Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16842 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16842 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14497/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domicilio digitale come in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore, da ll’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale: come in atti
-controricorrente – nonché nei confronti di
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, COGNOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’ appello di Venezia n. 634/2022, pubblicata in data 22 marzo 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Banca della Marca Credito Cooperativo Soc. CoopRAGIONE_SOCIALE esponendo di essere creditrice nei confronti di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 407.061,44 per scoperto di conto corrente, nonché dell’ulteriore importo di euro 2.151.833,81 per mancato pagamento di rate residue di un mutuo fondiario e che detti crediti erano garantiti da fideiussione omnibus prestata da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, conveniva in giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, Jesolo RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME e NOME COGNOME al fine di sentir dichiarare la simulazione e, in subordine, l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., degli atti dispositivi posti in essere, e precisamente: a) dell’atto datato 8 aprile 2011, con cui i comproprietari COGNOME, COGNOME e COGNOME avevano ceduto a Jesolo RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era legale rappresentante, la proprietà di un immobile sito in Jesolo; b) dell’atto del 5 dicembre 2011, con cui il COGNOME aveva ceduto alla moglie NOME COGNOME la proprietà di alcuni immobili siti nel Comune di Colle Umberto e nel Comune di Lignano Sabbiadoro ed alla suocera NOME COGNOME la proprietà di altro immobile sito nel Comune di Lignano Sabbiadoro.
Il Tribunale adito accoglieva la domanda subordinata ex art. 2901 cod. civ.
La Corte d’appello, pronunciando sulla impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato entrambi gli appelli.
E saminando i motivi di gravame relativi all’atto di cessione dell’8 aprile 2011, dopo avere disattes o l’eccezione di prescrizione, ha
osservato che: a ) la questione dell’opponibilità alla Banca dei due contratti preliminari datati 4 maggio 2006 e 23 ottobre 2006, ai quali erano poi seguiti i contratti definitivi datati 8 aprile e 5 dicembre 2011, non aveva rilievo, considerato che il credito vantato dalla Banca era sorto al momento in cui era stata rilasciata la fideiussione, ossia in data 23 dicembre 2003, e, quindi ben prima della stipula dei preliminari; b) la trasformazione del cespite immobiliare in denaro aveva comportato una modifica della consistenza del patrimonio sicuramente deteriore, per cui risultava integrato il requisito dell’ eventus damni ; sussisteva pure l’elemento soggettivo sia in capo al Posocco che in capo alla società acquirente; c) non era applicabile l’es imente di cui all’art. 2901, terzo comma, cod. civ.
Con riguardo poi ai due trasferimenti operati da NOME COGNOME in data 5 dicembre 2011, la Corte territoriale ha reputato, in via presuntiva, sussistente l’elemento soggettivo in capo alla moglie ed alla suocera del COGNOME.
Avverso la suddetta sentenza NOME COGNOME propone, sulla base di cinque motivi, ricorso per cassazione.
Banca della Marca Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE resiste mediante controricorso, mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede Jesolo RAGIONE_SOCIALE unipersonale in liquidazione, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo il ricorrent e, con riferimento all’atto di compravendita stipulato in data 8 aprile 2011, censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2903 cod. civ., per avere la Corte d’appello disatteso l’eccezione di prescrizione.
La censura è infondata.
La disposizione dell’art. 2903 cod. civ., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 cod. civ., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo (Cass., sez. 3, 09/02/2023, n. 4049; Cass., sez. 3, 13/09/2019, n. 22858; Cass., sez. 3, 15/05/2018, n. 11758; Cass., sez. 3, 24/03/2016, n. 5889). Di tale principio ha fatto corretta applicazione la impugnata decisione, rilevando che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado era stato notificato prima della scadenza del termine di cinque anni dalla trascrizione dell’atto di compravendita, risalente al 12 aprile 2011.
2. Con il secondo motivo, che si articola in due distinte censure contraddistinte dalle lettere II.a e II.b, è dedotta, con riguardo all’atto dispositivo dell’8 aprile 2011, ‹‹ la violazione e falsa applicazione degli artt. 163, 183 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2901 c.c. in relazione all’individuazione del momento di insorgenza del credito azionato ›› , nonché ‹‹ la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 163, 183 c.p.c. e degli artt. 2697 e 2901 c.c. in relazione alla valutazione dell’elemento soggettivo (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) ›› .
