Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21233 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14828/2023 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in BARI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in SAN INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro COGNOME COGNOME NOME
-intimati- sul controricorso incidentale proposto da COGNOME NOME IMPRESA EDILE, elettivamente domiciliato in ROMA LARGO COGNOME, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale-
TABLE
-intimati- avverso ALTRO di CORTE D’APPELLO BARI n. 589/2023 depositata il 17/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato il 27 giugno 2023 ed iscritto in data 12 luglio 2023, illustrato da memoria, COGNOME NOME insta per la cassazione della sentenza n. 589/2023 emessa dalla Corte di Appello di Bari, pubblicata il 17 aprile 2023, in un giudizio avviato da COGNOME NOME per esercitare l’azione
revocatoria. Resiste in giudizio COGNOME NOME con controricorso depositato. COGNOME Giovanni, quale titolare dell’omonima impresa edile, aderisce al ricorso principale e propone ricorso incidentale.
COGNOME NOME esponeva di essere creditore nei confronti dell’impresa edile COGNOME NOME della somma di € 50.750,00 in forza di sentenza resa dal Tribunale di Foggia n. 520/2017 pubblicata il 01/03/2017, oltre iva e interessi legali dalla sentenza al saldo. Pertanto agiva in giudizio nei confronti di COGNOME e di COGNOME NOME per vedere dichiarare inefficace nei suoi confronti l’atto di vendita, del 30 maggio 2012, concernente la piena proprietà del suolo edificatorio coprente la superficie di complessivi metri quadrati 654,00, riportato nel Catasto Terreni di San Giovanni Rotondo, stipulato tra il del COGNOME e il COGNOME dopo che la cognata (COGNOME) di quest’ultimo, a poco più di un mese, aveva ricevuto la diffida a non acquistare lo stesso lotto dal del COGNOME perché in pregiudizio delle sue ragioni di credito già allora maturate e rimaste insoddisfatte.
Il Tribunale di Foggia rigettava la domanda sull’assunto che il mero vincolo di parentela (affinità di secondo grado in linea collaterale) intercorrente tra l’acquirente COGNOME e la COGNOME, destinataria della diffida del 21 aprile 2012 a non acquistare dal COGNOME inviata dal creditore , non fosse di per sé idoneo a dimostrare in via presuntiva e, in mancanza di ulteriori elementi di fatto di rilevanza indiziaria, ‘ la conoscenza (che deve essere comunque effettiva) da parte di COGNOME NOME del pregiudizio arrecato alle ragioni dei creditori di NOME COGNOME difettando del tutto i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. ‘.
La Corte d’appello, in totale riforma della sentenza di primo grado,in accoglimento dell’azione revocatoria dichiarava
inefficace, nei confronti di COGNOME, l’atto dispositivo in questione, dopo avere individuato gli indizi da cui desumere la c.d. scientia damni , rilevando che il credito era anteriore all’atto dispositivo, e condannando i convenuti appellati a rifondere, in solido tra loro, in favore del COGNOME, le spese del doppio grado del giudizio.
Il ricorso principale è affidato a tre motivi e illustrato da memoria.
Il ricorso incidentale di COGNOME è adesivo al ricorso principale e affidato a un motivo, illustrato da memoria.
Il controricorso di COGNOME è illustrato da memoria.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso principale e incidentale vanno trattati unitariamente, in quanto attinenti alla medesime questioni.
Con il I° MOTIVO del ricorso principale il ricorrente principale denuncia il vizio di apparenza di motivazione deducendo che il giudice a quo ha motivato la sua decisione esclusivamente sull’assunto che l’atto di vendita disposto dal COGNOME in favore del COGNOME abbia determinato una lesione della garanzia patrimoniale generica ( eventus damni ).
Il motivo è inammissibile ex art. 366 nn. 4 e 6 c.p.c. là dove, ai fini della autosufficienza del ricorso, omette di porgere argomentazioni idonee a confutare quelle con cui, nella sentenza impugnata, si esplicita che, essendo il credito anteriore all’atto di disposizione, sia sufficiente la consapevolezza, anche nel terzo acquirente, che l’atto di disposizione comporti una diminuzione del patrimonio e quindi della garanzia spettante ai creditori ai sensi dell’art. 2740 c.c., e che la prova relativa può essere data anche mediante
presunzioni (citando Cass. nn. 27546/2014; 16825/2013; 966/2007; 14489/2004; 6272/1997).
