Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8348 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8348 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3416/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CF: CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
-Ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende
-Controricorrente –
nonché contro
BANCA DI CREDITO POPOLARE SCPA
-Intimata –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 2234/2020 depositata il 22/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE convenne dinnanzi al Tribunale di Santa NOME Capua Vetere NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, esponendo di essere creditrice verso gli ultimi due della somma di euro 659.071,82, in virtù dei decreti ingiuntivi nn. 360/2010 e 1230/2010 pronunciati dal Tribunale di Santa NOME Capua Vetere, sede distaccata di Caserta, a seguito dei ricorsi proposti sulla base delle fideiussioni dagli stessi prestate nel corso dell’anno 2005 in fa vore della RAGIONE_SOCIALE, società amministrata da NOME COGNOME, e da tempo in evidenti difficoltà economiche e finanziarie.
La banca lamentava che NOME COGNOME, dopo aver personalmente garantito le obbligRAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, che era stata in seguito dichiarata fallita, aveva dismesso tutti i diritti reali immobiliari facenti parte del suo patrimonio, il che era accaduto, in particolare, con atto pubblico dell’8/10/2008, mediante il quale la RAGIONE_SOCIALE, riservando a sé ed al coniuge NOME COGNOME il diritto di abitazione vitalizio con reciproco diritto di accrescimento, donò al figlio NOME COGNOME la nuda proprietà relativa ad una serie di immobili.
La banca chiese pertanto dichiararsi l’inefficacia ex art. 2901 c.c. di tale atto dispositivo, sostenendo la ricorrenza dei necessari requisiti per l’azione revocatoria.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistettero alla domanda. NOME COGNOME, invece, non si costituì.
Con sentenza n. 886/2016 il Tribunale di Santa NOME Capua Vetere accolse la domanda. Dichiarata la contumacia di NOME COGNOME, il primo giudice ritenne sussistente sia l’ eventus damni , trattandosi di atto a titolo gratuito, sia la scientia damni , « tenuto conto dei legami personali e familiari fra cedente e cessionario (madre e figlio) e della stessa scansione temporale degli accadimenti, come descritti in narrativa, avendo l’atto di disposizione fatto seguito all’assunzione della garanzia fideiuss oria da parte
dell’odierna convenuta ed allorquando già si era manifestato l’inadempimento della debitrice principale. D’altronde, in caso di atto posteriore al sorgere del cRAGIONE_SOCIALE ed affinché possa dirsi ricorrente il requisito soggettivo, sufficiente la consapevolezza della diminuzione del patrimonio con conseguente messa in pericolo delle ragioni dei cRAGIONE_SOCIALEri ». Inoltre, ritenne prive di pregio le contestRAGIONE_SOCIALE svolte dai debitori sulla misura del cRAGIONE_SOCIALE vantato dalla banca, osservando che esso era supportato da un titolo giudiziale, ancorché opposto.
Avverso detta sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero gravame, con autonomi atti di appello, dinnanzi alla Corte d’Appello di Napoli.
RAGIONE_SOCIALE si costituì chiedendo il rigetto degli appelli. Chiese, inoltre, la correzione dell’errore materiale compiuto nella sentenza impugnata nell’indicare il cognome di NOME COGNOME in ‘Scandeberg’.
Con sentenza n. 2234/2020, depositata in data 22/06/2020, oggetto di ricorso, la Corte d’Appello di Napoli: (i) ha rigettato gli appelli proposti da NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, confermando la sentenza impugnata; (ii) ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di correzione dell’errore materiale formulata da RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Avverso la predetta sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui la società RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di titolare pro soluto di un portafoglio di crediti pecuniari di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE S.c.p.a., resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e falsa applicazione di norme di diritto ‘, deducendo che la Corte territoriale ha operato una falsa ed errata applicazione di recenti e costanti orientamenti giurisprudenziali. In particolare, senza chiarire l’iter logico seguito e confermando la sentenza di primo grado (già censurata sotto tale profilo), la sentenza gravata non avrebbe effettuato alcuna disamina in ordine alla dedotta inesistenza della notifica dell’atto introduttivo e conseguenziale inesistenza della notifica ad una delle parti essenziali ed inscindibili del giudizio. I ricorrenti si riportano al principio secondo il quale: ‘Ricorre fattispecie di litisconsorzio necessario allorquando la decisione richiesta, indipendentemente dalla sua natura (di condanna, di accertamento o costitutiva) è di per sé ‘inidonea’ a spiegare i propri ef fetti, cioè a produrre un risultato utile e pratico, anche nei riguardi delle sole parti presenti, stante la natura plurisoggettiva e concettualmente unica ed inscindibile, sia in senso sostanziale, alle volte, in senso solo processuale, del rapporto dedotto in giudizio, nel quale i nessi tra i diversi soggetti, e tra questi e l’oggetto comune, costituiscono un insieme unitario, con conseguente immutabilità del rapporto medesimo ove non vi sia la partecipazione di tutti i suoi titolari’. Conseguentemente, il difetto di integrità del contraddittorio, attenendo alla regolare costituzione del rapporto processuale, va rilevato anche di ufficio in qualsiasi stato e grado, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata per la sua nullità, al pari del giudizio ad esito della quale è stata pronunziata (Cass., 10/12/2008, n. 29032).
Secondo i ricorrenti, il giudice di prime cure non poteva dichiarare alcuna contumacia in assenza di certezza in ordine alla regolarità della notifica e/o assenza di specificazione alcuna di parte attrice relativamente a detta regolarità secondo i principi del vigente c.p.c., basandosi unicamente su elementi presuntivi e omettendo la
valutazione di elementi documentali allegati da parte appellante, mai contestati da parte avversa. L’assenza di valutazione completa degli elementi di prova, anche di natura documentale, consisterebbe nel fatto che la Corte territoriale, incorrendo in una analoga sommaria valutazione del primo giudice, omettendone compiutamente l’esame, non ha attribuito alcuna rilevanza alla documentazione anagrafica, allegata in produzione dall’appellante COGNOME NOME, nonché alla produzione di atti giudiziari validamente notificati presso il luogo di residenza esibiti sia da parte appellante, sia da parte appellata e sempre validamente notificati presso il luogo di residenza, ‘giammai in INDIRIZZO‘.
L a sentenza gravata motiva al riguardo: ‘ L’appellante ha addotto le risultanze anagrafiche, che effettivamente documentano che egli trasferì la sua residenza da Napoli in Caserta il 17 ottobre 2008, fissandola alla INDIRIZZO. A dimostrazione della coincidenza della dimora con l’indicata residenza, NOME COGNOME ha anche prodotto copia del contratto di locazione ad uso abitativo, sottoscritto il 29 aprile 2009 e registrato in Caserta il 4 maggio 2009, con cui la NOME RAGIONE_SOCIALE gliene concesse il godimento. Da questo contratto risulta che la società locatrice era rappresentata dallo stesso NOME COGNOME, circostanza peraltro ulteriormente confermata dal certificato del registro delle imprese emesso dalla RAGIONE_SOCIALE Caserta, dal quale emerge che il COGNOME, oltre ad essere socio della RAGIONE_SOCIALE per la quota del 66,7%, ne era al tempo anche l’amministratore. Oggetto della locazione ad uso abitativo fu l’unità immobiliare ammobiliata sita in «Caserta, alla INDIRIZZO, INDIRIZZO, piano terra, int. 2, composta di n. 1 vani, oltre cucina e servizi (…). NOME COGNOME ha inoltre dedotto di essere da lungo tempo separato di fatto dalla COGNOME COGNOME. Così illustrati gli elementi probatori addotti a sostegno della censura, giova ricordare che la Suprema Corte ha più volte affermato che, in
tema di notificRAGIONE_SOCIALE, ai fini della corretta determinazione del luogo di residenza o di dimora del destinatario, assume rilevanza esclusiva il luogo ove questi dimori di fatto in via abituale, con la conseguenza che le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo di residenza, e possono essere superate da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito (cfr., ex plurimis, Cass. 23521 del RAGIONE_SOCIALE, 10170 del 2016, 14440 del 2015). Questa prova contraria può dirsi certamente raggiunta. Il COGNOME non ha addotto alcun elemento a sostegno dell’affermata separazione di fatto. Per di più, il momento a partire dal quale avrebbe avuto inizio la divaricazione tra i luoghi di residenza dei coniugi (17 ottobre 2008, data in cui NOME COGNOME la fissò in Caserta) andrebbe, secondo quanto emergente dagli atti, collocato esattamente negli stessi giorni in cui NOME COGNOME, nel donare la nuda proprietà del suo patrimonio immobiliare al figlio NOME, si premurò di riservare il relativo diritto di abitazione non solo a sé, ma anche e proprio al coniuge (8 ottobre 2008). Inoltre, la circostanza che NOME COGNOME non risiedesse anagraficamente nel luogo ove dimoravano (e vi risiedevano anche) il coniuge ed il figlio non impedì alla banca di ottenere che la comunicazione della revoca degli affidamenti di cui la RAGIONE_SOCIALE godeva, accompagnata dalla contestuale richiesta di pagamento indirizzata a NOME COGNOME come suo garante, dalla mittente indirizzata a quest’ultimo proprio a INDIRIZZO, fosse colà consegnata il 23 ottobre 2009 a mani del figlio NOME, che dunque l’accettò per conto del genitore. Analogamente, dalla notificazione che l’appellante taccia di nullità si trae ulteriore conferma dell’effettiva ubicazione della sua dimora in quest’ultimo luogo, dal momento che l’agente postale ne attestò la temporanea assenza (al pari degli altri due congiunti) dal luogo ove l’atto di citazione era destinato, il che non può che presuppore
evidentemente il rinvenimento di segnali inequivoci della sua stabile presenza in quel luogo. Contrariamente, vano è risultato il tentativo della banca di notificare all’appellante la sentenza impugnata in CasertaINDIRIZZO INDIRIZZO, ove l’agente post ale -ivi recatosi nel corso dell’aprile 2016 per la consegna della raccomandata informativa ex art. 140 c.p.c. -ha attestato l’irreperibilità ed il trasferimento del destinatario’ (così da p. 6, penultimo §, a p. 9, fine 1° § della sentenza).
2.1 Dalla valutazione del complesso di elementi presi in considerazione (modalità con cui il COGNOME ottenne il godimento dell’immobile di Caserta, da se stesso; misura simbolica del canone di locazione; buon fine della notifica effettuata per conto della banca presso l’indirizzo di INDIRIZZO, accettata a mani per conto del COGNOME dal figlio NOME; per converso, impossibilità della notifica della sentenza impugnata presso indirizzo di INDIRIZZO, n. 40, Caserta, ove l’agente postale attestò l’irreperibilità ed il trasferimento del destinatario) la Corte territoriale ha tratto il motivato convincimento che l’indirizzo indicato dal COGNOME non corrispondesse alla sua dimora effettiva, che era invece permanentemente fissata nello stesso luogo ove risiedevano i suoi stretti congiunti. Trattasi di valutazione di merito insindacabile in questa sede di legittimità.