Lamenta il ricorrente che i giudici d’appello non hanno adeguatamente considerato che la Banca aveva fondato la pretesa creditoria sul decreto ingiuntivo ottenuto in forza di mutuo concesso in favore di RAGIONE_SOCIALE, sorto con atto sottoscritto il 30 dicembre 2008, e di scoperto di conto corrente acceso con contratto del 2003; con la conseguenza che la Corte di merito avrebbe dovuto
ritenere l’anteriorità del credito azionato rispetto alla sottoscrizione dei contratti preliminari del 2006, precedenti al contratto definitivo del 2011, e considerare necessaria, sotto il profilo soggettivo, la dolosa preordinazione e la partecipazione del terzo acquirente, da valutarsi al momento della stipulazione del preliminare.
2.1. La censura è infondata sotto tutti i profili denunciati.
2.2. Va rammentato che, secondo fermi indirizzi:
-il contratto preliminare di vendita di un immobile, non producendo effetti traslativi e non essendo perciò configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, non può essere assoggettato all’azione revocatoria ordinaria; azione proponibile, invece, nei confronti dell’eventuale contratto definitivo di compravendita successivamente stipulato, rispetto al quale va accertata la sussistenza dei presupposti della revocatoria; in particolare, con riferimento a detto accertamento, è stato precisato che la sussistenza dell’ eventus damni rispetto al creditore procedente va valutata con riferimento al momento della stipula del contratto definitivo, verificandosi soltanto in tale momento il compimento di un atto dispositivo del patrimonio del debitore; per contro, l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 cod. civ. in capo all’acquirente va valutato al momento della stipula del contratto preliminare, momento in cui si consuma la libera scelta delle parti (Cass., sez. 2, 15/10/2004, n. 20310; Cass., sez. 3, 18/08/2011, n. 17365; Cass., sez. 3, 12/06/2018, n. 15215);
-a determinare l’ eventus damni è sufficiente anche la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore (v. ex multis Cass. Cass. n. 29727 del 15/11/2019; Cass., sez. 3, 19/07/2018, n. 19207; Cass., 01/08/2007, n. 16986);
-in tema di azione revocatoria promossa dalla banca nei confronti del fideiussore, al fine di verificare l’anteriorità del credito
per gli effetti di cui all’art. 2901 cod. civ., occorre fare riferimento al momento dell’accreditamento a favore del garantito e non a quello successivo dell’effettivo prelievo da parte dell’accreditato, atteso che l’azione revocatoria presuppone la sola esistenza del debito e non anche la concreta esigibilità, essendone consentito l’esperimento – in concorso con gli altri requisiti di legge – anche a garanzia di crediti condizionali, non scaduti o soltanto ed eventuali (Cass., 18/04/2019, n. 10824; Cass., sez. 6 – 3, 30/03/2022, n. 10229); con la conseguenza che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito, gli atti dispositivi del fideiussore successivi alla messa a disposizione del danaro da parte della banca al debitore garantito e alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901, n. 1, prima parte, cod. civ. in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo, di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore ( scientia damni ), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento e non a quello successivo dell’esigibilità del debito restitutorio o del recesso dal contratto (Cass., sez. 3, 19/01/2016, n. 762; Cass., sez. 3, 16/11/2023, n. 31941).
2.3. Tenuti presenti tali principi, è evidente che, nella specie, l’atto definitivo di compravendita è sicuramente successivo al l’insorgenza del credito, considerato che quest’ultimo deve farsi coincidere con l’obbligazione propria del fideiussore, a nulla rilevando che il decreto ingiuntivo sia stato ottenuto dalla Banca creditrice soltanto nel 2012, posto che il requisito dell’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo del debitore va riscontrato con riferimento al momento della nascita del credito stesso e non già rispetto a quello del suo accertamento giudiziale (Cass., sez. 3, 10/06/2020, n.
11121; Cass., sez. 3, 05/09/2019, n. 22161; Cass., sez. 3, 18/08/2011, n. 17356). Tanto esclude la necessità di valutare l’opponibilità alla Banca dei preliminari del 2006, come pure di riesaminare l’elemento soggettivo, dal momento che non è richiesta né la collusione tra venditore e acquirente, né la ‘dolosa preordinazione’ in capo al terzo, necessaria, invece, nella diversa ipotesi di atto a titolo oneroso anteriore al sorgere del credito (Cass., sez. 1, 27/09/2018, n. 23326; Cass., sez. 3, 15/10/2021, n. 28423).
La decisione della Corte d’appello si pone in linea con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità sopra riassunto, avendo, del tutto correttamente, ritenuto di poter desumere la prova della consapevolezza in capo al terzo anche da presunzioni semplici (Cass., sez. 6 -3, 18/06/2019, n. 16221), così avallando la valutazione del giudice di primo grado, considerato che, rivestendo il Posocco la qualità di legale rappresentante della acquirente RAGIONE_SOCIALE, la società non poteva non essere a conoscenza della situazione debitoria in cui versava il disponente; l’apprezzamento sull’atteggiamento soggettivo, essendo devoluto al giudice di merito, è, peraltro, incensurabile in sede di legittimità se sorretto, come nella specie, da motivazione adeguata e scevra da vizi logici (Cass., sez. 63, 18/06/2019, n. 16221; Cass., sez. 3, 22/03/2016, n. 5618; Cass., sez. 3, 30/12/2014, n. 27546).
Con il terzo motivo di impugnazione -rubricato: ‘con riferimento alla revocatoria dell’atto di compravendita dell’8/4.2011: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2901, terzo comma, cod. civ., in relazione alla valutazione dell’esimente ivi prevista (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)’ il ricorrente sostiene che i giudici di secondo grado avrebbero tralasciato di valutare una serie di elementi di prova -tempestivamente introdotti in sede di costituzione in primo grado e riproposti in appello -a fondamento dell’invocata
esimente, e precisamente: a) che Veneto Banca S.c.p.a. aveva erogato le somme necessarie per l’acquisto degli immobili; b) il ricavato della vendita era stato destinato ad onorare il precedente debito personale, scaduto, nei confronti di Veneto Banca, come emergeva dall’estratto dei movimenti del conto cointestato con NOME COGNOME e Urban, da cui si evinceva che il conto, che esponeva un passivo rilevante superiore ad euro 1.750.000,00, era stato estinto in data 5 giugno 2015 subito dopo avere incassato il corrispettivo della compravendita; c) l’atto definitivo di compravendita del 2011 costituiva esecuzione di due contratti preliminari sottoscritti nel 2006. Rimarca, quindi, che, ove la Corte territoriale avesse considerato le prove emerse nel giudizio di merito, avrebbe dovuto ritenere che l’atto di compravendita oggetto di revocatoria fosse finalizzato a ripianare il debito contratto con la banca finanziatrice.
La doglianza è infondata.
Giova rammentare che l’art. 2901, terzo comma, cod. civ. è interpretato nel senso che la parte che lo invoca deve dare adeguata prova i) della sussistenza di un ‘rapporto di strumentalità necessaria’ tra l’atto dispositivo e la soddisfazione di quel determinato credito; ii) della qualità del debito come ‘scaduto’; iii) che l’atto dispositivo fosse il ‘solo mezzo’ per pagare il creditore (Cass., sez. 6 -3, 09/11/2021, n. 32835; Cass., sez. 6 -3, 07/09/2020, n. 18597; Cass., sez. 3, 28/02/2019, n. 5806; Cass., sez. 3, 20/04/2018, n. 9816).
Ebbene, nel caso in esame, secondo la stessa prospettazione difensiva di parte ricorrente, tali requisiti non ricorrono, in quanto l’estinzione del conto presso la Banca finanziatrice è avvenuto soltanto nel 2015, ciò che porta ad escludere che la stipula del contratto di compravendita, avvenuta nel 2011, si sia resa necessaria proprio al fine di ripianare il debito assunto nei confronti di Veneto
Banca s.p.a., in difetto di prova che l’alienazione del bene abbia costituito il solo mezzo per poter saldare il debito scaduto (Cass., sez. 6 -3, 15/05/2020, n. 8992; Cass., 6 -3, 27/01/2023, n. 2552).
La Corte di merito di tali principi di diritto ha fatto corretta applicazione.
Con il quarto motivo, impugnando le statuizioni della sentenza concernenti gli atti di compravendita del 5 dicembre 2011, il ricorrente denunzia ‹‹ violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. in relazione alla valutazione dell’elemento soggettivo della revocatoria ›› . Evidenzia, con specifico riferimento all’atto concluso con NOME COGNOME, che la Corte territoriale ha fondato la sussistenza del requisito soggettivo in capo al terzo sulla mera esistenza del rapporto di coniugio, omettendo di considerare che aveva tempestivamente dedotto ed allegato la circostanza della crisi coniugale e della conseguente separazione di fatto; lamenta pure che è stata valorizzata la sola richiesta di trasferimento della residenza anagrafica avvenuta in data 22 luglio 2014, ossia molto tempo dopo la separazione di fatto, elemento meramente indiziario e non dirimente, senza valutare che l’interruzione del rapporto di frequentazione tipico della convivenza faceva venire meno anche la presunzione di conoscenza reciproca degli affari e la conoscenza del danno; soggiunge che, risultando provato il versamento del corrispettivo della compravendita da parte della COGNOME, risulta priva di rilievo la circostanza, pure valorizzata dalla Corte di merito, secondo cui l’acquirente non svolgeva attività lavorativa generatrice di reddito tale da giustificare l’acquisto .
Quanto, poi, all’altro atto sottoscritto con NOME COGNOME si duole della assoluta mancanza di motivazione in relazione all’esistenza dell’elemento soggettivo in capo a quest’ultima.
La censura è fondata.
In tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma. (Cass., sez. 2, 21/03/2022, n. 9054; Cass., sez. U, n. 1785 del 2918).
Ai criteri enunciati dagli arresti giurisprudenziali sopra richiamati non si sono attenuti i giudici di appello, i quali premettendo che la
consapevolezza in capo al terzo acquirente di compiere l’atto in pregiudizio delle ragioni creditorie può essere ricavata anche da presunzioni semplici, hanno ritenuto integrato l’elemento soggettivo sia con riguardo all’atto concluso dal Posocco con NOME COGNOME sia con riguardo all’altro atto concluso con NOME COGNOME fondandosi sul rapporto di parentela esistente tra il debitore e le terze acquirenti, trattandosi di vincolo che rendeva estremamente improbabile che queste ultime non fossero a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente e richiamando Cass. n. 1286 del 2019.
Il ricorrente non contesta che la prova della scientia damni possa essere ricavata dal vincolo di parentela, ma evidenzia piuttosto che il rapporto di parentela, di per sé solo, può essere più o meno significativo e contesta la incongruità ed insufficienza degli elementi indiziari utilizzati dalla corte territoriale nello svolgimento della sua argomentazione; e, sul punto, la censura coglie nel segno.
In effetti, la Corte di merito è incorsa nella violazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., perché, oltre a non individuare altri elementi indiziari, al di là del mero rapporto di parentela, in relazione al contratto concluso dal COGNOME con la suocera NOME COGNOME con riguardo alla compravendita conclusa dal l’odierno ricorrente con la COGNOME, ha valorizzato esclusivamente il vincolo di coniugio, senza adeguatamente valutare che lo stato di separazione di fatto, dedotto dall’odierno ricorrente, non potesse essere escluso per il solo fatto che la richiesta di trasferimento della residenza anagrafica fosse stata avanzata dal primo solo in data 22 luglio 2014, trattandosi di elemento indiziario da solo non sufficiente a far presumere l’esistenza di un rapporto di frequentazione fra i coniugi e di conseguente conoscenza delle reciproche condizioni economiche.
Con il quinto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata, con riferimento agli atti di compravendita del 5 dicembre
2011, per violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. e 2901 cod. civ., lamentando che la Corte avrebbe omesso di pronunciarsi sul motivo di gravame che investiva il requisito dell’ eventus damni .
Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi su l motivo di gravame, emergendo evidente che la dichiarata infondatezza del motivo di appello con cui è stata eccepita l’insussistenza dell’ eventus damni, contenuta a pag. 42 della motivazione della sentenza impugnata, diversamente da quanto sostiene la controricorrente, si riferisce all’atto di compravendita concluso in data 8 aprile 2011 e non invece ai trasferimenti operati in data 5 dicembre 2011, in relazione ai quali manca una espressa statuizione.
Ne segue che, in accoglimento del quarto e del quinto motivo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione, con rinvio alla Corte d’ Appello di Venezia, che in diversa composizione procederà a nuovo esame.
Il giudice di rinvio provvederà, altresì, alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso; rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo. Cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’ Appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 7 marzo 2025
IL PRESIDENTE NOME COGNOME