A tal fine neppure viene preso in considerazione che la corte di merito ha rilevato, in fatto, che il creditore aveva già ottenuto un sequestro conservativo nei confronti del debitore in ragione del pericolo della diminuzione della garanzia patrimoniale che la vendita del terreno per cui è causa arrecava alle ragioni creditorie del COGNOME, nonché che all’esito dell’atto di trasferimento impugnato residuava solo un immobile di modesto valore, da cui il COGNOME in executivis difficilmente avrebbe potuto soddisfare il proprio credito. Trattasi pertanto di una motivazione del tutto argomentata in fatto e in diritto, come tale rispettosa del cd minimo costituzionale di cui a Cass. SU 8053/2014.
Con il II° MOTIVO del ricorso principale e il I° MOTIVO del ricorso incidentale i ricorrenti denunziano le modalità con cui la Corte di appello è giunta ad affermare che, al momento della sottoscrizione del rogito del 30 maggio 2012, il sig. COGNOME quale terzo acquirente, avesse consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie.
Si dolgono che il giudice dell’appello abbia erroneamente utilizzato elementi presuntivi privi di precisione, concordanza e gravità, perché avrebbe dovuto considerare che, in realtà: i) l’atto di diffida notificato alla COGNOME (cognata del terzo acquirente) risultava essere generico in ordine a ll’eventus damn i; ii) mancava la prova di rapporti diretti tra il venditore COGNOME Giovanni e la COGNOME; iii) difettava la prova di rapporti diretti tra il venditore ed il terzo acquirente, tanto che l’acquisto venne effettuato per il tramite di una agenzia immobiliare.
Il ricorrente in via incidentale si duole che la corte di merito non abbia considerato che l’atto di compravendita tra il sig. COGNOME ed il sig. COGNOME è intervenuto in un momento anteriore all’emanazione della sentenza volta ad accertare la sussistenza del credito e la falsità delle quietanze in mano del COGNOME, precisamente il 30/05/2012, e che alla luce di ciò non si può ravvisare una dolosa preordinazione da parte del sig. COGNOME al fine di pregiudicare le garanzie del creditore, in quanto mancano l’eventus damni e il consilium fraudis .
7.1. Quanto al c.d. consilium fraudis il motivo di ricorso incidentale è inammissibile ex art. 366 n. 4 c.p.c. perché non si confronta con il passo motivazionale in cui la corte di merito, alla stregua dei principi espressi dalla S.C. richiamati nella sentenza, non messi adeguatamente in discussione neanche in tale sede, ha correttamente ritenuto che il credito fosse sorto nel momento in cui il debitore avrebbe dovuto corrispondere quanto pattuito al creditore per i lavori di termoidraulica eseguiti, e dunque in data antecedente alla notifica dell’atto di citazione, intervenuta il 5/10/2010, ovvero ben prima della definizione del giudizio con cui si è dichiarata la falsità delle quietanze di pagamento prodotte in giudizio dal COGNOME e pronunciata la sua condanna al pagamento del relativo credito azionato dal COGNOME.
7.2. Il motivo di ricorso principale è anch’esso inammissibile perché induce a un riesame delle circostanze fattuali valutate come indizi gravi, precisi e concordanti secondo parametri corretti. Al proposito, la sentenza della Suprema Corte, Sez. Unite 24/01/2018, n. 1785, sancisce chiaramente che la critica al ragionamento presuntivo svolto da giudice di merito sfugge al concetto di falsa applicazione quando si concreta o in un’attività diretta a evidenziare soltanto che le circostanze
fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito, avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (sicché il giudice di merito è partito in definitiva da un presupposto fattuale erroneo nell’applicare il ragionamento presuntivo), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito, senza spiegare e dimostrare perché quella da costui applicata abbia esorbitato dai paradigmi dell’art. 2729, comma 1 (e ciò tanto se questa prospettazione sia basata sulle stesse circostanze fattuali su cui si è basato il giudice di merito, quanto se basata altresì su altre circostanze fattuali.
7.3. E così ragionando in termini del tutto incensurabili in questa sede, in quanto conformi ai parametri di cui sopra, la corte territoriale ha ritenuto provato il presupposto soggettivo della scientia damni del terzo valorizzando elementi di carattere indiziario, quali il rapporto di affinità che legava, al momento di sottoscrizione del rogito del 30 maggio 2012, l’acquirente con la sig.ra NOME COGNOME in quanto coniuge di suo fratello, sig. NOME COGNOME la circostanza per cui i medesimi soggetti (il sig. COGNOME e la sig.ra COGNOME) sarebbero stati, entrambi, soci della società RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE‘, il ‘brevissimo’ arco temporale, di ‘appena 39 giorni’, intercorso tra la data in cui la COGNOME (la cognata) riceveva la diffida del 21 aprile 2012, formulata dal sig. COGNOME quale creditore del sig. COGNOME, e la data di sottoscrizione del rogito di vendita, del 30 maggio 2012. Ragionando di tal guisa, la critica si risolve in un diverso apprezzamento della quaestio facti (ovvero degli indici presuntivi posti a fondamento della raggiunta prova) e, in definitiva, nella prospettazione di una diversa ricostruzione della stessa vicenda, ponendosi su un
terreno che non è quello dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., comma 1), ma di sollecitazione di questa Corte a esercitare un controllo sulla ricostruzione della quaestio facti . Terreno che, come le Sezioni Unite (Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno avuto modo di precisare in riferimento al nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è percorribile solo qualora si denunci che il giudice di merito ha omesso l’esame di un fatto principale o secondario, che avrebbe avuto carattere decisivo per una diversa individuazione del modo di essere della detta quaestio ai fini della decisione, occorrendo, peraltro, che tale fatto venga indicato in modo chiaro e non potendo esso individuarsi solo nell’omessa valutazione di una risultanza istruttoria.
Con il III° MOTIVO DI RICORSO PRINCIPALE il ricorrente principale denuncia la mancata applicazione del ragionamento inferenziale, da parte del giudice a quo , per la dimostrazione della insussistenza della scientia damni in capo al terzo acquirente.
Si duole che la corte di merito abbia omesso di valutare la circostanza, decisiva ed emersa nel corso del giudizio, per cui il COGNOME non avrebbe mai avuto alcun tipo di rapporto di diretta conoscenza con il venditore COGNOME (fatto noto).
Lamenta trattarsi di un elemento indiziante dotato dei requisiti di ‘gravità’ e ‘precisione’ di cui all’art. 2729 cod. civ., in tesi in grado di condurre ad affermare, secondo la regola dell’ id quod plerumque accidit , che al momento della sottoscrizione del rogito del 30 maggio 2012 il terzo acquirente non avrebbe potuto avere effettiva consapevolezza del
pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie. L’indizio citato come omesso sarebbe, peraltro, concordante con l’ulteriore circostanza, emersa in giudizio, ma non valutata, dell’acquisto per il tramite di un’agenzia immobiliare di San Giovanni Rotondo, come attestato dalle parti nel rogito del 30 maggio 2012, agli atti del procedimento.
10.1. Il motivo è inammissibile.
10.2. Per costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, la prospettazione che il giudice del merito abbia omesso di considerare un fatto noto quale giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto (seppur di carattere negativo), e dunque di applicare il ragionamento inferenziale di tipo probabilistico tipico della valutazione indiziaria, è certamente deducibile ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, come modificato dalla novella del 2012, in termini di ‘omesso esame di un fatto secondario’ (Cass. S.U. citata e Cassazione civile sez. III, 22/06/2022, n.20177). Tuttavia, tale elemento deve essere decisivo ai fini della decisione, non essendo il giudice tenuto a confutare ogni elemento probatorio ai fini del decidere. Mentre, nel caso in questione viene solo genericamente addotto che la circostanza si dimostra rilevante in quanto dedotta dallo stesso COGNOME sin dal momento della sua costituzione, ricavabile dal rogito, e ‘ … oggetto di accertamento in corso di causa, sin dalla costituzione nel primo grado del giudizio (cfr. doc. VIII, pagina 5, righi 16 18), e mai specificamente contestata dal creditore revocante ‘.
10.3. Orbene, va osservato che la censura de qua è priva del requisito di specificità di cui all’art. 366 n. 6 c.p.c. perché essa non riporta il contenuto della allegazione e, soprattutto, come e in quali termini sia stata reiterata nel giudizio di appello. Il ricorrente, in altri termini, omette di trascrivere,
per la parte di rilievo, il contenuto della deduzione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019) e tale circostanza impedisce alla Corte di legittimità ogni ulteriore esame nel merito, non essendo sufficiente l’indicazione dell’atto da cui dover ricavare, in tesi, la suddetta allegazione.
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità di entrambi i ricorsi, principale e incidentale.
Attesa la reciproca soccombenza va disposta la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra i ricorrenti, in via principale e incidentale .
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore del controricorrente COGNOME e a carico dei ricorrenti, in via principale e incidentale , seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra i ricorrenti, in via principale e incidentale, le spese del giudizio di legittimità. Condanna i ricorrenti al solidale pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 5.200,00, di cui € 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente COGNOME.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16/5/2025