Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21368 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21368 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7965/2023 R.G. proposto da :
LO NIGLIO NOME COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME
-controricorrente-
nonchè contro
INTSOFTECH LIMITED;
-intimato-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 688/2023 depositata il 01/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/05/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, NOME COGNOME in qualità di alienante, e RAGIONE_SOCIALE quale acquirente, proponendo azione revocatoria ex art. 2901 c.c., al fine di ottenere la declaratoria di inefficacia, nei propri confronti, dell’atto notarile del 29 gennaio 2018, con il quale COGNOME aveva trasferito a RAGIONE_SOCIALE la nuda proprietà di un immobile e la piena proprietà di un altro, nell’ambito di un’operazione negoziale atipica, comprensiva anche di obbligazioni di assistenza e mantenimento.
L’attrice deduceva di essere creditrice di NOME COGNOME per l’importo di € 1.891.725,35, in forza della sentenza n. 5165/2017 della Corte d’Appello di Milano, resa in sede di rinvio, e assumeva che l’atto impugnato, stipulato successivamente alla pronuncia, avesse comportato un rilevante depauperamento del patrimonio del debitore, pregiudicando le proprie ragioni creditorie.
Con sentenza n. 1223/2021, il Tribunale di Milano rigettava la domanda, ritenendo insussistente la scientia damni in capo al terzo acquirente, pur riconoscendo, quanto al debitore, la sussistenza del
consilium fraudis e l’effetto pregiudizievole dell’atto per la garanzia patrimoniale del creditore.
Con la sentenza n. 688 del 1 marzo 2023, la Corte d’appello di Milano riformava la sentenza di primo grado, ritenendo raggiunta -anche sulla base di elementi presuntivi -la prova della scientia damni in capo alla società acquirente e dichiarava l’inefficacia dell’atto impugnato nei confronti della creditrice.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito NOME COGNOME NOME COGNOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo e articolato motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., parte ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2740 c.c., nonché degli artt. 41 e 42 Cost., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto inefficaci, ex art. 2901 c.c., gli atti dispositivi contenuti nel contratto del 29 gennaio 2018 per lesione della responsabilità patrimoniale generica del debitore.
Il ricorrente contesta l’erronea qualificazione dell’operazione negoziale atipica come priva di giustificazione economico-giuridica, rilevando che la Corte territoriale avrebbe confuso la causa del contratto con i motivi soggettivi delle parti, adottando una lettura formalistica dell’art. 2740 c.c. e una visione restrittiva dell’autonomia negoziale di cui all’art. 1322, comma 2, c.c.
Deduce che la Corte avrebbe dovuto riconoscere la meritevolezza dell’operazione finalizzata a garantire assistenza continuativa a un soggetto disabile -quale espressione legittima dell’autonomia privata, non lesiva della par condicio creditorum. A sostegno di tale
tesi richiama l’art. 2645 -ter c.c., quale norma che consente la trascrizione di vincoli atipici con finalità meritevoli di tutela.
Sostiene, infine, che la combinazione tra trasferimento immobiliare e contratto di mantenimento rispondesse a finalità lecite e non fosse sorretta da intenti distrattivi idonei a giustificare l’accoglimento dell’azione revocatoria.
4.1.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi che regolano l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c., aderendo all’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui, ai fini dell’accoglimento della domanda nei confronti del terzo acquirente, è sufficiente dimostrare, anche mediante presunzioni, la consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore, senza che sia necessaria la prova di una collusione o della conoscenza specifica del credito.
Le presunzioni semplici, quali mezzi di prova di natura logicodeduttiva, richiedono indizi gravi, precisi e concordanti. In particolare, per ‘gravità’ si intende l’idoneità dell’indizio a fondare, con elevato grado di probabilità, l’esistenza del fatto ignoto; per ‘precisione’ si richiede che l’inferenza non risulti equivoca; per ‘concordanza’ è necessaria la convergenza coerente di più elementi, ferma restando la sufficienza anche di un solo indizio, purché dotato di adeguata forza dimostrativa.
