Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23041 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18312/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende
– ricorrente principale – contro
dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende – controricorrente principale –
e contro
Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) , Fallimento RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME (quali eredi di NOME COGNOME) , NOME COGNOME (in proprio) ,
NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
– intimati principali –
e con
RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME elettivamente domiciliati all’indicato indirizzo PEC dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende
– ricorrenti incidentali –
contro
dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende – controricorrente incidentale –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME e NOME COGNOME (entrambi quali eredi di NOME COGNOME, il primo anche in proprio) , Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE) , RAGIONE_SOCIALE in liquidazione
– intimati incidentali – avverso la sentenza n. 208/2022 del la Corte d’Appello di Cagliari, depositata il 29.4.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 1998 RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi anche RAGIONE_SOCIALE) si rese aggiudicataria di un complesso edilizio formato da tre «torri al rustico» site in Comune di Cagliari e messe in vendita nel contesto di una
procedura esecutiva fallimentare pendente davanti al Tribunale di Monza.
Nelle more tra l’aggiudicazione e il termine per il versamento del prezzo, RAGIONE_SOCIALE, non disponendo della somma necessaria, cedette a RAGIONE_SOCIALE un ramo d’azienda comprendente anche il diritto al trasferimento degli immobili in questione . Il ramo d’azienda venne ceduto per il prezzo di un euro, con l’ impegno della cessionaria di assegnare alla cedente i lavori di ristrutturazione dei fabbricati.
RAGIONE_SOCIALE essendo a sua volta a corto di disponibilità finanziarie, sempre in pendenza del termine per il versamento del prezzo, cedette ad alcuni imprenditori operanti nel settore immobiliare (e, in particolare, per quello che qui ancora interessa, a RAGIONE_SOCIALE, a RAGIONE_SOCIALE e a NOME COGNOME) parte del compendio immobiliare, ingegnandosi gli acquirenti a versare il prezzo pattuito direttamente presso il Tribunale di Monza, a saldo del corrispettivo di aggiudicazione.
Successivamente RAGIONE_SOCIALE convenne in giudizio le parti acquirenti degli immobili con azione di rescissione per lesione, allegando, quindi, di avere concluso i contratti in «stato di bisogno» e per prezzi inferiori alla metà del valore effettivo dei beni (art. 1448 c.c.).
Intervenuto il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, il curatore convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE per chiedere l’accertamento della simulazione assoluta del contratto di cessione di ramo d’azienda o, in subordine, la revoca del contratto ai sensi dell’art. 67 legge fall., estendendo la domanda anche nei confronti di tutti i terzi subacquirenti degli immobili, al fine di fare valere anche nei loro confronti l’inefficacia dell’atto d’acquisto della loro dante causa .
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale di Cagliari, in accoglimento della domanda subordinata, dichiarò l’inefficacia nei confronti dei creditori del fallimento Cogesar del contratto di cessione del ramo d’azienda (ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 1, legge fall.) e anche dei successivi contratti di compravendita immobiliare (nel frattempo anche RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita e si era costituito in giudizio il curatore fallimentare).
La sentenza di primo grado venne impugnata, tra gli altri, da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME davanti alla Corte d’Appello di Cagliari, la quale rigettò tutti i gravami e confermò la decisione del tribunale.
Contro la sentenza della corte territoriale RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione articolato in tre motivi.
Anche RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME hanno presentato successivo ricorso, riunito al precedente, a valere quindi come ricorso incidentale, articolato in cinque motivi.
Delle parti intimate, il solo fallimento Cogesar si è difeso con due distinti controricorsi, uno contro ciascun ricorso.
La ricorrente principale e i ricorrenti incidentali hanno depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE è così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 2697 c.c. -onere della prova -in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, , in quanto la Corte d ‘ Appello di Cagliari ha omesso di accertare gli elementi costitutivi dell ‘ art. 2901 c.c. azione revocatoria e, quindi, la natura di creditore da parte del
RAGIONE_SOCIALE, l ‘ esistenza del pregiudizio, la conoscenza del pregiudizio del debitore e la consapevolezza da parte del terzo nonché se l ‘ atto di disposizione sia anteriore o posteriore al sorgere del credito».
La ricorrente contesta alla corte d’appello di non avere accertato la sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria asseritamente svolta nei suoi confronti dal fallimento e di non avere considerato che già l’atto di disposizione di RAGIONE_SOCIALE in favore di RAGIONE_SOCIALE non aveva arrecato alcun pregiudizio ai creditori della prima società.
1.1. Il motivo è inammissibile perché eccentrico rispetto all’oggetto del processo e della sentenza impugnata.
1.1.1. Il curatore del fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha esercitato un’azione revocatoria ordinaria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e degli altri subacquirenti. Ha esercitato (per quanto qui interessa e, quindi, tralasciata l’azione di simulazione che non venne accolta dal Tribunale) l’azione revocatoria fallimentare nei confronti della cessionaria dell’az ienda, RAGIONE_SOCIALE Ha quindi chiesto di estendere l’inefficacia della cessione d’azienda anche nei confronti degli acquirenti degli immobili, ovverosia di rendere opponibile nei loro confro nti l’inefficacia dell’atto d’acquisto della loro dante causa .
Questa Corte ha da tempo evidenziato che la legge fallimentare non contiene una speciale disciplina degli effetti dell’azione revocatoria nei confronti dei terzi subacquirenti, il che rende applicabili le disposizioni generali del codice civile circa l’opponibilità ai terzi degli effetti della revocatoria ordinaria (Cass. nn. 19918/2017; 18370/2010). Ciò peraltro non significa -come sembra intendere la ricorrente -che il curatore deve
esercitare l’azione revocatoria ordinaria nei confronti dei subacquirenti. Significa soltanto che il curatore può coinvolgere nell’azione revocatoria fallimentare i terzi subacquirenti secondo le regole dell’azione revocatoria ordinaria, ovverosia allo stesso modo in cui può farlo qualsiasi creditore che proponga l’azione revocatoria ordinaria.
In altri termini, la norma da applicare è quella contenuta nell’art. 2901, comma 4, c.c., in forza della quale «L ‘ inefficacia dell ‘ atto non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di revocazione» . In sostanza, l’azione revocatoria (ordinaria o fallimentare) è opponibile a terzi subacquirenti (travolge anche il loro acquisto), a meno che essi non abbiano acquistato a titolo oneroso e in «buona fede».
Ed è stato appunto questo -e correttamente solo questo -l’oggetto dell’accertamento della Corte d’Appello, che ha escluso la buona fede dei terzi subacquirenti, ritenendoli consapevoli delle difficoltà finanziarie in cui versavano RAGIONE_SOCIALE e la stessa RAGIONE_SOCIALE, entrambe pressate dalla necessità di versare il prezzo di aggiudicazione della vendita giudiziaria presso il Tribunale di Monza e impossibilitate a farvi fronte con i propri mezzi.
In definitiva, l ‘applicabilità all’azione revocatoria fallimentare del regime de ll’azione revocatoria ordinaria per quanto concerne la sua proponibilità nei confronti dei terzi subacquirenti non significa che il curatore deve proporre nei confronti di costoro l’azione revocatoria ordinaria, ma soltanto che egli deve provare la malafede dei subacquirenti in applicazione dell’art. 2901, comma 4, c.c.
1.1.2. Il motivo non coglie la ratio decidendi anche laddove vuole negare che sussista un pregiudizio arrecato ai creditori di Cogesar con l’atto di cessione di ramo d’azienda .
A parte il rilievo che la critica concerne l’accertamento del fatto, si deve ricordare il consolidato principio per cui « Ai fini della revoca della vendita di propri beni effettuata dall ‘ imprenditore, poi fallito entro un anno, ai sensi dell ‘ art. 67, comma secondo, legge fall. … , l ‘ eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum , ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all ‘ uscita del bene dalla massa conseguente all ‘ atto di disposizione; pertanto, grava sul curatore il solo onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell ‘ acquirente » (Cass. n. 2218/2022; conf. Cass. S.u. n. 7028/2006).
Pertanto la ricerca di un concreto pregiudizio ai creditori non rientrava nel perimetro dell’oggetto dell’accertamento richiesto ai giudici del merito proponendo l’azione revocatori fallimentare.
Il secondo motivo di ricorso principale denuncia «Violazione e falsa applicazione di legge ex art. 115 c.p.c. -disponibilità delle prove -in relazione all’art. 360 , n. 3, , per aver omesso la Corte d ‘ Appello di valutare il comportamento di RAGIONE_SOCIALE circa la buona fede nell ‘ acquisto. Violazione o falsa applicazione di legge ex art. 2901 c.c. in relazione all ‘ art. 360 c.p.c., primo comma n. 3, nella parte in cui la Corte non valutando il comportamento di RAGIONE_SOCIALE viola l ‘ ultimo comma dell ‘ art. 2901 c.c.».
La ricorrente si duole che il giudice del merito, nel considerare accertata la sua malafede nell’acquisto non abbia esaminato il fatto che il pagamento del prezzo era previsto mediante versamento diretto della somma pattuita presso il Tribunale di Monza.
2.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché si tratta evidentemente di una critica all’accertamento del fatto .
Ciò fermo restando che le circostanze evidenziate dalla ricorrente (conoscenza che gli immobili rientravano tra quelli aggiudicati all’asta a Cogesar e previsione di versamento diretto della somma in tribunale) sono proprio alcuni di quelle considerate dai giudici del merito e che li hanno indotti a ritenere provata la malafede, intesa come conoscenza delle difficoltà finanziarie della venditrice e soprattutto della sua dante causa, costretta a cedere un consistente ramo d’azienda per fare fronte all’impegno assunto con l’aggiudicazione dei beni presso il Tribunale di Monza.
Il terzo motivo di ricorso principale prospetta «Omessa motivazione o vizio di motivazione apparente della sentenza ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio per aver omesso la Corte d ‘ Appello di motivare la sproporzione del valore dei beni in relazione al prezzo corrisposto».
RAGIONE_SOCIALE sostiene che la sentenza impugnata sarebbe priva di un’effettiva motivazione sulle contestazioni da lei mosse circa il rapporto tra valore degli immobili venduti e prezzo stabilito per la vendita.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, per l’assorbente ragione che, come si è visto sopra, la sproporzione
tra valore del bene e prezzo pattuito nella compravendita stipulata tra convenuto in revocatoria e subacquirente non è un requisito richiesto per l’opponibilità al secondo dell’inefficacia dell’acquisto effettuato dal primo. L’unica cosa che il curatore deve dimostrare è la mala fede del subacquirente e, quindi, la consapevolezza, da parte sua, della lesione arrecata alla par condicio creditorum dall’acquisto effettuato a monte dal suo dante causa.
I motivi del ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME si dividono in due gruppi: i primi due motivi censurano l’accoglimento dell’azione revocatoria fallimentare promossa dal fallimento RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE; gli altri tre motivi si concentrano su quelle che la ricorrente definisce « Violazioni inerenti all’accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. e 66 legge fall. promossa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei terzi subacquirenti, aventi causa di NOME RAGIONE_SOCIALE.
Il primo motivo è rubricato «Violazione o falsa applicazione di legge ( ex art. 360, comma 1, n. 3, ) delle seguenti norme di diritto: art. 2697 , art. 67 legge fall.; art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.; artt. 115, 116 c.p.c. e 2729 c.c.».
Il motivo contesta il giudizio espresso dalla corte territoriale sulla sproporzione del prezzo fissato nel contratto di cessione di ramo d’azienda tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
5.1. Il motivo è inammissibile, perché -pur dichiarando di porre una questione di diritto concernente la ripartizione degli oneri probatori -in realtà svolge la critica direttamente nei confronti de ll’accertamento del fatto , essendo appunto una
questione di fatto la stima del valore dei cespiti trasferiti, da confrontare con il prezzo stabilito per la cessione.
Inoltre, la censura non si confronta con il reale contenuto della motivazione della sentenza impugnata, perché i ricorrenti sostengono che la corte territoriale avrebbe basato il suo giudizio solo su una perizia di parte prodotta in altro processo (quello per rescissione intentato da RAGIONE_SOCIALE contro i subacquirenti degli immobili), mentre il giudice ha considerato anche altri elementi, che i ricorrenti non menzionano, come l’inserimento, tra i beni trasferiti, oltre alle tre torri aggiudicate a Monza, anche «del complesso immobiliare di INDIRIZZO, destinato a centro commerciale».
La critica dei ricorrenti rimane confinata nell’ambito delle questioni di fatto anche nella parte in cui si contesta alla corte d’appello di avere concentrato la sua attenzione solo sul valore dei cespiti immobiliari, senza considerare che si trattava di una cessione di ramo d’azienda, in cui la cessionaria si era accollata una parte consistente dei debiti della cedente. Infatti, il giudice del merito ha chiaramente inteso affermare che l’effettivo valore dei beni trasferiti con la cessione era tale da sopravanzare l’importo delle passività accollate e da rendere, pertanto, comunque incongrua la sostanziale gratuità della cessione, essendo stato fissato il prezzo di un euro.
In ogni caso, la corte d’appello non ha fatto applicazione de lla norma sulla ripartizione dell’onere della prova (avendo positivamente accertato il fatto rilevante) e la motivazione sul punto potrebbe tutt’al più essere considerata insufficiente, ma non certo inesistente.
Il secondo motivo censura «Violazione e/o errata applicazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, dell’art. 115 e 116 c.p.c. e/o omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ( ex art. 360, comma 1, n. 5, ): travisamento della prova».
I ricorrenti sostengono che il giudice d’appello avrebbe erroneamente affermato che la citata perizia di parte prodotta nel giudizio per rescissione per lesione ultra dimidium fosse stata commissionata da RAGIONE_SOCIALE non avvedendosi che, invece, quella perizia era stata redatta per incarico delle società subacquirenti degli immobili, tra le quali la stessa RAGIONE_SOCIALE
6.1. Escluso che in tale censura si possa configurare un vizio di violazione di legge, il ricorso per cassazione per denunciare il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. («omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti») non è proponibile «avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado» (art. 348 -ter , commi 4 e 5, c.p.c.).
Ma, in ogni caso, il fatto in questione non sarebbe «decisivo per il giudizio» nel senso auspicato dai ricorrenti. Anzi, verrebbe semmai a rinforzare la motivazione della sentenza impugnata. Infatti, il convenuto con l’azione di rescissione per lesione ha tutto l’interesse a sottostimare il valore dei beni da lui acquistati, al fine di contestare l’allegazione dell’attore che il prezzo pattuito fosse inferiore alla metà di quel valore. Pertanto nell’ot tica di utilizzare quella perizia di parte quale uno degli elementi da considerare nell’accertamento della sproporzione del prezzo pattuito per la cessione del ramo d’azienda, il fatto
che la perizia fosse stata redatta per conto dei convenuti e non dell’attrice in rescissione la rende va vieppiù significativa.
Con i successivi motivi di ricorso incidentale si passa alla censura della decisione assunta dalla corte territoriale nei confronti dei subacquirenti e, in particolare, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME
7.1. Il terzo motivo è rubricato «Violazione o falsa applicazione di legge ( ex art. 360, comma 1, n. 3, ) delle seguenti norme di diritto: artt. 2697, 2901 c.c. e 66 legge fall. -mancato accertamento dell’ eventus damni e/o mancato assolvimento dell’onere probatorio su tale elemento costitutivo della domanda».
Il motivo ricalca il primo motivo del ricorso principale, in quanto è impostato sull’ erroneo presupposto che il curatore fallimentare eserciti un’azione revocatoria ordinaria nei confronti dei terzi subacquirenti dei beni a loro venduti dal convenuto in revocatoria fallimentare.
7.1.1. Il motivo è quindi ugualmente inammissibile, perché non coglie la vera ratio decidendi , la quale -come si è visto sopra -è incentrata sulla opponibilità al terzo acquirente degli effetti della revocatoria secondo il regime previsto per la revocatoria ordinaria (provata malafede) e non sull’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria nei confronti del terzo acquirente.
7.2. Il quarto motivo censura «Violazione o falsa applicazione di legge ( ex art. 360, comma 1, n. 3, ) delle seguenti norme di diritto: art. 2697; art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., artt. 115, 116 c.p.c. e 2729 c.c.».
Questo motivo riprende un tema già posto a sostegno del secondo motivo: si contesta alla corte d’appello di avere basato il suo giudizio sulla sproporzione del prezzo solo sulla perizia di parte prodotta nel processo per rescissione per lesione ultra dimidium . L’argomento viene ripreso per sostenere che tale vizio inficerebbe il giudizio sulla sproporzione del prezzo con riferimento (non solo alla cessione di ramo d’ azienda, ma) anche alla vendita degli immobili ai subacquirenti.
7.2.1. Il motivo è inammissibile, non solo per le ragioni già espresse nei precedenti punti 5.1. e 6.1., ma anche per l’assorbente ragione che la sproporzione del prezzo nella vendita ai subacquirenti non è un requisito essenziale per l’opponibilità nei loro confronti degli effetti della revocatoria, essendo a tal fine necessaria e sufficiente la malafede, intesa come conoscenza dei presupposti della revocabilità dell’atto d’acquisto del loro dante causa.
7.3. Infine, il quinto motivo sottopone all’attenzione di questa Corte un asserito vizio di «Violazione o falsa applicazione di legge ( ex art. 360, comma 1, n. 3, ) delle seguenti norme di diritto: artt. 2697 c.c. e 2901 c.c. e 116 c.p.c. e/o mancato accertamento della mala fede dei subacquirenti e/o mancato assolvimento dell’onere probatorio su tale elemento costitutivo della domanda».
Qu est’ultimo motivo del ricorso incidentale è volto appunto a contestare la decisione della C orte d’ Appello di Cagliari in punto accertamento della malafede dei subacquirenti.
7.3.1. Sennonché il motivo è inammissibile, innanzitutto non avendo il giudice d’appello fatto applicazione della norma generale sulla ripartizione dell’onere della prova (art. 2697
c.c.), che deve essere utilizzata solo quanto il fatto rilevante per il giudizio rimane incerto, non quando -come nel caso di specie -il giudice del merito ritiene di averlo positivamente accertato. In sostanza, ancora una volta, dietro la dichiarata intenzione di censurare una violazione di legge si propone, in realtà, una critica all’accertamento del fatto che è riservato al giudice del merito.
In secondo luogo, l’indicazione de i fatti secondari che la corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione -in pretesa violazione de ll’art. 116 c.p.c. è paradossalmente idonea a portare ulteriori argomenti a sostegno della decisione assunta: il versamento del prezzo direttamente al Tribunale di Monza (segno di sfiducia nei confronti della venditrice); il contenzioso per rescissione instaurato da RAGIONE_SOCIALE (di cui peraltro il giudice d’appello ha tenuto conto); lo spontaneo pagamento di importi ulteriori rispetto al prezzo pattuito, per oltre € 200.000 (segno di consapevolezza del carattere speculativo dell’operazione come originariamente concordata).
In definitiva, dichiarati inammissibili tanto il ricorso principale, quanto quello incidentale, le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e si liquidano in dispositivo, con un’unica condanna solidale a carico di tutti i ricorrenti e in favore del l’unico controricorrente fallimento Cogesar.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per i rispettivi ricorsi a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
La Corte:
dichiara inammissibili il ricorso principale e il ricorso incidentale;
condanna tutti i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite relative al presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in € 10.000 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del