2.2 Con ciò è da ritenersi superata la doglianza dei ricorrenti attinente al difetto di integrazione del contraddittorio dipendente dal ricorrere di un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Stante la regolarità della notifica, nessun difetto del contraddittorio si è realizzato.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., ‘ Error in procedendo – art. 360 n. 5 -Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia’. A detta dei ricorrenti la Corte territoriale ha errato nella valutazione dei singoli motivi formulati e degli elementi di prova acquisiti, non offrendo valida o completa motivazione su punto decisivo della
contro
versia, da ciò derivandone ulteriore grave motivo di difetto di motivazione. In particolare, i ricorrenti deducono che è stata omessa l’analisi della specifica richiesta formulata al punto 4 A) della comparsa conclusionale depositata il 16/01/2020 dagli appellanti COGNOME NOME e COGNOME NOME, con la quale si invocava l’integrale revoca della sentenza impugnata, stante l’eccepita carenza dei presupposti di ‘validità del contratto di fideiussione’ intercorso con la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, allegato in produzione della stessa parte attrice. I predetti appellanti contestarono in comparsa conclusionale che il contratto di fideiussione sottoscritto dalla NOME COGNOME, ed allegato in produzione della stessa parte appellata, era da ritenersi viziato da nullità assoluta in quanto redatto secondo modello standard predisposto dall’ABI, e quindi stipulato in violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a) della Legge n. 287/90, in conformità di quanto accertato dalla RAGIONE_SOCIALE d’Italia con provvedimento del 2 maggio 2005. A detta dei ricorrenti tale vizio determina l’inefficacia ex tunc della fideiussione, e compo rta l’infondatezza della pretesa cRAGIONE_SOCIALEria avanzata dalla banca nei confronti del fideiussore, non essendo configurabile alcun diritto di cRAGIONE_SOCIALE che abbia la sua fonte giuridica nella stipulazione di un contratto nullo.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano in relazione all’art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c., ‘ Ancora error in procedendo -art. 360 n. 5 -Omessa e contraddittoria motivazione – Violazione di legge in riferimento agli artt. 112 -115 -116 c.p.c.’. A detta dei ricorrenti, la Corte territoriale ha omesso la verifica in ordine alla contestata nullità del contratto di fideiussione da parte degli appellanti, nonché la valutazione della documentazione in produzione delle parti. I ricorrenti espongono che il princ ipio secondo cui l’interpretazione di qualsiasi domanda, eccezione o deduzione di parte dà luogo a un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assuma che l’accertamento del giudice di merito abbia
determinato un vizio che sia riconducibile alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.), trattandosi, in tal caso, della denuncia di un error in procedendo , in relazione al quale la S.C. è giudice anche del fatto ed ha, quindi, il poteredovere di procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali. In conclusione, la sentenza gravata sarebbe viziata in quanto emessa in palese violazione degli art. 115 e 116 c.p.c. in tema di prove e di valutazione delle stesse.
Il secondo e terzo motivo, stante la loro connessione logica, possono essere esaminati congiuntamente.
5.1 Va evidenziato che con entrambi i motivi viene denunciato un error in procedendo , sicché la censura avrebbe dovuto essere fatta valere ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, c.p.c., e non ai sensi dell’art. 360, 5, c.p.c., la cui deduzione era peraltro preclusa dalla previsione dell’art. 348 ter, comma 5°, a fronte di una ‘doppia conforme’ di merito.
5.2 Tanto rilevato e considerato che le censure attengono -nella sostanzaall’omesso rilievo della nullità della fideiussione dedotta con la conclusionale depositata nel giudizio di appello, si osserva che:
-il giudizio per revocatoria non ha ad oggetto (e, comunque, non lo aveva nel caso specifico) l’accertamento del cRAGIONE_SOCIALE, essendo sufficiente, alla stregua della consolidata giurisprudenza di legittimità, che venga dedotta una ragione di cRAGIONE_SOCIALE anche litigiosa; -pertanto, la questione della validità della fideiussione non rientrava nel perimetro del giudizio;
-in ogni caso, la deduzione della questione della nullità comportava la necessità che venisse circostanziata con elementi fattuali del tutto carenti nel caso di specie, in cui, in violazione dell’art. 366, n. 6, c.p.c., non è stato neppure trascritto il contenuto della fideiussione dal quale dovrebbe emergere la sua nullità.
-ne consegue l’inammissibilità di entrambi i motivi.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 12.000,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi e oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 08/01/2024.