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Azione revocatoria: onere della prova e fideiussione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due garanti che si opponevano a un’azione revocatoria avviata da un istituto di credito. I garanti avevano costituito un fondo patrimoniale e sostenevano la nullità della fideiussione sottostante per violazione di norme antitrust. La Corte ha stabilito che l’onere di provare tale nullità e la sua incidenza sul contratto spettava ai debitori, i quali non avevano fornito prove adeguate. Inoltre, ha ribadito che per l’esercizio dell’azione revocatoria è sufficiente una semplice ‘ragione di credito’, non essendo necessario un suo accertamento definitivo. Il ricorso è stato giudicato come un tentativo di riesame del merito, non consentito in sede di legittimità.

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Azione Revocatoria e Fideiussione: la Cassazione sui Limiti della Prova

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso complesso che intreccia azione revocatoria, fondo patrimoniale e nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui presupposti dell’azione revocatoria e sulla ripartizione dell’onere della prova tra creditore e debitore, delineando confini precisi tra il giudizio revocatorio e quello di accertamento del credito.

I Fatti di Causa: la Costituzione del Fondo Patrimoniale

Il caso ha origine dall’azione legale intentata da un istituto di credito (in origine una banca, poi incorporata in un grande gruppo bancario) contro due coniugi. Questi ultimi avevano rilasciato garanzie fideiussorie per coprire le obbligazioni di una società. Successivamente, i coniugi avevano costituito un fondo patrimoniale, vincolando alcuni loro immobili per far fronte ai bisogni della famiglia.

L’Azione Revocatoria della Banca e le Difese dei Garanti

La banca, ritenendo che la costituzione del fondo patrimoniale pregiudicasse le proprie ragioni di credito, ha avviato un’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. per far dichiarare inefficace tale atto. Secondo l’istituto di credito, l’atto dispositivo integrava sia il requisito del consilium fraudis (la consapevolezza del debitore di arrecare un danno al creditore) sia quello dell’ eventus damni (il pregiudizio effettivo).

I coniugi si sono difesi contestando l’esistenza stessa del credito. In particolare, hanno eccepito la nullità parziale delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust, sostenendo che le clausole contrattuali riproducevano uno schema ABI già sanzionato dalla Banca d’Italia. Tale nullità, a loro dire, avrebbe comportato la decadenza della banca dal diritto di agire nei loro confronti, ai sensi dell’art. 1957 c.c.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e Onere della Prova nell’Azione Revocatoria

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla banca, confermando l’inefficacia della costituzione del fondo patrimoniale. I coniugi hanno quindi proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi. La Suprema Corte, tuttavia, ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile.

Inammissibilità dei Motivi di Ricorso

La Corte ha ritenuto che i motivi di ricorso fossero, nella sostanza, un tentativo di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti e la valutazione delle prove, attività precluse in sede di legittimità. I ricorrenti non avevano denunciato una reale omissione di pronuncia da parte dei giudici di merito, ma si erano limitati a contestare la ricostruzione operata, senza formulare critiche idonee a scalfire la ratio decidendi della sentenza impugnata.

In particolare, la Corte d’Appello aveva chiaramente affrontato la questione della nullità della fideiussione, osservando che i ricorrenti non avevano fornito la prova né del contenuto specifico delle clausole contestate né della loro adozione uniforme nel mercato bancario, elementi necessari per dimostrarne l’illiceità.

Distinzione tra Giudizio Revocatorio e Accertamento del Credito

Un punto cruciale della decisione riguarda la natura dell’azione revocatoria. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: per agire in revocatoria, non è necessario che il credito sia certo, liquido ed esigibile, né che sia stato accertato in via definitiva. È sufficiente la sussistenza di una ‘ragione di credito’, anche eventuale o litigiosa.

Di conseguenza, le questioni relative all’esatta esistenza e validità del credito (come la presunta nullità della fideiussione o la decadenza della banca) sono estranee all’oggetto specifico del giudizio revocatorio, il cui fine è unicamente quello di conservare la garanzia patrimoniale del debitore. La Corte ha quindi escluso che vi fosse una pregiudizialità necessaria tra i due giudizi.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la propria decisione di inammissibilità su più ragioni. In primo luogo, ha evidenziato come i ricorrenti non avessero criticato una delle due rationes decidendi autonome su cui si fondava la sentenza d’appello (l’assenza di prova sull’illiceità delle clausole fideiussorie), rendendo inammissibili le censure sulla seconda ratio (l’irrilevanza della questione della decadenza nel giudizio revocatorio). Inoltre, i motivi di ricorso sono stati giudicati generici, in quanto si limitavano a reiterare argomentazioni già esposte nei gradi di merito, senza un confronto critico con la motivazione della sentenza impugnata. Anche le censure relative alla mancata ammissione di prove sono state respinte, poiché i ricorrenti non hanno dimostrato la decisività di tali prove ai fini della decisione.

Le Conclusioni

L’ordinanza conferma la rigorosa distinzione tra il giudizio volto a far dichiarare l’inefficacia di un atto dispositivo e quello finalizzato all’accertamento del credito. Per il creditore che intende agire con un’azione revocatoria, è sufficiente dimostrare una ragione di credito e i presupposti specifici dell’azione (pregiudizio e, a seconda dei casi, consapevolezza del debitore). Spetta invece al debitore che eccepisce la nullità del titolo sottostante fornire una prova rigorosa e completa di tale invalidità. La decisione sottolinea, ancora una volta, come il ricorso per cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia.

In un’azione revocatoria, chi deve provare la nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust?
Secondo la decisione, l’onere di provare il contenuto delle clausole censurate, la loro adozione uniforme nel mercato e la loro incidenza causale sulla conclusione del contratto spetta al debitore che eccepisce la nullità. La banca creditrice non è tenuta a dimostrare la validità del proprio titolo.

È necessario che il credito sia stato accertato in via definitiva per poter esercitare un’azione revocatoria?
No. La Corte ha ribadito che per la legittimazione all’azione revocatoria è sufficiente l’esistenza di una ‘ragione di credito’, anche se non accertata in modo definitivo, litigiosa o soggetta a condizione o termine.

La costituzione di un fondo patrimoniale può essere oggetto di azione revocatoria?
Sì. La costituzione di un fondo patrimoniale è considerata un atto dispositivo che può diminuire la garanzia patrimoniale generica del debitore. Se ricorrono i presupposti dell’art. 2901 c.c. (pregiudizio per il creditore e consapevolezza del debitore), tale atto può essere dichiarato inefficace nei confronti del creditore procedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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