva sul principio iura novit curia, secondo cui spetta al giudice accertare il contenuto della legge straniera.

La Decisione della Cassazione sull’Azione Revocatoria

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della compagnia aerea, confermando la decisione della Corte d’Appello, sebbene con motivazioni che chiariscono la corretta interazione tra le norme in gioco.

Il Rapporto tra Norma UE e Norma Nazionale

Il primo motivo di ricorso è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha spiegato che non esiste un rapporto di genere a specie tra l’art. 14 della L. 218/1995 e l’art. 13 del Reg. CE 1346/2000. Le due norme operano su piani diversi ma complementari:

1. L’art. 13 del Regolamento CE stabilisce una regola di diritto sostanziale sull’onere della prova: spetta a chi ha beneficiato di un atto potenzialmente pregiudizievole dimostrare che tale atto è immune da impugnazioni secondo la legge che lo regola (la lex causae).
2. L’art. 14 della L. 218/1995 disciplina invece un aspetto processuale: definisce le modalità con cui il giudice italiano deve procedere all’accertamento del contenuto della legge straniera, un compito che gli spetta d’ufficio.

In sintesi, l’onere probatorio a carico della parte convenuta non elimina il dovere del giudice di attivarsi per conoscere la legge straniera. Le due norme si integrano: la prima indica chi deve provare, la seconda come il giudice acquisisce conoscenza della norma da applicare.

Inammissibilità del Secondo Motivo di Ricorso sull’Azione Revocatoria

Il secondo motivo di ricorso, con cui la compagnia aerea lamentava l’errata applicazione della legge straniera (l’Insolvency Act inglese) riguardo alla prova dell’intenzione di preferire un creditore (desire to prefer), è stato dichiarato inammissibile.

La Corte ha rilevato che la decisione della Corte d’Appello si fondava su una duplice e autonoma motivazione: le contestazioni della compagnia aerea erano inammissibili perché (1) non erano state formulate specificamente in primo grado e (2) la richiesta di riaprire l’istruttoria era generica. La compagnia ricorrente aveva criticato solo il secondo punto, omettendo di impugnare il primo. L’omessa impugnazione di una delle ragioni, di per sé sufficiente a sorreggere la decisione, rende l’impugnazione dell’altra ragione inammissibile per difetto di interesse.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando la necessità di tutelare il legittimo affidamento e la certezza delle transazioni commerciali internazionali. L’art. 13 del Regolamento europeo, interpretato restrittivamente come richiesto dalla Corte di Giustizia UE, mira a proteggere chi ha ricevuto un pagamento in base a una legge che non ne consentiva l’impugnazione al momento del compimento dell’atto. Questo onere probatorio non è una mera formalità, ma richiede di dimostrare, in base alle circostanze concrete del caso, che l’atto non era revocabile secondo la legge straniera applicabile in quel momento. Il dovere del giudice di accertare tale legge rimane un principio cardine del sistema processuale, complementare e non escluso dalla regola sull’onere della prova.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio nell’ambito delle procedure di insolvenza transfrontaliere. Stabilisce che la regola europea sull’inversione dell’onere della prova nell’azione revocatoria non depotenzia il ruolo attivo del giudice nazionale nell’accertare la legge straniera. Le parti, quindi, devono essere consapevoli che, se da un lato il beneficiario di un atto ha l’onere di dimostrarne la validità, dall’altro il processo rimane governato dai principi generali, incluso il potere-dovere del giudice di indagare il contenuto del diritto estero. La decisione, inoltre, ribadisce l’importanza strategica di formulare tutte le allegazioni e contestazioni fin dal primo grado di giudizio, pena l’inammissibilità nei gradi successivi.

In un’azione revocatoria transfrontaliera, chi ha l’onere di provare che un atto non è impugnabile secondo la legge straniera?
Secondo l’art. 13 del Reg. CE 1346/2000, l’onere della prova spetta a chi ha beneficiato dell’atto pregiudizievole. Questa parte deve dimostrare che l’atto è soggetto a una legge straniera e che tale legge non ne consente l’impugnazione con alcun mezzo nella fattispecie concreta.

Il principio “iura novit curia” (il giudice conosce la legge) si applica anche alla legge straniera in questo contesto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il dovere del giudice di accertare d’ufficio il contenuto della legge straniera, previsto dall’art. 14 della L. 218/1995, non viene meno. Questa norma è complementare a quella europea sull’onere della prova e non in conflitto con essa.

Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso relativo alla prova dell’intenzione di preferire un creditore?
Il motivo è stato dichiarato inammissibile perché la decisione della Corte d’Appello si basava su due ragioni autonome: l’inammissibilità delle contestazioni perché non sollevate specificamente in primo grado e la genericità della richiesta di riaprire l’istruttoria. La ricorrente ha impugnato solo la seconda ragione, non la prima. L’omessa impugnazione di una ragione di per sé sufficiente a sorreggere la decisione rende il motivo di ricorso inammissibile per difetto di interesse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati