Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11663 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29045/2022 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ANCONA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro COGNOME NOME, BANCA RAGIONE_SOCIALE
COGNOMERAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
API SS
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 545/2022 depositata il 29/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
NOME COGNOME con atto notificato il 29 novembre 2022, illustrato da successiva memoria, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 545/2022, depositata il 29 aprile 2022, di conferma della pronunzia del Tribunale di Ancona di accoglimento dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. esperita da Banca Carige in relazione ad alcuni atti di disposizione di immobili di sua proprietà e la costituzione di un fondo patrimoniale, dopo che gli erano stati revocati gli affidamenti bancari concessi e garantiti da fideiussioni rilasciate dal 1997 al 2009 alla società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore unico.
Per quanto ancora di interesse, la Corte d’Appello di Ancona ha accolto parzialmente l’appello, limitatamente alla richiesta di revisione del capo di condanna relativo alle spese di lite, e, pertanto, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Ancona, ha condannato il COGNOME al pagamento, in solido con RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME Francesca, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, della somma di euro 24.387,00 a titolo di spese di lite in favore in favore di Banca Carige, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% Iva e Cap come per legge, confermando nel merito la sentenza impugnata; la corte di merito ha condannato il COGNOME al
pagamento delle spese di lite del grado di appello in favore di RAGIONE_SOCIALE liquidate in € 10.000 oltre rimborso forfettario misura del 15% Iva e CAP come per legge.
Il ricorso per cassazione è affidato a tre motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la società RAGIONE_SOCIALE e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE, succeduta nel credito di Banca Carige.
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denunzia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 100,101,157, 167, 271 c.p.c. per avere la Corte di merito ritenuto valida l’assunzione delle prove per testi esperita in assenza di COGNOME NOME NOME litisconsorte pretermessa e chiamata in giudizio iussu iudicis , ed avere rigettato l’eccezione di incostituzionalità sollevata al riguardo.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non si confronta invero con i principi da tempo affermati dalla giurisprudenza, risultando il ricorso formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 4, c.p.c.
La corte territoriale ha correttamente rilevato la carenza di interesse del COGNOME ad eccepire la nullità processuale inerente all’assunzione della prova testimoniale prima dell’integrazione del contraddittorio con il litisconsorte, ancorché necessario, in quanto ha ritenuto la nullità relativa perché posta nell’esclusivo interesse della parte pretermessa (COGNOME NOMECOGNOME, facendo al riguardo applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile sez. III, 14/11/2002, n. 16034; Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 17761 del 27/6/2024).
Nel sistema vigente, non può essere posto in dubbio che il procedimento di acquisizione delle prove deve rispettare il principio del contraddittorio, inteso nel senso che le parti debbono essere messe in condizione di interloquire sul meccanismo dell’acquisizione, se esso si risolve nella compressione del loro diritto di difesa. Pertanto l’eccezione di nullità processuale non può essere né sollevata, né coltivata da una parte diversa da quella attinta nel proprio diritto di difesa, e tale principio si correla al sistema delle nullità processuali relative, non implicando la violazione di diritti assoluti e di rilievo costituzionale, mancando un nesso di pregiudizialità fra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale e la decisione del caso concreto (cfr. anche Corte Costituzionale, Sentenza n. 77/1983).
La corte di merito ha dato conto di come l’eccezione di nullità fosse stata d’altro canto già sollevata in primo grado dalla litisconsorte COGNOME NOME, ma respinta per intervenuta decadenza ex art 271 c.p.c.: tale motivazione costituisce invero una seconda ratio decidendi , che risulta non essere stata specificamente impugnata dall’odierno ricorrente, sicché su di essa si è pertanto formato il giudicato.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2901 c.c. in tema di consapevolezza in capo ai terzi ( scientia damni ) del pregiudizio arrecato al creditore e conseguente omessa motivazione su fatto decisivi, ex art. 112 c.p.c.; nonché violazione degli artt. 2729 c.c. in tema di presunzioni semplici e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in tema di disponibilità delle prove e relativa valutazione.
Il motivo è inammissibile.
Non risultano dal ricorrente dedotti argomenti idonei a censurare la motivazione dell’impugnata sentenza, sul punto
invero rispondente all c.d. minimo costituzionale ( v. Cass. SU 8053/2014 ).
Nell’impugnata sentenza risulta dalla corte di merito tenuto conto dei parametri di valutazione dell’elemento soggettivo del terzo nell’azione revocatoria, che non richiede la prova della collusione né della coscienza dello specifico credito da parte del terzo acquirente, essendo sufficiente la consapevolezza della diminuzione della garanzia patrimoniale da parte di soggetti legati da rapporti familiari ( suocero, fratello e moglie) col ricorrente, o comunque soci di riferimento delle società acquirenti.
A tale stregua, il motivo si risolve nella mera contestazione dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie dalla corte territoriale operato al fine di ritenere provata la sussistenza del requisito della consapevolezza del pregiudizio in capo alla terza richiesta dall’art. 2901 c.c. per i soli atti a titolo oneroso.
In realtà la corte di merito ha fatto applicazione dei ricorrenti principi di diritto all’uopo formulati, tenendo conto non solo degli stretti legami tra venditore e acquirente (amministratore e socia), ma anche della contestualità degli atti dispositivi e degli insoluti e del cumulo di più cessioni all’ interno di un unico atto ( Cassazione civile, Sez. VI, 11/7/2019, n. 18738).
Il terzo motivo, con il quale il ricorrente denunzia la violazione degli artt. 112, 244 e 345 c.p.c. in relazione alla mancata ammissione delle prove articolate (interpello di parte attrice, c.t.u. ed ispezione dei luoghi per definire la collocazione del garage venduto al fratello) è inammissibile.
Non risulta dal ricorrente specificamente invero indicato se la relativa ammissione sarebbe stata in grado di invalidare, in maniera certa e non meramente probabile, le altre risultanze istruttorie prese in considerazione dalla Corte territoriale (Cass.Sez. 3 -, Ordinanza n. 32574 del 14/12/2024; Cass. Sez.
6 -L, Ordinanza n. 26087 del 15/10/2019; Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 22341 del 26/9/2017).
Non risulta infatti spiegato come l’interpello di parte attrice (istituto di credito), una c.t.u. o l’ispezione dei luoghi, indicati allo scopo di tratteggiare più compiutamente lo scenario che aveva occasionato gli atti dispositivi, avrebbero potuto, da soli, contrastare le risultanze istruttorie in tema di elemento psicologico e, segnatamente, di scientia damni , trattandosi di fatti inerenti ai motivi dei contratti, del tutto estranei all’elemento psicologico da tenersi in conto nell’azione revocatoria.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza
Il ricorrente va altresì condannato al pagamento di somma ex art. 96, 3° comma, c.p.c., ricorrendone i relativi presupposti di legge.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 11.200,00 di cui euro 11.000.000 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 11.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28/3/2025