Trattandosi di giudizio di fatto riservato al giudice di merito, l’apprezzamento circa l’idoneità degli elementi presuntivi è censurabile in sede di legittimità solo nei limiti del vizio motivazionale o dell’omesso esame di un fatto decisivo (cfr. Cass. n. 11906/2003; Cass. n. 6220/2005; Cass. n. 23154/2024).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, con motivazione congrua, logica e immune da vizi rilevanti, la sussistenza di un compendio indiziario articolato -costituito, tra l’altro, dall’atipicità dell’operazione negoziale, dall’illogicità
economica del contratto, dalla sua prossimità temporale alla pubblicazione della sentenza di condanna del debitore, nonché dalla struttura dell’accordo, tale da assicurare a quest’ultimo la perdurante disponibilità dei beni -idoneo a fondare, in via presuntiva, la scientia damni in capo al terzo acquirente.
Tale ricostruzione fattuale, operata sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti ai sensi dell’art. 2729 c.c., rientra nel prudente apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, in assenza -come nel caso in esame -di vizi logici o violazioni di norme di diritto.
Parimenti infondato è il richiamo alla lesione dell’autonomia negoziale e dei principi costituzionali di cui agli artt. 41 e 42 Cost., atteso che la Corte territoriale ha effettuato un corretto bilanciamento tra la libertà contrattuale e il principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., rilevando, nella fattispecie concreta, l’assenza di una causa meritevole di tutela e la finalità elusiva dell’atto dispositivo, volto a sottrarre i beni alla garanzia generica dei creditori.
La dedotta funzione di assistenza e mantenimento, invocata dal ricorrente quale giustificazione dell’operazione, è stata correttamente ritenuta insussistente dalla Corte d’appello, alla luce del complessivo contesto negoziale e della tempistica dei fatti, dai quali è stato logicamente desunto il carattere pregiudizievole e l’intento fraudolento del negozio impugnato.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso, dedotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2901 c.c.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’appello avrebbe erroneamente attribuito all’alienante l’onere della prova dell’ eventus damni , in luogo della creditrice Zurich.
Deduce che il giudice di merito avrebbe disatteso la corretta ripartizione dell’onere probatorio ai sensi dell’art. 2697 c.c.,
omettendo di distinguere tra i fatti costitutivi dell’azione revocatoria -gravanti sul creditore attore, e consistenti nella prova della diminuzione della garanzia patrimoniale -e i fatti impeditivi, rimessi al debitore convenuto, cui spetta dimostrare l’adeguatezza del patrimonio residuo. In tale prospettiva, assume che la Corte territoriale abbia erroneamente invertito l’onere della prova, valorizzando una presunzione di pregiudizio non sorretta da elementi sufficienti.
Aggiunge, inoltre, che nel caso di specie non sarebbe stata raggiunta la prova dell’ eventus damni , essendo emerso che l’alienante, NOME COGNOME disponeva di un patrimonio residuo capiente, comprensivo dell’usufrutto sull’immobile oggetto di alienazione, in parte suscettibile di aggressione esecutiva. Tali circostanze, secondo la parte ricorrente, erano state specificamente allegate e non contestate dalla controparte.
4.2.1. Il motivo è infondato.
In tema di azione revocatoria ordinaria, è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’onere di provare l’ eventus damni incombe sul creditore, ma la prova dell’idoneità del patrimonio residuo a soddisfare il credito spetta invece al debitore, trattandosi di fatto impeditivo degli effetti dell’azione (Cass. n. 20232/2023; Cass. 23907/2019; Cass. n. 1902/2015; Cass. n. 7767/2007).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato, con apprezzamento in fatto adeguatamente motivato e non sindacabile in questa sede, che l’atto dispositivo ha interessato pressoché l’intero patrimonio immobiliare del debitore e che la residua consistenza patrimoniale era inidonea a garantire il soddisfacimento del credito azionato.
Quanto al rilievo sull’usufrutto, va rilevato che, pur essendo diritto pignorabile, esso non garantisce di per sé un’effettiva possibilità di realizzo idonea a neutralizzare il pregiudizio arrecato con l’atto
dispositivo, specialmente laddove -come nella fattispecie -si sia trattato di un’operazione complessa volta a conservare in capo all’alienante l’uso dei beni per l’intera vita naturale.
Non ricorre, dunque, la denunciata violazione dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte d’appello correttamente applicato i principi in tema di riparto dell’onere probatorio.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 10.200,00 di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza