Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 686 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 686 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi per procura alle liti in calce al ricorso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Ricorrenti
contro
Agenzia delle Entrate-Riscossione , in persona del legale rappresentante, rappresentata e difes a dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata presso i suoi uffici in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente avverso la sentenza n. 4562/2019 della Corte di appello di Milano, depositata il 15. 11. 2019.
Udita la relazione sulla causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20. 12. 2023.
Fatti di causa e ragioni della decisione
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione, assumendo di essere creditrice di COGNOME NOME per la somma di euro 1.593.391,77, agì in giudizio chiedendo che
R.G. N. 17716/2020.
fosse dichiarata la simulazione assoluta dell’atto con cui il proprio debitore aveva venduto, in data 15. 11. 2011, alla sorella NOME al prezzo di euro 75.000,00, la nuda proprietà di un proprio immobile, riservando in suo favore il diritto di abitazione, o, in subordine, che tale atto fosse dichiarato inefficace nei propri confronti ai sensi dell’art. 2901 cod. civ..
Il Tribunale di Milano rigettò la domanda di simulazione ed accolse invece quella di revocatoria, qualificando a tal fine l’atto impugnato a titolo gratuito, non avendo i convenuti provato il pagamento del prezzo.
Proposto gravame da parte dei convenuti, con sentenza n. 4562 del 15. 11. 2019 la Corte d’appello di Milano confermò la decisione impugnata, rilevando che correttamente il giudice di primo grado aveva indagato in ordine alla onerosità ovvero gratuità del negozio impugnato, stante la diversità dei presupposti nell’uno e nell’altro caso richiesti dalla legge per la revocatoria, e che nella specie l’atto doveva considerarsi a titolo gratuito, risultando dalla dichiarazione negoziale che il prezzo era già stato pagato con assegno circolare emesso ben otto anni prima, ma non avendo le parti provato il collegamento causale tra tale assegno e la compravendita e risultando la prova testimoniale richiesta sul punto inammissibile, ai sensi degli artt. 2721 e 2726 cod. civ.. Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 6. 7. 2020, hanno proposto ricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME affidandosi a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate
–RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso, nel denunciare falsa applicazione degli artt. 1414 e 2901 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere qualificato l’atto negoziale impugnato come atto a titolo gratuito, con conseguente attenuazione dei presupposti richiesti dalla legge per la pronuncia di revocatoria, in contrasto e la previsione in esso contenuta del prezzo della vendita.
con il suo nomen juris Sostiene al riguardo il ricorso che tale decisione è errata, in primo luogo perché il Tribunale aveva rigettat o la domanda di simulazione avanzata dall’Agenzia in primo grado e la relativa statuizione, non essendo stata impugnata, era passata in giudicato, e in secondo luogo in quanto nel giudizio revocatorio il giudice deve prendere in considerazione l’atto negoz iale impugnato per come rappresentato
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nella dichiarazione che lo contiene, senza possibilità di indagare se ciò che in esso risulta sia o meno vero e senza possibilità quindi di modificarne contenuto ed effetti.
Il motivo è fondato.
L’azione di revocatoria ordinaria prevista dall’art. 2901 cod. civ. costituisce, come indicato nel intitolazione del capo del codice in cui tale disposizione è inserita, un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del creditore, avendo l’effetto di rendere l’atto di disposizione posto in essere dal debitore inefficace nei suoi confronti. Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che si tratti di inefficacia relativa e non assoluta, in quanto l’atto diventa inefficace nei confronti del solo creditore ma non anche nei riguardi delle parti e dei terzi, avendo la pronuncia come unica conseguenza la possibilità per il creditore di agire esecutivamente sul bene nei confronti dei terzi acquirenti, come se esso rientrasse ancora nella garanzia della responsabilità patrimoniale del debitore prevista dall’art. 2740 cod. civ. e non fosse mai uscito dal suo patrimonio ( Cass. n. 25209 del 2023; Cass. n. 16614 del 2021; Cass. n. 3676 del 2011 ).
Ne discende che, proprio perché si tratta di inefficacia relativa e non assoluta, il giudice chiamato a pronunciarsi nel relativo giudizio deve prendere in considerazione l’atto impugnato sulla base di quanto risulta dalla dichiarazione negoziale delle parti, senza poterne modificare il contenuto ovvero senza poter verificare se esso corrisponda o meno al negozio che le parti hanno inteso realmente concludere. Il giudice che pronuncia sulla domanda di revocazione proposta ai sensi dell’art. 2901 cod. c iv. non è infatti il giudice del contratto, essendo chiamato a pronunciarsi solo sugli effetti dello stesso sulle ragioni del creditore.
Merita sottolineare che quello sopra evidenziato è un limite interno all’accertamento devoluto al giudice con l’azione revocatoria e che affatto diverso è il potere dello stesso di qualificare l’atto dispositivo secondo la dicotomia delineata dall’art. 2901 tra atto a titolo oneroso ed atto a titolo gratuito . Naturalmente la qualificazione dell’atto, sotto il profilo considerato, è compito del giudice della revocatoria, ma la relativa valutazione non può che
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essere compiuta prendendo in considerazione l’atto come racchiuso nella dichiarazione contrattuale, senza interpolazioni suscettibili di modificare la natura giuridica del negozio e di creare effetti che possono estendere la loro rilevanza anche nell’ambito del rapporto interno tra i contraenti .
Correttamente il ricorso argomenta le proprie censure in forza della distinzione tra azione di simulazione ed azione revocatoria, segnalando che la prima trova il suo fatto costitutivo nella divergenza voluta dalle parti tra la dichiarazione espressa nel negozio e la loro reale intenzione di non voler concludere alcun negozio ovvero di stipularne uno diverso, mente la seconda ha per oggetto il negozio così come espresso dalla dichiarazione, avendo come presupposto un atto negoziale realmente esistente per come rappresentato nell’atto. Ne discende che l’azione revocatoria, come non comporta alcun accertamento sulla validi tà dell’atto impugnato, non consente di ravvisare divergenze tra la reale volontà delle parti e quanto dalle stesse dichiarato nell’atto, potendo tale situazione farsi emergere solo con l’azione contrattuale.
Appare quindi errata, perché esorbitante dai poteri di accertamento devoluti al giudice con la domanda di revocazione, la decisione impugnata che ha qualificato la compravendita come atto a titolo gratuito sulla base del rilievo che i contraenti non aveva dato prova del pagamento del prezzo, in contrasto con la dichiarazione negoziale che dava atto del suo avvenuto versamento. Così facendo la Corte di appello ha finito per rilevare una divergenza tra l’atto e la volontà delle parti che avrebbe potuto rilevare solo in presenza di una domanda di simulazione relativa. Tanto più, merita aggiungere, che l’azione di simulazione era stata proposta dall’Agenzia nell’atto introduttivo del giudizio ed era stata respinta dal giudice di primo grado, senza che la relativa statuizione fosse stata impugnata in appello, sicché ogni accertamento relativo doveva ritenersi ormai precluso.
Il secondo e terzo motivo di ricorso, che investono la mancata ammissione della prova testimoniale in ordine al versamento del prezzo della compravendita, si dichiarano assorbiti.
In conclusione è accolto il primo motivo di ricorso e la sentenza cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che
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si atterrà nel decidere al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P. Q. M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023.